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Autore: Kia_1981    15/05/2017    3 recensioni
Seguito di "Un Invito Inaspettato".
Cosa è successo durante il pranzo di Natale a cui Julian è stato invitato? E Megan andrà con lui a pattinare o cambierà idea all'ultimo momento?
Dal testo:
Jane squadrò indispettita la cugina, poi esibì un sorriso calcolatore.
«Visto che sei tanto stanca, immagino non andrai all’appuntamento che avevi in programma con Julian, vero?» Domandò con voce suadente.
«Non ho un appuntamento con Lord», fu la secca precisazione in cui risuonava l’eco minacciosa di una rabbia tenuta faticosamente a freno. «E non uscirò. Ho intenzione di rimanere a casa a studiare.»
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gabriel Stuart, Julian Lord, Megan Linnet, Nuovo personaggio, Sophia Blackmore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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Megan tamburellava sul tavolo con gesti nervosi, mentre la sua colazione diventava irrimediabilmente fredda sotto le occhiate di disapprovazione di miss Potter. Lo sguardo della giovane, invece, vagava assorto e senza meta nel paesaggio innevato incorniciato dalle finestre della sala da pranzo. Il suo nervosismo era una presenza quasi tangibile, per questo motivo l’anziana governante preferiva tacere nella speranza di vederla calmarsi.

«Ho deciso: non vado!»

Annunciò risoluta la giovane, ed enfatizzò le sue parole battendo con forza il palmo della mano sul tavolo. Quel rumore secco e inaspettato fece sobbalzare la povera miss Potter che per lo spavento rovesciò il tè che stava sorseggiando.

«Megan!» , la donna cercò di ricomporsi. «Mia cara, una giovane di buona famiglia che, come te, ha ricevuto un certo tipo di educazione, mantiene sempre gli impegni presi; oppure evita di prendere impegni che non è sicura di voler onorare.»

«L’altro giorno avete presentato le vostre rimostranze quando avete saputo che sarei stata sola con un ragazzo. Dovreste compiacervi per il fatto che abbia cambiato idea», la provocò Megan.

«Sono sempre convinta che non sia né opportuno né decoroso prendersi una simile libertà; ma i tuoi genitori non hanno avuto obiezioni in merito, perciò io posso solo raccomandarti di comportarti come si deve.»

L’anziana donna era rassegnata: questi giovani non avevano regole né disciplina, ascoltavano solo quello che faceva loro comodo e si comportavano in modo estremamente inopportuno. L’espressione di Megan si rabbuiò ulteriormente quando sua cugina Jane, ospite dei suoi genitori in occasione delle feste, irruppe nella sala da pranzo spalancando con entusiasmo le porte e mancando per un soffio la cameriera che stava passando lì davanti. Miss Potter alzò gli occhi al cielo: quella ragazzina era il fulgido esempio della corruzione dei costumi dei giovani. Dal canto suo, Megan si sforzò di reprimere l’istinto di andarsene senza degnare di uno sguardo la nuova arrivata e nascose la propria irritazione dietro un freddo sorriso.

«Buon giorno, Jane» , la salutò. «Non ti credevo tanto mattiniera.»

Jane aveva quasi sedici anni, un carattere esuberante ed estroverso, esteriormente somigliava tanto a Megan da essere scambiata spesso per sua sorella.

«Cugina!» esordì Jane con voce squillante, un suono che, a quell’ora del mattino risultava oltremodo molesto.

«Vedo che sei già pronta per uscire: devi assolutamente accompagnarmi in un posto.»

Alla dottoressa non era sfuggita l’occhiata con cui la cugina l’aveva misurata: il semplice e comodo abito di lana che aveva scelto di indossare quel mattino, in vista della lezione di pattinaggio sul ghiaccio, faceva una ben misera figura paragonato all’abbigliamento ricercato e alla pettinatura elaborata di Jane.

«Buon giorno, Jane», Megan rimarcò il saluto con enfasi, sperando invano che la cugina capisse di aver dimostrato, poco prima, una scarsa educazione. La ragazza chinò il capo esibendo una piccola smorfia contrariata: da lei non ci si sarebbe potuto aspettare di più.

«Dove dovrei accompagnarti?»  volle sapere Megan.

Jane si rianimò, la contrizione che era stata costretta a mostrare era rimasta solo un vago ricordo.

