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Autore: TheNaiker    15/05/2017    0 recensioni
Non esistono più le streghe di una volta.
Genere: Comico, Fantasy, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Eh? Da dove salta fuori questo aumento di prezzo? Hai deciso di farmi arrabbiare, mercantucolo da strapazzo?"
Gwenilde non l'aveva presa bene, ma il suo stridulo gridolino era una reazione che mastro Hotus aveva ampiamente preventivato. La strega della Palude Oscura Ma Non Troppo™ non era tipo da alzare i toni molto spesso, tuttavia questa volta era inevitabile che si inalberasse.
Che poteva fare lui, d’altronde? Aveva dovuto accettare l’idea che avrebbe litigato con la propria unica cliente abituale, un rischio mortale per ogni gestore di piccola bottega. A maggior ragione per uno i cui bilanci erano in profondo rosso da anni, ben prima di questa ulteriore grana che si stava profilando all’orizzonte. Anche se, in fondo, la magrezza dei suoi incassi era un cruccio che lui non poteva addebitare ad un destino infausto, al contrario.
La penuria di acquirenti era infatti una diretta conseguenza di una sua vecchia e non così tanto brillante idea: aprire il tuo negozio là, nelle viscere più maleodoranti di una palude maledetta, un malsano acquitrino scansato come la peste dalla quasi totalità degli esseri umani provvisti di senno. Non poteva che prendersela con se stesso, per la gioia del suo portafoglio marcio, che in maniera desolante racchiudeva ormai solo falene morte
Sob, riuscì solo a pensare mastro Hotus.
Più di una volta il fallimento della sua attività gli era sembrato un epilogo ineluttabile, benché a più riprese avesse provato a ravvivare i suoi affari. In tempi passati aveva messo in circolo voci di un favoloso tesoro sotterrato nel suolo fangoso della Palude, o in alternativa di un drago sputafuoco che teneva in ostaggio una meravigliosa principessa. Panzane grosse come una casa, ma che per un po’ avevano funzionato e avevano attirato eroi danarosi, cavalieri milionari e principi azzurri come se piovesse; ma ogni volta finiva che quei fustacchioni tutto muscoli e niente cervello incontravano l’orrida Gwenilde, la scambiavano per una malvagia avversaria e combattevano contro di lei. Perdendo puntualmente. E venendo mangiati da lei.
Insomma, non ci si poteva aspettare che quella vecchia strega comprendesse i suoi assilli.
Ma l’avrebbe costretta a cambiare, lui era pur sempre l’unico fornitore di ingredienti magici nel raggio di decine di chilometri e lei si sarebbe dovuta adattare ai cambiamenti. Anche la millenaria megera avrebbe apprezzato le novità nel suo negozio.

Per quanto ci sarebbe voluto per tempo, sul momento non stava gradendo affatto. “Ehi, ti ho fatto una domanda! Sputa il rospo!”
“Se sapessi sputarli da solo, non avrei bi-bi-bi-bisogno di comprarli da qualcuno per ri-rivenderli a te. No-non sei da-da-da-d’accordo, Gwen?” gli rispose lui, con la sua tipica parlantina da misantropo introverso e insicuro.
“Risparmiami le tue battute di spirito.”
“Va bene. Il punto è che, a partire da inizio mese, le code di rospo che espongo in negozio provengono in esclusiva dal co-commercio equo e solidale. I goblin che si occupano di sezionare e ta-ta-tagliuzzare sono proprietari del loro allevamento di anfibi, sono trattati con dignità e hanno il permesso di ingozzarsi con quello che avanza del ca-cadavere del rospetto. Ovviamente, non essendo loro maltrattati e sottopagati, il costo della manodopera lievita in misura sensibile e parimenti anche il prezzo al de-de-dettaglio ne risente.”
“E secondo te me ne frega qualcosa, se quegli sgranocchiabudella sono pigliati a frustate o a calci in culo? Per me, chi li sfrutta a sangue se li può pure inchiappettare a sangue, mentre ballano in gruppo una delle loro quadriglie da ritardati. Piuttosto, dammi le mie code e togliti dalla testa la presunzione di potermi fregare. Altrimenti ti trasformo in un tacchino, così poi me lo racconti, cosa si prova ad essere spennati!”
