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Autore: Kira Eyler    14/05/2017    4 recensioni
[Raccolta di One-Shots che funge da prequel di "Pazzia"]
[SOSPESA causa motivi spiegabili in MP. Scusatemi tutti.]
Dopo che due autrici mi hanno detto di fare un prequel sui due gemelli apparsi in "Pazzia", mi è venuta l'ispirazione per una raccolta di One-Shots su loro due. Le Shots avranno tutte un prompt diverso e solo a volte saranno collegate.
01. Inizio: "[...] -Souru, sorridi! Li ho uccisi, ti rendi conto!? UCCISI!- esclamò Katsumi, rimettendosi a ridere. Souru scoppiò in un altro forte pianto a dirotto, stringendosi al fratello e battendo i pugni sul suo petto [...]"
03. Maledizione: "[...] Un paio di fiammelle blu scesero, fluttuando, dalle scalinate del Tempio, e con voce infantile e alta parlarono: “Chiunque uccide un bambino accanto al Tempio, verrà ucciso in modo violento”
05. Bambole: "[...] -Bonjiro, giusto in tempo! La governante stava dicendo che mi usi a tuo piacimento, come se fossi la tua bambola!- [...]"
09. Specchio: "[...] -Hai capito il concetto, più o meno...- gli disse, celando la tristezza -... Ricordati di trovare qualcuno che raccolga tutti i pezzi, non solo i più grandi e quelli meno taglienti. D’accordo?-[...]"
Genere: Angst, Dark, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Marionetta pazza'
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Salve a tutti! Vi sono mancata? Ovviamente no. Questo capitolo è piuttosto breve e forse anche insignificante, ma è per augurare a tutte le mamme una buona festa e una buona giornata! Lo faccio con "Ningyo" perché... eheh, leggete. Se ci sono errori potete segnalarmeli liberamente, purtroppo non ho molto tempo per correggere (domani ho due compiti, per dire...).
Spero comunque che vi piaccia almeno un pochino <3 e buona festa a tutte le mamme, ma di più alla mia uwu
-Kira.

07. Mamma

La porta di casa si era aperta, seguita da un allegro “Siamo tornati!” gridato. Una donna spostò le numerose e grosse valigie dentro casa e un uomo la imitò, chiudendosi poi la porta alle spalle. La luce del corridoio venne accesa e, dopo qualche secondo, una bambina fece capolino dal piano di sopra; un enorme sorriso le illuminò il volto, corse giù per la rampa e saltò in braccio all’adulta, sua madre.
Nyoko, il nome della donna, sollevò la figlioletta e la strinse forte a sé, schioccandole un tenero bacio sulla fronte; l’uomo, Hisao, sorrise a sua volta e accarezzò i corti capelli della sua bambina, decorati con un fiocco rosso laterale. Souru rise appena, strinse il viso al petto della madre e le cinse il collo con le braccia, lasciandosi cullare.
-Tesoro, mi sei tanto mancata!- disse la donna, baciando la testa della bimba dolcemente.
-Mamma, non te ne devi andare più!- fu la risposta di Souru, esclamata con un tono malinconico; infatti, neppure un attimo dopo, si mise a piangere per la gioia di aver rivisto la mamma, che aveva lasciato casa da un mese insieme al marito per uno dei suoi viaggi.
Mentre Nyoko coccolava la figlioletta, Hisao puntò gli occhi castano scuro sulla rampa di scale, perdendo il sorriso che aveva assunto poco prima: era così sicuro che quel bambino avesse qualcosa di sbagliato, era da mesi che non correva più a salutarli e, come se non bastasse, le notizie che arrivavano dagli insegnanti sul suo comportamento non erano buone. Era l’unico bambino che non aveva amici, o perché non ci riusciva, o perché non voleva.
