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Autore: vero511    14/05/2017    1 recensioni
Ellie Wilson 24 anni, appena arrivata a New York insieme alla sua gioia più grande: il figlio Alex. Lo scopo della giovane è quello di ricominciare da zero, per dare la possibilità ad Alex di avere un futuro diverso dal passato tumultuoso che lei ha vissuto fino al momento del suo trasferimento. Quale occasione migliore, se non un prestigioso incarico alla Evans Enterprise per riscattarsi da vecchi errori? Ma Ellie, nei suoi progetti, avrà preso in considerazione il dispotico quanto affascinante capo e tutte le insidie che si celano tra le mura di una delle aziende più influenti d’America?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Finalmente posso tornare al lavoro: mi stavo annoiando a trascinare il mio corpo per tutto il giorno dal letto al divano e viceversa, senza contare che sono contenta che Alex non mi debba più vedere così affaticata. Non posso dire di essere al massimo delle forza, ma sto decisamente meglio e restare seduta in ufficio non peggiorerà di certo le mie condizioni di salute. Matt mi ha detto che avevo una babysitter, ma dato che non ricordo il suo nome e quindi non riuscirei nemmeno a chiamarla, si offre lui come volontario per curare il bambino. Lui e Jennifer mi sono stati davvero d’aiuto in questo ultimo periodo, si sono presi cura di me e di mio figlio in tutti i modi possibili; per quanto riguarda Zack, non si è più fatto sentire dopo la nostra discussione. Mi è stato riferito che, come era prevedibile, si è gettato a capofitto sul lavoro a causa degli affari in arretrato che aveva dopo essere partito per Montpelier. Nei miei buoni propositi di oggi, il primo è quello di affrontarlo, e se non ha un momento libero per me per colpa dei suoi impegni, farò in modo che lo trovi.

Il mastodontico edificio sede della Evans Enterprise mi è famigliare e davanti ad esso mi sento così piccola, da essere attraversata da un moto di nervosismo e tutta la sicurezza che mi poggiava sulle spalle come un mantello quando sono uscita di casa, si è tramutata in panico, che grava su di me come un macigno. Faccio un profondo respiro e mi decido ad entrare. Vengo subito accolta da Jennifer, impeccabile nel suo tubino, che mi si avvicina con foga: “Ellie! Bentornata” mi prende a braccetto per accompagnarmi nel mio ufficio di cui ovviamente non ricordo la posizione. In ascensore, si premura di rinfrescarmi la memoria per quanto riguarda le mie mansioni e mentre la ascolto diligentemente, poco a poco un po’ della nebbia che mi offusca la mente sembra diradarsi. Il mio ematoma sta scomparendo e come aveva detto il dottore, non ho danni permanenti di conseguenza tutto tornerà alla normalità con il tempo.

