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Autore: Dakota Blood    13/05/2017    0 recensioni
Una serie di storie che vi toglierà il sonno.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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~‘Dedico questo libro alla donna che mi ha aiutata ad essere la persona forte che sono oggi, mia madre, che è anche la mia stella, e ad una persona speciale che ha creduto in me fin dall’inizio e mi ha insegnato che i sogni, quelli veri, non sono così distanti dalla realtà.
Un grazie anche al mio batuffolo arancione che mi ha accompagnato in questa bellissima avventura, che ha dormito sui fogli che buttavo via tra un racconto e l’altro e mi ha dato l’ispirazione giusta.
Il mio gatto Plutone, un fratello, un migliore amico. ‘

 

Il libro incompiuto
La realtà sulla tela
Il gatto infernale
A cena dal vicino
La vedova di Moonlight Street
La casa sulla collina
I demoni nel buio
Lo specchio
Di notte sotto il letto
L’equivoco di Jeremy Hed
Al posto loro
L’hotel del delirio
Incubi
L’incontro
Le trentun streghe
Contagio ideale
                                                            

 Il libro incompiuto

 

Mio caro amico fidato, prego siediti pure, non mi disturbi affatto. Anzi, sono ben lieto di averti qui nella mia dimora, nel mio vecchio angolo di quiete e serenità.  Ahimè, non posso offrirti altro che un pasto frugale, ma sarò ben disponibile nel donarti qualcosa che fin’ora ho riservato solo a pochi intelletti e cari fidati.                                 Tu sei uno di questi, uno di quei rari esempi di vera amicizia e fedeltà.                                                                                    Ho deciso di invitarti per raccontarti un episodio che oserei definire bizzarro e grottesco al contempo, una vicenda che lascia nell’animo un solco profondo, come se due grosse zampe mostruose avessero calpestato con ferocia la mia sanità mentale.                                                                                                                                                          E proprio di abomini e mostri parleremo.                                                                                                                                      Nel frattempo se vuoi accomodarti e iniziare ad assaggiare le  pietanze  preparate dal mio fedele domestico io ne sarei ben felice. Ma, ti chiedo solo di tendere bene l’orecchio, di non lasciar divagare la mente, poiché  ho bisogno della tua attenzione.                                                                                                                                                            Voglio liberarmi l’anima una volta per tutte, dopodiché potrai alzarti, decidere di gettare a terra la sedia e gridare con quanto più fiato avrai in gola, oppure rimanere calmo. Iniziamo? Bene!                                                              Nel 1832 avevo poco più di vent’anni e vivevo con la mia unica nonna rimasta in vita, Georgia Aladha Philips,  in un parsimoniosa villa al 234 di Devil Street.  Mio nonno ci aveva lasciato in eredità solo la sua vasta biblioteca, che forse per altri poteva non avere alcun valore, ma di certo non per un animo curioso come il mio.  Quei libri, tutti i tomi contenuti in quell’enorme stanza significavano tutto per me. Mi sedevo e, sfogliando ad una ad una le pagine ricche di illustrazioni, io viaggiavo.                                                                                                                                                                 Non mi sono spostato molto in questi miei quarant’anni, lo devo ammettere, ma quando poggiavo un tomo sulla mia scrivania e chiudevo gli occhi perdendomi in tutte le letture fatte precedentemente, io mi allontanavo dalla mia Providence, non con i passi, ma con la mente. Forse, mio caro amico, penserai che io mi stia allontanando dal racconto che voglio farti, ma non è così, anzi stiamo centrando il discorso in pieno. Fu proprio il mio amore smisurato nei confronti della lettura ( specialmente classica,  difatti amavo trascorrere ore intere a studiare gli autori greci e latini, e il mio preferito era senz’ombra di dubbio Plutarco) che mi indusse ad iscrivermi ad una scuola molto pregiata, ‘L’Università d’arte,  musica e scrittura’ Era una nuova scuola e ne rimasi affascinato fin dal principio.                                                                                                    Le grandi porte in stile settecentesco, le sculture marmoree, tra cui alcune che arrivavano direttamente dall’Italia! Altre che raffiguravano Ade e Persefone,  poi vi si potevano trovare i grandi alabastri e le colonne imponenti con i loro capitelli dorici. Dio mio! Per non parlare degli immensi giardini che ospitavano le più svariate tipologie di uccelli variopinti, inclusi i pappagalli ‘Cenerini’ con le loro code rosse e i corpi massicci e grigi.                                                                                                                                                                                                      In quel luogo, più precisamente nei pressi dell’aula in cui gli artisti (in questo caso solo scultori e pittori)  imparavano il mestiere, conobbi lui, il protagonista della mia storia. Stava seduto su di una panchina in legno, molto deliziosa, e ci restavano ancora venti minuti liberi, dopodiché avrebbero ripreso le lezioni.                       