Gwenilde si strofinò nervosamente il porro sulla narice, un bozzo di carne grosso anche per gli standard stregoneschi. Un gesto innocuo solo in apparenza, giusto per rammentare al mercante perché quella specie di donna era soprannominata la Sventura Infausta dal Duplice Naso.
Hotus, incapace nei rapporti umani com’era, non poté trattenersi dall’agitarsi a quella vista. Sbracciò impaurito, come un bambino che aveva appena visto l’Uomo Nero, il mostro zombie che abitava nella pozza di pece accanto a casa sua. Ma il mastro violentò la sua natura introversa, contenendosi e sforzandosi di non scomporsi troppo. Era deciso a non desistere dal suo proposito di innovazione.
“Sono serio. Se-Se-Sei libera di rifornire il tuo ca-carniere da qualcun altro, se il mio modo di condurre la mia bottega non ti aggrada, Gwen. Ma siamo amici da vent’anni, sai che no-no-non lo sto facendo per dispetto o in… inic...” Hotus deglutì, faticando nel terminare la frase “per i-ni-mi-ci-zia personale.”
“Io e te? Amici?” la strega ridacchiò con uno stridio inumano, che spaventò a morte le cornacchie appollaiate sulle gabbie appese al soffitto. Ma non sembrava veramente intenzionata a minacciare il poveruomo. Il denaro non era un grosso problema per lei, la sua rete non ufficiale di conoscenze influenti era un segreto di Pulcinella: era risaputo che Gwenilde costituisse una fonte non ufficiale di intrugli e pozioni, a cui i potenti del regno non potevano rinunciare.
Ma il semplice sospetto che lui cercasse di prenderla in giro le aveva fatto rizzare le antenne. In senso letterale, anni fa si era aggiunta due antenne sulle tempie, con la forma e le capacità di quelle di una termite, celate sotto il suo cappello a punta per non disagiare troppo i suoi clienti più danarosi e amanti del bello. Le stregonerie per auto-tramutarsi in una chimera non mancavano certo, nel suo grimorio.
La strega stava dunque in allerta, ma al momento stava trattenendo i suoi istinti più distruttivi. Hotus gli era più utile da vivo, in fondo. La donna infilò allora la mano in una delle mille tasche del suo abito sdrucito e da essa tirò fuori un foglietto imbrattato di zolfo. Sospirò, consapevole che dato l’andazzo non sarebbe stata una faccenda breve.

“E sia, mettimi in conto queste dannate code di rospo. Mi occorrono anche tre dozzine di ali di pipistrello velenoso.”
“Da allevamento in gabbia, allevamento a terra o allevamento alla-alla-all’aria aperta?”
A Gwenilde uscirono gli occhi fuori dalle orbite per la sorpresa, tanto che dovette chinarsi e ravanare sul pavimento, per recuperarli e ficcarli di nuovo al loro posto. Hotus avrebbe tanto voluto permettersi una risata ma si trattenne, ne andava della sua vita.
“E… che novità è questa, invece?” chiese lei, una volta rimessasi in piedi “Che diamine cambia, tra uno e l’altro?”
"Chia-chia-chiaro che cambia qualcosa. Un allevamento a stretto contatto con l’aria mefitica della palude rassoda la membrana delle ali, rendendole più toniche. Inoltre, aumenta la percentuale di neurotossine al loro interno e permette di ridurre la somministrazione di ormoni della crescita delle ghiandole venefiche. Ne con-consegue che un’ala di migliore qualità garantisce un effetto potenziato sulle tue pozioni. Puoi ridurre le dosi, quindi meno consumi, meno sprechi e meno tasse sullo smaltimento rifiuti: sa-sai meglio di me qua-quanto sia esoso il Bleargh della Palude, quando passa nel tuo laboratorio a ripulire l’immondezzaio che rimane dopo i tuoi esperimenti. Non c’è pa-pa-paragone, gli allevamenti all’aperto sono il top!”
“Soprattutto per chi poi va a rivendere i loro prodotti, vero furbacchione?”
“Se de-desideri il meglio devi sborsare un piccolo extra, questo è no-no-normale.”
