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Autore: silbysilby_    15/05/2017    1 recensioni
Dal testo:
Taehyung non ne poteva più.
Di che cosa? Non lo sapeva bene neanche lui.
Di sicuro della scuola, delle persone che ci brulicavano dentro.
Ma se fosse stato solo questo allora avrebbe dovuto essere sollevato all'idea di andare a casa. A quanto pare non ne poteva più anche di quella.
Taehyung frequenta le scuole superiori e non è di certo in uno dei suoi periodi migliori. Ormai ha perso interesse su tutto, tranne che su una cosa.
O meglio, su qualcuno.
(vhope)
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Taehyung/ V
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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E si, sono tornata. Con l'ennesima cosa deprimente. 
Vhope, scelgo teeee * scaglia palla dei pockemon *
(A chi di voi possa interessare, mi sono recentemente iscritta a Wattpad)
Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione!
 

How can I 
be alright?
 
Le dita di Taehyung tremavano così tanto che inserire la combinazione dell'armadietto, un'operazione che eseguiva come minimo tre volte al giorno da sei mesi a quella parte, si stava rivelando un'impresa. Al quarto tentativo la serratura scattò e il ragazzo dovette trattenere l'anta dallo sbattere all'indietro tanta la foga con cui l'aprì.
Una pacca fuggiasca sulla schiena lo fece trasalire; voltò il capo alla sua sinistra, seguendo con gli occhi la figura di Seokjin che si allontanava per il corridoio. Il ragazzo più grande gli fece un cenno di saluto con il capo, la solita borsa di pelle usurata che gli pendeva da una delle larghe spalle, continuando a camminare all'indietro.
Taehyung alzò una mano all'altezza del viso, ricambiando, le guance spinte verso gli occhi dagli angoli della sua bocca.
Un gruppo di matricole si divise in due per lasciare passare indisturbato il suo amico, qualcuna di loro che ci lasciava gli occhi sopra nel vederlo passare.
Seokjin scomparve giù per l'atrio e una ragazzina sospirò.
Seokjin scomparve giù per l'atrio e a Taehyung colò il sorriso sul mento.
Le spille colorate che aveva attaccato per bellezza alla giacca di jeans provocarono un tintinnio metallico quando presero contro la superficie fredda del suo armadietto. Tenendo l'anta aperta premuta contro la spalla destra, si appoggiò con un ginocchio a quello posto sotto il suo, sporgendosi in avanti con il capo.
Se qualcuno avesse notato la sua posa avrebbe pensato di sicuro agli struzzi che nascondono la testa sottoterra, ma la cosa era così terribilmente vicina alle volontà di Taehyung che trovò inutile vergognarsene.
Con la luce artificiale del corridoio alle spalle e la sicura zona d'ombra che l'interno dell'armadietto gli assicurava, lasciò che le palpebre gli premettero verso il basso, annichilite dalle ciglia. Per un minuto o due il mondo parve restringersi sempre di più, come se si trovasse davanti a un buco nero della taglia di una scatola.
I suoi compagni di classe, di scuola, i professori e i collaboratori scolastici potevano passare dietro o vicino a lui quanto gli pareva che tanto non avrebbero potuto vederlo in faccia. Non avrebbero notato come quel suo grande sorriso tanto popolare per la forma insolitamente quadrangolare ma carismatica era ridotto ad una piccola linea rigida. Non avrebbero potuto intuire il formicolio che sentiva all'interno delle guance dovuto a tutte quelle risate che ci ha forzato sopra o quanto la sua lingua fosse arida.
Taehyung non ne poteva più.
Di che cosa? Non lo sapeva bene neanche lui.
Di sicuro della scuola, delle persone che ci brulicavano dentro.
Ma se fosse stato solo questo allora avrebbe dovuto essere sollevato all'idea di andare a casa. A quanto pare non ne poteva più anche di quella.
