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Autore: Inyoureyes    14/05/2017    2 recensioni
"Patetica."
Le grida una voce nella testa. E tentenna, tentenna per un istante, perché non è abituata a sentirsi gridare. Contrariamente, è lei quella che vuol far sentire la propria voce, con la speranza che i suoi demoni possano ascoltarla e non prendere il sopravvento. Quell’insolito scambio di ruoli la terrorizza.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Barry Allen, Caitlin Snow
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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This war is ended.



 


 
Un brivido le percorse la colonna vertebrale con violenza, con una ferocia tale da scombussolarle il corpo e farle male. Il dolore lento ed intenso che le s’irradiava nel petto era, però, tutt’altro che fisico. Una combinazione di sensazioni ed un inspiegabile senso di nausea che le attanagliavano lo stomaco. Qualcosa dentro di lei si era appena infranto, oppure era accaduto da tempo e solo adesso era stata in grado di rendersene conto. Non ne era certa, ma lo percepiva, lo sentiva, lo sapeva. Corpo e mente le erano sembrati da sempre due elementi distinti, uniti tra di loro per il semplice scopo di tenerla in vita. Ma adesso, adesso non le potevano sembrare più complementari di quanto in realtà fossero. Per quanto ne sapesse di medicina, in quel momento non sarebbe stata in grado di definire quello stato di incoscienza in cui era immersa. Lì, in quella stanza dalle mura scure ed i vetri appannati, il suo corpo giaceva disteso in un innaturale stato fetale. Le braccia e le gambe erano unite in degli inspiegabili intrecci, la mente ed il corpo divisi da ampie lastre di ghiaccio.
E come quando cessa una guerra e rimane solo il silenzio dei caduti, lo stesso accade con quegli inutili frammenti di ghiaccio sparsi sul pavimento. E la sua? La sua può essere definita una battaglia? C’è stata una vittoria. Ma che se ne fa della vittoria quando la guerra non ha portato altro che morte e tempesta?
Un conato di vomito le brucia la gola e vorrebbe cacciarlo indietro. Vorrebbe avere la forza di respingerlo. Ma la speranza e l’illusione che possa essere questa la causa di quel peso insistente che sente nello stomaco è troppo forte, e non le resta che assecondarlo. Delle lacrime calde le solcano il viso per lo sforzo, e non può fare a meno di bearsi di quella fugace sensazione. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che ha pianto? Dall’ultima volta che ha vissuto una sensazione tanto normale? Quattro anni. Del resto non piange mai, lei


"Patetica."



Le grida una voce nella testa. E tentenna, tentenna per un istante, perché non è abituata a sentirsi gridare. Contrariamente, è lei quella che vuol far sentire la propria voce, con la speranza che i suoi demoni possano ascoltarla e non prendere il sopravvento. Quell’insolito scambio di ruoli la terrorizza. E come non potrebbe? E’ passato così tanto tempo dall’ultima volta che è stata in possesso del suo corpo che non riesce più a rendersi conto di come si facesse.
Si fa coraggio e solleva lo sguardo da quell’intrigo di pelle. Le iridi perlustrano la stanza con fremito, mettono a fuoco ed elaborano accuratamente dettagli che all’apparenza appaiono insignificanti, ma che non potrebbero sembrarle più importanti. Quelle stesse iridi scure che per anni le avevano fatto notare avesse ereditate dal padre. Ben presto si rende conto che quella stanza, in realtà, è un’ampia fabbrica. Gli enormi depositi e i trucioli sparsi sul pavimento le fanno intendere che in passato si occupasse di legname. Ha mille domande per la mente, e vorrebbe dare una risposta a ciascuna di esse. Ma la verità la terrorizza più di quanto voglia ammettere. Perciò sceglie la via più semplice. Si solleva da terra e comincia a vagare in quell’ammasso di macchine e fili senza vita. Com’è finita in un posto del genere? Lo sa. Ma il dolore è troppo forte, e vuole incatenarlo negli angoli più remoti del suo cuore. Quel cuore che da pochi minuti ha ricominciato davvero a battere, seppur metaforicamente.