-Souru,- la voce calda e amorevole della moglie interruppe i suoi pensieri. La fissò, la vide mettere la bambina a terra e abbassarsi alla sua altezza, accovacciandosi -sei stata tutta sola, soletta? O è venuta la nonna in questo mesetto?-
Souru si portò un dito sulle labbra, iniziando a riflettere. I due adulti si fissarono dritto negli occhi: nella prima settimana del mese avevano lasciato i due gemelli da soli, senza nessun adulto e senza nessuno aiuto, e a causa di ciò i vicini li avevano minacciati di chiamare gli assistenti sociali. Nyoko non voleva perdere sua figlia, tanto che aveva subito avvertito la madre e messo in quiete i vicini: l’anziana, infatti, aveva detto che si sarebbe presa cura lei dei bambini. Certo, era con loro solo a pranzo e a cena, ma c’era e, se qualcuno stava male, rimaneva con loro tutto il giorno.
La nonna dei gemelli l’aveva sempre ripetuto: quei due erano frutto di uno sciocco errore commesso in gioventù. A causa loro Nyoko aveva dovuto lasciare l’università e tutti i suoi progetti, aveva dovuto sposare Hisao, che si era accorto troppo tardi di non amarla: insomma, non erano una vera e propria gioia.
-Allora, è venuta nonna...- prese a parlare Souru, osservando la madre negli occhi; quegli occhi dello stesso colore dei suoi. Sorrise, continuò con tono più allegro: -... e poi la signora vicina!-
Anche se la bambina era stata più felice con la vicina, i due coniugi fecero una smorfia di disgusto e di rabbia verso quella donna che continuava a intromettersi in ogni loro faccenda privata. Nyoko si alzò e sorrise in modo forzato, ingannando la figlia.
Fu l’adulta, questa volta, a osservare il piano superiore, prima di tornare a guardare Souru. Con tono confuso e un po’ preoccupato, lasciandosi sfuggire un’espressione triste, chiese: -E dov’è tuo fratello? Sta dormendo, o non vuole venire?-
-Non vuole venire.- rispose semplicemente la bimba. I due borbottarono contemporaneamente un “lo sapevo io!”, così che Souru gonfiò le guance, adirata, e abbassò lo sguardo per poi dire qualcos’altro: -E non ci volevo venire nemmeno io. Non sei venuta alla festa della mamma...-
Gli occhi ambrati della bambina si riempirono di lacrime, mentre Hisao guardò con astio la moglie: non si era presentata a casa in quel giorno, pur sapendo quanto la piccola ci tenesse? Si trattenne dal gridarle contro, solo perché altrimenti sua figlia sarebbe scoppiata a piangere disperata.
-... tutte le mie amiche stavano con la mamma, e io no. Io non ti ho potuto abbracciare, non ti ho potuto dare il regalo...- continuò la bambina, sempre più a bassa voce, mentre lacrime cristalline presero a rigarle le guance accompagnando il tono malinconico. Strinse i pugnetti lungo i fianchi, iniziò a singhiozzare, con i due adulti che la fissavano immobili, senza saper cosa dire; -E nonna ha rotto il mio disegno!-
Scoppiò a piangere, gettandosi a terra sulle ginocchia. Piangeva e singhiozzava sempre più forte, al ricordare quella giornata che era stata la più brutta della sua vita: le maestre dell’asilo non l’avevano fatta partecipare allo spettacolo per le mamme; la nonna, quella volta, era davvero di pessimo umore e le aveva detto cose orribili, prima di gettare via tutto ciò che aveva fatto per Nyoko; si era sentita malissimo nel vedere le sue amiche e i suoi amici passeggiare con la madre, mano nella mano, mentre lei era costretta a restare a casa.
Nyoko si passò una mano tra i capelli corvini, lunghi fin sotto le spalle, e regalò un’occhiata apatica alla figlia: non si sentiva in colpa, era certa che prima o poi si sarebbe calmata. Hisao, invece, fu preso dall’ira e, dopo che si avvicinò alla moglie, la strattonò per un braccio.