Mi sorrise e io vidi chiaramente che stava sfogliando un manuale, o un libro piuttosto particolare e  voluminoso. All’inizio vidi solo le prime lettere che sicuramente componevano il titolo, poiché il suo indice e l’anulare seguiti dal primo dito, ne limitavano la completa visuale.                                                                                                         Riuscii solo a leggere le prime due lettere N. E. Poi nient’altro. Mi sporsi leggermente, lui per un caso fortuito estrasse un fazzoletto dalla tasca sinistra e quindi, il movimento lo costrinse a spostare leggermente la mano, mostrandomi così il titolo completo dell’opera, ‘Necronomicon’.                                                          Io ora tremo solo al sentir pronunciare quel nome, o solo nel rievocare quel macabro ricordo.                                        Poco dopo, il ragazzo si presentò dicendo di chiamarsi Abdul Serheen e spiegandomi che grazie ai suoi brillanti studi e alle sue doti straordinarie, era riuscito ad allontanarsi dall’Arabia per raggiungere la cittadina di Crossway,  sede della nostra facoltà. Quel giovane mentre parlava, aveva un non so che di tremendo, spaventoso e brillante allo stesso tempo. Guardarlo era come perdersi in un meraviglioso incubo in cui delle sirene malvagie cantano i loro inni ai naufraghi ipnotizzati.                                                                                                              In lui risiedeva il genio e la follia, che sono  fatti della medesima sostanza. Mi invitò a fermarmi da lui, dopo le lezioni, ed io, mio caro amico non potei proprio rifiutare.  Ormai ero attratto da quella sua tenebrosa capacità di farti dire di si in ogni momento, ogni volta che lui volesse trascinarti con se, nel tunnel della sua indubbia malvagità e persuasione. Non potevo sottrarmi alla sua volontà, ero stato scelto  e non riuscivo ad opporre resistenza in alcun modo. Scoprii che la sua fatiscente dimora, diroccata e quasi putrescente, non distava molto  dall’abitazione da cui mi tenevo ben distante per paura che sbucasse fuori un uomo che da piccoli tutti chiamavamo ‘il Vecchio Terribile’.                                                                                                                          Provai l’immediato l’impulso di fuggire, credimi, ma sapevo che ormai ero in trappola. Ero una mosca nelle fauci di una pianta carnivora, e si, mi stava letteralmente divorando. Entrando dalla porta principale, percorremmo un lungo corridoio buio e tetro. Le pareti erano nere come l’ebano, non per l’eccessiva oscurità ma per via dell’umidità che grondava ovunque. Mi chiesi come facesse a vivere in quel modo senza essersi ammalato gravemente prima d’ora, ma rimase un mistero. Con un cenno della mano mi pregò di precederlo e mi fece scendere trenta scalini ( li ricordo con un rigore quasi ossessivo).                                                     Lui rimase dietro di me, illuminando la via con una candela quasi spenta. Ben presto i miei occhi si abituarono al buio e vidi con orrore che in un piccolo leggio posizionato al centro di una stanza completamente vuota, c’era quel libro! Il Necronomicon era proprio davanti a me!                                                            Mi voltai verso Abdul, tremante,  e vidi che sogghignava, sempre tenendo ben salda la candela. I suoi occhi erano di un rosso infernale, sembravano due tizzoni ardenti, e in quel momento, forse a causa della paura e della quasi totale oscurità, mi sembrò di vedere delle ombre.. dei pipistrelli volare proprio acanto al giovane, come se, si come se gli fossero fuoriusciti dal corpo o dalla bocca. Non urlai solo perché non ne ebbi le forze necessarie, e mentre mi girai per guardare il libro che ora grondava di sangue, sentii una voce spettrale e gutturale nominare un qualcosa che doveva appartenere sicuramente alla lingua araba, perché io non seppi immaginare altro.
 “Cthulhu, Yog-Sothoth!.” Rabbrividii nel constatare che le mura si stavano aprendo e dinnanzi a me si parò una figura  mostruosa piena di tentacoli, un polipo enorme  che cercava di abbracciare l’aria fluttuando. Seguì  una serie di nomi che stavolta riconobbi poiché li avevo già sentiti nominare e letti nei trattati dei stregoneria e nei volumi di occultismo.                                                                                                                                       “ Incubi e succubi, ghoul, ti darò in pasto ad uno dei miei ghoul”                                                                                                                                              Non riuscii a parlare e mi resi conto che ormai la casa ci stava letteralmente per crollare addosso e che saremo morti in ogni caso. Mi appellai a quel poco di coraggio che mi era rimasto e mi avvicinai al maledetto libro, con l’intento di strapparlo e farlo a pezzi. Abdul capì immediatamente il mio volere, ed urlò come un animale ferito e indiavolato. Non cedetti, presi in mano il volume e con ribrezzo mi resi conto che la copertina era stata creata con lembi di pelle umana ed un ghigno feroce, appartenuto forse ad un uomo innocente e sfortunato come me, faceva da contorno ad una fila di denti aguzzi e marci.                                             