Percorre i corridoi con passi lenti e fulminei, gli stivali in pelle le adornano perfettamente le gambe e le arrivano all’altezza della coscia. Sebbene non li avesse mai provati, la grazia con cui li sfoggia e la suola consumata rivelano il contrario. Impiega una manciata di minuti prima di ritrovarsi fuori dall’enorme struttura. Il bagliore della luna le illumina il viso, mettendo in risalto le sue labbra bluastre. In passato avrebbe probabilmente trascorso qualche minuto a contemplare quella vista, ma ora le sembra decisamente fuori dalla sua portata. Avanza ulteriormente di qualche passo. Vuole fuggire. Fuggire da Central City, fuggire e portare con sé quel vortice di morte e terrore che l’ha investita. E comincia a correre, corre per tentare di dimenticare. Corre perché si vergogna di ciò che è stata. E di ciò che in realtà è. Corre più di quanto immaginasse di poter fare. Pochi istanti e l’oscurità della foresta la inghiotte. Il fiato è corto, il petto le s’innalza irregolarmente, ma non le importa. E’ trascorso troppo tempo dall’ultima volta che l’ha fatto. Il volto di chi è morto a causa sua le si precipita di fronte agli occhi. Sei morte e distruzione, Killer Frost. Evita un paio di tronchi, ma finisce inevitabilmente per inciampare nella radice di uno di essi.

“Non sei in grado di pensare a noi.”

Le voci nella sua testa la costringono a gridare. Grida, grida e grida sempre più forte. Perché non vuole che il rumore dei suoi pensieri possa prendere il sopravvento. Che lei possa prendere di nuovo il sopravvento. Sa che è una questione di attimi, che è troppo debole ed umana per combatterla. Ma non vuole che vinca. Chiude le palpebre con forza, perché sa che la battaglia non è conclusa, che la sua è solo un’illusione e che non verrà mai a patti con i suoi demoni. Sente un fiocco di neve bagnarle il viso, e con esso una sequenza ripetuta ne sussegue. La neve, fitta e brillante, si posa intorno alla sua esile figura.


Ha sempre amato la neve, Caitlin Snow.


 Il colore delle sue iridi è brillante, ora. L’azzurro sta delineando i contorni di quel marrone scuro e vivace. Si aggrappa a quel manto erboso rimasto intatto dalla neve e lo stringe con tutta la forza che le è rimasta in corpo. Non può ancora lasciarla vincere, deve resistere ancora un po'. Non avrà più un’occasione del genere e non ha intenzione di sprecarla. Si solleva da terra e riprende a camminare. La temperatura si fa improvvisamente più fredda. Non c’è bisogno di spiegazioni. Sa che è l’effetto della sua sola presenza. Ma deve continuare. Sente il rumore dei clacson in lontananza, e questo la spinge ad accelerare il passo. Non sa come gli altri reagiranno. E’ una delle persone più ricercate della città e non ha idea di come sia il suo aspetto al momento.
Un gruppo di persone è fuori da quella che sembra essere una tavola calda. Sono stretti ed avvolti in dei pesanti cappotti invernali, le mani paffute sono rinchiuse in dei soffici guanti di lana e lo stesso accade con i loro capi, coperti da dei bizzarri cappelli con delle renne. Sulla mano destra ciascuno tiene una tazza con all’interno un caldo liquido denso e marrone. L’odore di cioccolata le inebria le narici e la porta a sporsi da quella siepe in cui è nascosta. Le strade sono coperte di decorazioni e gonfiabili di ogni genere.
 
Natale.
 
Una fitta le colpisce il petto, il loro ricordo è ancora vivido nella sua mente. Si chiede cosa stiano facendo e se siano pronti a vivere un dolore tale, se sentano la sua mancanza o la odino per le atrocità commesse e la vogliano morta. E’ un tale egoismo da parte sua, ma non può farne a meno. Ha bisogno di vedere i loro volti per l’ultima volta e dirgli addio, perché è stanca di combattere. Vuole dirgli che ha lottato, ha lottato in silenzio dentro quel corpo per anni, che ha visto e che era presente ma che la sua lotta l’ha portata solo a questo. E lei è stanca.  Ha il comando del suo corpo solo per questo, perché è sicura che lei non glielo avrebbe mai concesso.
 
Vetri infranti.
 
Un grido le arriva da dietro le spalle, un ragazzo sta indietreggiando. Una palla di vetro è caduta dalle sue mani per lo spavento. Ha paura di lei. Si solleva e fa un passo in avanti, verso quella figura esile ed ansante. Vuole rassicurarlo, dirgli che non deve temere nulla, che non gli farà del male. Ma come potrebbe? Dentro di lei si leva una risata. Non può dare torto a quella voce dentro alla sua testa. Non è una martire. Ha ucciso. Le mani sono gronde del sangue di innocenti. E’ un’assassina degna del suo nome. I momenti seguenti si svolgono a rallentatore. Sente la folla gridare il suo nome, o meglio, quello che ormai è diventato il suo nome. Ed in lontananza si sentono le volanti della polizia.