I voti che stavano riempendo il registro elettronico di Taehyung erano per la maggior parte evidenziati di rosso, i verdi ormai in via d'estinzione. Questo non aveva reso la signora Kim, sua madre, particolarmente fiera.
Non che lui avesse mai dato prova di essere un genio, ma quando l'insegnante di letteratura aveva informato la donna che durante gli ultimi due compiti in classe il figlio non aveva neanche sollevato la penna dal banco la cosa non poté più essere ignorata. Suo padre venne informato di conseguenza, e insieme, i due genitori, lo avevano messo con le spalle al muro la sera stessa dei colloqui.
A un mesetto di distanza, Taehyung, la testa ancora seppellita nell'armadietto, era certo che quell'episodio sarebbe rimasto un nervo scoperto per tutta la sua vita.
Come avrebbe mai potuto scordare l'espressione marmorea di suo padre, il modo in cui le nocche della sua mano ruvida erano sporte quando l'aveva chiusa a pugno? O la posa severa della madre, solitamente così comprensiva e affettuosa con il suo unico figlio, che aveva fatto passare chiaro e tondo il messaggio che non era disposta a parteggiare per lui?
La parola giusta per definire come si era sentito in quel momento era aborto. Taehyung si era sentito un aborto.
Un aborto come studente, un aborto come figlio.
La parte peggiore era stata quando i suoi genitori avevano iniziato a fare domande. Le pareti della gola parevano esserglisi cucite alle tonsille.
Si, aveva studiato.
No, aveva provato a non consegnare le verifiche in bianco.
Si, era stato attento durante le lezioni.
Si, è vero, i suoi appunti non erano un granché e il libro di testo era anche peggio.
No, i professori si erano fatti un'idea sbagliata.
Si, tutti.

Non poteva assicurare per tutte le altre risposte, ma almeno la seconda era senz'altro sincera. Nome e cognome li aveva scritti, e nella sua calligrafia migliore. Aveva pure scelto quale traccia seguire tra quelle proposte dal tema.
Taehyung ricordava benissimo di aver pensato in quei momenti che di tutte le cose non gli stessero chiedendo come stesse negli ultimi tempi. Avrebbe risposto con una bugia, ma sentirselo dire non avrebbe guastato.
Glielo aveva poi chiesto sua madre un'ora più tardi, facendolo pentire di aver desiderato la cosa. Tutto quello che voleva era che quella giornata arrivasse al termine per poter abbandonarsi al sonno, non aveva la forza per affrontare un secondo round.
Erano nella sua camera da letto, seduti sulle lenzuola disfatte dalla notte precedente. Taehyung indossava già i pantaloni del pigiama, il che lo faceva sentire vagamente a disagio; la stoffa gli calava sulle gambe morbida, sottolineando diciamo altre sporgenze conferitogli dalla natura.
Era l'unico adolescente al mondo a vergognarsi di mostrare il proprio lato adulto ai genitori? Come se dovesse nascondere il fatto che non era più un bambino e che poteva potenzialmente avere interazioni fisiche di un certo tipo.
Quando la signora Kim gli aveva chiesto se c'era qualcosa che non andasse Taehyung si era limitato a scrollare le spalle, un cuscino tenuto contro il ventre.
Lei scrutava il figlio nello stesso modo in cui un bambino delle elementari avrebbe guardato la formula del Pi greco scritta alla lavagna: intensamente, con la fronte corrugata, le palpebre che quasi evitavano di battere. Come se per accedere alle sensazioni di Taehyung servisse un nuovo codice cifrato di cui nessuno l'aveva messa al corrente.
La maggior parte delle volte i genitori tendono a provare combinazioni casuali, si diceva Taehyung. Dobbiamo capirli se non ci prendono al primo tentativo.
E questo fu ciò che fece sua madre. Tentare.
"Ha a che fare con una qualche ragazza? Sei stato rifiutato?"