“Sì, sì, basta che la smetti, che ti venga una maledizione, e poi la crudele figlia del demonio sarei io. Vorrei anche delle zampe di topo, ne hai di normali o hai introdotto qualche diavoleria anche lì?”
“Le vuoi piccole, medie o grandi?”
“Io… Medie andranno bene.”
“Con artigli annessi o già pulite?”
“Puoi anche darmele ancora sporche di terriccio, non fa niente.”
“Di maschio o di femmina?”
Una vena nervosa comparve sotto il collo di Gwenilde. “Quella che costa meno...”,
“Ratto di palude, di campagna o di città?”
“HYAAAA! MA LA VUOI PIANTARE?”
Mastro Hotus si riparò dietro il bancone, una reazione provvidenziale che gli salvò la vita. La strega aveva infatti superato il limite di sopportazione ed il suo urlo agghiacciante fu rapidamente accompagnato da lampi e fasci di energia, che riverberarono per tutto il negozio, investendo tutta la merce e raggiungendo ogni angolo della bottega. Un rombo che si sentì per chilometri e chilometri, che il villaggio adiacente alla Palude scambiò per il muggito di una bestia ignota e pericolosissima, tanto che contadini, bambini e massaie si barricarono lesti nelle loro casupole.

Alla fine dell’urlo di Gwenilde, quando le onde d’urto magiche si quietarono e Hotus poté fare di nuovo capolino oltre il tavolaccio, di ciò che stava all’interno dell’edificio erano rimasti solo bottiglie in cocci, oggetti in frantumi e cornacchie sotto shock. Pure le pareti della catapecchia erano innaturalmente incurvate, ridotte maluccio dallo sforzo immane a cui erano state sottoposte.
Ma la strega si era già pentita del suo gesto e non solo perché si era ripromessa di trattenersi. Hotus era il suo unico contatto umano da secoli e bastò un’occhiataccia bene assestata del bottegaio, per convincerla a evocare un controincantesimo per riportare tutto allo stato originario.
“Dammi le prime venti zampe che ti capitano sotto mano e facciamola finita.” implorò lei.
“Come-me-me preferisci. Ti serve altro?”
“Sono a posto così…” ribatté Gwenilde, la cui titubanza era però palese.
“S-s-su, se non li compri oggi dovrai comprarli do-domani. Cosa c’è annotato, sulla tua lista della spesa?”
“Io avevo scritto anche una manciata di lingue di serpente.”
“Conservate al naturale, sott’aceto o sott’olio?”
“Ma fa’ un po’ quel che credi, a me gira la testa.”
“Ti do quelle sott’olio, allora. Sono arrivate con l’ultimo co-corriere non morto, hanno la data di scadenza più tarda.” Hotus allungò la mano con il barattolo di lingue verso la sua cliente, ma all’ultimo momento la ritraette: “Ah, dimenticavo di informa-marti: da oggi, la conservazione delle lingue di serpe è effettuata senza olio di palma!”
A Gwenilde caddero le braccia. “Basta, ti scongiuro. Che vuol dire quest’altra roba?”
"Che sono trattate con ingredienti selezionati e testati, che non nuociono alla salute."
"Sì, ma le lingue di serpente mi servono per i veleni! Devo preoccuparmi di intossicare le mie vittime con sostanze sane, adesso?"
"Hai ragione. Dalla prossima volta te le ordino con doppio olio di palma, OK?"
"Grazie per la tua premura." esclamò Gwenilde, che stava rispondendo alle esclamazioni del suo interlocutore senza alcun entusiasmo. Non vedeva l'ora che quella via crucis giungesse a termine, gli ultimi cinque roghi a cui l'avevano condannata erano stati una passeggiata, al confronto. "Ma poi che male fa l'olio di palma, scusa?"
"Fa-fa-fa..." Hotus ci pensò, preda di un'esitazione che l'aveva colto alla sprovvista "Fa male, di sicuro, non so cosa fa ma lo fa."
