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Autore: IamNotPrinceHamlet    15/05/2017    1 recensioni
Seattle, 1990. Angela Pacifico, detta Angie, è una quasi 18enne italoamericana, appassionata di film, musica e cartoni animati. Timida e imbranata, sopravvive grazie a cinismo e ironia, che non risparmia nemmeno a sé stessa. Si trasferisce nell'Emerald City per frequentare il college, ma l'incontro con una ragazza apparentemente molto diversa da lei le cambia la vita: si ritrova catapultata nel bel mezzo della scena musicale più interessante, eterogenea e folle del momento, ma soprattutto trova nuovi bizzarri amici. E non solo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Ehi Mike, stavo cominciando a perdere le speranze” apro la grossa porta di metallo e lo stato in cui Eddie mi appare dall'altra parte mi fa capire che ha rincominciato a piovere. 

“Cioè?”

“Eh è un'ora che busso per farmi aprire” spiega entrando di corsa.

“Davvero? Non abbiamo sentito, scusa”

“Tranquillo è tutto a posto” il pezzo su cui stavamo lavorando sarà stato lento, ma i volumi dovevano essere alti per non sentirlo.

Eddie mi dà una pacca sulla spalla e poi si leva la giacca zuppa di pioggia, mentre mi segue nella saletta al seminterrato.

“Finalmente! Era ora! Quanto cazzo ci vuole a mettere due monete in un parchimetro?” Jeff accoglie il suo coinquilino lanciandogli una delle figurine di basket che abbiamo sparso un po’ ovunque qua dentro in questi mesi.

“Pensavamo ti fossi perso. O che avessi trovato una maniera molto originale di mollarci e tornare a San Diego” commenta Stone, mentre Eddie si china a raccogliere la figurina svolazzata a terra.

“Per mettere le monete nel parchimetro ci sono voluti trenta secondi, il resto del tempo l'ho passato qua fuori a bussare come un dannato aspettando che mi cagaste”

“Io non ho sentito niente” Stone si rivolge a Dave, che risponde e alza le spalle.

“Io nemmeno”

“Va beh, comunque… mentre tu eri fuori a giocare coi soldini, noi non abbiamo perso tempo e abbiamo già buttato giù un pezzo nuovo, per dire” Stone continua a punzecchiare il cantante, che mi porge la figurina e gli si avvicina: Derrick Coleman dei Nets.

“Neanch'io ho perso tempo a dire il vero” Eddie tira fuori un foglietto dalla tasca, lo apre e lo tiene a un palmo dal naso di Gossard, che lo guarda perplesso.

“Che sarebbe?”

“Il pezzo nuovo che io ho buttato giù, basandomi su quello che sentivo attraverso la porta. Tieni presente che fondamentalmente sentivo solo il basso, quindi il testo l'ho scritto seguendo quello” Eddie ribatte un po’ timidamente, ma senza nascondere la sua soddisfazione.

“Cioè, ti è bastato sentire due o tre vibrazioni da fuori e hai già scritto il testo?” gli chiedo meravigliato quanto gli altri, almeno a giudicare dalle facce.

“Beh, visto che tanto dovevo aspettare, tanto valeva ottimizzare i tempi. Comunque è una prima bozza, anche perché vorrei sentire meglio il pezzo”

Oceani?” domanda Stone, che ora ha tra le mani il prezioso foglietto.

“L'andamento della canzone mi ha fatto pensare al moto delle onde… e poi mi manca usare la mia tavola da surf, prima o poi dovevo dedicarle una canzone, era solo questione di tempo” spiega Vedder mentre apre una bottiglietta d'acqua che gli è stata appena passata da Jeff.

“Infatti è un brano atipico, è tutto basso e batteria in pratica, non so se finirà su quest'album, non c'entra molto col resto. Però è da ieri che mi gira in testa, dovevo tirarlo fuori” Ament parla di nuovo della sua illuminazione.

“Va beh, non ti affliggere, tra poco la rivedi… o sbaglio?” chiedo facendo sbiancare Eddie, mentre, alle spalle di Gossard, sbircio le parole scritte sulla pagina.

“Come scusa?”

“La tua tavola, quando andremo a suonare a San Diego” preciso.

“Comunque, a questo punto proviamolo tutti insieme, ok?” Stone riallunga il foglio al legittimo proprietario.

“Sì, però ehm prima… volevo dire… ecco, mentre ero fuori mi sono ricordato di una cosa…” Eddie strappa praticamente il testo dalle mani di Stone, prima di cominciare a farfugliare.

“Cosa? Che ti manca troppo la tua tavola e molli la band per tornare a casa?” il chitarrista lo stuzzica di nuovo, ma secondo me dietro a tutte queste battutine ironiche su Eddie che lascia la band c'è una sorta di tentativo di esorcizzare la sfiga. Le cose vanno a gonfie vele, il nostro primo tour sta per partire e le premesse per l'album sono ottime. Questo vuol dire che Stone ha tutto sotto controllo, ma allo stesso tempo è terrorizzato all'idea che qualcosa vada storto, ecco perché ci sta sul fiato sul collo, specialmente con Eddie. Insomma, la situazione dopo la morte di Andy era un gran casino, per tutti: quando Stone mi ha contattato perché voleva ricominciare da capo io ero quasi diventato un repubblicano, Jeff invece stava seriamente prendendo in considerazione l'idea di appendere il basso al chiodo, suonava con altri tizi sì, ma da quel che ho capito era davvero lì lì per mollare tutto e tornarsene in Montana. Poi convinco Stone a chiamarlo e in tre, finalmente, cominciamo ad assomigliare a una band. Matt ci ha aiutato per registrare il primo demo da far girare per cercare un batterista e un cantante e mentre aspettavamo Eddie abbiamo trovato pure Dave Krusen. Tutto si è incastrato magicamente e trovare uno come Eddie è stata proprio la più classica delle botte di culo, voglio dire, un tizio che riceve una cassetta con degli strumentali, registra i pezzi il giorno dopo e li rispedisce al volo, che dopo due settimane è già su un aereo per Seattle per incominciare… dove cazzo lo trovi? Stone può fare il figo quanto vuole, ma è chiaro come il sole che ha una paura fottuta che questo magico allineamento di pianeti si sputtani per qualche cavolata. Comincio anche a sospettare che la storia di far mettere Eddie con Angie non sia tanto per Angie, Cantrell e cazzi vari, quanto per, in un certo senso, sistemare Eddie, come per dargli un motivo in più per restare.

“Eheh no. E’ che mi sono ricordato che ho un impegno, quindi devo andare via un po’ prima”

“Quanto prima?”

“Beh per le sei, tipo”

“LE SEI?! SCHERZI?” esclama Jeff visibilmente alterato e non capisco perché, visto che non è mai stato così fiscale sugli orari.

“Cosa devi fare? Dove devi andare?” gli chiedo facendomi spudoratamente i cazzi suoi.

“Oh niente devo… ho promesso a una persona che l'avrei aiutata con… una cosa… e devo andare per forza” risponde lui vago.

“Va beh, non puoi andare un'oretta dopo?” insiste il bassista.

“Eh no poi è ehm troppo tardi” si giustifica mentre va a piazzarsi di fronte all'asta del microfono.

“Ma sì, dai, alla fine, che vuoi che sia! Finiamo alle sei e stop. Un'ora in più o in meno cosa cambia a questo punto?” Stone non aveva ancora parlato, e la cosa mi insospettiva. Ora che ha aperto bocca siamo tutti allibiti.

“Come cosa cambia?” gli chiede Dave alzandosi per poi risedersi meglio. Probabilmente l'affermazione di Gossard l'ha fatto cadere dallo sgabello.

“Cambia che oggi hanno praticamente aperto la sala solo per noi, dandoci le chiavi, e abbiamo pagato, in anticipo, per stare fino alle sette. Senza contare che io ho anche appena pagato il parcheggio fino a quell'ora” finalmente capisco perché Ament si scalda tanto, mi resta da capire com'è che invece Stone è così sereno.

“Da quando in qua sei diventato tirchio, Jeffrey?”

“Se essere tirchio vuol dire non buttare i soldi nel cesso, direi da sempre!”

“Comunque, non perdiamo tempo con queste stronzate, cominciamo a provare il pezzo col testo di Eddie, così abbiamo tutto il tempo per fare le eventuali modifiche entro le sei e lui se ne può andare a fare… quello che deve fare. Dopodiché chi ha già la sua parte pronta fa lo stesso, gli altri si fermano fino alle sette” Stone ci illustra il suo programma per mettere fine al battibecco con Jeff.

“E casualmente la tua parte è già pronta” ribatte il bassista guardandolo storto.

“Dai, muoviamoci, su” Gossard fa finta di niente e proprio mentre imbraccia la sua chitarra sentiamo un trillo lontano, proveniente dal piano di sopra.

“Che cos'è?” mi domando ad alta voce.

“E’ il telefono” Jeff dà l'ovvia risposta, seguita dall'ovvio commentino sarcastico di Stone.

“Nah, è solo la prima tromba dell'apocalisse, quando arriviamo a sette direi di cominciare a preoccuparci”

“Sentite lo squillo flebile di un telefono e non sentite me che butto giù la porta a pugni?” Eddie scuote la testa mentre il telefono all'entrata della galleria continua a suonare.

“Va beh ci penserà la segreteria” commenta Dave dopo lunghissimi secondi passati guardandoci tutti a vicenda senza sapere che fare.

“E se è urgente? Magari è per noi” ipotizzo restando immobile esattamente come gli altri.

“Allora vai a rispondere” mi invita Stone.

“Perché io?”

“Perché sei l'unico a cui a quanto pare frega qualcosa”

“Frega anche a voi, solo che non volete alzare il culo”

“Vero, confermo le parole di Mikey, ecco perché prima ho mandato Eddie a mettere le monete nel parchimetro”

“Io l'ho già alzato prima il mio culo, quando sono andato a prendere le sigarette per tutti, perciò…”

“Io sono appena sceso” Eddie fa spallucce e passa così la palla a me e Krusen, che ci scambiamo sguardi incerti.