Taehyung avrebbe roteato gli occhi al cielo se non avesse da sempre odiato quando qualcuno lo faceva nei suoi confronti. Lo faceva sentire più stupido di quanto già non si ritenesse.
Perché tutti davano per scontato che l'amore è sempre la causa di qualsiasi dispiacere di un adolescente? Come se i giovani fossero così ingenui e sempliciotti da non avere altri problemi al di fuori di uno così frivolo. La gente doveva smetterla di generalizzare tutte le sfere della sofferenza con l'espressione avere il cuore a pezzi.
Taehyung non aveva il cuore a pezzi.
Aveva il corpo a pezzi. La testa a pezzi. I polmoni a pezzi. Il mi-sento-così-fottutamente-vuoto-tutto-il-tempo a pezzi.
Niente di tutto questo aveva a che fare con Hoseok.
Forse solo un pochino.
Un pochino troppo, ma sempre un pochino.
Comunque, queste non erano di certo cose su cui si sarebbe fatto una chiacchierata con la madre. Specialmente perché non sapeva manco che gli piacessero i ragazzi.
Alla fine quella sera se l'era cavata con la scusa di essere stanco e di voler dormire, facendosi lasciare solo una volta per tutte.
E' vero, era stanco, ma come ci si può addormentare quando si sa che tutto quello che non va ti aspetta l'indomani mattina?
Alla fine Taehyung era rimasto sveglio tutta la notte, stanco ma mai morto.
La frangia castana sfiorò il bordo dell'armadietto quando il ragazzo scosse appena la testa, come a volersi scuotere il pensiero di dosso, una lentezza dovuta a quanto se la sentiva pesante. I ricordi volarono qualche centimetro più in là, prendendo contro la pila irregolare di libri che teneva all'interno dell'armadietto e appiccicandosi agli adesivi mal applicati. Aspettarono il momento propizio di distrazione per intrufolarglisi di nuovo dietro le orecchie.
Una voce familiare stava lentamente riempendo il corridoio, avvicinandosi sempre di più.
Tra tutte quelle più alte, i mormorii e i chiari suoni del pavimento calpestato, la risata di Hoseok fu la prima cosa della giornata che fece sussultare la coscienza di Taehyung. Che gli fece sentire che da qualche parte, tra strati di apatia ed inutilità, qualche ingranaggio dentro di lui era ancora capace di funzionare.
Taehyung si aggrappò con una mano allo sportello dell'armadietto, tenendoselo vicino. I rumori provenivano dalla sua sinistra, perciò c'era una minima possibilità che, se si fosse coperto abbastanza bene, Hoseok non avrebbe fatto caso a lui passando di lì.
La sfortuna volle che il ragazzo in questione e tutto il gruppetto di amici, gli stessi amici che una volta erano quasi diventati anche suoi, si fermarono all'armadietto di uno di loro, a qualche metro dal suo.
Taehyung non resistette e lanciò un'occhiata oltre le corte, perfettamente orizzontali grate dello sportello, seguita da una più lunga e stabile.
Anche quel giorno, Hoseok era stupendo.
Era lunedì, chiunque era scontroso e di poche parole, ma non lui. Lui era allegro come sempre.
Con quei capelli tornati al colore naturale dopo una precedente tinta drastica, regalava gratuitamente i sorrisi più luminosi a tutti quelli che conosceva anche solo di vista senza mai risparmiarsi, come se fosse la cosa più genuina del mondo. Ovvio che tutti amassero averlo intorno, era l'allegoria del buon umore.
Taehyung pensò che fosse il caso di scollare gli occhi da quella grata, anche perché, davvero, non si vedeva praticamente niente. L'unico modo per poter guardare Hoseok era quello di sporgersi oltre l'anta del suo armadietto, o chiuderla direttamente, ma questo avrebbe implicato mettersi in bella vista a sua volta. Meglio di no.
Ma Taehyung voleva così tanto un sorriso da lui.