-Sei una donna inutile!- le gridò contro furioso, stringendo la presa sul braccio; questa lo spinse con una mano, e lui continuò: -Non ti fa pena neanche tua figlia!-
-Non mi sembra che tu ti fossi presentato al loro compleanno, quella volta!- ribatté con voce più adirata e alta la corvina -Stavi con un’altra delle tue puttane! Io ero qui a soffrire e a stressarmi!-
-Il compleanno è una cosa, questa festa ne è un’altra! Poi parli tu, che te ne vai col primo che ti passa davanti!-
-Ma come osi dirmi una cosa del genere!? Io faccio ciò che voglio, la vita qui è mia, vorrei almeno godermela in questi anni visto che per colpa tua non ho potuto farlo, all’università! Avevo una possibilità enorme di poter essere qualcuno di successo!-
-Di successo!? Tu!? Per carità, l’unica cosa che sapevi fare era aggraziarti i docenti e chiunque altro! Non posso credere di aver scelto una come te!-
-BASTA!- a gridare furono due voci, che fecero subito cadere il silenzio tra i due coniugi.
Hisao lasciò la presa sulla moglie, entrambi si ritrovarono a fissare i figli con aria profondamente infastidita: Katsumi, arrivato, probabilmente, a causa del litigio appena scoppiato, stringeva la sorella a sé in un abbraccio e, quest’ultima, continuava a piangere. Guardavano i genitori senza più proferir parola, senza saper più cosa dire loro, stanchi per l’ennesimo litigio e anche arrabbiati. Ormai anche sprecare fiato per farsi ascoltare era inutile.
Souru si mise in piedi e si staccò dal gemello, sul viso si dipinse un’aria affranta e disperata. Sussurrò con flebile voce solo tre parole, unendo le mani in segno di preghiera: -Possiamo volerci bene?-
Nyoko scosse energicamente il capo in segno di negazione, decisa e senza aver bisogno di pensarci su; Hisao prese un respiro profondo per calmarsi, successivamente si mise a braccia conserte e non rispose. La bambina abbandonò le braccia lungo i fianchi, si morse il labbro inferiore e si voltò, prendendo a salire lentamente le scale per tornare in camera sua.
Katsumi la fissò in silenzio, privo di parole. Rimase fermo fino a quando non vide la figura della sorella sparire al piano di sopra; guardò i due adulti con odio crescente, seppur fosse consapevole del fatto che non potesse fare nulla. Non in quel momento, almeno.
Prese un bel respiro per farsi coraggio e parlò, cercando di non parlare a voce troppo alta per la rabbia: -Avete fatto piangere Souru di nuovo. Ve la faccio pagare, prima o poi.-
-Tu stai zitto!- tuonò improvvisamente Hisao, facendo sobbalzare il bambino -Non hai quell’altra da consolare? Perché non torni a fare il disonore degli Harada con, che ne so, altri problemi nel socializzare?- pronunciò quelle parole con un sorriso mellifluo e un tono velenoso, col solo intento di far allontanare entrambi i figli da lui.
Katsumi fece per dire altro, ma le parole gli morirono in gola; pensò che, forse, era meglio lasciar perdere il padre. Donò uno sguardo apatico a Nyoko, rimasta in silenzio da quando avevano gridato: sua madre era debole. Tremendamente debole e, quella volta, aveva dato l’ennesima conferma. Salì le scale anche lui, senza dire niente, e raggiunse la sorella nella sua stanza.
Passò poco più di un’ora da quel momento: in casa non c’erano più state chiacchiere, se non dei singhiozzi dal piano di sopra, e i due adulti ne avevano approfittato per svuotare almeno alcune valigie. La donna chiuse l’ultima valigia appena svuotata, trascinandola accanto al letto e lasciandola lì; la fissò per un po’, poi sospirò tristemente, scuotendo il capo lentamente e con aria rassegnata: probabilmente stava sbagliando tutto con i figli. Voleva loro bene, ma voleva anche viaggiare e stare da sola con il suo fidanzato, che neanche sapeva avesse dei figli; aveva due vite, dava a entrambe la stessa importanza o, almeno, ci provava.