«A Messa!» Annunciò l’altra entusiasta.

Le labbra della dottoressa si stirarono in un pigro sorriso: era certa di aver capito quale fosse l’obiettivo della cugina ma, a beneficio di Miss Potter decise di far finta di niente per costringere la ragazza a rivelare le sue vere intenzioni.

«Non me la sento di uscire, ma visto che ci tieni tanto, potresti chiedere ai miei genitori di portarti con loro più tardi: mi pare che vogliano partecipare alla funzione in cattedrale. Di sicuro saranno felici se ti unirai a loro.»

L’espressione di disappunto che si stava disegnando sul volto di Jane suscitò in Megan una certa soddi-sfazione. La ragazzina attraversò la sala per andare a sedersi accanto alla cugina.

«Veramente…» sussurrò in tono cospiratorio chinandosi verso di lei. «Vorrei assistere alla funzione per la benedizione delle armi. Mi incuriosisce», terminò con un sorrisetto malizioso.

Megan riuscì a controllarsi a stento: il suo primo impulso era stato di saltare in piedi gridando “Ci avrei scommesso!”

Al pranzo di Natale, a cui Megan aveva invitato i propri amici, Jane si era decisamente fatta notare: voleva entrare allo Studium, l’anno successivo, così aveva preso di mira Jordan e Julian e li aveva tempestati di domande. Dal modo in cui li guardava, però, era fin troppo evidente che quella di informarsi sull’Università era solo una scusa per attirare l’atten-zione dei giovani cavalieri. La cosa che più aveva irritato Megan era l’atteggiamento di Julian: diverse volte l’aveva sorpreso a indugiare con lo sguardo da lei alla cugina, quasi stesse facendo mentalmente dei paragoni fra loro due. Inva-riabilmente, al termine di quei rapidi esami, tornava a rivolgere la sua completa attenzione alla curiosità della più giovane, dando prova di una pazienza ammirevole: Jane era tanto insistente da dimostrarsi insopportabile e asfissiante. Perfino Jordan, appena gliene si era presentata l’occasione, era stato ben lieto di svignarsela per diversi minuti, per riposare mente e udito dalle interminabili chiacchiere della ragazza.

Il sorriso di Megan si allargò davanti alla prospettiva di dare una brutta notizia alla cugina.

«Credo sia già finita, quella funzione.»

La dottoressa finse di lanciare un’occhiata distratta all’orologio a pendolo. In realtà non ne avrebbe avuto alcun bisogno: aveva passato l’ultima mezz’ora a contare i minuti, cercando dapprima di indovinare a che punto fosse arrivata la funzione, poi se Julian si fosse già avviato per raggiungerla (secondo i suoi calcoli avrebbe già dovuto essere arrivato, perché era in ritardo?) e cercando di decidere, nel frattempo, quale scusa addurre per aver cambiato idea dal momento che aveva deciso di non voler andare a pattinare con lui.
Come Megan aveva previsto, Jane sfoderò il piccolo broncio che di solito le permetteva di far capitolare più o meno chiunque si rifiutasse di accontentarla. Vedendosi ignorata, la ragazza si agitò impaziente sulla sedia, ma sua cugina non dava segno di voler riaffrontare l’argomento.

«In questo caso potresti portarmi a…»

«Jane», la interruppe spazientita l’altra: ne aveva abbastanza di lei. «Sono stanca perché ho dormito poco e male, e non ho alcuna voglia di portarti a zonzo per la città.»

Doveva già occuparsi ogni santo giorno di un mucchio di idioti che avevano in mente di tutto tranne che fare il proprio dovere. Era in vacanza e non aveva intenzione di farsi carico di una ragazzina viziata e frivola il cui unico obiettivo, in quel momento, era andare a civettare all’ordine della Croce.
Jane squadrò indispettita la cugina, poi esibì un sorriso calcolatore.

«Visto che sei tanto stanca, immagino non andrai all’appuntamento che avevi in programma con Julian, vero?» Domandò con voce suadente.

«Non ho un appuntamento con Lord», fu la secca precisazione in cui risuonava l’eco minacciosa di una  rabbia tenuta faticosamente a freno. «E non uscirò. Ho intenzione di rimanere a casa a studiare.»       