Lavoro per tutta la mattina su alcune scartoffie, anche se devo ammettere, pensavo avrei avuto più documenti da sistemare; ma d’altronde, essendo questa una delle più importanti aziende d’America, non si sarà lasciata fermare dall’assenza di una semplice impiegata, e qualcuno avrà svolto le mie occupazioni per me. Nonostante questo, sono felice che sia ora della pausa pranzo, perché il mio stomaco comincia a brontolare e le mie energie sembrano venire meno. La mia amica mi ha dato appuntamento in caffetteria, ci sono delle indicazioni e persone molto gentili qui a cui posso chiedere in caso di necessità; mentre passeggio per i lucidi corridoi, noto una ragazza che sorseggia un caffè, così mi avvicino per domandarle indicazioni riguardo il luogo in cui mi devo recare. “Ma guarda un po’ chi c’è, la smemorata” e scoppia a ridere con fare civettuolo. Possibile che tra tutte le persone “gentili” che potevo incontrare, abbia incrociato la via proprio di questa donna che apparentemente mi odia? “Scusa?” Non mi faccio intimorire, anche se questa mia condizione di smemorata, come ha detto lei, mi porta su un piano di inferiorità dal momento che lei è a conoscenza di qualcosa che a me al momento sfugge. “Non ti ricordi di me, naturalmente. Lascia che mi presenti, sono Jessica Thompson, la miglior impiegata di tutta l’azienda, ovvero ciò che tu non sarai mai” e ritorna a ridere in modo più sguaiato di prima. “Thompson, adesso basta schiamazzare!” Tuona una voce alle nostre spalle. La riconoscerei tra mille. Dal suo tono capisco che è arrabbiato e la mia teoria è confermata da ciò che vedo: incede verso di noi con passo svelto e deciso, come un generale che guida in battaglia i suoi uomini; il ciuffo moro è scompigliato segno che ci ha passato le mani più volte e infine i suoi occhi lanciano fiamme mentre squadra la ragazza accanto a me che ora si è fatta più piccola. “Zack” la osservo fare gli occhi dolci al ragazzo e mi viene il voltastomaco. “Sono il tuo capo, non ti rivolgere a me usando il mio nome” afferma freddo e lapidario. Jessica, umiliata, se ne va con i capo chino ignorandomi completamente. “Z-Zack…” tento, ora che siamo soli sarebbe un buon momento per parlare e scusarmi con lui. “Vale anche per te” dice e senza lasciarmi il tempo di ribattere, scompare nel corridoio così come è arrivato. Resto impietrita per il suo comportamento. È arrabbiato per la nostra discussione e ne ha tutte le ragioni, ma siamo al lavoro e dovrebbe mettere da parte la vita privata anziché trattare tutti in questo modo.
Aumento il passo per arrivare da Jennifer e poterle riferire l’accaduto, ma quando riesco finalmente a trovare la caffetteria, della mia amica non c’è traccia. Chiedo ad alcune persone se l’hanno vista, e dopo numerose indagini a vuoto, trovo un’anima buona, la quale mi spiega che Jen è dovuta andare rapidamente nell’ufficio del capo per qualche ragione sconosciuta. Così, dopo un primo attimo di titubanza, prendo la coraggiosa decisione di raggiungerla, nella speranza di incontrarla in corridoio e non dover arrivare davanti allo studio di Zack. Ma la buona sorte, ultimamente non è dalla mia parte, di conseguenza, mi ritrovo costretta a passeggiare avanti e indietro nelle vicinanze dell’ufficio del capo, aspettando che la mia amica esca dalla porta.

Sono a una certa distanza, per evitare che le persone che mi vedono si facciano strane idee, ma dopo una decina buona di minuti passati a muovermi ininterrottamente, mi convinco ad avanzare e mi accorgo di un particolare che fino ad ora mi era sfuggito: la porta è socchiusa. Non dovrei farlo, ma mi avvicino sempre più ad essa per capire cosa stia accadendo all’interno dell’ufficio. “Potresti, per cinque minuti, smettere di comportarti come un bambino?” Il tono confidenziale di Jennifer mi lascia interdetta. “Non faccio il bambino, sono solo nervoso” sbuffa il ragazzo. “Jessica stava piangendo, e per quanto la cosa non mi dispiaccia troppo, non puoi trattare male chiunque solo perché sei arrabbiato con lei”. “Allora, anziché fare la paternale a me, perché non parli con la tua grande amica e non cerchi di farla ragionare?” Ora la sua voce è un po’ più alta di prima. “Cosa credi? Che non ci abbia già provato? Sono preoccupata e trovo che il suo piano sia assurdo, ma sai benissimo com’è fatta!” Non sento più nulla per un po’ e devo ammettere che questa conversazione mi ha destabilizzata. "Lo so” afferma improvvisamente Zack. “Come?” “Lo so, diamine, lo so. È solo che…” sto trattenendo il respiro e non ne capisco nemmeno io il motivo e qualcosa mi dice che anche Jennifer è nella mia stessa condizione. “…non voglio che le succeda qualcosa di male.” Ora mi sento ancora più in colpa per come lo trattai quel giorno in ospedale: nonostante il mio comportamento, lui è ancora preoccupato per me.