“Tu sei più vicino” sentenzia alla fine il batterista, indicando prima nella mia direzione poi verso la scalinata con una delle sue bacchette.

Sbuffo e salgo le scale, all'inizio prendendomela piuttosto comoda, sperando che nel frattempo il telefono smetta di squillare; ma una volta raggiunta metà scalinata, con gli squilli che non accennano a fermarsi, accelero il passo pensando che prima rispondo e prima posso tornare giù dagli altri.

“Pronto”

“Pronto, finalmente… ehm, Mike, sei tu?”

La voce squillante e un po’ nasale di Meg l'ho riconosciuta alla prima sillaba di pronto.

“Sì, sono io. Cos'è, tu e Melanie siete passate agli scherzi telefonici adesso?” domando combattuto tra la sensazione di calore ed euforia istintiva nel risentire la sua voce e la consapevolezza che sta sicuramente per farmi il culo.

“No, non è uno scherzo”

“Senti, fammi una cortesia, potresti gentilmente chiamarmi a casa e lasciarmi tutti gli insulti e le minacce in segreteria? Adesso sono un po’ impegnato qui con le prove, poi giuro che quando torno a casa stasera me li ascolto, con calma”

“Non voglio parlare con una segreteria Mike, voglio parlare con te e… beh, possibilmente a quattr'occhi”

“Mi sembra di aver già fatto da bersaglio mobile, Meg, non credo ci sia altro da dire, a meno che tu non abbia inventato parolacce nuove da rivolgermi”

“Non ho inventato niente e non voglio insultarti. Non voglio litigare, vorrei discutere civilmente, credi sia possibile?”

“E’ una trappola, vero?” le chiedo e nel frattempo mi immagino proprio la scena di me che mi presento a un ipotetico appuntamento e dopo pochi minuti di attesa vengo aggredito dalle mie due ex sbucate dal buio del vicolo (perché nella mia fantasia l'appuntamento è a notte fonda in un vicolo fumoso e poco raccomandabile), armate di mazze da baseball.

“No, te lo posso assicurare, niente scherzi” risponde proprio come farebbe qualcuno che sta progettando una trappola mortale.

“Scusami, ma non ho capito cosa vuoi da me”

“Vederti, per parlare, chiarirci. Potresti venire da me, magari stasera, che ne dici?” propone e casa sua mi sembra un posto di sicuro più allettante del vicolo, anche se non meno pericoloso.

“E dove sta la fregatura?” insisto con la mia diffidenza.

“Non c'è nessuna fregatura, Mike. Voglio solo… uff, l'altra sera non ti ho dato modo di spiegare, giusto? Ero incazzata perciò… Beh, adesso, a mente fredda, voglio che mi spieghi”

“Cosa ti devo spiegare?”

“Che cazzo mi devi spiegare secondo te? Come stanno le cose, no? Perché ti sei comportato così, cosa provi, se provi ancora dei sentimenti per me o no, insomma, vorrei capire” se mi odia, perché le interessa? Forse non mi odia più così tanto, forse le è passata.

“Quindi non sei più incazzata?”

“No, insomma, non tanto. E comunque dipende da quello che hai da dirmi”

No, di sicuro non è incazzata. E mi sta invitando ad andare da lei stasera, per parlare e chissà, magari per riappacificarci. Praticamente il piano sgangherato di Violet, anche se per sbaglio e in maniera del tutto inaspettata, potrebbe aver funzionato. Anzi, sono sicuro che abbia funzionato, perché se stasera mi vedo con Meg so già come andrà a finire: ci sarà della freddezza iniziale, lei mi  farà parlare, poi dirà che mi vuole bene e che vuole solo un po’ di chiarezza, io le dirò che anch'io ci tengo a lei, ma ho paura di fare casini e che se vuole possiamo ricominciare da capo, piano piano, frequentarci e vedere come va. Lei ovviamente accetterà e tutto tornerà come prima. In fondo, è quello che volevo, giusto? E allora perché non sono felice? Perché non sto facendo salti di gioia? Perché guardo il mio riflesso nello specchio in cima alle scale e vedo solo una faccia confusa e leggermente infastidita? Forse perché lo stare da solo di questi giorni non mi è dispiaciuto, la libertà di essere ciò che sono, il non dover rendere conto a nessuno di quello che faccio, non dover stare attento alle cose che dico, a come le dico e perché, attento a non far arrabbiare nessuno, a nascondere questa o quella cosa per evitare che venga fuori un dramma ogni volta. Forse perché so che quel vedere come va non sarebbe una fase iniziale, ma durerebbe in eterno, rimarremmo di nuovo bloccati in quel solito limbo, a metà tra lo stare insieme e l'essere amici, comodo per me e scomodissimo per lei, che però se lo farebbe andare bene comunque, chissà poi perché. E io me ne approfitterei, come sempre. O forse perché, in fondo, un po’ mi manca Melanie e non ho mai pensato così tanto a lei come in questi giorni, a lei e a come ho sabotato volontariamente l'ennesima cosa bella che mi stava capitando.

“Non so, Meg. Credi davvero sia una buona idea?” tanto lo sai anche tu che finiremmo per parlare poco e risolvere i nostri problemi infilandoci in camera da letto e nel solito circolo vizioso che è la nostra storia.

“Sì, ne sono convinta. Dobbiamo chiarirci una volta per tutte e prendere una decisione, qualsiasi essa sia” ribadisce lei e lo sa perfettamente che io non sono bravo a prendere decisioni, o meglio, ad essere coerente con quello che decido.

“Ok, però mi serve-”

“Ti aspetto stasera allora, facciamo per le sette. Ordiniamo cinese per cena, ti va? Se no prendi qualcosa tu lungo la strada”

“Meg, io veramente… sono molto preso, con le prove eccetera”

“Vada per il cinese allora, tranquillo! Ordino io per te, tanto conosco i tuoi gusti”

“Non so se ce la faccio”

“Ahah ok, ti do un margine di mezz'ora di ritardo, poi comincio a mangiare, ti avviso!”

“Mikey, sei vivo?” l’urlo di Stone mi dà una scusa per riattaccare.

“Scusa, Meg, devo andare, magari ne parliamo un'altra-”

“Sì, ho sentito anch'io il rompicoglioni. Ci vediamo dopo! Ciao” Meg mi saluta e non mi dà nemmeno il tempo di rispondere.

“Chi era?” mi chiede Gossard quando raggiungo di nuovo il gruppo nel seminterrato.

“Mica te ne andrai via prima anche tu?” chiede Jeff con un tono che sa più di minaccia.

“No,” rispondo io che ho già preso, forse per la prima volta in vita mia, una decisione chiara e definitiva “non vado da nessuna parte”

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Dammi tregua, ho passato tutto il pomeriggio a provare?”

Provare? Secondo te addormentarsi con la chitarra in mano conta come provare?”

Finché non la fai cadere…”

Scrivo di getto un dialogo su cui ho finalmente avuto l'ispirazione dopo giorni di blocco. La forma si può aggiustare, ma per lo meno ho trovato qualcosa da far dire al mio personaggio oltre la prima frase, mancava giusto una battuta per dare il via alla conversazione. Non so cosa ne verrà fuori, onestamente non so neanche dove voglio andare a parare con questo raccontino iniziato un paio di giorni fa ed è strano perché, di solito, quando comincio a scrivere qualcosa, ho già in mente tutta la storia dal principio alla fine, almeno a grandi linee. Invece questa sembra più che altro una sequenza di piccole scene, slegate tra loro visto che manca una trama vera e propria, ma unite dalla presenza degli stessi personaggi e delle stesse ambientazioni: praticamente una specie di sit-com. Stranissima anche la totale assenza di mostri, fantasmi, zombie o killer assetati di sangue, almeno finora. Staremo a vedere, per ora è solo una cosina senza senso e senza pretese, ho cataste di blocchi per appunti pieni di storie iniziate e mai concluse, ma servono pur sempre a fare esercizio, no?

Chiudo il quaderno e chinandomi per rimetterlo in borsa assieme alla penna, guardo la vetrina alla mia destra e vedo Eddie dall'altra parte, in piedi con le mani in tasca. Risponde con un cenno del capo al mio sorriso e si affretta verso la porta.

“Eccoti”

“Ehi, ciao… giuro che sono appena arrivato, non ti stavo spiando o cose del genere” precisa appena arriva al tavolo in cui mi sono sistemata per aspettare, indicando la vetrina di fronte a lui.

“Ahah lo so, figurati! Allora, possiamo andare?” mi alzo in piedi, tiro su la borsa da terra appoggiandola dove fino a un secondo fa stavano le mie chiappe e prendo il cappotto dall'altra sedia.

“Certo, io sono pronto se tu sei pronta. Sei pronta? Sono troppo in anticipo?” domanda guardando prima il suo orologio e poi quello sulla parete del locale.

“No no, tranquillo, è già da un po’ che sono qui”

“Cazzo, aspetti da molto? Allora sono in ritardo”

“Mmm no, direi che sei puntuale… E’ tutto a posto, Eddie?” lo vedo un po’ strano, come se fosse di fretta o sulle spine.

“Sì, certo, perché?”

“No, niente…” sarà l'effetto delle prove “A proposito, dove sono gli altri?” indosso cappotto e sciarpa e scruto attraverso la vetrina in cerca delle sagome dei nostri amici “Ci aspettano alla macchina?”

“Gli… gli altri?”