«Non hai lasciato i libri in Collegio come ti ha chiesto la zia?» Jane non aveva intenzione di lasciarle scampo: cercava di farle perdere la pazienza e ci stava riuscendo benissimo.

«Hai ragione, li ho lasciati in Collegio, perciò credo proprio che andrò lì a studiare: lontana dalle distrazioni e, soprattutto, dalle seccature.»

«E non pensi a Julian? Gli rovinerai la giornata.»

Megan fece un gesto infastidito. Continuava a ripetere a se stessa che al giovane non sarebbe importato, dal momento che era abituato ai suoi rifiuti. Non doveva sentirsi in colpa per la decisione che aveva preso.

«Lord se ne farà una ragione» asserì alzando, senza rendersi conto, il tono di voce.

«Bene» disse Jane con studiata tranquillità e un sorriso malizioso. «Visto che mi dispiace per lui, mi offrirò di accompagnarlo al posto tuo.»

Megan aprì e chiuse la bocca, cercando di non esplodere. Si sentì gelare e poi avvampare al pensiero che Julian avrebbe accettato quello scambio. Con uno sforzo ammirevole la giovane riuscì a controllarsi e a rispondere con una gelida calma.

«Non ti azzardare: non puoi andare da nessuna parte senza il permesso dei tuoi genitori. O dei miei» soggiunse con un sorriso velenoso, certa della risposta che la ragazzina zii avrebbe ricevuto dagli zii, responsabili di lei durante la vacanza:  il loro responso sarebbe stato certamente negativo, dal momen-to che i genitori di Megan non avevano l’abitudine di farsi persuadere dai capricci della nipote.
Perfino la signora Potter stava dando segni di insofferenza di fronte a tanta insistenza.

«Jane», s’intromise infatti la donna. «Come ho già avuto modo di ricordare a Megan, non è opportuno che una fanciulla passi del tempo sola con un giovanotto. Soprattutto non è opportuno per una bambina come te, che si trova lontana da casa e dai propri genitori.»

«Non sono una bambina!» sibilò Jane indispettita, fulminando con lo sguardo Megan che stava ridacchiando per quell’ultima osservazione.

Le due cugine si stavano fronteggiando silenziosamente quando l’ingresso in sala di una cameriera distolse l’attenzione delle ragazze da quel muto battibecco.

«Lady Linnett, vostra madre vi prega di andare all’ingresso: c’è un giovane che chiede di voi»

Jane schizzò in piedi e corse via, Megan avrebbe voluto rincorrerla e prenderla per i capelli ma si trattenne solo perché altrimenti qualcuno avrebbe potuto pensare che le importasse qualcosa di quella specie di impegno preso con Lord. Quando raggiunse con calma l’ingresso, trovò Jane che chiacchierava vivacemente con Julian, il quale sembrava, come sempre, perfettamente a suo agio. Completava il quadro Lady Linnett, che osservava la nipote con malcelata disapprovazione.

«Megan!» esclamò la donna con sollievo non appena notò la presenza della figlia.

Julian sollevò verso di lei uno sguardo intenso, salutandola con un profondo inchino. Non appena si fu rialzato, Jane si aggrappò al suo braccio con un gesto possessivo.

«Julian, mia cugina si sente poco bene» annunciò con dolcezza. «Penso che potrei sostituirla io per la gita che avevate in programma oggi, così non sarai costretto a rinunciare» terminò con un sorriso angelico.
Il giovane guardò sorpreso la ragazzina al proprio fianco.

«Davvero?» Domandò cercando conferma sul volto di Megan, che si ritrovò improvvisamente al centro dell’attenzione di tre paia di occhi: quelli indagatori di Julian, quelli carichi di disappunto di sua madre e quelli beffardi di Jane. La giovane si rabbuiò, incrociò le braccia e raddrizzò la postura.

«Ho dormito poco», confermò infastidita, notando distrattamente un lieve incresparsi dell’espressione di
Julian alla  notizia. Avrebbe accettato la proposta di Jane, ne era certa, e lei avrebbe potuto passare la giornata sui libri senza avere intorno quell’oca di sua cugina.

«Mi spiace, Onorabile Megan» commentò il Cavaliere con un sorriso mesto; quindi si rivolse alla madre della dottoressa.