Si sarebbe accontentato del più piccolo dei cenni, un'occhiata simpatizzante. Ma non lo avrebbe ricevuto, tanto. Non più.
L'ultima volta non lo aveva neanche visto con i suoi occhi. Si, perché se lo era fatto premere da Hoseok contro le labbra.
Era successo a una delle festicciole private di Jimin, quelle in cui mezza scuola veniva invitata a stare nei tre metri quadri che in pratica erano il suo salotto. Taehyung non sapeva nemmeno perché si fosse presentato. Il giorno successivo aveva una verifica importante e quella volta si era ripromesso di studiare, cosa che ovviamente ancora non aveva fatto; si era detto che ridursi all'ultimo era meglio di non aprire libro affatto, ma quando perfino arrivato agli sgoccioli non era riuscito a concentrarsi non seppe più cosa farne.
In sua discolpa poteva dire che aveva scoperto da poco i suoi sentimenti nei confronti di Hoseok, per cui gli era concesso andare ad una festa solo perché sapeva che lui ci sarebbe stato. Così, giusto per aver l'ennesima prova che quel formicolio che sentiva alla nuca quando conversava con il ragazzo non era dovuto ad una qualche sorta di irritazione cutanea.
Per Taehyung era stato davvero difficile realizzarlo. Era sempre stato il tipo di persona ad avere immediati colpi di fulmine, amori a prima vista che lo scuotevano da capo ai piedi. Era amico con Hoseok da più di un anno, se qualcosa fosse scattato lo avrebbe già saputo almeno trecentosessantaquattro giorni prima.
Era bastato poco, poi, per rimediare.
Per essere precisi era bastato un biglietto.
Taehyung era già in un brutto periodo. Passava pomeriggi interi fisso davanti al computer, girovagando senza meta tra i meandri di internet, tra forum dallo sfondo nero e persone che si aggiornavano costantemente su quanto quella giornata non fosse degna di essere vissuta.
Non seppe come fece, ma in un qualche modo gli comparve sotto gli occhi l'annuncio di qualcuno che cercava di vendere i biglietti per un concerto alla quale non poteva più andare per via di una punizione, a seguire righe su righe su quanto la sua famiglia non capisse un cazzo e su come stesse andando con i nuovi antidepressivi.
Proprio lo stesso concerto per cui Hoseok si era lamentato di aver trovato tutto sold out.
Il giorno successivo Taehyung, incrociando spesso il ragazzo durante i cambi d'ora, gli aveva passato l'indirizzo e-mail che aveva trovato sulla pagina di quell'utente. Il viso di Hoseok si era fatto più radioso che mai e il castano era stato abbracciato con un entusiasmo esorbitante, le sei paroline che cambiarono tutto mormorate al suo orecchio con una risata.
"Sono così felice che ti bacerei."
Per via di quella strana legge per cui al cervello è permesso raccogliere input come fossero margherite nei campi e sputarli fuori rielaborati quando una persona non ha nemmeno avuto il tempo di registrarli, l'immagine di lui e Hoseok bocca contro bocca gli era arrivata dritto alla testa, un colpo secco.
Le pupille di Taehyung parvero dilatarsi dallo stupore.
Si era separato dall'abbraccio di Hoseok, mantenendo le mani ferme sui suoi avambracci per trattenerlo. L'altro ragazzo era così euforico da non cogliere la confusione nel viso del castano, ne tantomeno la collegò a quello che aveva appena detto.
Hoseok aveva continuato a ringraziarlo con questo sorriso intramontabile, senza smettere un attimo di parlare e agitare le braccia, ribadendogli quanto avrebbe cercato in tutti i modi di ricambiare il favore in futuro.
Taehyung si stava chiedendo se il labbro superiore dell'altro avesse sempre avuto quella forma a cuore.
Quando il moro gli aveva preso le mani tra le sue si stava già chiedendo da quanto tempo fosse inconsciamente innamorato di lui.