“E sai con che macchina andiamo? Cioè, andate. Perché io preferirei prendere la mia, così se sono stanca me ne posso andare via prima senza guastare la festa a tutti, però dipende” continuo avviandomi verso l'uscita. Perché non voglio fare troppo tardi, anche perché mi sa che sto covando qualcosa, è dalla notte del falò in spiaggia che mi si è riscatenato il raffreddore con tanto di occhio lacrimante, ma mi sembrerebbe un po’ ridicolo in fondo guidare la mia macchinina e fare l'asociale se loro prendessero il van dove c'è spazio per tutti; se invece fossero in giro con la macchina di Stone sarebbe già un altro discorso, magari Eddie potrebbe venire con me all'andata. L'unica certezza è che per lo meno McCready e la sua guida spericolata sono fuori dai giochi: ho la vaga sensazione che Mike ci darà buca stasera, anche perché quando Meg si mette in testa una cosa non la ferma più nessuno. Poi va beh, che in questo caso abbia contribuito anch'io a farle mettere in pratica l'idea è un piccolissimo dettaglio.

“Tutti?” Eddie resta un po’ indietro, la fretta di prima dov'è finita?

“Dipende anche da dove si va, perché se è lontano devo fare benzina prima” esco nel parcheggio e mi guardo attorno, aspettandomi la solita entrata teatrale a gamba tesa di Stone, ma continuo a non vedere nessuno.

“Uhm no,è vicino…”

“Ma i fenomeni? Sono ancora alla galleria? Devo andare a dirglielo io di muovere il culo?” scherzo con Eddie indicando l'edificio poco lontano, almeno, credo di parlare con Eddie vicino a me, mentre invece voltandomi mi accorgo che è ancora praticamente sulla porta e ha un'espressione indecifrabile.

“NO! Ehm, no, non sono alla galleria”

“Allora arrivano?”

“No, ecco, in realtà… non arrivano”

“Cioè?”

“Cioè, non ci sono, non vengono stasera”

“Come no?”

“Beh, io… a dire il vero, pensavo che…”

“Ci hanno dato buca?”

“Sì, esatto.” ammette dopo un po’ di esitazione “Ci hanno dato buca, ci hanno tirato un bidone grande come una casa, Angie, mi spiace”

“Non ci posso credere” mi sento cadere le braccia: allora sono proprio stupidi! Io sono lì a fare opera di convincimento con Eddie, come l'altra sera, cercando di rassicurarlo sul fatto che gli altri lo hanno davvero in simpatia e che ci tengono, che sta nascendo un'amicizia e non escono con lui solo perché è il loro cantante e si sentono in obbligo o solo perché c'è Jeff… e loro che fanno? Per una volta che propone lui una cosa, lo paccano. Mi sembra giusto.

“Beh, avevano degli impegni”

“Immagino… che scuse hanno tirato fuori? E poi tutti impegnati proprio stasera?”

“Jeff ha un appuntamento con la sua ragazza, idem Dave. Poi lo sai che aspettano un bambino, non può cazzeggiare sempre in giro con noi, soprattutto in vista della partenza, se no lei lo cazzia. Giustamente” risponde e infatti Dave non esce molto spesso, anche se da quello che ho capito la fidanzata incinta è solo uno dei suoi tanti problemi. Anzi, la fidanzata incinta forse è una delle poche cose a non essere un problema nella vita di quel ragazzo.

“E Stone? E Mike?” chiedo prima di Gossard, perché Mike è l'unico che sapevo già ci avrebbe bidonati, ma poi aggiungo anche il chitarrista per non destare sospetti.

“Mike… ehm, Mike lavora, invece Stone è rimasto sul vago, comunque ha detto che doveva aiutare una persona con, boh, qualcosa” l'esitazione su Mike è talmente palese che, anche se non sapessi nulla dei piani di Meg, sentirei puzza di bruciato lontano un miglio. Certo che Eddie saprà anche essere molto misterioso, ma allo stesso tempo è un libro aperto, scritto in grassetto maiuscolo.

“Solite scuse del cazzo, insomma”

“Scuse plausibili, dai” ribatte avvicinandosi e raggiungendomi e ora ho finalmente capito cos'era tutto quello stare sulle spine: non era fretta, ma solo imbarazzo. Era imbarazzato perché non sapeva come dirmi che gli altri ci avevano bidonati. O peggio… Merda. E se invece fosse in imbarazzo perché a questo punto si sente ingabbiato in una cazzo di uscita a due non prevista con la sottoscritta? Magari non gli va di andarci solo con me, ma non vuole rimangiarsi l'invito per non offendermi. Che poi io non mi offenderei. Certo, mi dispiacerebbe… anche perché questa uscita era la scusa perfetta per tenermi alla larga da casa e lasciare campo libero a Meg con Mike. E poi ok, c'è anche il fatto che sarebbe con Eddie e che mi piaccia stare con Eddie ormai è assodato. Però posso anche capire che si senta a disagio all'idea, non lo biasimo.

“Quindi che facciamo?” gli offro la possibilità di potersi tirare indietro e rimandare, anche se spero non lo faccia.

“Beh, per me possiamo andare lo stesso, insomma, se vuoi, se per te non è un problema” alza le spalle e mi sorride, mentre si tortura quel mezzo centimetro quadrato di peli che chiama pizzetto.

“No”

“No?” domanda lasciando cadere le braccia.

“No, nel senso che non è un problema, anche per me possiamo andare ugualmente”

“Ah ok! Allora andiamo, però prendiamo la tua macchina, anche perché la mia è a casa mia, cioè, ehm sono a piedi” risponde partendo in quarta verso la mia Mini Cooper.

“Ok, però…”

“Però?” si blocca e si gira di scatto verso di me quando ha già una mano sul tettuccio della macchina.

“Però… non devi farlo solo per farmi contenta. Insomma, non sentirti obbligato solo perché non vuoi rifilarmi un bidone, mica mi offendo, so distinguere tra un bidone da stronzo, tipo quello dei tuoi compari, e un bidone involontario e il tuo rientrerebbe di sicuro nella seconda categoria. Se uno ha in mente un tipo di serata e poi ne viene fuori un'altra non è che debba per forza… Ma che c'è? Perché ridi?” mentre parlo Eddie si appoggia allo stretto cofano della mia macchina a braccia conserte, per poi cominciare a ridacchiare, coprendosi la faccia con la mano.

“Eheheh no, niente. E’ che… sei incredibile. E disarmante. Ecco, disarmante è il termine più appropriato”

“Hai bevuto? Ok che non devi guidare, ma non mi sembra il modo migliore di iniziare la serata. Anche se, in effetti, considerando che dovrai trascorrerla con me, berci sopra potrebbe aiutare”

“Non ho bevuto, sono estremamente sobrio e pronto a iniziare questa serata. Con te, se ti va. Ti va o no?” ribatte improvvisamente serissimo e questo cambio repentino di espressione e tono mi fa quasi paura.

“Io-”

“Senza menate, per favore”

“Sì, mi va”

“Ok, perché in tal caso stavo pensando a una panetteria francese a Pike Place Market, ci passo sempre davanti quando vado lì ma non sono mai entrato, e non vedo l'ora di andarci e ora come ora non c'è nessun altro con cui vorrei andarci a parte te”

“Anche perché non c'è nessun altro” scherzo guardandomi attorno e rimediando un'occhiata esasperata da parte di Eddie.

“Dobbiamo fare serata in questo parcheggio o ci muoviamo?”

“No no, muoviamoci, anche perché qua si gela e c'è un caldo e accogliente fornaio che ci aspetta, giusto?” rispondo avvicinandomi alla macchina già con le chiavi in mano.

“Così mi piaci, maestà”

 

Il viaggio in macchina è divertente e a fatica riesco anche a strappare a Eddie qualche indiscrezione sulle prove. A quanto pare ha scritto un pezzo nuovo, ma evidentemente o non ne è molto soddisfatto o ci tiene da morire perché devo tirargli fuori le parole con le tenaglie, mentre invece la musica è una delle cose di cui generalmente parla a ruota libera. Quando ha conosciuto mio padre, dopo la figuraccia iniziale, non spiccicava una parola, ma poi si sono messi a discutere di chitarre e pensavo di doverlo abbattere per farlo smettere.

“Va beh, la sentirò quando uscirà il disco allora”

“Non lo so, non è detto che ne farà parte, è un po’ diversa dagli altri pezzi che dovrebbero andare sull'album… diciamo pure che non c'entra un cazzo”

“Beh, la registrerete da qualche parte, no?”

“Domani la proponiamo a Kelly e sentiamo che dice.” mi risponde e pochi secondi dopo la cassetta che girava nell'autoradio finisce “Oh grazie a dio! Ehm, scusa”

“Ahahah tranquillo, figurati, anche a me non piace tanto quest'ultimo dei Cure. L'ho preso l'altro ieri e mi ha già stufato. E io non sono una purista che deve per forza snobbare un album solo perché è di remix, ho la mente aperta eh, però…”

“Però fa cagare, ammettiamolo”

“Ammettiamolo” tiro fuori il nastro e mi allungo verso il cassettino portaoggetti che sta proprio di fronte a Eddie.

“Aspetta” lo apre per me e io posso lanciarci la famigerata cassetta.

“Grazie” faccio per cercare qualcos'altro, ma non posso distrarmi troppo dalla guida.

“Posso scegliere io?” domanda per poi ravanare fra tutte le cassettine senza aspettare la risposta.

“Ok, fai pure” rispondo mentre penso alla figura che sto per fare se per caso gli capitano per le mani i miei mix più imbarazzanti.

“E questa? E’ nuova? Non c'era l'altra volta?” mi volto e vedo che ha pescato proprio quella che non doveva, ma la mia reputazione in questo caso non c'entra.

“L'altra volta? In quale altra occasione hai frugato nelle mie cose?” gli chiedo fingendomi imbronciata, pensando che probabilmente il poverino avrà cercato qualcosa da ascoltare nel viaggio di ritorno dal falò in spiaggia, visto che da svenuta non ero esattamente di compagnia.

“Sono un musicista, sono istintivamente attratto da tutto ciò che ha a che fare con la musica, è più forte di me” risponde, tira fuori la cassetta dalla custodia e fa per infilarla nel mangianastri, ma io lo blocco al volo.