«Lady Linnett, è meglio che io tolga il disturbo, così che vostra figlia possa riposarsi. Non posso nemmeno accettare di portare con me vostra nipote: sarebbe molto sconveniente, dal momento che dubito che i suoi genitori le abbiano dato alcun permesso in tal senso», affermò con la massima serietà.

Lady Linnett lo guardò benevola, Jane, incredula e profondamente delusa era rimasta a bocca aperta e con gli occhi sgranati. La sua espressione risultò quasi troppo comica per Megan che si trattenne a stento dallo scoppiare a ridere e le fece venire voglia di prendersi una rivincita su quella piccola e irritante impicciona.

«Non avere tanta fretta, Lord», lo fermò, voltandosi verso Jane con un sorriso tagliente. «Mia cugina si dimostra fin troppo apprensiva nei miei riguardi: ho semplicemente affermato di aver dormito male, non di sentirmi male. Sarò pronta per uscire entro pochi minuti, se vuoi accomodarti mentre mi aspetti...»

«Con piacere, Milady» acconsentì Julian con entusiasmo prima di porgere il braccio alla madre di Megan che gli stava facendo cenno di dirigersi in sala da pranzo.

Megan lo ignorò completamente: il suo solo obiettivo, in quel momento, era indispettire la cugina e ri-tenne di aver perfettamente raggiunto l’obiettivo. Salì composta le scale, diretta in camera sua. Alle sue spalle Jane non si curava di nascondere il malcontento e pestava i piedi sui gradini in segno di protesta, facendo gemere  la scala di legno, sotto l’impeto dei suoi passi infuriati. 

«Mi sembrava di aver capito che oggi volessi studiare» ringhiò la ragazzina infilandosi nella stanza della cugina e chiudendo la porta senza nemmeno chiederle il permesso.

«Jane, questa è la mia camera, e non devo certo rendere conto a te delle decisioni che prendo» replicò, gelida, l’altra togliendo da un cassetto sciarpa e guanti.

«Lui è troppo giovane per te!» Protestò Jane paonazza, la voce strozzata. Stava evidentemente cercando di farsi venire una crisi di nervi.

La dottoressa continuò a prepararsi, reagendo all’isteria dell’altra con una risposta annoiata.

«Mia cara cugina, se pensi che mi importi qualcosa di Lord, ti sbagli di grosso: il mio solo interesse, al momento, è prepararmi bene alla professione che voglio intraprendere.»

La giovane cugina si era seduta sul bracciolo di una poltrona e la guardava con aria scettica. Megan la squadrò con un sogghigno.

«Fossi in te, comunque, non mi farei illusioni», soggiunse. «Sei troppo giovane per lui.»
Per poco Jane non cadde dalla poltrona per la sorpresa e Megan, passandole accanto, le diede un buffetto sulla guancia.

«Non credo te ne abbiano parlato, ma la condizione delle matricole è davvero miserevole: gli studenti anziani, di solito, non perdono tempo con loro.»

Jane tremava per la rabbia: non poteva sopportare di non vedere esaudita una sua richiesta, né tantomeno di essere sbeffeggiata in quel modo. Aprì e richiuse la bocca in cerca delle parole adatte per replicare, mentre chiazze scarlatte le fiorivano sulla pelle delicata emergendo dalla scollatura dell’abito elegante.

«Quando sarò al secondo anno…»

Megan alzò gli occhi al cielo, stanca e irritata.

«Non cambierà niente! Sarai ugualmente troppo giovane per i suoi gusti: a Jules sono sempre piaciute le donne più grandi di lui», la rimbeccò senza pensare a quello che stava dicendo.

Jane sobbalzò.

«Jules? » ripeté con enfasi mentre un sorriso insinuante si allargava sul suo viso. « Non credo siano in molti a chiamarlo così. Quindi è per questo che non mi vuoi tra i piedi: lui ti piace.»

L’altra scrollò le spalle infastidita.

«Come ho già detto poco fa, i miei soli interessi al momento sono lo studio e il lavoro», puntualizzò astiosa. «Non ti azzardare a dire in giro il contrario.»