Perché non se ne era accorto prima? Hoseok avrebbe mai ricambiato?
Quindi, quando quella sera nell'appartamento di Jimin non era stato capace di scollare i suoi occhi dal ragazzo, troppo preso dal ballare per rendersi conto di essere osservato, Taehyung aveva sentito il bisogno impellente di esternare i suoi sentimenti. Non aveva importanza se ancora non sapeva se si trattasse di una cotta passeggera, dell'amore della sua vita o solo di una distrazione; Hoseok era letteralmente la luce dei suoi occhi, il suo ultimo e unico motivante per mettere i piedi giù dal letto la mattina. Meritava di saperlo.
Così glielo aveva detto.
Dopo averlo preso da parte nello sgabuzzino delle scope, l'unico posto dove non ci fosse già altra gente intenta a scambiarsi effusioni.
Prevedibilmente, la prima cosa che aveva fatto Hoseok fu sorridergli, uno di quei sorrisi morbidi che si fanno con le palpebre abbassate. Aveva anche tentato di mettere tre parole in fila, ma alla fine aveva fatto prima ad andare incontro al viso di Taehyung, già a metà strada.
Non sapeva come le cose fossero andate storte da lì in poi.
I due ragazzi avevano continuato a baciarsi fino allo sfinimento. In modo lento, contenuto. Hoseok si era aggrappato ai polsi di Taehyung, le mani di quest'ultimo posate ai lati della sua mandibola; aveva fatto per accarezzargliene l'interno con i pollici quando aveva sentito chiaramente i sottili rilievi dove la pelle sarebbe dovuta essere liscia.
Taehyung ci aveva messo un po' ad accorgersi che i suoi baci non stavano più venendo ricambiati allo stesso modo. Come se Hoseok avesse la testa da un'altra parte.
Poi capì.
Aveva spezzato immediatamente il bacio facendo un passo indietro, le maniche lunghe della maglia che non aveva realizzato essergli scese fino al gomito tirate fin sopra le nocche.
Poteva dire dal modo in cui lo sguardo serio come non mai di Hoseok aveva seguito quel gesto che ci aveva visto giusto. Quei tagli gli erano parsi bruciare più di quando se li era stupidamente fatti.
Il misto di vergogna e rabbia nei propri confronti che avevano assalito Taehyung per essere stato beccato da qualcuno gli imposero di darsela a gambe. Era uscito più velocemente che poté da quello sgabuzzino, i manici di un paio di scope che caddero a terra con un ciocco quando le urtò.
Hoseok gli era andato subito dietro chiamandolo per nome, scansando la gente ancora intenta a ballare, ma non era servito. Taehyung aveva infilato la porta d'ingresso e non si era fatto vedere a scuola per i due giorni successivi.
Quando poi si erano rivisti, solo perché Taehyung non era riuscito a evitarlo fino alla fine della scuola come si era ripromesso di fare, Hoseok non sapeva neanche più come approcciare il ragazzo senza peggiorare le cose. Aveva sempre ritenuto il castano come una persona disponibile e gentile, anche se a pensarci bene non lo vedeva più circondato da altri studenti come ricordava essere negli anni da matricola.
Alla fine passarono troppe settimane.
Taehyung aveva perso il conto di tutte le volte che si era dato dello stupido.
Avrebbe dovuto parlarne con Hoseok alla prima occasione. Non evitarlo a scuola. Lasciare che lo aiutasse. Ormai era passato così tanto tempo, a quel punto il moro doveva averci già messo una bella pietra sopra e tanti saluti.
Taehyung non ripensava mai al fatto che i suoi baci erano stati ricambiati senza esitazione.
Hoseok sicuramente lo odiava, o peggio, lo compativa.