“Ma non puoi essere attratto da questa” gliela soffio letteralmente dalle mani e me la infilo con un rapido gesto nella tasca del cappotto.

“Perché? E’ così brutta? Cosa ci può essere di peggio di… Mix disco anni ‘70?” Eddie legge il titolo su un'altra delle mie compilation da viaggio e non sa che potrebbe dare inizio a un acceso dibattito.

“E allora? Io adoro la disco anni '70, è un problema?”

“No, se la ascolti lontano da me”

“Ahah dai, perché? E’ orecchiabile, quasi sempre ben suonata e fa ballare e sognare, non fare l'alternativo”

“Non faccio l'alternativo, è solo che non mi piace, non è il mio genere. Se proprio devi ballare e sognare, allora meglio il rock'n'roll anni '50”

“Ahahah se proprio devi, mi fai morire. Comunque ora ho capito perché vieni sempre da Roxy, è per la musica”

“Sì sì, infatti, è solo per quello, ci hai preso in pieno” risponde ridacchiando.

“Comunque non è una brutta compilation, almeno non credo, modestamente l'ho fatta io”

“Modestamente!”

“E’ che non avresti dovuto vederla adesso, diciamo che non avresti dovuto sapere della sua esistenza, voleva essere una sorpresa”

“Una sorpresa?”

“Sì, per te”

“Per me?”

“L'ho registrata per te, un regalo insomma… così la puoi sentire quando vai in California, mentre sei in viaggio ecco, ma anche dopo, cioè, non è necessario che tu sia su un mezzo di trasporto mentre l'ascolti” mi sembrava un'idea carina, ma ora mentre lo dico mi sembra una grandissima cagata.

“Mi hai fatto una cassetta?”

“Già” una cagata mastodontica.

“E’… un pensiero dolcissimo, grazie”

“Prego” per un attimo pensavo stesse per dire è… una cagata assurda, giuro.

“Possiamo sentirla adesso?”

“No”

“Dai”

“Non se ne parla”

“Perché? E’ mia in fondo, no? Se volessi sentirla adesso?”

“Non è ancora tua, lo sarà il giorno prima della partenza”

“Stai scherzando?! Vuoi lasciarmi in sospeso fino ad allora?”

“Beh, non manca molto” e mentre rispondo al battibecco penso che effettivamente manca molto poco, ancora qualche giorno e poi Eddie se ne andrà via e per un mese non lo avrò più attorno e mi sento deficiente perché devi essere proprio cogliona per sentire già la mancanza di una persona che in questo momento è ancora qui accanto a te.

“Uff dimmi almeno cosa ci hai messo”

“Scordatelo”

“C'è della disco?”

“Ahahah no, posso anticiparti che quella non c'è”

“Menomale. Anche se in un certo senso ci poteva stare, perché per lo meno ascoltarla mi farebbe pensare a te”

“Oh beh, ti faranno pensare a me anche le canzoni che ci ho messo, fidati”

“La fai sembrare una minaccia”

“Lo è”

 

Stranamente troviamo quasi subito parcheggio ed entriamo a Pike Place. Mentre camminiamo siamo abbastanza silenziosi, a parte una piccola parentesi in cui Eddie cerca di distrarmi indicandomi un negozio a caso per poi infilarmi una mano nella tasca del cappotto e rubarmi la cassetta. Inutile dire che il suo piano non funziona. Che ci stiamo avvicinando alla nostra destinazione lo capisco dal profumo di pane, di brioches e, in generale, di buono nell'aria, che comincio a sentire molto in anticipo, nonostante il naso tappato, rispetto al momento in cui arriviamo di fronte alla piuttosto anonima insegna. Anche la vetrina non ha nulla che la distingua da quella di una normale tavola calda. Ma è entrando che il locale sfodera tutto il suo potenziale, esplosivo per quanto riguarda me e la mia dieta forzata degli ultimi tempi. L'ambiente è alla mano e accogliente, lungo i lati della sala saltano subito all'occhio vari espositori, colorati dalle glasse dei dolci o dalle verdure fresche delle quiches che vi sono all'interno. Distinguo subito la divisione degli alimenti: a sinistra c'è tutto il salato, a destra il dolce e in fondo il pane; l'area dei dolci è suddivisa in brioches, torte e paste da tutti i giorni da una parte, pasticcini, macarones e biscotti più raffinati dall'altra; alla stessa maniera la zona-salato comprende un espositore a parte dedicato ai formaggi e ai salumi, mentre nell'altro fanno bella mostra torte salate, pizze, baguette di mezzo metro farcite di ogni ben di dio, quadretti di pasta sfoglia altrettanto appetitosi e chi più ne ha più ne metta.

“Questo è il paradiso” commento rifacendomi gli occhi e ci manca solo che schiacci il naso contro il vetro che protegge il cibo.

“Vero? Infatti, mi sembrava carino da fuori, è da un po’ che ci volevo venire”

“No, tu non hai capito, non è carino. Questo è il paradiso, sul serio, cioè, io non sono credente, ma se lo fossi e se esistesse un aldilà e se una parte di questo aldilà fosse destinata alle persone buone come premio per la loro condotta terrena, secondo me assomiglierebbe moltissimo a questo. Questo o il video di Safety dance

“Cosa?”

“Dei Men without hats, hai presente?”

You can dance if you want to… sì, ho presente la canzone, ma-”

“E poi sarei io quella che ascolta musica di merda” osservo sarcastica.

“Ahah piantala, vai al punto, che c'entra con questo posto?”

“Non c'entra, ma c'entra. Non so se hai mai visto il video di quel pezzo, è tutta un'ambientazione pseudo-medievale, fondamentalmente c'è il cantante che saltella canticchiando e ballando felice lungo un sentiero di campagna, poi qualcuno comincia a seguirlo e andando avanti i seguaci diventano sempre di più, finché non arrivano in paese dove c'è un mega-festone con tanto di albero della cuccagna, gente in maschera, teatro dei burattini, sbandieratori. E tutti ballano gioiosi e senza criterio, cioè assolutamente a cazzo, e tutto sa di molto naturale e liberatorio. E niente, il mio paradiso lo voglio così”

“Beh se ci tieni… possiamo ballare qui se vuoi, possiamo lasciare indietro i tuoi amici” Eddie mi sfotte citando la canzone “però non so se poi ci daranno da mangiare o ci butteranno fuori”

“In realtà sono i nostri amici che hanno lasciato indietro snobbandoci”

“Peggio per loro che si perdono questo paradiso”

“Giusto!”

 

Alla fine non posso che cedere alle lusinghe ammaliatrici del cibo, anche perché non è che abbia molta scelta. Prendere una semplice insalata equivarrebbe a voler fare la figa e probabilmente sarà anche vietato dalle regole del locale stesso, ma allo stesso tempo non posso certo ingozzarmi, sia perché se no poi Rollins mi fa il culo sia perché non mi sembra il caso di fare ulteriori figure di merda con Eddie, oltre a quelle passate. La verità è che da un lato mi piace mangiare in compagnia, anche perché generalmente te la scegli, quindi si tratta di una bella compagnia, o comunque accettabile, e sono sempre più o meno di buon umore in quei casi e se sono di buon umore ho meno appetito, come se la serenità mi chiudesse naturalmente lo stomaco, che invece si spalanca non appena c'è qualche preoccupazione; dall'altra parte però, sono ugualmente un po’ in tensione ogni volta che mangio con qualcuno, specialmente se si tratta di un ragazzo, perché penso sempre a come verrò giudicata in base a che cosa mangio, perché alla fine tutti giudicano, anche se non lo ammettono per gentilezza o ipocrisia: insomma, se mangio tanto il ragazzo ovviamente penserà ecco perché sei grassa, se mangio poco invece dirà ecco, ora vuoi darmi a bere che se sei grassa non è perché mangi! E ovviamente tutto questo dibattito interiore non deve essere minimamente esternato, altrimenti diventi automaticamente la menosa che si fa le paranoie sul cibo e sul peso e i ragazzi non sopportano le tipe complessate, che siano amiche o altro. Alla fine del duello interiore opto per una focaccia con pomodorini, formaggio e verdure miste, mentre Eddie si butta sul panino-baguette gigante, di cui sono obbligata a prendere un pezzo dopo numerose insistenze. E’ tutto buonissimo e mentre guardo i quadri che decorano le pareti penso che qua devo tornarci sicuramente a comprare il pane.  

“Allora? Che dici, ho scelto bene il posto?” mi domanda Eddie una volta terminato il suo panino, dopo essersi pulito le labbra con un tovagliolo di carta.

“Molto bene, devo ammetterlo”

“Adesso ci vuole un bel dessert” Eddie solleva leggermente il suo piatto e prende in mano la tovaglietta di carta, su cui campeggiano le foto di tre torte e altri dolci vari, per osservarla meglio.

“Mmm non per me, grazie, sono piena”

“Ma dai, figurati, sei piena con una focaccina invisibile?”

“Ma che invisibile, era gigante!”

“E comunque, qualsiasi cosa si mangi, c'è sempre un po’ di spazio per il dolce, no?” Eddie si allunga verso di me e mi dà una leggera gomitata sopra il tavolino.

“Eheh beh, in linea di massima sì, ma stasera non mi va”

“Dai, scegli qualcosa” Eddie finge di non sentirmi e mi allunga la tovaglietta come se fosse un menù.

“Scegli per te, io non lo voglio, davvero”

“Va beh, se non lo prendi tu non lo prendo neanch'io” Eddie fa il faccino triste e si riprende la tovaglietta.

“Che c'entra, mica dobbiamo fare le stesse cose, prendilo se ti va”

“Se prendo una fettina di torta e facciamo a metà?”

“Se prendi una fettina di torta e te la mangi da solo, e stop?”

“Uff ma perché?”

“Perché non la voglio”

“Non è vero, la vuoi eccome, ma dici di no” Eddie scuote la testa e mi rivolge uno sguardo molto eloquente: è quello che citavo prima, quello che dice Vuoi farmi credere che sei grassa senza mangiare? Lo so che ti ammazzi di dolci dalla mattina alla sera.