Il tono freddo e minaccioso di Megan riuscì finalmente a zittire la sua giovane interlocutrice che la seguì fuori dalla stanza con un broncio cupo che le deformava i graziosi lineamenti.
Le due cugine trovarono Julian in sala da pranzo, intento a rendere onore all’abilità della cuoca nel preparare i dolci, mentre si intratteneva con i suoi ospiti. Megan non riusciva a credere ai suoi occhi: sua madre rideva divertita, suo padre guardava il giovane Cavaliere con aria soddisfatta, mentre la signora Potter aveva un’espressione intenerita che avrebbe potuto riservare ad un nipote che non vedeva da tempo. Non potè fare a meno di domandarsi quale potesse essere l’argomento della conversazione, poi decise che, in fondo, non le importava affatto: Julian era un abile affabulatore, ma con lei non aveva speranze.

«Lord, quando hai finito con la colazione, io sono pronta», avvertì in tono secco, al limite della maledu-cazione, guadagnandosi più di un’occhiata di disapprovazione dagli astanti insieme al solito sorriso radioso da parte dell’interpellato.

«Non è giusto», mugugnò Jane alle sue spalle, senza nemmeno preoccuparsi di tenere la voce bassa. «Zio, dovrei accompagnare mia cugina: non è… opportuno che lei se ne vada in giro chissà dove, da sola, con un ragazzo. Fiorirebbero pettegolezzi di ogni genere.»

Se avesse potuto, Megan l’avrebbe incenerita. Julian si bloccò, riuscendo a mascherare con successo la tensione che si stava impadronendo di lui: tutti i suoi programmi rischiavano di andare a rotoli a causa del capriccio di una ragazzina. Lord Linnett inspirò a fondo, considerando la reazione della nipote.

«Jane, mia cara, avvicinati», la invitò l’uomo. La giovane obbedì, avvicinandosi allo zio con il passo lieve e il sorriso sicuro di chi si sente già la vittoria in pugno. L’uomo scostò la sedia accanto alla propria e battè la mano sul sedile.

«Accomodati qui e dimmi: da quanto mi ha riferito la signora Potter, stamattina hai manifestato l’intenzione di… occuparti della tua crescita spirituale, giusto?» Domandò affabile. La confusione sul volto di Jane lo indusse a precisare, «Volevi assistere ad una funzione, io e tua zia saremmo davvero felici di accompagnarti. A meno che non abbiamo tutti frainteso le tue parole.»

«No, zio. Nessun fraintendimento», ammise Jane a denti stretti, serrando i pugni. Era impallidita e tene-va lo sguardo basso, così non vide il bonario gesto di saluto con cui lord Linnett congedò Julian e Megan. Lady Linnett accompagnò i giovani alla porta.

«Julian Lord»

A quel richiamo il Cavaliere si fermò accanto alla donna, in attesa delle sue parole.

«Spero ti renda conto che vi stiamo dimostrando una grande fiducia», il ragazzo fece un solenne cenno di assenso . «Mi auguro che questa fiducia, alla fine della giornata, non risulti malriposta.»

«Milady, farò del mio meglio per non deludervi», replicò Julian con un profondo inchino, prendendo congedo dalla donna.
Megan seguì lo scambio di battute con sguardo torvo, sbuffò e incrociò le braccia sul petto, poi si infilò velocemente in carrozza, per evitare che sua madre decidesse di fare qualche discorsetto anche a lei. Mentre saliva le sembrò di sentire Lord promettere a sua madre che si sarebbe preso cura di lei… come se ne avesse bisogno! Quel ragazzo aveva davvero esagerato e Megan era decisa a fargli capire, una volta per tutte, che doveva imparare a stare al suo posto.
Dopo aver dato istruzioni al cocchiere, Julian salì in carrozza, dove Megan stava ancora meditando su come fargli rimpiangere quello che gli aveva appena sentito dire. Il giovane si accomodò il più possibile lontano dalla dottoressa, rivolgendole uno di quei sorrisi con cui riusciva sempre a far sospirare la sprovveduta di turno ma che su di lei non sortirono altro effetto se non quello di irritarla ancora di più.
La giovane rivolse la sua attenzione al panorama cittadino che scorreva fuori dal finestrino ma non appena si rese conto che qualcuno avrebbe potuto vederla, decise di socchiudere la tendina, lasciando solo uno spiraglio da cui entrava un poco di luce.
 
« Avete un’espressione sofferente, Milady », constatò comprensivo Julian. « Siete proprio sicura di voler partecipare a questa piccola gita? Se preferite posso sempre farvi portare al vostro Collegio.»
 
Una vampata di rabbia accese di un improvviso rossore il volto della ragazza. Quell’impiccione non poteva proprio badare agli affari suoi, una volta tanto?
 