Aprì un cassetto del comodino e prese tra le mani un album fotografico dalla copertina rossastra, si sedette sul letto e iniziò a sfogliarlo. Le prime foto ritraevano lei con i suoi amici del liceo: si accorse che da allora non era tanto cambiata e sorrise. Alle sue si aggiungevano quelle del marito, delle feste di compleanno e anche alcune fatte alla sua luna di miele con Hisao: erano ancora felici di stare insieme e innamorati, in quel periodo, anche se già si notava la pancia. Voltò pagina, sorrise d’istinto in modo intenerito quando si trovò davanti le primissime foto dei suoi gemelli.
Anche lì erano ancora felici.
Si accorse di quante foto avesse fatto ai suoi bambini, visto che andando avanti nello sfogliare le pagine ne trovava sempre di più.
-Oh, per scattare questa foto li feci svegliare...- si disse, divertita, osservando la foto raffigurante i due bambini che dormivano insieme, abbracciati; continuò, voltando pagina: -... avevo dimenticato di togliere il flash!-
Lo sguardo ricadde su una foto di famiglia: Hisao era accovacciato accanto a Souru, la quale stringeva al petto un coniglio di peluche di colore rosa ed era stretta in un abbraccio da Katsumi; lei, invece, era in piedi accanto al figlio e aveva le mani unite davanti al petto, mentre osservava con aria dolce la famiglia. Tutti sorridevano, lì: forse era anche l’atmosfera del posto, il tempio Shofukuji di Fukuoka, che in quel periodo era piaciuto tantissimo ai suoi figli.
Si incupì, andando avanti: da quel punto c’erano solo foto di luoghi; c’erano fiumi, laghi, boschi, templi, palazzi, torri. Tutte le foto che aveva scattato quando aveva iniziato a viaggiare da sola, senza i figli e con il marito che andava da tutt’altra parte per lavoro; sfruttava i soldi che Hisao guadagnava per quei viaggi. Fece per chiudere l’album e un foglio scivolò dalle pagine, finendo sul pavimento. Sbuffò, posò l’album sul materasso e si alzò, accovacciandosi per raccogliere quella che credeva una foto: quando vide che però era tutt’altro, si coprì la bocca con una mano.
Era un foglio bianco, se non fosse stato per la scritta in penna blu, fatta in modo davvero infantile e con le lettere non precise. Le lacrime presero a scivolarle lungo le guance, mentre iniziava a sentirsi distrutta; c’era scritto un: “Ti voglio bene”.
***
Ayano prese a fischiettare allegramente, camminando tra le tombe del cimitero deserto; seguiva il fratello che teneva la torcia, e la muoveva su ogni tomba che vedeva per poter leggere i nomi. Era notte fonda a Tokyo e il cimitero era stato chiuso da un bel po’ di ore, ma erano riusciti ad entrare lo stesso dopo aver disattivato le telecamere e addormentato il guardiano.
La ragazza aveva in mano un mazzo di anemoni* colorate: le portava con la massima attenzione e le guardava ogni tanto, anche per sentire il loro profumo.
-Bonjiro- lo chiamò ad alta voce, sorridente -hai trovato la tomba di mamma? Oppure era talmente bruciata da poter essere raccolta solo in un barattolo?-
-Non so neanche se si trova in questo cimitero.- rispose lui apatico, continuando a spostare la luce della torcia da una tomba a un’altra -Questa è la prima e l’ultima volta che ti riporto a Tokyo, chiaro?-
-Oookay!- esclamò subito e allegramente Ayano, facendo un saltello in avanti e aumentando il passo, fino a posizionarsi accanto a Bonjiro.
