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Autore: mamogirl    14/05/2017    0 recensioni
"This Power is greater than the forces of nature."
Brian e Nick. Frick e Frack.
Una forte amicizia che, con il trascorrere del tempo, si é trasformata in un sentimento molto differente e molto più profondo.
Ma il loro rapporto potrà durare nonostante un ritorno di un passato doloroso e gli ostacoli che si presenteranno lungo la strada?
NOTA: Non ho abbandonato questa storia. Alcuni capitoli sono in fase di revisione e di riscrittura e saranno presto online. Ringrazio tutti coloro che stanno ancora aspettando. =)
NOTA: ONLINE IL CAPITOLO 24.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Brian Littrell, Kevin Richardson, Nick Carter
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Ventitreesimo Capitolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era bagnato. I suoi capelli erano bagnati, seppur almeno le punte avessero già incominciato ad asciugarsi. I vestiti erano umidi, attaccati e aderenti come se avessero deciso di diventare un secondo strato di pelle: uno strato freddo, quasi ghiacciato, ma non vi erano più forze ed energie che avrebbero potuto cambiare quella situazione.

A che cosa serviva, d’altronde?

Non c’era niente che potesse fare, solamente aspettare. Non c’era niente che potesse fare per cambiare quella situazione, quindi a che cosa serviva cambiarsi e mettere la maschera di chi ancora sperava che le cose potessero migliorare all’improvviso?

Oh, ci aveva provato. Si era aggrappato alla speranza; aveva preso quelle energie e tutta quella rabbia che aveva in corpo e le aveva incanalate in un’unica missione: riportare Brian a casa. Era stato il suo unico pensiero, era stato il desiderio che aveva cancellato il dolore dei lividi, la sofferenza dell’anima, e gli aveva permesso di rimanere lucido e non lasciarsi andare alla disperazione. Perché era quello che anche Brian avrebbe fatto e, più di tutto, era ciò che Brian si sarebbe aspettato da lui.

E Nick non voleva deluderlo.

Più di tutto, Nick avrebbe voluto dimostrargli che non era più il ragazzino irresponsabile e immaturo che si era nascosto dietro una bottiglia, dietro alla sua insicurezza e all’odio verso se stesso, non appena la situazione era sfuggita al suo controllo. I ricordi di quella notte, quella notte che ormai ritornava indietro a due settimane prima, erano sempre presenti nella sua mente: il panico che lo aveva avvolto durante la telefonata di Aj; lo shock quando aveva visto Brian, il suo Brian, ridotto a qualcosa che assomigliava a una bambola a cui erano stati spezzati i fili. Ma più di tutto il senso di inutilità di cui ancora sentiva l’amaro sapore in bocca: si era ritrovato Brian fra le braccia e non c’era stato niente che avesse potuto fare per farlo stare meglio, per confortarlo e promettergli che tutto sarebbe andato per il meglio.

Esattamente come in quel momento.

Esattamente come quelle ore appena scivolate via una dentro l’altra, quando ancora sarebbe stato possibile cercare e trovare Brian e, invece, lui le aveva trascorse semplicemente aspettando.

Sperando.

Nick appoggiò la fronte contro la finestra, non badando ai segni che lasciava sul vetro né a quelle gocce che cercavano quasi di adagiarsi contro la sua pelle e portare un minimo di sollievo. Era tutto l’opposto, quelle gocce erano semplicemente un ennesimo problema a cui far fronte, un altro ostacolo che si era frapposto tra lui e Brian.

Tra lui e quella sua folle idea di cercare l’altra metà della sua anima prima che fosse troppo tardi.

La pioggia, infatti, aveva iniziato a scendere una volta usciti dall’ospedale: all’inizio erano state minuscole e quasi impercettibili gocce d’acqua, così sottili e fragili da morire non appena si poggiavano su qualsiasi superficie che si frapponesse fra loro e il loro mortale cammino. Ma una volta ritornati a casa, le nubi all’orizzonte si erano fatte più minacciose, ingrandendosi e scurendosi fino a rendere il cielo un’infinita tavolozza di ogni gradazione e tonalità di nero; sotto di esso anche il mare sembrava aver deciso di arrabbiarsi, dando forza e intensità alle proprie onde e rendendole così grandi da creare schizzi e fragore ogni volta che andavano a abbracciare gli scogli e la spiaggia.

Otto ore.

Ormai quasi nove.

Erano già trascorse quasi nove ore da quando quella giornata si era trasformata in un incubo.

 L’incidente era ancora una nebbia confusa nella mente di Nick, un’insieme nebuloso di immagini che si susseguivano senza nemmeno un filo logico che li accumunasse. Ricordava vagamente che cosa stesse dicendo o facendo quando l’auto era apparsa all’improvviso; ricordava l’impatto, il fulmine di dolore che prima esploso sul suo fianco e poi nella sua testa, quando questa aveva sbattuto con forza contro il cemento della strada. Ricordava di non aver pensato, nemmeno per un singolo istante, di come quell’incidente potesse essere una sfortunata coincidenza: era troppo illogico, era troppo senza senso e, sfortunatamente, era fin troppo nelle corde della persona che li stava seguendo e torturando da settimane. Ricordava, quindi, di non essere rimasto sorpreso o shockato nel vedere quella figura maschile apparire dietro le spalle di Brian.

Chi, se non Tyler, poteva aver architettato quell’incidente in così poco tempo?

Ed erano in quei successivi attimi che la memoria di Nick si lasciava contorcere e distrarre dalle emozioni e dal dolore fisico: la folla che si era accerchiata attorno a lui; le parole che dovevano portare conforto e rassicurazione e che, all’opposto, erano riuscite a sommergere l’unica voce che Nick aveva voluto sentire e tenere accanto a sé. Il colpo ricevuto aveva incominciato a infliggere le proprie conseguenze, annebbiando la vista e portando punti neri che, più veloce di quanto lui avrebbe voluto, si erano uniti in una nube che lo aveva avvolto e portato nell’oblio. Eppure c’era un’immagine che non era scomparsa, un’immagine che era rimasta anche quando le ultime energie si abbandonavano e preferivano riposare invece che continuare a lottare: era l’immagine del volto di Brian, una maschera di disperazione, rabbia e paura mescolati e mischiati insieme al senso di arresa e di sconfitta. Quello sguardo aveva spaventato Nick e quella sensazione di paura era rimasta al suo fianco anche quando si era risvegliato in ospedale, medici e infermieri attorno a lui come avvoltoi, e nessuno che potesse dirgli dove si trovasse Brian. Non c’erano dubbi che Tyler si fosse servito di quel momento di debolezza, vulnerabilità e fragilità per forzare la mano e costringere Brian a venire con lui, facendolo passare all’apparenza come una scelta voluta e intenzionale del ragazzo. E, sfortunatamente, Nick già poteva immaginare quale fosse stato l’asso che Tyler aveva calato per convincere Brian, ovvero la minaccia di completare quel lavoro che aveva già spedito chi amava in ospedale, anche se con ferite superficiali e non gravi.

Lui, Nick, era il punto debole di Brian.

Il vecchio Nick si sarebbe lasciato demoralizzare da quell’ammissione. Il vecchio Nick, il Nick di solo qualche giorno prima, si sarebbe lasciato prendere prigioniero dai sensi di colpa, sentendosi responsabile per ciò che era accaduto a Brian e considerandosi come, ancora, un fallito. Un seme malridotto che non faceva altro che avvelenare e far marcire qualsiasi cosa bella e positiva riuscisse a trovare nella sua vita. Quel Nick si sarebbe semplicemente rinchiuso in se stesso, sfogando la sua rabbia in abitudini malsane e autodistruttive e trovando in quel circolo la conferma che lui e Brian non avrebbero mai dovuto mettersi insieme. Quel Nick avrebbe ritrovato, in quella situazione, nuove e vecchie conferme di tutto ciò che si era sentito dire per tutta la vita, la consapevolezza di non essere così differente dai suoi genitori se poi si ritrovava sempre a sentirsi in quel modo, colpevole di crimini che nemmeno aveva cercato o desiderato di commettere.