"Sì, ma io lo devo sapere per tempo! Non posso infilare nel mio calderone roba di cui non conosco gli effetti! Che mi venga un colpo, per quel satanasso di mia nonna era tutto più semplice, il grimorio di famiglia recita solo Lingue di Serpe e Radici di Felce Selvatica, non sta a dannarsi per capire se quella lingua doveva essere lunga, grossa, piccola, corta, in salmì, con l'olio, senz'olio, bianca, rossa, nera, proveniente dalla bocca o dal profondo del buco del-"
Gwenilde si arrestò, non per rispetto verso Hotus, ma perché la sua centenaria gola aveva terminato il fiato e si era come bloccata per un paio di istanti. Ormai quell'ugola era ormai a fine corsa, per fortuna ce n'era un'altra nuova pronta all'uso, nello scrigno del suo covo. Ah, gli stolti che talvolta arrivavano ancora sotto casa sua a sfidarla, siano ringraziati gli Inferi.

"Oggigiorno è indispensabile rimanere al pa-pa-passo coi tempi." commentò intanto Hotus, comprendendo come la sua cliente fosse attaccata alle tradizioni e volesse realizzare i suoi intrugli alla maniera di un tempo. "Triste ma-ma-ma-ma necessario. Altrimenti, esssere tagliati fuori e fallire è un attimo."
"Sì, ma non posso stravolgere tutto! Te lo immagini, se cambiassi tutte le ricette delle pozioni in modo che siano più sbrilluccicose? Cioè, da quando in qua i miei beveroni dovrebbero essere colorati e con le stelle filanti che fuoriescono al posto delle bolle? Le mie antenate si rivolterebbero nella tomba!"
"La tomba che tieni sotto casa tua?"
"Proprio quella!"
"Ma c'è mo-modo e mo-modo, potresti assumere qualcuno che faccia il lavoro pulito per te, Ad esempio, impiegare un te-te-te-testimonial. Una bella ragazza che accetti di comparire sui cartelloni insieme ai tuo-tuoi incantesimi."
"Se è per quello, posso anche evocare un famiglio avvenente che se ne occupi gratis. Per la costruzione di quelle creature, la parte più difficile è la costruzione del cervello; ma in questo caso potrei direttamente saltare quella fase. Però la questione di principio resta. Ne va della mia dignità."
"Mah, tu intanto pensaci. Ormai i signori tendono ad avere un occhio di riguardo verso chiunque presti attenzione all'estetica. Potresti illuderli, appiccicando un faccino giovane sopra il tuo e restringendo il tuo busto. Un corpo snello e ben to-tornito, avvolto in un vestitino attillato, ti garantirebbe qualche extra interessante nel tuo co-compenso. Ringrazia il fatto che tu non abbia praticamente concorrenza, altrimenti la smetteresti di far tanto la superiore e correresti in fretta ai ripari."
"Vuoi che fracassi di nuovo il tuo negozio? Stavolta non lo riparo, eh!"
"No-no-no-no-no..." mastro Hotus sistemò le merci appena vendute in un sacco polveroso di juta "Ah, che sbadato, forse do-dovevi acquistare anche qualcos'altro."
"In realtà sì, delle fibre essiccate di mandragora."
"Con o senza glutine?"
"Certo che tu ti diverti a infierire, eh? Lo vedi come sono messa!"
"OK, non insisto."

Mastro Hotus consegnò il sacco in cambio di un pugno di monete, ma si rese conto di aver dimenticato qualcosa. Un'ultima, vitale comunicazione, che si era prefissato di riferire a qualsiasi cliente che da quel giorno in poi sarebbe capitato nel suo emporio.
Mentre Gwenilde era sulla soglia della bottega, lui la chiamò per nome e dopo le gridò: "Mi-mi raccomando, scarica la mia app per essere sempre aggiornata sui nuovi arrivi nel mio negozio!"
Lei ebbe un sussulto, come colpita da un sasso sulla nuca.
E, quando si girò, i suoi occhi apparvero vividamente rossi, come la bocca di un vulcano che stava per eruttare e travolgere con la sua lava tutto quello che avrebbe trovato sul suo cammino. Nella mano libera di Gwenilde, invece, aveva fatto la sua comparsa un enorme, minaccioso fulmine globulare.
"Scarica? Vuoi vedere che cos'è davvero una scarica?".
Mastro Hotus stava per vederlo. La vita di un commerciante è un inferno continuo, d'altra parte, ma che ne sapeva Gwenilde dei suoi sentimenti. Quella andava matta, per gli inferni.

  
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