Era come se la sua relazione con Hoseok fosse stata tranciata nettamente nel momento in cui aveva sentito i tagli sui suoi polsi: da una parte ci stavano tutte le piccole speranze, i sorrisi, gli sguardi sostenuti senza timore, gli abbracci, le risate, le farfalle nello stomaco; dall'altra ci stavano i capelli trascurati che nascondevano gli occhi alla vista, le teste basse, il bisogno disperato di calore, la voglia di allungare una mano per tirargli un lembo della giacca quando passava davanti al suo banco, le labbra screpolate.
I loro compagni di classe iniziarono a chiedersi cosa volessero fare dopo le superiori. Taehyung iniziò a chiedersi se volesse arrivarci a dopo le superiori.
Non riusciva più a mangiare. Non riusciva più a piangere.
Il volume della musica non era mai abbastanza alto. Lui continuava a premere e a premere il tasto del cellulare, ma quello era già arrivato al limite.
Quel che era peggio era che non si ricordava nemmeno più come era iniziato tutto questo. Se solo avesse ricordato cosa fosse andato storto, cosa lo avesse iniziato a questo circolo di apatia da cui non era più capace di uscire, avrebbe avuto qualcosa da cui iniziare per ridare un senso alla sua vita.
Era come provare a mettere in ordine una stanza sconosciuta al buio. Da dove parti?
Taehyung era arrivato al punto di soffrire così tanto che si scordava di essere innamorato di Hoseok quando non ce l'aveva davanti agli occhi.
Ed era così che si sentiva in quel momento, nascosto dietro lo sportello del suo armadietto, la campanella che segnava l'inizio della terza ora di lezione.
Innamorato.
L'unico aggettivo che gli si addiceva a non aver una connotazione negativa.
Finché Hoseok restava lì, non di fronte a lui ma comunque nello stesso luogo, Taehyung aveva una distrazione. Quando c'era Hoseok il resto non contava. Quando c'era Hoseok gli sembrava che qualcosa di bello al mondo alla fine esistesse.
Forse non doveva scacciare a tutti i costi quella vocetta petulante che continuava a strillargli nelle orecchie di avvicinare il ragazzo. Di parlargli. Di chiedere aiuto.
Forse Taehyung avrebbe dovuto dirgli che non ne poteva più
Di che cosa? Non lo sapeva bene neanche lui.
Di sicuro della scuola, delle persone che ci brulicavano dentro.
Di casa sua.
Ma quello che proprio non doveva scordare di dirgli era che non ne poteva più di se stesso. Era così stanco di se stesso.
Le dite di Taehyung accompagnarono lo sportello dell'armadietto fino a chiuderlo. Il leggero clangore fece voltare un paio di teste, tra cui quella di Hoseok.
Il ragazzo non sembrava stupito di vederlo. Probabilmente le abilità di Taehyung nel nascondersi erano più scarse di quel che pensava.
Il moro fece segno agli amici di proseguire senza di lui. Mosse qualche passo in avanti lento, lento, come se non volesse spaventare un animale selvatico. Gli occhi fino ad un attimo prima brillanti erano già velati di tristezza.
Taehyung trovò il coraggio di immergerci il proprio sguardo, di sprofondarci fino a quando non si sarebbe sentito le ginocchia molli.
Ci volle più tempo, però, per ritrovare un filo di voce tra le corde vocali.
"Hoseok..."
Una porta che dava sul corridoio venne aperta. Una donna di mezza età teneva la mano sulla maniglia con cipiglio severo, la voce arcigna zuppa di sarcasmo.
"Signor Jung, non le dispiacerebbe unirsi a noi per la lezione? La campanella è suonata da un pezzo."
Hoseok si girò verso la sua professoressa, incapace di camuffare un sussulto. Si scusò profusamente e, lanciando un ultimo sguardo al castano, entrò in aula.
Taehyung rimase in piedi in mezzo al corridoio, completamente solo, gli occhi ancora puntati dove tre secondi prima si trovava l'altro ragazzo.
Aiuto.
   
 
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