Ed era lì, in quel punto, che l’amore era riuscito a compiere il suo miracolo in un tempo relativamente breve. L’amore di Brian, il loro rapporto, non era un punto debole e non sarebbe mai stato nemmeno l’alibi e la giustificazione per lasciarsi nella speranza di prendere la decisione più giusta. C’era una ragione per cui Brian lo aveva scelto e, anche se lui non riusciva e non sarebbe mai riuscito a comprenderla, doveva semplicemente accettarla così com’era e usarla come punto di forza. Una sorgente da cui attingere per combattere e rimanere in piedi anche quando tutto sembrava essersi messo contro di loro, anche quando sembrava esser sul punto di aver già perso tutto.

Un rombo di tuono squarciò il suo momento di riflessione, riportandolo in quella casa che sembrava e sapeva di vuoto e freddo, nonostante tutto il viavai di persone. Vicini, che Nick nemmeno conosceva, si erano presentati uno dopo l’altro per assicurarsi che stesse bene, per chiedere informazioni e domande su Brian e mai credendo che fosse davvero lui la mente criminale dietro a quell’incidente. Tra una teglia di lasagne, piatti colmi di biscotti e torte, quelle persone gli avevano raccontato di come Brian era riuscito a conquistarli in poco tempo, offrendosi volontario e benefattore per una cittadina che ancora non lo aveva adottato come suo abitante.

Un secondo rombo si scatenò fuori dalla finestra, forte e intenso abbastanza per far vibrare i vetri per qualche secondo. Inconsciamente Nick si ritrovò a rabbrividire mentre la mente, i sensi e il suo cuore andavano per quell’uomo lì fuori, portato chissà dove e senza sapere che lui stava bene.

Lo stava tormentando quel pensiero? Stava portando via energie fisiche e mentali che, invece, avrebbero dovuto essere usate per scappare? Era Brian, la stessa persona che si era sempre preoccupata di come stessero gli altri prima di guardare e cercare di curare le proprie ferite. E questa volta la posta in gioco era nettamente più alta; questa volta la posta in gioco era trovarsi di fronte e a stretto contatto con il passato che lo aveva perseguitato e che solo quella mattina aveva deciso di lasciare marcire lì dove meritava. Ovvero dietro le spalle.

Sarebbe stato in grado, Brian, di tener fede a quelle parole in quella particolare e delicata situazione?

Nick non aveva idea di come lui si sarebbe comportato a ruoli e posizioni invertite. Che cosa avrebbe fatto se si fosse trovato prigioniero della stessa persona che aveva rovinato la sua esistenza? Forse si sarebbe paralizzato, forse si sarebbe nascosto in qualche angolo sperando che il peggio arrivasse e non ci fosse molto dolore.

Ma non Brian.

Di quello Nick ne era sicuro. Perché aveva sempre visto, era sempre stato testimone di quanto Brian non avesse mai permesso a nessuno di camminargli sopra e di calpestarlo. Ora, con il senno di poi, Nick comprendeva da dove era nata quella ritrosia e quel nervo combattivo, quel desiderio di non abbassare mai la testa di fronte a soprusi o a decisioni che lui riteneva ingiusti.

E non solo verso se stesso.

Brian avrebbe combattuto. Di quello ne era certo. Forse all’inizio era rimasto sconvolto, forse all’inizio si era più preoccupato dell’incidente e di che cosa poteva succedergli ora che si trovava ancora fra le grinfie di Tyler ma Nick era certo che Brian non avrebbe permesso a nessuno di ridurlo ancora a pezzi. Non dopo le parole di quella mattina, non dopo quell’ennesima affermazione e conferma di possedere una scorta infinita di energia nascosta da qualche parte dentro di lui.

Ma sarebbe stato abbastanza?

Era stato in quel momento che, forse preso soprattutto da quell’ansia e da quella soffocante paura di non poter far nulla per aiutare Brian, che era sorta l’idea pazza di prendere la giacca, recuperare le chiavi della macchina e guidare verso quel bosco che aveva inghiottito il suo compagno e migliore amico.

“Non cercare di fermarmi.”

La figura di Kevin era apparsa all’improvviso, o forse era sempre rimasta in un angolo a osservare, a curarlo come se avesse temuto che potesse fare una pazzia.

Forse non aveva avuto tutti i torti.

 “E’ una pessima idea.”

“Ne hai una migliore?”

Kevin non poté rispondere, nemmeno una bugia poteva ribattere ad una così chiara e limpida verità.

Nick si voltò per osservarlo, per sostenere il suo sguardo e la sua decisione, ben conscio di essere in minoranza e forse solamente spinto dall’istinto e dalla pazzia.

Ma era sempre meglio che rimanere a casa e fare niente.

“Lo so che è un follia. – Esordì Nick, sperando di recuperare qualche metro di terreno ammettendo la sua pazzia. – Ma non... – Scosse la testa, cercando di trovare le parole esatte per far comprendere ciò che gli stava frullando per la testa. – Stamattina Brian mi ha fatto un discorso su come non dobbiamo sempre aspettare che qualcuno venga a salvarci ma che noi stessi dobbiamo essere i nostri stessi supereroi. E ha ragione. Sono certo che Brian non abbia bisogno di essere salvato, credo in lui e credo che riuscirà a non farsi trattare come l’ultima volta. Ma anche i supereroi hanno bisogno di un aiutante, anche loro hanno bisogno di qualcuno che possa dar loro una mano durante le battaglie più dure. Ed ecco perché devo andare. Non per salvarlo. Solo per aiutarlo.”

La risposta di Kevin non fu immediata. Fra i due calò un velo di silenzio, abbastanza sottile per essere distrutto facilmente ma, allo stesso tempo, abbastanza resistente per farsi sentire e far sentire la propria sostanza e intensità. A Nick non importava, comunque, quale sarebbe stata la risposta di Kevin. Non importava se la accettava o la considerava un altro dei suoi colpi di testa. Non gli importava e, per sottolineare ciò, allacciò i bottoni della giacca e si girò verso il tavolino dove si ricordava perfettamente di aver visto le chiavi della macchina.

“E’ una pazzia. – Dichiarò Kevin, riportando l’attenzione di Nick verso di lui. – Ma sarei ancora più pazzo se ti lasciassi usare la macchina in quelle condizioni.” Concluse, facendo dondolare le chiavi della macchina dalle sue dita.

Nick aggrottò la fronte in confusione.

“Vuoi che cammini sotto la pioggia?”

Kevin si lasciò scappare un’ombra di pura e genuina risata.

“No, significa che guido io.”

La loro missione, quel saltare su un auto e dirigersi verso quel bosco che aveva inghiottito Brian, si era rivelata un fallimento. Un buco nell’acqua. Letteralmente. Non erano nemmeno usciti dal cancello di casa che la pioggia aveva aumentato la sua intensità, battendo così forte sul parabrezza e impedendo di poter anche solo sperare di vedere qualche metro  più in là del loro naso.

Nick avrebbe voluto continuare, nonostante tutto. Non gli importava della pioggia, della tempesta o del temporale. Nick voleva semplicemente arrivare a quel benedetto bosco e trovare Brian e forse allora, solo allora, avrebbe iniziato a preoccuparsi di quella pioggia che scendeva come se non avesse piovuto per settimane. Ma Kevin non aveva voluto sentire nessuna obiezione. Nick aveva scongiurato, pregato, promesso qualsiasi favore pur che il maggiore continuasse invece di far manovra e ritornare indietro.

“Nick, vuoi ammazzarti? Perché è quello che succederà se ora continuiamo. E chi glielo dirà a Brian?”

Nominare Brian non era servito a calmarlo. Non in quel momento, almeno. La frustrazione era l’unica fonte di energia che aveva Nick a disposizione e da essa traeva solamente rabbia: rabbia perché che cosa avrebbe detto Brian quando avesse saputo che lui, Nick, nemmeno si era dato da fare per cercarlo? Rabbia perché Brian si sarebbe sentito tradito, abbandonato da quella persona che, solamente qualche ora prima, gli aveva promesso di lottare sempre per lui.