“Beh, wow, grazie per aver saputo interpretare i miei bisogni meglio di me stessa, non sapevo di volere un dolce, menomale che sei arrivato tu ad aprirmi gli occhi!” sputo tutto d'un fiato senza neanche pensarci e quella che in teoria voleva essere una risposta simpaticamente pungente, in realtà viene fuori come un commento ad elevato tasso di acidità.

“Ok… che succede?” Eddie si leva subito l'espressione divertita dalla faccia, sostituendola con una perplessa.

“Niente” mi concentro sulle mie unghie cercando di non sembrare turbata, fallendo miseramente.

“Come niente, sei arrabbiata”

“Non sono arrabbiata”

“Sì invece. Che c'è?” non posso fare a meno di guardarlo perché una delle mani che sto esaminando viene presa delicatamente tra quelle di Eddie e il gesto mi spinge ad alzare gli occhi.

“Se dico di no è no, non vedo perché devi insistere. Mi piacciono i dolci, ma non è che li mangi tutti i giorni o cose del genere. So che… insomma, lo so che a vedere la mia stazza non sembra, ma-” io giuro che non era mia intenzione fare una scena del genere, non volevo farla così lunga, ma il tutto è degenerato da sé e ora non so come uscirne.

“Aspetta, aspetta un momento, senti… non ho idea di cosa tu stia parlando e non so cos'hai capito, io volevo solo offrirti un dolce e ho insistito un po’ per dirti di non fare complimenti, perché magari non vuoi farmi spendere soldi o cose del genere”

“Non credo che l'unica implicazione fosse il denaro…”

“E invece sì, perché io non implico e non insinuo niente, non so insinuare, Angie, non ne sono capace. Io mi limito a dire o non dire, se voglio dire una cosa la dico, altrimenti sto zitto. So che ti piacciono i dolci perché li fai e sei anche brava e lo so per esperienza diretta”

“Allora lo vedi che c'era una seconda implicazione? La bravura in cucina” provo a scherzare, ma lui mi sembra ancora molto serio.

“Vorrei fosse comunque chiaro che non ho minimamente pensato a quelle cazzate che tu hai insinuato” Eddie mi stringe la mano impercettibilmente.

“Non erano proprio cazzate”

“E che sei bellissima, sei una delle ragazze più belle che io abbia mai incontrato” Eddie mi libera la mano, fa spallucce e comincia a giocare con il portatovaglioli e io resto interdetta per alcuni istanti. Poi torno in me e cerco di non scoppiargli a ridere in faccia né di venirmene fuori con altre battute delle mie. Come dicevo prima, i ragazzi non sopportano le tipe complessate, non puoi parlare con loro di queste cose perché poi è ovvio che o si scocciano o si sentono in dovere di dirti qualcosa di carino per tirarti su, esageratamente carino nel caso di Eddie, come se la tua autostima fosse nelle loro mani. La cosa migliore è cambiare argomento.

“Che ne dici se prendiamo un éclair invece della torta? C'è anche al caffè”

 

Alla fine di éclair ce ne spariamo due a testa, al caffé con caramello e al pistacchio, dopotutto se uno deve proprio suicidarsi tanto vale farlo con stile.

“Comunque non ho ancora capito perché hai pagato tu” brontolo mentre camminiamo tra le mille insegne al neon del mercato.

“Forse perché ti ho offerto la cena?”

“Sì, ma per quale motivo? Potevo pagarmela da sola”

“Non posso volerti offrire la cena? E poi ti ho invitata io”

“E che c'entra?”

“Ti ho invitata io, pago io”

“Ah sì? Dove sta scritta questa regola?” borbotto pensando che questa regola è da sempre anche la mia.

“Si fa così, Angie, dai, non rompere e dimmi dove vuoi andare adesso” Eddie mi circonda le spalle con un braccio e per un momento ho pensato stesse per tapparmi la bocca, sfinito dalle mie lamentele. E secondo me in fondo ci ha pure pensato.

“Ti voglio portare in un posto, se è ancora aperto” accelero il passo e assieme a Eddie mi addentro nel labirinto del mercato coperto fino ad arrivare al Rummage Hall. All'apparenza non è niente di che, praticamente non ha neanche una vera e propria insegna, o meglio, ce l'ha ma è minuscola e regolarmente coperta da stand appendiabiti, gigantografie, tendaggi, pendole o qualsiasi altra cosa non abbia trovato spazio nel piccolo negozio dell'usato e sia stata quindi parcheggiata all'esterno, lungo il corridoio.

“Wow, sembra figo” commenta Eddie guardandosi attorno una volta entrati e avvicinandosi a una serie di giacche militari esposte vicino all'ingresso.

“E’ uno dei posti più strani che io abbia mai visto, l'ho scoperto un giorno per caso, perdendomi. E ovviamente da allora ci vengo sempre ogni volta che passo dal mercato” rispondo prima di soffiarmi il naso, osservando alcuni quadretti appoggiati su un divano retrò, ma quando mi giro capisco che Eddie si deve essere allontanato a un certo punto mentre parlavo e non ci metto molto a scorgerlo nella sezione dischi dall'altro lato del negozio. Chi l'avrebbe mai detto!

Mi fiondo nel reparto fumetti e trovo anche qualcosa di interessante, ma rimando l'eventuale acquisto a una prossima volta, quando sarò da sola. Non che ci sia niente di male a comprare un fumetto, e dopotutto Eddie l'ha ormai capito di avere a che fare con una nerd, ma per questa sera preferisco evitare. Mi sposto sui libri, dando di tanto in tanto un'occhiata in direzione di Eddie, per vedere che fa, se è ancora lì con la testa china a spulciare vinili e la risposta è sempre sì. Ed è così assorto nella sua ricerca che non mi sembra il caso di andare lì a distrarlo, come se fosse un momento sacro. Preferisco ritagliarmi allo stesso tempo il mio momento sacro tra i libri e lasciarlo in pace. Dopo più di mezz'ora mi stacco dalle parole scritte e vado a dedicare un po’ di attenzione a una serie di scaffali pieni di cappelli, borse, cinture e foulard più o meno vintage. Ho per le mani un basco rosso, preso per caso, attratta dal colore sgargiante e non perché mi piaccia particolarmente, quando qualcuno di mia conoscenza mi si avvicina alle spalle e me lo ruba al volo, canticchiando, per poi piazzarmelo sulla testa.

She wore a raaaspberry beret, the kind you find in a second hand store

“Beh, in effetti è proprio questo il genere, canzone azzeccata” commento levandomi il copricapo dalla testa e facendo per rimetterlo a posto.

“Prendilo, è carino” Eddie lo recupera dallo scaffale e fa per rimettermelo.

“Ma non ci penso neanche” mi faccio scudo con le mani e filo verso un altro reparto per sfuggirgli.

“Perché? Ti sta bene”

“Figuriamoci”

“Come fai a dire di no se non ti sei neanche vista?” insiste inseguendomi con questo cazzo di cappello, mentre il commesso del negozio ci lancia delle occhiate divertite.

“Lo so e basta, ok? I cappelli non mi stanno bene, in generale” spiego mentre mi fermo di fronte alle vetrinette dei gioielli.

“Ma perché devi sempre buttarti giù così?” il suo sguardo accusatore mi fulmina da un piccolo specchio posizionato a lato dell'espositore.

“No, qui ti giuro che l'autostima non c'entra, è proprio la forma della mia testa che non è adatta”

“Ma stai parlando seriamente?” insiste rimettendomi il cappello in testa “Ecco, guarda come ti sta bene”

“Sì, sembro Grande Puffo sbarbato”

“Pffff” per poco Eddie non sputa sullo specchio.

“O Ronald McDonald, visto il naso arrossato”

“Tanto per cambiare sei raffreddata?”

“Cappuccetto Rosso una volta digerita dal lupo”

“Il lupo non la digerisce, Cappuccetto si salva”

“E’ una versione alternativa della favola che ho elaborato apposta su ispirazione di questo meraviglioso cappello”

“Ok, va bene, ho capito, che palle che sei!” Eddie si dichiara sconfitto, mi toglie il cappello e va a rimetterlo a posto, tornando indietro subito dopo “Comunque dici cazzate, perché i cappelli li metti, ti ho vista”

“Perché sono obbligata dal freddo del nord ovest, ma sono consapevole del fatto che non mi donino”

“Ehi quella… non assomiglia alla tua collana? Quella col cigno?” Eddie cambia argomento indicando un pendente nella vetrinetta.

“Più o meno, è un pochino più piccola e cambia leggermente la forma” rispondo toccandomi istintivamente il petto nel punto in cui, sotto il cappotto e il maglione, c'è la collana in questione.

“Quella che ti ha regalato tua madre, giusto?”

“Sì, esatto. Un'altra differenza è che la mia è liscia, non ha tutti quei brillanti, però in generale ci assomiglia…” mi giro verso Eddie che è leggermente più vicino di quanto mi aspettassi e mi guarda in modo strano, come se mi vedesse, ma con la testa fosse da tutt'altra parte “Tu cos'hai trovato invece?” gli chiedo per cambiare argomento, abbassando lo sguardo sul disco dei Ramones che ha avuto tra le mani per tutto il tempo.

“Oh sì, Blitzkrieg '76, è un bootleg, ma è una registrazione fatta da una radio quindi la qualità audio è buona, e il prezzo è praticamente stracciato”

“Allora ho fatto bene a portarti qui” commento sorniona.

“Benissimo!”

Diamo ancora un'occhiata in giro, poi Eddie si dirige verso la cassa e io lo seguo, ma a un certo punto fa una piccola deviazione sulla sinistra e si mette a spulciare fra una lunga fila di magliette e giacche.

“Quello si intonerebbe alla grande con il cappello” gli faccio riferendomi al chiodo rosso fuoco che sta osservando.