Per farsi portare lì proprio il giorno della festa della mamma aveva dovuto piangere e fare qualche scenata, unita a minacce di denuncia; era stata dura riuscire a vincere, però ce l’aveva fatta e se l’era cavata senza ricevere botte: era un traguardo, per lei. Tornò a fischiettare, pur consapevole del fatto che fosse sia inappropriato, sia pericoloso farlo in quel luogo, poiché avrebbero potuto scoprirli: a Tokyo li cercavano ancora.
Il gemello si fermò all’improvviso, con la torcia che illuminava una lapide su un prato. La fanciulla si fermò e smise di fischiare, prese a leggere il nome incisovi sopra: “Nyoko Niseai**”. Guardò il fratello e si parò davanti a lui; la gonna scura ondeggiò, insieme ai capelli raccolti nei soliti codini.
-E’ lei?- gli domandò, portando il mazzo di fiori davanti al petto e stringendolo con entrambe le mani. Attese una risposta per alcuni istanti, la quale non arrivò; Bonjiro si spostò, illuminando la stessa lapide, ma non rispose e non pronunciò o fece altro. Ayano roteò gli occhi al cielo.
Si voltò e si avvicinò alla tomba, sedendosi davanti alla lapide a gambe incrociate. Poggiò i fiori ai piedi della lastra di marmo, poi battè le mani e ampliò il sorriso. La luce della torcia fece brillare i suoi occhi.
-Ciao mamma! E’ da un po’ che non ci si vede, eh? Sono passati tre anni!- iniziò a parlare, come se stesse parlando di giorno con una persona viva; sgranò gli occhi e assunse un’espressione meravigliata, che venne sostituita subito dopo dalla stessa aria allegra: -Però ti sono venuta a trovare, visto? E ho portato anche le anemoni. Ricordo che da piccoli ci portasti in un luogo pieno di questi fiori, erano tutti rossi e blu!-
Un sorriso malinconico si dipinse sul volto pallido, gli occhi le divennero lucidi. Mise le mani sul prato, continuò ad osservare la lapide in silenzio, leggendo e rileggendo quel nome con tanta nostalgia e malinconia; il nome appartenente a quella donna che, per quanto assente potesse essere, le aveva dato la vita.
-Speravo ti fossi salvata- sussurrò in modo flebile, deglutendo successivamente -Ho avuto troppo bisogno di te in questi anni, ma non c’eri. Non mi dissero che eravate morti, quindi sperai...- chinò tristemente il capo -... non è servito a niente, però.-
Si mise in piedi, alzandosi il cappuccio della felpa scura. Non aveva la forza di abbandonare quel luogo: se non ci fosse stato Bonjiro con lei, avrebbe certamente pianto, gridato, si sarebbe messa ad abbracciare quella pietra fredda e bianca come una pazza; e invece poteva solo guardarla e parlare, sperare in un segno o in una risposta che non sarebbe mai arrivato.
Prese un respiro profondo e sussurrò in modo impercettibile una semplice frase, mentre una leggera brezza le accarezzò il viso: -Mi manchi tanto, torna da me...-
La torcia si spense proprio quando un vento freddo iniziò a soffiare, scompigliando i capelli ai due giovani e muovendo i rami dei pochi alberi del cimitero. Ayano si asciugò le lacrime con la manica della felpa e regalò, infine, un ultimo sguardo alla tomba; sentì del freddo sulle guance, sospirò stanca e raggiunse il fratello: insieme presero a camminare, abbandonando quel posto. Il vento cessò improvvisamente.

*Anemoni: l'anemone, nel linguaggio dei fiori, è simbolo di abbandono e attesa. Di solito si dona a qualcuno per far capire quanto ci manca e anche per chiedergli di tornare (e sono i miei fiori preferiti).
**Niseai: mi sono permessa di fare un gioco di parole. "Nise" significa "finto, falso, bugiardo", "Ai" amore: volevo dare un cognome che significasse "finto amore", ma scrivere "Nise no ai-o" (la traduzione corretta) come cognome era terribile. Quindi vada per "Niseai".

 
   
 
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