Nominare Brian non era servito a calmarlo. Anzi. Nick nemmeno aveva lasciato il tempo a Kevin di fermare la macchina che lui era già sceso e si era messo a camminare. Imperterrito, senza nemmeno dar peso alle urla di Kevin che lo richiamava e che voleva, almeno, cercare di farlo ragionare. Nick non aveva nemmeno speso un’oncia di energia per ascoltare quella voce ma, invece, le aveva usate per mettere un piede dietro e l’altro e sperare di poter arrivare il più velocemente possibile al bosco. Anche se non sapeva qual era la strada, anche se non aveva nemmeno idea di dove dovesse andare o per quanto avrebbe dovuto camminare.

La sua missione solitaria non era durata molto. Non per causa sua, non perché Nick si fosse reso conto di quanto pazza e suicida fosse stata la sua decisione; la sua missione era stata messa a termine dall’arrivo di una macchina che si era fermata sul ciglio della strada non appena i fari avevano illuminato la sua figura. Come un bambino, Nick era stato riportato a casa dall’arrivo improvviso di Aj e Howie, che non ne avevano voluto sentire di lasciarlo continuare a camminare e rischiare di perdersi al primo bivio.

Ecco perché ora Nick si trovava seduto contro il letto, i vestiti ancora umidi e i capelli bagnati e lo sguardo fisso sulla finestra che ributtava indietro il buio della notte. Non aveva detto niente da quando era tornato, la speranza distrutta aveva rubato via ogni senso e ogni desiderio di spiegare o di ascoltare spiegazioni.

Che senso aveva? Nessuno poteva riportargli Brian, nessuno poteva assicurargli che lui, il suo compagno anche se solo di qualche giorno, stesse ancora bene o che non gli fosse stato qualcosa di male. Che senso aveva, quindi, rimanere in quel salotto e far finta che presto sarebbero riusciti a portarlo a casa? Che senso aveva rimanere ottimisti quando ogni ora che passava significava solamente un’altra ora di lontananza?

Preferiva rimanere lì, Nick.

Preferiva rimanere in quella stanza al buio, ingannando se stesso con quel profumo che ancora alleggiava nell’aria, quel profumo che sapeva di Brian. Se chiudeva gli occhi poteva ricordare la notte precedente, poteva illudersi che Brian stesse ancora dormendo nel letto dietro di lui, accoccolato e nascosto sotto la coperta. Nick era rimasto sveglio per un po’, non riuscendo a placare quella preoccupazione che si era impossessato della sua mente e che continuava a minacciarlo di come la situazione avrebbe potuto precipitare se solo lui avesse smesso di fare la guardia. Era rimasto lì, Nick, a osservare il compagno e a chiedersi, domandarsi, quale benevola divinità avesse guardato giù e gli avesse regalato quel miracolo che di certo non meritava.

“Smettila con questi pensieri. Ti fanno crescere le rughe e sei ancora troppo giovane per averle.”

Nick girò di scatto il volto, nella direzione dove aveva udito quella voce. La voce di Brian, chiara e limpida come non l’aveva sentita per giorni e giorni. Ma non c’era nessuno. La stanza era completamente vuota, immersa nel silenzio che veniva interrotto solamente dal picchettare della pioggia contro il vetro della finestra.

Non c’era nessuno che potesse mettere freno alle immagini che stavano prendendo vita dentro la sua mente, niente che potesse mettere in silenzio quelle urla che, come un amaro ricordo, si alzavano e riempivano l’aria della stanza. Davanti ai suoi occhi scomparso era il cielo nero o la luce dei lampi; al suo posto, invece, vi ero lo sguardo terrorizzato di Brian poco prima che scomparisse insieme a Tyler. Era un’immagine che Nick non riusciva a scacciare via, assieme a quel senso di colpa per non essere riuscito a fermarlo. Ed era quello un veleno che girovagava indisturbato nelle vene come un lento fiume; un veleno capace di intaccare ogni sicurezza e di avvelenare l’anima, per quanto essa fosse stata nascosta lontano.

Inutilmente.

Perché Brian era riuscito là dove molti non erano mai riusciti ad arrivare; perché Brian aveva preso quell’anima, essiccata e disintegrata da anni aridi in cui l’unico amore era stato quello temporaneo e apparente di persone che nemmeno conosceva e che mai sarebbero ritornate nella sua vita. Brian gli aveva teso una mano e Nick l’aveva aggrappata, l’aveva stretta mentre lasciava finalmente uscire quel bambino, quel ragazzino e quel primo abbozzo di uomo che voleva semplicemente esser amato e imparare ad amare un’altra persona. E semplicemente con prime carezze, con abbracci e parole che sapevano di verità e di un amore che andava al di là di ogni ragionevole dubbio, Brian era riuscito a lenire le ferite dell’anima e a permetterle di crescere, di rinvigorirsi e diventare così grande che, ora, era impossibile riporla in quell’angolo buio e segreto dove era sempre stata relegata.

Brian lo aveva salvato, certo, ma allo stesso tempo lo aveva condannato a sopportare quel dolore ora che si trovavano separati, distaccati da un odio e da una vendetta che non si sarebbe placata se non quando tutto il sangue possibile sarebbe stato messo come prova della propria vittoria. E quella condanna era dolorosa da sopportare, era una morsa d’acciaio in cui il suo cuore era stato preso ostaggio e che rendeva quasi impossibile poter respirare. Non c’era nessuna via di fuga da quell’incubo, nonostante Nick continuasse a ripetersi che esso dovesse, e fosse, ancor più terribile per Brian che ne era il protagonista e vittima. E, in quel circolo vizioso in cui era caduto e da cui non riusciva a trovare nessun appiglio per poterne uscire, Nick sentiva la punta del senso di colpa sprofondare e lacerare ancor di più la pelle: quanto avrebbe dato pur di poter essere al suo fianco! Non c’era niente che non fosse disposto a fare pur di cambiare quella situazione, non c’era nessun azione capace di fermarlo se essa significava poter liberare Brian e sconfiggere finalmente quel mostro che lo aveva rapito e chissà quali atrocità stava commettendo.

Nick, in quel momento, voleva solo dimenticare quel particolare. Voleva gettare via ogni pensiero, ogni immagine e, soprattutto, quel sentimento di agonia che stava macerando l’anima. Lo sguardo si indirizzò verso il borsone, ancora lasciato intatto perché nessuno aveva avuto il tempo per mettere via abiti e varie. Ancor prima di riflettere su ciò che stava facendo, Nick si ritrovò in piedi e a cancellare la distanza fino a quando non si ritrovò piegato sopra il borsone, la mano che tirava la cerniera e poi si buttava al suo interno; magliette e maglioni vennero gettati alla rinfusa mentre le dita affondavano verso il fondo alla ricerca di quel qualcosa che gli avrebbe permesso di dimenticare tutto.

Almeno per qualche ora.

Finalmente le dita toccarono la superficie di vetro, accerchiandosi attorno al collo della bottiglia con la stessa cura che avrebbero avuto se si fossero trovate di fronte a un calice prezioso e raro. Solo un goccio, si ripeté Nick mentre le sue dita tremavano. Solo un goccio. Non era come le altre volte, decisamente no. Non voleva gettarsi ancora in quel baratro, annebbiarsi fino a quando non sarebbe nemmeno riuscito a distinguere la realtà dall’illusione. Non avrebbe permesso a se stesso di toccare quel fondo, non quando c’era qualcuno che dipendeva da lui.

Ma Brian non c’è. Forse non tornerà più.

Un sordo dolore si materializzò all’altezza del petto mentre il cuore si incurvava per sfuggire da quelle parole che sapevano di verità. Le dita scivolarono per un secondo, perdendo la presa e ritrovandosi a contatto con una sciarpa di Brian che, chissà per quale strano motivo, era finita dentro il suo borsone. Un singhiozzo si bloccò in gola e solamente uno sbuffo di aria bagnata riuscì a sfuggire dalle sue labbra, perdendosi di fronte all’immagine di Brian che si infagottava con mille strati di vestiti anche quando la temperatura era tiepida a sufficienza per indossare una leggera felpa.