“Non mi provocare o te li compro tutti e due” risponde per poi tirare fuori dalla massa una giacca di velluto a coste marrone.

“Ecco quella mi sembra già meglio, anche se per adesso è un po’ leggerina. Aspetta, dà a me” Eddie si infila il disco tra le gambe e cerca di togliersi il suo giubbino blu con una mano sola, ma io lo invito a porgermi entrambe le cose in modo che possa provarsi la giacca liberamente.

“Grazie… Ok, per starmi mi sta, che dici?” mi domanda non appena l'ha indossata ed è ovvio che gli stia bene, gli sta da dio, sembra gli sia stata cucita addosso, è perfetta, lui è perfetto, è bellissimo, con quel corpo gli starebbe bene anche un tappetino del bagno con un buco in mezzo per la testa, che ad ogni modo sarebbe già più sobrio di gran parte di ciò che indossa di solito.

“Mmm sì, non è male, direi che approvo”

“E per dodici dollari direi che approvo anch'io” Eddie si sfila la giacca e rimette la sua, puntando stavolta verso la cassa.

 

“E adesso che vuoi fare?”

“Ti voglio portare in un posto e sono quasi sicuro sia ancora aperto” sghignazza lui, mentre scimmiotta le mie parole di prima.

“Che posto?”

“Tu non mi hai svelato il posto in anticipo, perché dovrei farlo io?”

“Perché tu non me l'hai chiesto, io sì”

“Ahah ottima osservazione, ma non lo farò”

Noto che Eddie mi sta guidando verso l'uscita, quindi deduco che il posto non sia qui a Pike Place e che stiamo tornando alla macchina. Tuttavia quando siamo alla pescheria, dove i venditori hanno ormai finito di lanciarsi coreograficamente il pesce e stanno smontando baracca e burattini vista l'ora, anziché dirigersi verso l'uscita, Eddie gira a destra verso la macelleria di Don e Joe e il negozio di spezie; ci infiliamo proprio in mezzo ai due negozi, saliamo due rampe di scale e ci ritroviamo in un piccolo passaggio anonimo che ha tutta l'aria di essere riservato agli addetti ai lavori, ma che più avanti si allarga diventando un vero e proprio corridoio, illuminato dall'insegna di un ristorante in fondo. Non avrà mica ancora fame dopo quella cazzo di baguette e le due bombe alla crema?! Eddie sembra diretto proprio al ristorante, ma subito prima dell'ingresso del locale gira a sinistra e ci troviamo di fronte a quella che mi sembra un'altra uscita. A questo punto sono convinta mi stia solo prendendo per il culo facendomi girare in tondo senza meta per confondermi le idee, ma non appena usciamo capisco che non è così: non siamo in strada, ma più in alto, siamo sul cazzo di tetto del Pike Place Market! Un pergolato in legno e canne su cui si attorcigliano tralci di vite canadese ci accompagna mentre usciamo in questa sorta di giardino urbano in terrazzo, con numerosissimi vasi di fiori e piante da una parte, alternati a lampioncini, sedie e panchine dalle forme particolari, e quello che sembra un vero e proprio orto dall'altra.

“Che cos'è questo posto?” chiedo ancora stupita, perché in un posto caotico e così profondamente urbanizzato di certo un giardino è l'ultima cosa che ti aspetti di trovare.

L'ho scoperto un giorno per caso, perdendomi…” risponde sorridendo, per poi riprendere appena lo fulmino con lo sguardo “eheh e ti giuro che non ti sto prendendo per il culo, è la verità”

“Ma si può stare quassù, non ci cacciano? Non è la terrazza del ristorante?” chiedo preoccupata mentre noto tavoli e sedie accatastati in fondo.

“Anche, ma solo quell'area è riservata al ristorante e solo quando fa caldo. Ci si può venire tranquillamente senza spendere un soldo, anche portandosi un panino da fuori, me l'ha spiegato Jeff quando gli ho raccontato dov'ero finito”

“Perché non le condivide anche con me queste informazioni il tuo amico Jeff?” ironizzo avvicinandomi al parapetto del terrazzo e godendomi la spettacolare vista sulla Elliott Bay, il Puget Sound, le luci della città, del porto e dei traghetti di passaggio, e scommetto che di giorno se il cielo è sereno si vedranno bene anche le Olympic Mountains e il Monte Rainier.

“Perché così posso farti queste sorprese e fare bella figura” risponde appoggiando il mento sulla mia spalla, da dietro.

“Facendo sfigurare le mie di sorprese”

“Dici che la cassetta non supera la bellezza di questo posto?”

“Io mi riferivo all'ora passata nel polveroso negozio dell'usato grande quanto un francobollo, tra la cassetta e questo posto direi che è un testa a testa”

“Ho adorato quel negozio, ci tornerò senz'altro. Sappi che sulla cassetta mi sto creando aspettative altissime”

“E fai bene”

“Dovevo portare la polaroid, così potevamo farci una foto, invece l'ho lasciata a casa, cazzo”

“Allora esisti!” esclamo in maniera teatrale alzando gli occhi e un dito al cielo.

“Cretina”

 

Uno sbadiglio della sottoscritta non appena lasciamo il mercato e ci incamminiamo verso la macchina fa capire a Eddie che ho sonno e che forse è il caso di tornare a casa, e lo fa capire anche a me visto che finora non ho avvertito la stanchezza, che mi è scesa addosso di colpo. Ho anche i brividi, spero sia per il freddo e che non mi stia venendo di nuovo la febbre.

“Potevi andare a casa, avrei preso l'autobus” commenta Eddie guardandomi in faccia nel momento in cui accosto davanti al suo condominio, probabilmente perché ho un aspetto orribile e le mie occhiaie devono aver raggiunto il livello di guardia.

“Tranquillo, ce la faccio, non è poi così lontano Westlake”

“Sì, ma devi praticamente tornare indietro”

“Capirai che problema!”

“Comunque grazie”

“Figurati, non ti avrei mai abbandonato per strada da solo di notte, in balìa dei ladri, specialmente ora che hai finalmente comprato una giacca di un colore normale”

“Eheheh beh io veramente, ehm, io intendevo grazie per la serata, per tutto ecco. E’ stato carino, sono stato bene, con te”

“Oh sì, è piaciuto anche a me, è stato… divertente!”

“Già, è stato divertente”

“Ci siamo divertiti”

“Sì”

“Alla faccia di quegli stronzi dei tuoi compagni!”

“Certo, alla faccia loro”

“Anche se non posso fare a meno di pensare che Jeff e Stone ci avrebbero dato grandi soddisfazioni nel negozio dell'usato”

“Sì. E potremmo anche… rifarlo magari? A me farebbe piacere, insomma, uscire ancora, una sera”

“Ma sì, usciremo sicuramente prima che partiate, no? C'è il concerto all'Off Ramp e poi penso siamo tacitamente d'accordo di incontrarci tutti al pub qui all'angolo la sera prima della vostra partenza. Ci potrebbe scappare una capatina al giardino segreto”

“Beh sì, anche… Io però intendevo uscire ancora io e te, e basta

“Ah ok, non avevo capito… Sì, cioè, perché no?”

“Sempre se ti va. Perché io mi sono trovato bene, insomma, sto bene con te, quindi mi farebbe piacere, poi non so…”

“Ovvio che mi va, certo” quale donna sana di mente non vorrebbe uscire e trascorrere del tempo con Eddie?

“E ti ricordo che mi devi una partita a basket”

“Se è per questo ti devo anche una cena”

“Eheh va bene, ci sto, la prossima volta mi inviti tu e paghi tu, ok?”

“Aggiudicato”

“Notte, Angie”

“Buona notte, Eddie” e mentre gliela auguro, lui si allunga verso di me e mi stampa un bacio sulla guancia un po’ più lungo di un normale bacio sulla guancia, ma troppo corto per poter essere interpretato male. Va beh, come se ci fosse qualcosa da mal interpretare!

Resto un po’ interdetta, perché Eddie è un amico ma le sue labbra hanno pur sempre toccato la mia pelle e sfido chiunque a restare indifferenti, tanto che quando mi volto verso il lato del passeggero Eddie è già fuori dalla macchina e ha richiuso la portiera. Gli faccio ciao ciao con la manina e riparto a cannone.

 

“Mm mmm mm mm” mormoro canticchiando mentre salgo i quattro piani di scale che portano al mio appartamento e non so neanche cosa sia quel motivetto che mi è entrato in testa già dalla macchina. Solo quando entro in casa, mentre striscio lungo i muri come un ninja cercando di non farmi intercettare da Meg e Mike e di non interromperli qualsiasi cosa stiano facendo, mi viene in mente di cosa si tratta: è la dodici corde scordata di Wouldn’t it be nice dei Beach Boys. Come cavolo mi sarà venuta in mente? Mah, forse l'hanno messa alla panetteria o è passata alla radio mentre eravamo al negozio e non ci ho fatto caso. Appendo borsa e cappotto all'attaccapanni e più mi avvicino alla sala più diventa chiara la voce del Tucano Sam dello spot dei Kellog’s Froot Loops, credo sia quello con il leone che fa surf, e penso che se Mike e Meg sono davanti alla tv sicuramente non la stanno guardando, quindi i casi sono due: o si sono addormentati o stanno facendo altro, e in entrambi i casi forse sarebbe meglio che io girassi al largo. Mi affaccio con circospezione, ma la scena che vedo non è nessuna delle due in cui temevo di imbattermi: Meg è stravaccata sul divano, coi piedi sul tavolino, colmo dei resti di una cena cinese, in fissa sulla tv mentre scarta quello che sembra un biscotto della fortuna.

“Ehi Meg”

“Ciao Angie” la mia amica non solo non fa il solito salto di quando appaio a tradimento senza avvertire, ma non fa proprio neanche una piega e nemmeno si volta per salutarmi. Prende il biscotto, lo spezza, prende il bigliettino, lo lancia sul tavolino e s'infila il biscotto in bocca senza neanche leggerlo.