Devo parlare il prima possibile con lui per risolvere questa questione, così, presa dall’adrenalina che scorre in tutto il mio corpo, busso alla porta. Attendo il permesso per entrare che non tarda a arrivare. “Wilson, sono impegnato adesso” e accenna verso Jennifer. “Devo parlarti, urgentemente” lo guardo dritto negli occhi ignorando la presenza della terza persona nella stanza. “Me ne vado, noi abbiamo finito” afferma quest’ultima. “Lo decido io quando abbiamo finito” Zack batte un pugno sul tavolo e Jennifer alle mie spalle, deve avergli lanciato un’occhiata di fuoco perché il capo si rimette al suo posto. Sento la porta chiudersi alle mie spalle, ma nessuno dei due accenna a parlare. “Allora? Sto aspettando, non era urgente?” Il suo modo di fare mi fa venir voglia di prenderlo a schiaffi, ma poi mi ricompongo e cerco di restare tranquilla. “Io volevo scusarmi con te”. La sua posa noncurante di poco fa, si tramuta in una molto attenta e sbalordita; evidentemente non si aspettava nulla di tutto ciò. “In ospedale…avevi ragione e sono perfettamente consapevole che la mia idea è pericolosa”. Sembra addolcirsi e si alza facendo il giro della scrivania per avvicinarsi a me. È così vicino che riesco a scorgere le diverse sfumature dei suoi occhi e il suo profumo mi circonda come se mi stesse abbracciando. “Quindi hai cambiato idea?” Il suo tono non è più nervoso, ma calmo e accomodante. Non so in che modo o con quale forza io possa far uscire le parole dalla mia bocca, ma quando lo faccio, lui si allontana di poco. “No.” Come se fosse un normale riflesso, al suo allontanarsi io mi avvicino. Gli poso una mano sul braccio e continuo: “Ascoltami, so che questa storia non ti va giù, ma io devo farlo perché per quanto io non abbia alcuna intenzione di rischiare la vita,  devo proteggerne un’altra ben più importante della mia”. “Io capisco che tu faccia tutto per il bene di Alex, ma vorrei davvero che tu ti fermassi a pensare… magari esiste davvero un altro modo, magari non c’è bisogno che tu ti metta in pericolo.” Afferma in tono quasi supplichevole. “No Zack, lo so io e lo sai anche tu che questa è l’unica soluzione”. “Allora lascia che io ti, anzi vi, aiuti”, ora sono io a retrocedere. “Non mi devi nulla, e non devi nulla neanche ad Alex, hai già fatto più di quanto ti si potesse chiedere”. “È vero, ma io l’ho fatto perché era ciò che volevo ed è ciò che voglio anche adesso.” Restiamo in silenzio a guardarci per un tempo che sembra infinito. La mia testa pulsa veloce, ma il mio cuore ancora di più. Non so come siamo arrivati a questo; sono stata così presa da tutto questo casino ultimamente, che non mi sono resa conto di ciò che accadeva intorno a me. Non ho ascoltato i miei sentimenti e le mie emozioni e non ho dato la possibilità a me stessa di capire quanto io e Zack fossimo realmente vicini. E solo ora me ne accorgo. Senza sapere fino in fondo che cosa stia accadendo dentro di me e tra di noi, ma con la consapevolezza che un sottile, ma indistruttibile filo ci leghi. “Mi permetterai di aiutarti?” E mi porge la mano, in un gesto semplice e dolce.      


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Buonasera ragazze! Ecco il nuovo capitolo che spero vi piaccia, vi prego di farmi sapere cosa ne pensate. Nel frattempo vi ringrazio per tutte le visualizzazioni, le recensioni e per aver aggiunto la storia ai preferiti/seguiti. Baci <3
  
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