Che cosa stava facendo? Era davvero così fragile e debole da cadere in quei vizi dopo nemmeno una giornata da quando aveva promesso che avrebbe cercato di superare quelle sue debolezze? Nick chiuse gli occhi, ricadendo all’indietro e lasciando andare la presa della mano all’interno del borsone; lacrime di rabbia e di frustrazione incominciarono a farsi strada, sgomitando in quel buio dove l’immagine di Brian si stava formando e quell’espressione di delusione e di dolore dipinta quasi magistralmente nei suoi lineamenti.

Avrebbe dovuto esser forte. Avrebbe dovuto esser più forte di tutta quella situazione, di quella rabbia e paura che aveva lasciato, e permesso, che diventassero dei mostri così grandi e terrorizzanti da ridurlo a un bambino che si nascondeva in un angolo pur di non essere scoperto dal suo incubo. Avrebbe dovuto essere più forte soprattutto per dimostrare a Brian che poteva e che doveva appoggiarsi su di lui.

Invece.

Invece lo aveva deluso. Invece Nick era ricaduto nelle vecchie abitudini, preferendo scappare e nascondersi invece di rimanere in piedi e affrontare anche ciò che lo spaventava e lo terrorizzava di più.

“Smettila di essere così duro con te stesso.”

Quella volta, quando Nick voltò di scatto il viso verso la direzione di quella voce, non si ritrovò a fissare il vuoto e il buio di quella stanza. Davanti ai suoi occhi, seduto sul letto come se niente fosse o stesse accadendo, c’era la figura di Brian: era un’illusione, persino Nick riusciva ad ammetterlo in quello stato di disperazione e di sentirsi totalmente perso e fuori controllo, non fosse stato per quelle linee sfocate e l’apparenza che avrebbe dovuto avere uno spirito, qualora essi esistessero davvero. Ma era Brian, il suo Brian e, esattamente come quello reale, l’azzurro dei suoi occhi si era trasformato in grigio a causa delle ombre di tristezza e delusione che oscuravano e velano lo sguardo.

“Qualcuno deve pur esserlo, no? Tu non... – La voce si scontrò contro un groppo in gola e Nick scosse la testa, la mano fra i capelli come se bastassero quei gesti per scacciare via il nodo di emozioni. - … tu non sei realmente qui a fermarmi, no?”

“Solo perché non ci sono non significa che tu debba insultarti in questo modo.”

“Che cosa vuoi che faccia, allora? Non mi hanno permesso di cercarti e, francamente, rimanere ad aspettare senza poter far niente non è qualcosa che anelo a fare.”

Lo spirito di Brian, o qualsiasi cosa la mente di Nick avesse deciso di creare, scosse la testa. Esattamente come il vero Brian, in tutte quelle circostanze in cui lui, Nick, diceva qualcosa che per Brian era una semplicemente una sciocchezza.

“A volte si può solo aspettare, Nick. Non è un crimine.”

Una risata amara si impossessò di Nick, le mani abbandonate sulle ginocchia e la bottiglia ormai dimenticata.

“Certo che lo è. A meno che tu non sia apparso per dirmi dove ti trovi.”

“Sono solo la tua coscienza, Nick. Non sono il fantasma del vero Brian, non posso sapere dove si trova in questo momento.”

“Ovvio che dovevi essere la mia coscienza.”

“Ti stupisci pure?”

“No. Ormai, quando si tratta di te, non mi stupisco più di nulla.”

“Però ti stupisci ancora quando ti dico che non devi colpevolizzarti.”

“Perché non ha senso. Stavo per...”

“Stavi. – Lo interruppe lo spirito barra coscienza di Brian. – Ma non l’hai fatto. Perché ti sei reso conto che non è nascondendosi che si risolvono i problemi. Non è nascondendo i tuoi sentimenti, e le tue reazioni emotive, che riuscirai a superare questo momento.”

Con un sospiro Nick si alzò e si avvicinò al letto, sedendosi vicino a quello che era semplicemente frutto della sua disperazione e del suo agognante desiderio di esser rassicurato e confortato dall’unica persona che potesse riuscire a far breccia nell’odio, cocente, che ancora Nick provava verso se stesso. Anche se non era esattamente odio: era più un miscuglio di mortificazione, di delusione e di vergogna, tutti sentimenti che l’incertezza e l’insicurezza avevano armato e lanciato contro come proprio esercito. Era quello il frutto di anni e anni in cui nessuno gli aveva mai detto di poter essere più forte, più grande e differente dalla scia tossica e velenosa della sua famiglia. Tutti tranne Brian che, testardo e ostinato come un mulo, gli aveva sempre ripetuto e gridato contro come e quanto potesse essere altro se solo lo avesse voluto.

E lo voleva.

“Non sono forte come te. Sto crollando solamente perché non so in che condizioni sei. Sto crollando perché vorrei salvarti ma non so come. – Un’altra risata amara si levò dalle labbra di Nick, il quale poi abbassò lo sguardo e lo tenne fisso sulle sue mani. – Chi sto prendendo in giro? A malapena riesco a salvare me stesso. Come posso salvarti?”

“Non è adesso il momento di salvarmi, Nick. Ora non puoi fare niente e non perché sei debole o così perso nei tuoi problemi da non riuscire a trovare una soluzione. Non puoi salvarmi perché devo essere io a farlo. Ma quando tornerò, lì sì che avrò bisogno di te. Dovrai essere forte per tenere a galla entrambi.”

“E se non ne fossi in grado?”

“Devi decidere ora se vuoi esserlo o meno. Ma è una decisione che devi prendere per te stesso, prima di tutto. Non per me, non per dimostrare qualcosa alla tua famiglia o al mondo. Decidi se questo è il Nick che vuoi essere o se preferisci essere un’altra persona.”

Nick rimase in silenzio per qualche attimo, qualche minuto che si allungò e si stiracchiò in qualcosa di più lungo e carico di attesa. La bottiglia, e tutto ciò che rappresentava, era una sirena che cantava soavemente e che cercava di attirarlo ancora nelle sue reti; sarebbe bastato poco per ritornarci ma quale sarebbe stato il prezzo quella volta? Oltre all’odiarsi, oltre al vergognarsi e all’imbarazzo per essere caduto così in basso, come avrebbe potuto anche solo pensare di poter aiutare Brian?

E voleva farlo. Dio, se voleva essere pari, un compagno sul quale Brian avrebbe potuto appoggiarsi invece che doversi sempre preoccupare che qualsiasi situazione diventasse troppo per lui. Strano e contorno quanto poteva essere quel pensiero, era Nick che voleva preoccuparsi per Brian, assicurarsi che uscisse da quella situazione più forte e senza nessun lascito o strascico.

“Voglio esserlo. Una nuova persona, intendo. Il Nick che tu vedi e che credi che possa essere. E, certamente, quel Nick non rimarrebbe a piangersi addosso e a temere ogni singolo istante trascorso senza di te.”

Un sorriso si dipinse sul volto di quell’illusione, un sorriso che fu capace e in grado di sciogliere le tetre e ghiacciate mani della paura e ridare un senso di speranza a Nick. Si ritrovò Nick a sorridere anch’egli, seppur consapevole di quanto sciocco, strano e pazzo avrebbe potuto sembrare se qualcuno avesse deciso di entrare in camera proprio in quel momento.

“Cosa farebbe quel Nick? A parte evitare di ammazzarsi con la tempesta o rischiare di perdersi in un bosco che nemmeno conosce?”

“Recuperare le forze. – Rispose Nick, ricordandosi le parole che erano state scambiate qualche istante prima. – Ne avrò bisogno per quando tornerai. Ne avrò bisogno per tenerti testa.”

“Iniziamo a ragionare. – Ribatté lo spirito di Brian. – Ma prima c’è un’altra cosa che dovresti fare.”

“Una doccia calda, tanto per incominciare. Mettere qualcosa sotto i denti e dormire?” Ipotizzò Nick, anche se su quell’ultima aveva qualche dubbio. I primi avrebbe potuto semplicemente compierli, specialmente perché il suo stesso corpo reclamava a gran voce di esser riscaldato e tolto da quei vestiti umidi e freddi. Ma dormire? Con le immagini che, nonostante tutta la buona volontà di quel mondo, non si sarebbe cancellate né avrebbero discolorato la loro intensità?