“Lo sai che non sono cinesi in realtà?” butto lì avvicinandomi lentamente e resistendo all'impulso di afferrarle i piedi e lanciarli via dal mio cazzo di tavolino.

“Ah no?”

“No, è tutta un'invenzione americana. Non hai letto Il circolo della fortuna e della felicità? Te lo presto se vuoi” continuo buttando l'occhio sui contenitori di cartone e, una volta accertato che siano vuoti, iniziando a raccoglierli per buttarli.

“Ok” Meg alza le spalle senza levare lo sguardo dalla tv, affonda la mano in una scatola appoggiata sul divano alla sua destra e ne estrae un altro biscotto.

“Tutto bene? Dov'è Mike?” domando prima di buttare il primo giro di pattume nella spazzatura.

“Boh, a casa sua credo”

“Deduco che la cena non sia andata bene”

“No, la cena non è andata proprio, non c'è stata, o meglio, l'ho fatta da sola. Mike non è venuto”

“Come no?”

“L'ho chiamato e gli ho proposto la cosa e mi ha detto di sì, ma poi non si è presentato”

“Ma se ti ha detto di sì, non è che magari ha avuto un imprevisto?”

“Nessun imprevisto, l'ho aspettato e chiamato tutta la sera, mi ha risposto una mezz'ora fa, finalmente, e mi ha detto frettolosamente che in realtà non aveva detto né sì né no e che non gli sembrava il caso. E che comunque non voleva discuterne adesso e mi ha praticamente appeso il telefono in faccia. Io… io non capisco” spiega mentre mastica, mentre io raccolgo sia l'incarto sia il bigliettino che ha lasciato cadere a terra.

“Forse non si sentiva pronto per-”

“No, è proprio incazzato, è arrabbiato con me, lo so”

“Perché dovrebbe?”

“Perché? Forse perché l'ho umiliato di fronte ai nostri amici con l'ennesima scenata delle mie, tu che dici?” Meg mi lancia un'occhiataccia e finalmente tira giù i piedi dal tavolino, io ne approfitto subito per fare piazza pulita degli ultimi rifiuti per poi farli sparire nella pattumiera in cucina, da dove torno con uno straccio e il prodotto per pulire.

“Va beh, la scenata è partita da Melanie, tu ci sei stata tirata in mezzo…”

“Sì, ma io mi sono lasciata tirare in mezzo volentieri. Insomma, Mike avrà i suoi difetti, ma pure io… Devo sempre fargli fare delle figure di merda assurde, era prevedibile che prima o poi si offendesse”

“Senti, magari è così o magari no, può essere che gli serva solo tempo, dopotutto ha appena rotto con Melanie, non dimenticarlo. Insomma, non è che ci siate solo tu e lui”

“Già… va beh, lasciamo stare. Mi spiace solo che tu sia stata in giro a zonzo tutta la sera per niente, se avessi potuto ti avrei avvertita e mi avresti aiutata a finire questo ben di dio. Invece mi sono dovuta sacrificare” commenta accarezzandoci la pancia ed afferrando il telecomando per cambiare canale.

“Tranquilla, ero a zonzo, ma in buona compagnia” la rassicuro mentre strofino con cura il tavolino.

“Cioè?”

“Ho incontrato Eddie che andava alla galleria ed eravamo rimasti d'accordo di vederci con gli altri dopo le prove. Poi hanno paccato tutti, va beh, comunque abbiamo fatto un giro”

“Ah ok, mi sento meno in colpa allora”

“Però mi sento in colpa io, pensandoci avrei potuto fare una telefonata per sapere come procedeva”

“Nah, figurati, non ti preoccupare”

“Va beh, io vado a letto, sento che mi sta partendo il mal di testa” domani gli do un’altra passata al tavolino.

“Tieni, prendi un biscotto. Buona notte” Meg mi porge un biscottino cinese che non è cinese mentre continua a fare zapping.

“Notte”

 

Mangio il biscotto, tanto ormai la serata è stata caloricamente compromessa, non sarà un po’ di farina, zucchero e olio a rovinarmi, mi lavo faccia e denti, metto il pigiama a memoria senza neanche accendere la luce e mi infilo a letto, e mi assopisco pensando all'assurdità della frase riportata sul foglietto dentro al biscotto: Le persone sono naturalmente attratte da te. Beh, se penso che li ha comprati Meg diciamo che tutto ha più senso. Forse stavo già cominciando a sognare qualcosa di confuso, anche se non ricordo cosa, quando una furia bionda carica di energia e di cibo cinese irrompe nella mia stanza accendendo la luce e saltando sul mio letto.

“CREDEVI DI CAVARTELA COSì EH?!”

“Mmm?” mugugno coprendomi gli occhi col piumone.

“Mi meraviglio di te, approfittarti in questo modo della mia momentanea incapacità di intendere”

“Che?”

“Esci con Eddie e me lo dici così? Come se niente fosse?!”

“Perché come dovevo dirtelo scusa?” mi arrendo mettendomi a sedere.

“Beh qualcosa del tipo: ODDIO MEG, NON SAI COS'E’ SUCCESSO STASERA! SONO USCITA CON EDDIE! ASPETTA CHE TI RACCONTO TUTTI I DETTAGLI”

“Ma di che diavolo stai parlando? Che dettagli?”

“I dettagli del tuo appuntamento con quel figo di Eddie Vedder, di cosa se no?!”

“Appuntamento? E chi ha parlato di appuntamento? Non era un appuntamento!”

“Ah no? E cos'era allora? Come me lo chiami un ragazzo e una ragazza che escono?”

“Uscita tra amici?”

“Da soli? Per favore, non diciamo cazzate… E hai il pigiama al contrario”

“Non era previsto fossimo da soli, è stato… è stato un caso”

“Guarda un po’ che caso”

“Comunque io e te usciamo da sole in continuazione e tra di noi non si è mai parlato di appuntamenti” recepisco in ritardo il significato delle parole di Meg di prima, abbasso lo sguardo e infatti noto che non c'è traccia di Topolino sul davanti della casacca e che dev'essere sulla mia schiena.

“Ma Eddie ha qualcosa che io non ho. E viceversa”

“Ma”

“Qualcosa che magari stasera hai anche visto… o no?”

“MEG!”

“No?”

“Ovviamente no!”

“Uff… un bacetto almeno ve lo siete dato?”

“Certo che no, Meg, anche perché non si è trattato di un appuntamento, come già ti ho spiegato”

“Va bene, va bene, ho capito, non sia mai che tu mi dia un motivo di gioia… E che avete fatto di bello in questo non-appuntamento?”

“Siamo andati al mercato di Pike Place, abbiamo mangiato in una panetteria francese molto buona, devo assolutamente tornarci. Ehm, senza esagerare però, o Henry mi farà correre la maratona a calci in culo per punizione”

“Mmm ok, e poi? E non te lo raddrizzi il pigiama?”

“No. Poi abbiamo fatto un giro per negozi. Oh e Eddie mi ha fatto scoprire un posto di cui non conoscevo l'esistenza: un giardino stupendo sul tetto del mercato, con una vista stupenda su tutta la baia, è vicino all'ingresso, tu non ne sapevi niente? Io ci vado spessissimo e non avevo idea che ci fosse un posto del genere, dev'essere molto carino anche di giorno, un'oasi di pace nel casino della città”

“Allora, fammi capire, un ragazzo molto carino e interessante ti invita fuori, per caso siete solo voi due, ti porta fuori a mangiare francese-”

“Ahah da come lo dici sembra mi abbia portata in un ristorante di lusso, era un cazzo di fornaio”

“… ti porta in una tipica panetteria francese, un posto semplice e accogliente, dal fascino romanticamente esotico, dove ti offre la cena… perché te l'ha offerta, giusto?”

“Beh sì, ma-”

“Ecco, da amico ti offre la cena in un posto romantico, dopodiché ti porta in un giardino segreto con vista mozzafiato a guardare le stelle, sempre da amico ovviamente”

“Certo, perché non si può?”

“Oh sì certo… però un bacetto da amica potevi anche darglielo”

“Meg, ti prego, stiamo parlando di Eddie. Lo sai che siamo amici, amici e basta”

“Sì… e siete anche molto intimi, mi pare, insomma, siete spesso insieme”

“E quindi?”

“Quindi, niente, andate d'accordo, no? E poi…”

“E poi?”

“E poi… non lo dico, se non poi ti lagni che non mi faccio mai i cazzi miei!”

“Direi che su quello ormai non ci sono dubbi, spara e basta”

“Ok. E poi… penso sareste carini insieme. Ecco, l'ho detto”

“L'avevi detto anche di qualcun'altro, ricordi? Io sì e ricordo anche che non è finita benissimo”

“Ma che c'entra? Vorresti paragonare Jerry a Vedder? Eddie è tutto un altro genere, è più-”

“Senti, non mi interessa a che genere appartiene Eddie secondo te, tantomeno a quest'ora. E’ tardi, ho sonno e voglio dormire, me lo concedi?” sbotto esasperata, mentre mi asciugo l'occhio colante di sonno e raffreddore col dorso della mano.

“Uff va bene, ti lascio stare. Scusami se volevo parlare di qualcosa di carino per distrarmi dalla mia disastrosa situazione sentimentale”

“Se ti può far stare meglio, è ancora disastrosa anche la mia, non ti preoccupare. Buona notte”

“Notte, Angie”

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“Devo ammettere che sono rimasta piuttosto sorpresa stasera” confesso mentre saliamo i gradini esterni di casa mia.

“Sorpresa in positivo o in negativo?” domanda Stone e io gli rispondo immediatamente, come se davvero avesse dubbi sulla riuscita della serata e io mi sentissi di doverlo rassicurare in fretta.

“In positivo, ovviamente. Per prima cosa la scelta del film”

“Cosa ti aspettavi? Pensavi ti portassi a vedere Terminator o cose del genere?”