Urlai e del sangue nero sgorgò copiosamente dalle pagine, ricoprendo il terreno sottostante e le mie scarpe, e costringendomi a lasciarlo cadere per terra, rinunciando così all’intento di struggerlo per sempre. Mi voltai e vidi tre figure orrende, materializzarsi proprio davanti ai miei occhi.                                                                Una sembrava una donna con un occhio solo che protendeva le braccia verso di me, cercando di raggiungermi e Dio sa solo cosa volesse farmi.                                                                                                                 Immaginai di  finire la mia esistenza in quell’esatto momento, divorato da quelle fauci aperte e profonde, come un grosso leone che per un istante di follia o fame selvaggia, volesse sbranare il suo domatore.                            Le altre due figure sembravano degli amanti, poiché si tenevano per mano, ma i loro arti non avevano niente di umano, sembravano per lo più dei filamenti viscidi e gelatinosi, che rilasciavano delle pozze enormi nel terreno, da cui fuoriusciva del fumo grigiastro. Mentre si avvicinavano sempre di più  a me,                           mi resi conto che strisciavano e imploravano di essere aiutate, nel nome del Necronomicon! Come se quel dannato libro fosse diventato Gesù Cristo o Dio Onnipotente!                                                                                                                               A quel punto, Abdul urlò qualcosa che non capii perfettamente poiché ormai i rumori delle mura che si sgretolavano, erano frastornanti. Sentii che mi diceva qualcosa, che mi chiedeva, anzi mi obbligava a rimanere perché mancavano solo tre pagine, e per completare il libro necessitava del mio stesso sangue.
Poi, non seppi altro, fui trasportato via da una corrente che proveniva dal basso, come se la terra si fosse aperta  e mi stesse risucchiando via. Vidi i tre corpi che si avvicinavano e gridavano protendendo quelle loro braccia deformi e da cui proveniva un miasma nauseabondo. Temetti di svenire, e invece la fortuna e il buon Dio non mi abbandonarono e anzi, mi aiutarono a non perdere completamente la ragione. Non potevo permettermi di sentirmi male o di arrendermi proprio in quell’istante.                                                          Dovevo rimanere vigile e attivo! I  demoni alle mie spalle erano distrutti e infuriati per non essere riusciti a catturarmi! Mi voltai e vidi che Abdul aveva assunto un espressione grottesca, gli occhi quasi gli fuoriuscirono dalle orbite e sputò un liquido rosso e corrosivo, che lasciò un solco enorme nel suolo sopra di me. Gridai, poiché mi ritrovai a mezz’aria e dopo qualche istanti tastai il terreno, ritrovando in esso un tocco familiare.                                                                                                                                                                           Esatto, amico mio, era la terra della mia casa, ero sano e salvo finalmente! Non saprò mai se ciò che mi è accaduto sia sogno o realtà, so solo che ora sono qui, vivo e vegeto e ho finalmente tolto questo peso che mi opprimeva da troppi anni!
Tu però non scomodarti, finisci pure il tuo pranzo, vedo che non hai finito il secondo e il mio domestico ha preparato un buon dolce! Una di quelle ricette squisite a cui non si può rinunciare. Ti offrirei del buon Brandy, ma purtroppo le ultime bottiglie sono state conservate con cura giù in cantina, e odio i posti troppo bui, non vorrei esser costretto  a scendere gli scalini con una candela quasi inesistente perché vedi, è da parecchio tempo che non ne utilizzo più una per scendere la  sotto. Non ho più tanta voglia di stare da solo nell’oscurità, non dopo quella volta.
Credo che mi stenderò un po’, si, dormirò qualche ora e poi quando avrai finito ti accompagnerò nella tua dimora. Adesso andrò a riposarmi sperando che,  come mi accade fin troppe volte, Abdul non mi venga a trovare nei sogni chiedendomi il prezzo da pagare per avere un po’ del mio sangue.

A volte mi capita di passare di fronte alla biblioteca del mio defunto nonno, e tremo al pensiero di poter trovare QUEL libro tra i tanti che compongono la variegata lista di volumi che mi appartengono, non vorrei mai doverlo sfogliare  per la seconda volta, no. Non vorrei mai vedere quel sangue che mi ricopre le mani, ho sempre il timore che sfogliando un libro di occultismo, come la grande Enciclopedia risalente al 1.700,  (L’Encyclopedia of Occultism)  possa sgretolarsi il muro proprio alle mie spalle, e tre demoni con le loro mani lerce afferrarmi e portarmi chissà dove, perché vedi mio fedele amico, questa realtà non è altro che un illusione, e dietro l’illusione che è come il velo di Maya, si nascondono gli orrori più innominabili e le paure ataviche dell’uomo primitivo. E io non voglio dover trascorrere la mia esistenza in quel varco in cui magari una corrente d’aria improvvisa mi possa far precipitare in quell’abisso di follia, sfogliando un libro maledetto per il resto dei miei giorni. Buon riposo a me e ai segreti che compongono questo mondo insano.

   
 
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