“Stai dimenticando qualcosa.” Mormorò Brian, allungando il collo oltre la figura di Nick e posando lo sguardo sul borsone.

Nick intuì immediatamente di che cosa la sua coscienza barra illusione stesse indicando. E aveva ragione, era proprio quello il primo passo da compiere se davvero voleva dimostrare a se stesso prima, e a Brian dopo, che la sua decisione era più che ben ponderata e definitiva. Con un mezzo sorriso, un’espressione di determinazione e di sfida dipinta sul volto, Nick si alzò e riprese in mano quella bottiglia che aveva dato inizio e sfogo a quel turbinio di emozioni e di pensieri che aveva tenuto dentro di sé; quella volta, però, non ci furono esitazioni né tentennamenti e la mano si avvolse attorno al collo di vetro come se stesse impugnando il simbolo di una vittoria e di un nemico con il quale aveva combattuto per fin troppo tempo.

E lo era. Un simbolo. Quella bottiglia, il cui contenuto ora vorticava prima di infilarsi nel tubo di scarico del lavandino, era il simbolo di quanto lui fosse così differente e lontano dalla sua famiglia e dai suoi genitori in primis: non avrebbe permesso a quel veleno di rovinare quella relazione, quel rapporto che rappresentava anche una sorta di rinascita. Una fenice che rinasceva dalle sue ceneri, pronta a volare più in alto di prima.

Quando fu sicuro che nessuna goccia, nemmeno la più piccola, fosse rimasta nascosta in un angolo in fondo, Nick non gettò via la bottiglia ma la portò con sé sul terrazzo: l’aria della notte era fredda e il contatto con gli abiti ancora umidi diede vita a una serie di brividi e fremiti lungo tutta la pelle. L’aria sapeva di pioggia, quell’aroma pungente di sabbia bagnata; di roccia che aveva ed era sopravvissuta ancora alla forza e alla violenza delle onde; di erba che si era lasciata avvolgere da quella doccia improvvisa e di rugiada che ora si stava formando sui ciuffi e sui cespugli. Aveva smesso di piovere e, nonostante in lontananza ancora il cielo lampeggiasse e tuonasse debolmente, un primo accenno di alba stava salendo oltre l’orizzonte.

Era già un nuovo giorno, ed era quasi ironico che Nick avesse scelto proprio quel momento per gettare via gli strascichi del passato e incominciare a togliersi quegli abiti ormai usati e strappati, troppo stretti per quell’anima che l’amore aveva reso ancor più grande e desiderosa di crescere. Non pronunciò nulla, non disse nulla mentre la mano lasciava, finalmente, andare la bottiglia e la lanciava oltre lo sguardo; non rimase nemmeno a osservare dove essa finisse, né a udire se andasse in frantumi scontrandosi contro gli scogli o, semplicemente, una volta raggiunta la spiaggia. Era un simbolico voltare letteralmente le spalle a quel Nick, quel ragazzo che si era sempre nascosto dietro a quell’immagine che altre persone avevano dipinto al posto suo. Non c’era più spazio per quel ritratto, non ora che Nick aveva preso in mano i pennelli e aveva deciso di scegliere lui stesso quali colori e sfumature usare. 

Rientrò quasi subito, quel simbolico gesto era stato in grado di rifocillare il suo animo e rinvigorire energie e forze che sembravano essersi perse in quella nebbia di paura e terrore. C’era molto da fare perché, con l’arrivo del sole e della luce, Nick non si sarebbe lasciato convincere a rimanere chiuso in casa senza fare nulla: sarebbe uscito e avrebbe dato una mano nelle ricerche. Forse sarebbe stato inutile, forse a quell’ora Tyler era già stato in grado di portare Brian il più lontano possibile da lui e dalla sua famiglia. Ma fintanto che la speranza continuava ad albergare, fintanto che ci sarebbe stata anche la più piccola e minima possibilità di trovare Brian, Nick avrebbe continuato a sondare quel bosco centimetro per centimetro.

Nella stanza non vi era più nessuno. O, meglio, non vi era mai stato nessuno ma era quasi come se Nick potesse sentire, ancor più forte e intensa, la presenza di Brian. Non era lì fisicamente ma la sua presenza era lì, in quella camera che il ragazzo aveva decorato e arredato quasi come se fosse un’estensione stessa del suo essere; era nell’aria che sapeva e avrebbe sempre avuto il suo odore, quel profumo che mai aveva cambiato durante gli anni e che spesso Nick aveva rubato quando, molti anni addietro, erano stati costretti a separarsi per tornare dalle rispettive famiglie. Quel profumo sapeva di rassicurazione, di forza e di tenacia ed erano quelle le qualità che avrebbero permesso al maggiore di uscirne ancora una volta vincitore, invece che vittima. Nick inspirò a fondo, sperando che quell’aroma potesse anche trasferire parte di quella forza al suo stesso animo.

“Grazie.” Sussurrò Nick al buio, nonostante lo spirito barra illusione con le sembianze di Brian fosse ormai scomparso e se ne fosse ritornato ovunque fosse stato originato e creato.

La doccia durò molto più di quanto Nick avrebbe voluto e desiderato. Gli sembrava quasi di aver perso tempo prezioso, minuti e secondi che sarebbero potuti servire a chiamare il detective per informarsi se ci fossero novità. Di qualsiasi tipo, perché ormai Nick si era rassegnato anche a sentirsi raccontare la peggiore delle alternative ed era quella uno scenario migliore a quel perpetuo e infinito non sapere. Quel limbo dove non ci si poteva lasciare andare troppo alla speranza, perché se mai essa sarebbe stata schiacciata allora il dolore sarebbe stato in grado di distruggerlo e di ridurlo solamente a un’ombra di se stesso, ma anche solo pensare a una conclusione negativa sembrava, e pulsava, come un tradimento.

“Brian non avrebbe mai perso la speranza così facilmente. Non così velocemente. – Si era ripetuto Nick mentre l’acqua calda, anzi scottante, della doccia si riversava sui muscoli doloranti e si portava via i rimasugli e gli echi dell’incidente e delle ore trascorse in ospedale. – Brian avrebbe continuato a cercare anche quando ogni indizio avrebbe costretto tutti a fermarsi.”

Erano state quelle parole a rinforzare il suo piano, una serie di passi e azioni che avevano solo ed esclusivamente lo scopo di riportare Brian a casa. Ovunque egli fosse, oltre il bosco e l’oceano se sarebbe stato il caso. E quelle parole avevano vorticato attorno alla sua mente anche mentre ritornava in stanza e si rivestiva, rubando una maglietta di Brian solamente per poter sentire ancora la sensazione del suo odore sulla pelle. Anche se quella era troppo piccola per lui, anche se a malapena gli arrivava alla linea dei pantaloni. Ma apparteneva a Brian, quella stessa che Nick gli aveva regalato e che Brian aveva indossato quella sera quando l’incubo aveva riaperto le sue fauci e gli aveva inghiottiti nel suo buio e nella sua gelida oscurità. Era stata una sorpresa rivedere quella maglietta, perché Nick si sarebbe aspettato che l’avesse gettato in un bidone della spazzatura pur non di non dover avere un altro ricordo di quella serata.

Finalmente riuscì a trovare dei vestiti che potessero andargli bene e, lasciandosi sfuggire un ultimo sospiro, Nick si chiuse la porta della camera dietro le spalle sperando che, la prossima volta che l’avrebbe aperta, non sarebbe stato da solo.

 

 

 

 


 

*********

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il detective entrò come una furia all’interno della casa, portandosi con sé lo stesso sentimento degli elementi della natura che continuavano a darsi battaglia. Nick si ritrovò a rabbrividire per un attimo e non solo per quell’aria gelida e salmastra che si era intrufolata come un ospite inatteso e sgradito, ma soprattutto al pensiero che Brian si trovasse ancora là fuori e che avesse un nemico in più da affrontare.

O forse non più, si disse fra sé e sé, quando finalmente il suo sguardo si posò su colui che era appena entrato: negli occhi marroni del detective c’era una luce che preannunciava qualcosa, uno squarcio di fiducia in quelle ore e ore che erano trascorse in una sempre più crescente preoccupazione.