“No, però… boh, non so nemmeno io cosa mi aspettavo, forse un film indipendente o qualcosa di musicale”

“La prossima volta ti invito a casa mia a vedere Tutti insieme appassionatamente allora, così, tanto per non deludere le tue aspettative” continua mentre entriamo insieme e nonostante la frecciata non posso fare a meno di sorridere, visto che a quanto pare ci sarà una prossima volta.

“Per me va benissimo. Comunque mi è piaciuto Strade perdute, anche se è piuttosto crudo”

“E’ crudo come la realtà”

“Giusto. E il secondo motivo di stupore è che non immaginavo ti potesse piacere il rap”

“Certo che mi piace e Ice Cube è uno dei migliori secondo me, sia con gli NWA che da solo”

“Non l'avrei mai detto conoscendoti”

“Solo perché suono la chitarra non vuol dire che la mia mente sia a senso unico sul rock. E poi lo sai che amo la musica degli anni settanta, i suoi pezzi sono pieni di sample di Funkadelic, Parliament, Sly and the Family Stone, li adoro”

“Soprattutto l'ultimo gruppo per motivi anagrafici” scherzo e a quel punto Stone si blocca, mi guarda e finge di andarsene.

“No va beh, scusa, dopo questa tolgo il disturbo”

“Dove vai? Devi fare il gentiluomo e accompagnarmi fino alla porta” lo acchiappo per il braccio e lo tiro verso di me.

“Va beh, se proprio devo”

“Comunque anche il giro a Gas Works Park è stato carino”

“Va beh, dovevamo praticamente già passarci per arrivare al cinema, ho giusto allungato un pochino la strada. Avrei allungato anche di più se tu non ti fossi scocciata dopo un quarto d'ora”

“Non mi sono scocciata! Non volevo rischiare di arrivare troppo tardi e trovare tutti i film già cominciati, tutto qui”

“Va beh, va beh, per una volta che ho uno slancio romantico tu me lo rovini così”

“Slancio romantico?”

“Sì, lo so, non chiedermelo, non so da dove mi sia venuto fuori, mi sono stupito da solo”

“Vuoi entrare un secondo?” gli domando mentre cerco le chiavi di casa in borsa.

“Quindici minuti al parco, un secondo da te… le tue tempistiche sono sempre così veloci?”

“Ok, io entro, tu fa’ come vuoi” scuoto la testa, apro la porta ed entro in casa, accendendo subito la luce.

“Dov'è finita la faccina sorridente?” butto la borsa e la giacca sul divano e mi volto di scatto alla sua domanda, vedendolo ancora sulla porta, col suo sorrisetto del cazzo.

“Che?”

“Il post-it sulla sedia, mi sa che si è staccato ed è cascato per terra” Stone chiude la porta e si china per sbirciare sotto il tavolo.

“Ehm no, il post-it non c'è più… e nemmeno la sedia. Ti va un caffè?” gli faccio con noncuranza mentre prendo il caffè dalla dispensa alle sue spalle e lo metto nella macchina assieme all'acqua.

“Come non c'è più la sedia? E quella cos'è?” chiede incredulo, probabilmente indicando l'angolo incriminato.

“Oh quella? Quella è un'altra sedia, ehm, una sedia nuova, l'ho cambiata”

“Ah sì?”

“Eh già”

“E come mai ti sei improvvisamente decisa?” Stone mi si avvicina appoggiandosi al frigorifero e praticamente obbligandomi a guardarlo.

“Mmm boh, così”

“Così…”

“Sì, alla fine era stupido, l'hai detto anche tu, perché tenersi in casa una sedia inutile?”

“L'hai cambiata perché te l'ho detto io?”

“Ma no, cioè, sicuramente mi ci hai fatto pensare, però-”

“L'hai buttata per me? Questo sì che è romantico” insiste strizzandomi l'occhio e abbassando impercettibilmente il tono della voce, cosa che io ovviamente percepisco benissimo.

“Non montarti la testa, Gossard”

“Uhm sì, chiamami pure per cognome per rimarcare la distanza tra noi ogni volta che in realtà ci stiamo avvicinando”

“Un po’ come fai tu con il sarcasmo?”

“Touché, cara, touché. Quindi ora vivi serenamente la tua vita con la nuova sedia?” Stone mi viene più vicino e allunga una mano sulla mia nuca, dandomi una serie di brividi che non passano inosservati.

“C-certo, perché?” rispondo mentre mi accorgo che sta armeggiando con l'etichetta della mia maglia, che probabilmente era in vista e ora è stata risistemata all'interno del colletto.

“Sicura?” domanda e la sua mano si è fermata sulla mia spalla.

“Sicurissima, in fondo è… è solo una sedia, giusto?”

“Giusto. Quindi?” Stone allunga anche l'altra mano verso di me fino ad averle entrambe sulle mie spalle e mi osserva con sguardo apparentemente divertito, mentre inclina un po’ la testa di lato in attesa della mia risposta.

“Quindi… quindi la odio!” non posso mentire a quei cazzi di occhi verdi oliva.

“Cosa?”

“La sedia nuova! Perché lo so che è uguale alla sedia vecchia e a tutte le altre, ma… ma è diversa!”

“E’ identica alle altre, Grace”

“Ci ho messo una vita a ricreare lo stesso colore per riverniciarla, quello è il massimo che sono riuscita a ottenere” spiego mangiucchiandomi l'unghia del pollice.

“Forse è solo leggermente più lucida perché è più nuova, ma sinceramente è indistinguibile, il colore è lo stesso”

“E non è solo per il colore, anche se fosse del medesimo colore io… ecco io saprei comunque che non è la stessa, che è un'altra sedia, un’estranea

“Un'aliena!”

“Non prendermi per il culo”

“Eheh non ti sto prendendo per il culo!”

“Infatti ridere in faccia è il tipico atteggiamento di chi non ti prende per il culo”

“Perché non la cambi semplicemente di posto? Così potresti abituarti più facilmente” la fa facile lui.

“Cambiarle posto non risolverebbe nulla, perché tanto saprei dove l'ho messa”

“Lo faccio io! Resta così” Stone mi stringe le spalle, poi mi molla e va verso il tavolo, mentre io disobbedisco e lo seguo con lo sguardo.

“Che vuoi fare?”

“Girati, se no non vale!”

“Vuoi spostare la sedia?”

“Così non saprai mai qual è quella nuova e smetterai di farti paranoie. Dai, voltati”

“Ok…” mi giro non troppo convinta, mentre il caffè è quasi pronto. Lo sento armeggiare e trovo un po’ di distrazione nella ricerca dello zucchero e del latte “Come lo prendi il caffè?”

“Con due cucchiaini di zucchero, grazie” risponde e non appena sento il rumore della gamba di una sedia che striscia sul pavimento mi giro di scatto.

“Non ce la faccio”

“Girati, curiosona!”

“Non sto scherzando, fermati”

“Eh?” Stone mi guarda incredulo, con le mani sulla spalliera di una sedia.

“Non ci riesco, non posso fartelo fare!”

“Che cosa?”

“Spostare le sedie! Impazzirei nel cercare di capire qual è quella nuova… non chiedermi perché, ma non ci dormirei la notte. Rimetti tutto com'era, per favore”

“Ma sei seria?”

“Sì, sono seria, serissima! Lo so che sono fuori di testa, ma rimettila dove stava… ti prego”

“Lo farei volentieri… se solo mi ricordassi dove l'ho messa…” Stone si gratta la testa imbarazzato e io sento l'irrefrenabile voglia di tagliargliela di netto con qualcosa di molto affilato.

“COSA?!”

“Ahahah no, stai calma, sto scherzando! Scherzavo!” Stone mi corre incontro cercando di tranquillizzarmi e io faccio per colpirlo in testa con il cucchiaino da caffè.

“Non sei divertente”

“Tu invece sì, mi fai morire”

“Va beh, ok, prendimi in giro. Ma rimetti a posto quella cazzo di sedia” ribadisco puntandogli il cucchiaino sul petto come se fosse un'arma.

“Dove sono finite le tue buone maniere?”

“Rimettila a posto o ti ci cavo gli occhi con questo cucchiaino”

“In realtà… è già a posto, non l'ho toccata. Il mio piano era fare un po’ di rumore e lasciare tutto com'era per farti credere di averla spostata”

“Tu sai di essere malvagio, vero?”

“Certo che sì, ne sono consapevole. Tu invece sai di essere tutta matta?” continua avvicinandosi ancora di più, nonostante il cucchiaino sia ancora puntato su di lui e praticamente infilzandoselo tra le costole.

“Personalmente preferisco definirmi eccentrica, suona meglio” replico mollando la presa sul cucchiaino, che cade a terra, mentre le sue mani finiscono sui miei fianchi.

“Siamo due elementi piuttosto singolari, diciamo così”

“Mah, non saprei, tu dopotutto sei abbastanza banale e prevedibile nella tua cattiveria” lo prendo in giro mentre allaccio le mani dietro al suo collo.

“Ah sì? Sono così prevedibile?”

“Eccome”

“Quindi prevedi già cosa sto per fare?”

“Ovviamente”

“E sarebbe?”

“Farmi credere di volermi baciare, per poi buttarti sul caffè, che nel frattempo è pronto”

“Cazzo”

“Ormai ti ho inquadrato, bello”

“Pare proprio di sì… Ora c'è un problema però”

“Cioè?”

“Non posso più fare la scena del caffè perché ormai mi hai sgamato”

“E quindi?”

“E quindi adesso mi tocca improvvisare”

“E co-” non faccio in tempo a chiedergli come intende fare che Stone preme le sue labbra contro le mie a una velocità assurda, dato che quasi non me ne accorgo e mi trovo un po’ spiazzata. Quando mi rendo conto di cosa sta succedendo cerco di rispondere partecipando al bacio, anziché rimanere impalata come una statua. Stone a questo punto si stacca da me, giusto il tempo di guardarmi, far salire una mano fino al mio viso e sorridermi, prima di baciarmi nuovamente con passione.

  
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