"Sii degna del tuo nome."

Non vuole uccidere. Sono ore che fugge, vorrebbe fermarsi, ma non vede altrimenti. Mollare equivarrebbe a morire senza provare. E poi, è quasi arrivata alla sua destinazione.
 
 
Il vestito che le cinge il corpo le lascia dei lembi di pelle scoperta, perciò sussulta quando sente l’impeto del vento invernale. Siamo a dicembre inoltrato, chiunque sarebbe rimasto succube di quelle temperature, ma questo non è il suo caso, d’altronde lei è legata ad esso.
Finalmente vede la villa che tanto aveva bramato. Ed ha paura, ma non si tira indietro.
Si avvicina, non appena sente la musica provenire dall’interno, e volge lo sguardo alla finestra che si affaccia al salotto. E’ attenta che nessuno la stia guardando. Ciò che vede le provoca un’immensa nostalgia. E il petto le fa più male di quanto in realtà avesse immaginato. Le lacrime le rigano il volto. Ma deve trattenersi, altrimenti potrebbero scoprirla.

"Sei una vigliacca. "

Una tavola imbandita è posta al centro della sala. Ci sono tutti, e non potrebbe esserne più entusiasta. H.R è seduto accanto a Tracy Brand, i due chiacchierano animatamente con in mezzo due tazze stracolme di caffè, devono essere piuttosto intimi perché la sua mano è poggiata su quella di lei. Joe e Cecile stanno servendo la cena e di tanto in tanto si scambiano qualche complice sorriso. Mentre Cisco e Julian paiono essere coinvolti in quello che sembra essere un acceso scambio di battute. Tipico di Cisco, le viene da pensare. Ed infine vede Barry ed Iris scambiarsi i regali con Wally e Jesse.
D’istinto poggia una mano sul vetro. Le lacrime continuano a solcarle il viso e non riesce a fermarle. Cosa credeva? Che l’aspettassero? Erano convinti fosse morta, del resto era stato ciò che gli era stato ripetuto negli ultimi quattro anni. Savitar era stato sconfitto, Killer Frost aveva preso il sopravvento ed Iris era in vita e felice. Lei era stata un danno collaterale all’interno di quel processo. I singhiozzi le escono fuori, incontrollabili, non riesce a trattenersi. Deve farlo o quel dolore che sta provando non farà altro che alimentare il demone che racchiude dentro di sé. Il vetro della finestra si congela lievemente sotto al suo tocco, attirando l’attenzione dei presenti. O meglio, di alcuni dei presenti.

"Vattene via."

Si tira indietro con violenza. Ha paura che l’abbiano vista. E’ stata una pessima idea venire lì.
Sente lo scricchiolio della porta ed un rumore di passi, ma questo non le impedisce di riprendere a camminare.
C-Caitlin?”
E’ la voce di Barry. E’ calda, priva di qualsiasi forma di rimorso o rabbia. Sembra aver pronunciato quel nome con la speranza che fosse nient’altro che lei. O forse è solo la sua testa che glielo fa pensare.
Si ferma, perché gli è mancato così tanto il suono della sua voce.
Si volta con cautela, rivelando il suo profilo pallido.
E Barry la guarda, la guarda con una tenerezza tale che non avrebbe immaginato riservare neanche ad Iris.
Trema.
Trema al solo pensiero che possano odiarla dopo tutto ciò che ha causato.
Non riesce a proferire parola. Deve andarsene. Perché rimanere se sa già che non porterà a nulla di buono? Eppure le sue gambe rimangono lì, inchiodate in quel punto. Con gli occhi incatenati in quelle iridi verdi e chiare ed il cuore lì in quella sala.
 
 
Lei non lo sa, ma Killer Frost le sta gridando contro.
E lei non se ne sta neanche rendendo conto.

 
E’ questione di attimi prima che il suo corpo esile venga stretto in quelle braccia calde ed accoglienti. Sente il cuore di Barry battere in sincronia con il suo ed affonda il viso nell’incavo del collo. L’inebriante fragranza della sua pelle le inebria le narici e non potrebbe immaginare di essere in un posto migliore di quello in cui si trova in quel momento. Avvolta e protetta da quella figura tanto famigliare.
Barry, d’altro conto, non riesce a fare a meno di stringere Caitlin tra le sue braccia. Era convinto fosse ancora in vita, ed ora, ora che la vede, con la sua chioma castana, le iridi scure e le labbra rosee ne ha la piena certezza.
 
Killer frost ha perso la guerra.
   
 
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