Forse l’attesa era finalmente giunta al termine. Forse non c’era più ragione per rimanere schiavi di tutte quelle immagini, di tutti quei scenari e quelle possibilità che la mente si divertiva a creare in quei momenti. Forse ora il cuore di Nick poteva smettere di battere con tristezza e paura e, invece, incominciare a galoppare come un cavallo selvaggio a cui era stata finalmente riconsegnata la libertà.

“Brian?” Fu tutto quello che riuscì a mormorare, staccandosi da quella finestra che era diventato il suo mondo in quelle ore e quel divano che aveva accolto confessioni di cui, ora, incominciava a sentirsi lievemente imbarazzato e in colpa.

Un velo di attesa e di tensione calò fra i presenti nella stanza, l’apprensione comune che si allungò e si trasformò in invisibili mani che si stringevano e che pregavano insieme per un miracolo. Doveva accadere, no? Doveva pur accadere qualcosa di buono, una bolla di positività che avrebbe finalmente scalzato via quella nube nera che alleggiava da giorni.

Da settimane.

Durò un attimo quel volo di speranza ed essa cadde colpita nel momento in cui le spalle del detective si abbassarono in un’ammissione di sconfitta. “No, non ancora ma...”

Nick si ritrovò a tremare di nuovo, la rabbia e la frustrazione che aveva cercato di nascondere esplosero come se quel vaso non potesse essere più in grado di contenere tutta quella forza; le mani si chiusero in pugni stretti, le unghia si conficcarono nella pelle e quella saetta di dolore sembrò dare inizio a un temporale che poco aveva a che fare con quello che si dava battaglia fuori. Al diavolo le parole di Kevin, al diavolo persino quei consigli che erano arrivati con una voce che, ora, poteva ammettere che si era solamente trattata di filamenti immaginari della sua coscienza. Al diavolo aspettarsi e aspettare di vedere la figura di Brian apparire sulla soglia, sano e salvo e con il sorriso di chi era riuscito a tornare nonostante tutto.

“Ma cosa?” La voce di Nick riecheggiò e rimbalzò da un presente all’altro fino a raggiungere l’espressione affranta del detective.

“Nick, lo stiamo cercando. Stiamo perlustrando ogni centimetro di quel maledetto bosco ma questa pioggia ci sta rallentando.”

La parte razionale di Nick sapeva che era ingiusto prendersela con quell’uomo, specialmente quando era quasi impossibile riuscire a distinguere le luci delle macchine con quella pioggia battente e fitta; sapeva, anche, che nemmeno lui sarebbe riuscito a fare di meglio se fosse uscito come un pazzo a cercare quell’altra metà di se stesso di cui necessitava. Ma niente di quello che stava provando in quel momento era razionale, la furia cieca del dolore stava conquistando ogni centimetro e spazio, reclamando a gran voce il nome di Brian: lo voleva lì, al sicuro; lo voleva lì, egoisticamente per ricordargli che poteva sbagliare, poteva cadere e rialzarsi senza considerarsi la peggior persona in quel mondo; lo voleva lì, Nick, per ricordare a Brian che niente e nessuno sarebbero più riusciti a separarli e che, da quale spalla che era, lui ci sarebbe stato in quel lungo e faticoso cammino di riabilitazione da quell’incubo.

“Ma avete scoperto qualcosa, comunque.” Kevin si intromise in quello scontro frontale, cercando di riportare un minimo di calma, anche se solo apparente: strinse la mano attorno al polso di Nick, un gesto che aveva visto Brian fare molte volte quando Nick era stato sul punto di scoppiare e far sgorgare fuori tutta la confusione e il caos che si portava dentro. 

“Sì. – Rispose Michael, pulendosi gli occhiali ancora appannati. – Forse abbiamo scoperto perché Tyler ha scelto proprio Brian come sua vittima.”

Per un momento sia Nick sia Kevin osservarono il detective con la fronte corrugata in confusione e incomprensione.

Che cosa significavano quelle parole? Che cosa significava che aveva scoperto il perché, non era già quella malata ossessione un motivo più che sufficiente per spiegare tutto?

No, ovviamente non poteva essere semplicemente quella la ragione perché, anch’essa, doveva esser pur nata da un seme, anche se poi si era allontanata ed era diventata più grande, più soffocante di quanto avrebbe dovuto essere in linea di principio. Ci doveva esser stata una scintilla che aveva dato fiamma e respiro a quel fuoco, che lo aveva alimentato per anni e che ora aveva trovato la sua punta di culminazione totale.

Eppure... eppure Nick si ritrovò comunque ad abbassare le spalle in arresa, come se quella particolare informazione non fosse davvero così importante in quel momento. Lo era, questo lo sapeva e non poteva nemmeno negarlo, ma quanto poteva essere utile ora? Come poteva essere utile per trovare Brian?

“Detective...” Incominciò a dire ma l’uomo lo interruppe quasi subito, forse già intuendo quale sarebbe stata la sua obiezione o, forse, leggendo nei suoi occhi la delusione e la frustrazione per essere rinchiuso lì, invece di esser lasciato libero fuori.

“Nick, i miei migliori uomini stanno battendo ogni centimetro del bosco. Quasi tutta la cittadina si è mobilitata per trovare non solo l’uomo che ha sconvolto la loro tranquillità, ma anche per ritrovare un ragazzo che è entrato a far parte della comunità nonostante il poco tempo trascorso. E loro conoscono queste zone molto meglio di te, loro conoscono tutte le scorciatoie e passaggi di cui nemmeno la polizia è a conoscenza. – Il detective usò quel tono che si acquietava fra le note dell’autorità e dell’essere paternale, quasi come se stesse parlando a un bambino che aveva appena commesso un incidente di poco conto. – So che vorresti essere in prima linea ma saresti solo un intralcio. Nonché una perdita di tempo nel caso ti perdessi. Vuoi davvero ciò? O vuoi trovare Brian?”

Nick si sentì, ancora una volta, punto nel vivo da quella predica. Imbarazzato avrebbe voluto abbassare lo sguardo e far finta di nulla ma la tensione, la stanchezza, l’ansia e la preoccupazione erano ancora delle fiamme impossibili da mettere a tacere quando venivano alimentate così rabbiosamente. Sì, la rabbia prese ancora una volta il sopravvento perché più di tutto Nick non sopportava sentirsi inutile ed era quello che, con quelle parole, il detective aveva rimarcato come se stesse gettando sale su ferite aperte e sanguinanti.

“Forse non stanno facendo il loro meglio se ancora non li hanno trovati.” Ribatté quindi con un sibilo, la cattiveria che era solamente una maschera per nascondere quanto quel non sapere lo stava riducendo a una balla di nervi scoperti, pronti per essere mandati in corto circuito.

Per un secondo, stiracchiato in un’infinità di attimi silenziosi, la tensione in quella stanza divenne una figura immateriale che si mise in mezzo fra quelle due generazioni a confronto, quelle due menti ostinate e testarde che avevano, però, un unico obiettivo comune. Nick non voleva cedere, non voleva dover ammettere di aver superato un limite ben preciso, scavalcato una barriera che era stata messa per proteggere quella tempesta che, fino a qualche momento prima, era quasi stata in grado di distruggere e spezzare le promesse che lui aveva fatto a Brian. Ed era quello che più faceva male, era quello il motivo per cui si ritrovava a dar contro a quella persona che non voleva fare altro che chiudere quella faccenda.

Definitivamente.

Fu Kevin a intervenire, per quanto anch’egli condividesse in parte quell’ultima accusa che Nick aveva lanciato con tono tagliente. Ma non era quello il momento delle recriminazioni; era, invece, quello il momento per unire le forze e sconfiggere quel nemico che, improvvisamente come un temporale d’estate, aveva unito così tante persone estranee uno con l’altro.

Inoltre, voleva sapere quel perché che lo aveva tormentato per ben lunghi dieci anni.

“Detective, che cosa ha scoperto?”

L’uomo sostenne lo sguardo di Nick per un’altra manciata di secondi prima di rivolgersi al maggiore fra i due. Si fece strada fino al tavolo, ormai riempito di mappe, di appunti, di bicchieri di caffè ormai terminati e telefoni che rimanevano silenziosi, e appoggiò la borsa che aveva tenuto stretto a sé fino a quel momento; la aprì e recuperò una cartella di carta gialla, consunta dal tempo e che Kevin riconobbe con una fitta particolarmente dolorosa: sapeva esattamente che cosa conteneva, fogli e fogli che avevano trascritto quelle fatidiche ore di violenza e quel processo che era durato quasi un battito di ciglia. Nessuno di loro, né lui né soprattutto Brian, aveva mai voluto rileggerli o studiarli per trovare un filo logico in quell’assurdità di incubo. Se lo avessero fatto, forse sarebbero riusciti a prevenire quel secondo atto? Kevin si ritrovò a scuotere la testa, consapevole che sarebbe stato impossibile prevenire tutto quello e, allo stesso tempo, portare avanti l’apparenza di una vita normale.

Il detective tirò fuori una foto e la mise di fronte a Kevin. “Riconosce questo bambino?”

“E’ Brian, no?” Rispose Kevin senza nemmeno prendersi qualche secondo per osservare meglio la foto e assicurarsi che la sua risposta fosse giusta. E come poteva essere altrimenti? Quel bambino era Brian, Kevin lo avrebbe riconosciuto anche semplicemente di sfuggita anche se... un piccolo dubbio incominciò a scorgersi oltre quel muro di convinzione e sicurezza: perché mostrargliela, altrimenti? E perché c’era qualcosa di strano in quella foto, un dettaglio che nemmeno lui riusciva però a identificare e spiegare?

“Ne è sicuro?”

“Dovrei essere in grado di riconoscere mio cugino.”

“Ma?” Aggiunse Nick che, incuriosito da quella strana discussione, si era avvicinato e aveva percepito l’insicurezza nella voce dell’amico.

“Non ho mai visto questa foto, per prima cosa. E c’è qualcosa che stona. Qualcosa che... non è Brian.”

Che cos’era che lo rendeva così insicuro? Nick si ritrovò a sporgersi dalle spalle del maggiore e a osservare quella foto: a un primo sguardo chiunque sarebbe giunto alla stessa conclusione, chiunque avrebbe riconosciuto quella zazzera bionda e quei tratti che si potevano riconoscere nel Brian cresciuto che Nick aveva conosciuto.

Ma non era lui. Quel bambino non era Brian, anche se la somiglianza era disarmante. Quel bambino non era Brian perché il sorriso non era lo stesso, gli occhi non avevano quella lieve diseguaglianza che rendeva lo sguardo così magnetico e così irresistibile. Quel bambino non era Brian perché Nick aveva trascorso anni e anni a studiare quel viso da lontano, a cercare di memorizzare ogni singolo dettaglio quasi come se avesse avuto paura che, un giorno, avrebbe potuto non averlo più al suo fianco o nella sua vita.

“Non è Brian.” Affermò Nick, con un tono che non ammetteva nessuna obiezione. E, infatti, non le ricevette né da Kevin, che allineò la sua opinione a quella del minore, né dal detective che, invece, sembrò quasi soddisfatto di quella affermazione.

“No, non è Brian. – Il detective confermò, mostrando un’altra foto dove le differenze erano molto più evidenti, anche se continuava a rimanere quella lieve somiglianza che poteva mettere in dubbio qualcuno. – Il suo nome è Thomas Ridley. Scomparso quando aveva dieci anni e dichiarato morto dopo qualche anno, anche se il suo corpo non è mai stato trovato.”

“E che cosa avrebbe a che fare con Tyler? O con Brian, del resto, a parte il fatto che Thomas è il suo secondo nome.” Commentò Nick, non riuscendo a capire come quel bambino, la sua scomparsa o morte, potesse essere di così fondamentale importanza per quelle indagini. O per non dedicarsi totalmente alle ricerche di Brian prima che facesse la fine di quel bambino. Con un gesto stizzito Nick cercò di annullare quel pensiero, così velenoso e così inopportuno: lo avrebbero impedito, avrebbero cercato in ogni modo possibile e immaginabile di far sì che quell’epilogo non si sarebbe ripetuto e non avrebbe nemmeno sfiorato Brian.

“I Ridley erano vicini di casa della famiglia di Tyler e i due bambini giocavano spesso insieme. Sono riuscito a rintracciare solamente la madre, i genitori si divisero dopo qualche anno e non hanno notizie uno dell’altro da anni. Ma ciò che mi ha detto la madre di Thomas è stato molto interessante e potrebbe spiegare perché Tyler è così ossessionato da Brian.”

“Perché gli ricorda il suo amico?” Provò a suggerire Kevin, anche se dubitava che la risposta potesse essere così semplice e intuitiva. Si trattava di Tyler, dopotutto,  e niente poteva davvero essere così semplice o facilmente spiegabile. Quella, semmai, era solamente la punta dell’iceberg; qualcosa che avrebbe dovuto far scattare un allarme ma di cui nessuno, invece, si era preoccupato di indagare più a fondo.

“Non esattamente. Non solo almeno. – Fu, infatti, la risposta del detective. – Già da piccolo Tyler aveva incominciato mostrare segnali che non sarebbero dovuti essere nascosti o ignorati ed era Thomas la vittima preferita dei suoi “giochi”, così li ha chiamati sua madre. Molto spesso Thomas tornava a casa con lividi oppure piangendo, anche se non voleva mai tradire il suo amico così, un giorno, i suoi genitori decisero di proibirgli di trascorrere ancora del tempo insieme. Due giorni dopo, Thomas scomparve.”

“Tyler?”

“Sarebbe una facile conclusione. Considerato che lui e la sua famiglia si trasferirono poco dopo, in apparenza a causa del lavoro del padre.”

Nick e Kevin rimasero in silenzio, facendo scivolare sulla lingua quelle parole che avevano appena ascoltato. Sembrava di essere davvero all’interno di un film o di un romanzo, loro due pedine che sarebbero servite al lettore di scoprire il movente e sprofondare ancora di più in quell’intricato mistero. Invece era realtà ed entrambi facevano fatica a ricollegare quello scenario con il fatto che lo stavano vivendo in prima persona e che, davvero, il motivo di così tanto odio e violenza potesse essere ritrovato in uno sgarbo infantile.

Ma aveva senso. Soprattutto per Kevin. Ora poteva capire perché, tanti anni prima, Tyler si era ritrovato così ipnotizzato dalle foto della sua infanzia e tutte quelle domande su Brian ora acquistavano un amaro significato.

“Quindi lei sta dicendo che...” Nick abbandonò la frase, incapace di poter formulare il suo pensiero in modo logico e coerente. Non sapeva nemmeno quale fosse il suo pensiero perché tutto quello su cui la sua mente si era fermata e concentrata erano i dettagli più macabri di quella vicenda. Lividi. Lacrime. Scomparsa. Morte. Era quello il destino che attendeva Brian? Brian, trasformatosi in un battito di ciglia in un fantasma del passato, colpevole di chissà quale colpa di cui non ne aveva mai avuto responsabilità. Passato e presente si erano mescolati nella mente di Tyler, Brian avrebbe dovuto pagare per Thomas che era stato allontanato e che poi era scomparso, la cui colpa era caduta implicitamente contro Tyler.

E non era quello che era successo anche dieci anni prima?

“Sto dicendo che la sua ossessione con Brian non ha a che fare solamente con lui. Brian è Thomas, Brian è quell’amico che gli è stato sottratto quando era bambino, dieci anni fa e ora, seppur questa volta è stato Brian stesso a scegliere un nuovo amico. Lei, Nick.”

“Ma l’aggressione?” Domandò Kevin, dubbioso o, forse, semplicemente incapace anche lui di accettare che quella storia potesse avere infiltrazioni che nessuno sarebbe stato in grado di cogliere per poter prevenire il peggio. Soprattutto lui. Lui, che a malapena aveva voluto chiedere a colui che era stato un amico di quei buchi oscuri della sua infanzia, aggrappandosi a una sensibilità che forse avrebbe potuto evitare molti problemi. Se e ma si ingarbugliarono fra loro, tessendo una fitta rete attorno a Kevin: era inevitabile rimanere vittime e prigionieri, nonostante la voce della ragione cercasse di scindere ciò che l’irrazionale voleva far passare come responsabilità e mancanze.

Se solo si fosse informato meglio...

Se solo non avesse cercato di dimenticare come aveva fatto Brian...

Se solo non avesse paura di scoprire...

“Probabilmente era un messaggio che Tyler voleva mandare Brian.”

“Non ti scordar di me.” Mormorò Nick, ricordandosi ora di quei fiori che Tyler aveva mandato a Brian più di una volta. Era quello il messaggio che aveva voluto non solo mandare ma anche rimarcare fino a quando Brian non l’avrebbe compreso fino all’ultima sua conseguenza.

Per un attimo fu come se una buca si fosse all’improvviso aperta sotto i suoi piedi; per un attimo Nick ebbe la sensazione che il mondo gli stesse vorticando furiosamente attorno, una furia costruita con dita e artigli che volevano afferrarlo e farlo precipitare in quel buco nero che si stava allargando a ogni secondo e a ogni battito di cuore che scivolava via. Si appoggiò con una mano alla sedia, il cuore che sembrava quasi volergli scappare via insieme alla capacità di respirare e quella voce che, stupidamente, continuava a ripetere quelle cinque parole.

“Nick... stai bene?” Il tono preoccupato di Kevin arrivò alle orecchie di Nick, il tocco sulla sua spalla e quel braccio che lo cinse come a volerlo supportare. Furono quei gesti, seppur dettati da genuina preoccupazione, a far infiammare le sue guance per la vergogna e l’imbarazzo mentre ancora fremiti nervosi facevano traballare la presa sulla sedia.

“Sì.” Mentì spudoratamente, cercando di raddrizzarsi in un apparente forma di autocontrollo e di forza che non riusciva nemmeno a spiegarsi da dove potesse nascere. Invece che migliorare, invece che aggrapparsi a qualche ultima ala di speranza e di fiducia, Nick continuava ad avere questa crescente sensazione che il peggio era lì ad aspettarli a un angolo, pronto a sferrare l’ultimo e micidiale colpo.

“Vai a riposare. Sei appena uscito dall’ospedale...”

“Mi riposerò quando tutto questo sarà finito.”

“Testardo come lui. Uguale.”

Un sorriso, seppur debole e capace di durare solamente una frazione di secondo, curvò gli angoli della bocca di entrambi i ragazzi, unendoli ancor più di quelle ultime ore o di tutti quegli anni trascorsi fianco a fianco. “Lo prendo come un complimento. – Commentò Nick, riuscendo a far battere più lentamente il suo cuore. – Detective, continui. Abbiamo capito il senso dell’aggressione e del mio incidente. O, meglio, del tentativo di tagliarmi fuori dalla vita di Brian. Ma il resto?”

Il detective tentennò per qualche secondo, volendo lasciare ancora qualche minuto a Nick per riprendersi. Forse era meglio lasciare tutte quelle congetture per il dopo e focalizzarsi solamente sul cercare di trovare Brian prima che fosse troppo tardi, in un modo o nell’altro. Forse Nick aveva ragione, forse avrebbe dovuto lasciare a loro quelle pagine fitte di ipotesi e ritornare al suo lavoro principale, nonostante si fidasse completamente di tutte le persone e le forze che si stavano dando da fare in quello stesso e preciso momento. “Forse è meglio se continuiamo più tardi.”

“Detective, sto bene.” Nick ribadì, credendo, anzi, essendo più che certo che non ci sarebbe stato altro momento migliore di quello. Presto si sarebbe scatenato un altro turbinio di faccende, presto tutta l’attenzione si sarebbe concentrata su Brian perché presto lo avrebbero riportato a casa. E Nick doveva essere pronto, Nick doveva essere in grado di rispondere ai suoi perché e non era più disposto a fare la figura del bambino che ignorava o che non sapeva come comportarsi.

Hotch sembrò rimanere dubbioso per qualche secondo ancora, lo sguardo che cercava di scrutare al di là di quella maschera di apparenza e di voglia di dimostrare qualcosa: avrebbe voluto rimproverarlo, avrebbe voluto dirgli che, una volta trovato Brian, avrebbe avuto di quelle energie che ora stava così stupidamente gettando via ma si trattenne. Non faceva parte dei suoi compiti. Così, il detective respirò a fondo e riprese le fila del discorso là dove le aveva abbandonate. “Il resto sono solo ipotesi, ovviamente.”

“Brian... Kevin, ricordi che cosa ha detto sul bus prima di controbattere alle foto pubblicate?”

Kevin si ritrovò a corrugare la fronte cercando di ricordare quel preciso momento e discussione. All’inizio ci fu solamente nebbia, fili e fili che riportavano alla mente solamente la sua rabbia, dettata dalla paura, verso quell’azione così scellerata del cugino. Che cosa aveva detto lui? Come si era difeso? Non era stata solo voglia di rivalsa, non era stata solamente una voglia di dimostrare di non essere più quella vittima indifesa e incapace di lottare che Tyler si era lasciato dietro la sua scia di sangue e incubi. “Credeva che lo avesse fatto per rovinare tutto quello che era riuscito a crearsi in questi ultimi dieci anni. – Rispose quindi, sperando di non aver confuso ricordi e suoi pensieri. Ma Nick semplicemente annuì prima che entrambi rivolsero il loro sguardo verso il detective. – E’ questa la sua ipotesi?”

“Sì. Se Tyler pensa che sia stato incriminato ingiustamente, allora è probabile che abbia voluto vendicarsi. O ripagare Brian con la stessa moneta, cercando di rovinare la sua immagine esattamente come lui aveva fatto dieci anni fa. O come Thomas e la sua famiglia avevano fatto ancor prima.”

“Cristo santo.” Si lasciò scappare Nick, abbandonando finalmente ogni parvenza di controllo e lasciandosi cadere sulla sedia a cui prima vi era solamente rimasto appoggiato.

“Dobbiamo trovare Brian, detective. Non lo possiamo lasciare ancora fra le mani di Tyler.” L’implicito non venne pronunciato ad alta voce, si trascinò e sibilò in quella stanza come se avesse preso la forma e la sostanza del vento freddo che si stava ingrossando fuori da quelle mura. L’implicito era quella pericolosità del non poter prevedere la prossima mossa di Tyler, non quando ormai era chiaro che i confini fra passato e presente si erano così confusi e così mischiati da non esser più presi in considerazione. Non quando ormai era chiaro che le possibilità per Brian si stavano assottigliando sempre di più perché non stava più pagando per un’ossessione morbosa o per essere diventato, involontariamente, un oggetto così prezioso che andava portato via da tutti e da tutto: Brian, ora, si era trasformato in un individuo che aveva avuto due vite, due rette parallele che, però erano riuscite a incontrarsi scontrandosi contro un’unica deviazione.

Il detective non fece in tempo a rispondere perché il suo telefonino prese a squillare proprio in quel momento, rompendo quell’aria di tensione e creandone una nuova. Più fragile. Ma con un retrogusto di speranza, seppur sottile e quasi impalpabile.

Nick, Kevin e Howie e Aj, che sembravano essere apparsi all’improvviso da tanto che la loro presenza era rimasta silenziosa e quasi impercettibile, osservarono con attenzione il volto del detective mentre si allontanava per rispondere. La telefonata durò semplicemente qualche minuto, anche se l’attesa di sapere se fosse portatrice di buone o cattive notizie sembrò durare quasi un’eternità.

“Allora? Detective?” Lo incalzò Nick non appena questi ritornò verso di loro, il telefonino ancora stretto fra le dita e un’espressione che nessuno riusciva a decifrare.

“Potrebbe essere un falso allarme ma...”

“Ma cosa? L’hanno trovato?” A Nick sembrava che il cuore stesse ribollendo nei timpani, tanto era assordante quel battito simile al rumore di tamburi. Doveva essere così, dovevano averlo trovato, si ripeté come una nenia silenziosa.

Non era tempo che qualcosa di positivo finalmente mostrasse la sua figura in quella casa e in quella cittadina?

 

 

 

   
 
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