« Ho preso un impegno e lo manterrò » gli rispose in tono neutro, senza staccare gli occhi dal finestrino.

« Ne siete proprio sicura?»
 
La voce di Julian, vicina e sommessa, la colse di sorpresa. Si voltò di scatto e, trovandoselo di fronte, non poté fare a meno di maledirlo per essere stato tanto silenzioso nello spostarsi.
 
«Lord», lo avvertì a denti stretti. «Stai al tuo posto».
 
Il Cavaliere si raddrizzò, appoggiandosi allo schienale. Continuò ad osservarla con un’espressione che Megan non riusciva a decifrare e che, per questo motivo, la irritava particolarmente.
 
«Non amo ripetermi, Lord. Se speri di sentirmi dire che sono entusiasta di questa tua assurda idea, sei proprio un illuso», sbottò la dottoressa incrociando le braccia.
Julian inspirò a fondo, mostrando tranquillità.
 
«Onorabile Megan, non sentitevi vincolata dall’ impegno che abbiamo preso. Vorrei solo che passaste una giornata piacevole, quindi, se preferite, vi faccio lasciare in un luogo dove possiate stare sola e tranquilla».
 
Megan riuscì a stento a dissimulare la sua sorpresa: come mai Julian si comportava in quel modo accondiscendente? Doveva esserci sotto sicuramente qualcosa. Era da un po’ di tempo che non lo vedeva bazzicare alla Misericordia, o nascondersi in fondo all’aula quando lei faceva da assistente alle lezioni di Dominus Fenaretes. Ogni tanto si sorprendeva a scandagliare l’aula, in cerca del suo sguardo impertinente e, non trovandolo, si sentiva quasi disorientata. 
 
«Lascia perdere», sospirò rassegnata. «Se lo facessi davvero e poi la mia famiglia lo venisse a sapere… non ho né l’età né l’indole per accettare una ramanzina per simili sciocchezze»
 
Julian ridacchiò.
 
«Non ridere!» Il severo ammonimento fu immediato.
 
«Vi chiedo scusa», rispose il giovane tentando di contenere la propria ilarità. «Il vostro commento mi ha fatto pensare a vostra cugina»
 
Megan si fece improvvisamente seria: era sicura che, presto o tardi, l’argomento sarebbe saltato fuori. Il fatto che questo la infastidisse così tanto non faceva che aumentare il suo disappunto. Cercò di mostrare un distacco e un disinteresse che in realtà non provava.
 
« Davvero? E cosa ne pensi di lei?»
 
Non era certa di essere pronta ad ascoltare la litania di complimenti che venivano generalmente riservati alla ragazza. Julian, però, sembrava esitare.
 
«Mi concedete di parlare liberamente?» Domandò circospetto.
 
«Immagino che lo faresti comunque», osservò Megan in tono ironico, accompagnando le parole con un gesto spazientito. L’altro fece un respiro profondo e proseguì.
 
«Trovo che siate tanto simili nell’aspetto quanto diverse nel carattere e nel comportamento»
La giovane sbuffò e guardò fuori dal finestrino. Stava andando tutto come aveva previsto. Non avrebbe dovuto dare corda a Lord, ma l’aveva fatto e ora le sarebbe toccato passare chissà quanto tempo a sentirgli elencare i presunti pregi della cugina.
 
«Jane è così… esuberante», cominciò Julian con prudenza. «Forse fin troppo esuberante. A tratti l’avrei definita perfino invadente. E, forse sbaglierò, ma mi sembra anche piuttosto viziata.»
 
Megan si voltò a guardarlo a bocca aperta: forse il giovane Lord si stava solo prendendo gioco di lei.
 
«Perdonatemi se vi ho offesa, ma vi ricordo che siete stata voi a darmi il permesso di essere sincero. Purtroppo non posso dire che vostra cugina mi abbia fatto una buona impressione, tutt’altro.»
 
Julian sembrava pronto a rincarare la dose e Megan si rese conto che doveva essere proprio convinto della propria opinione. Senza volerlo, la dottoressa scoppiò a ridere.
 
«Ma come, Lord, non sei rimasto affascinato dalla sua parlantina sciolta? Non ti ha fatto desiderare di inginocchiarti ai suoi piedi, quando ti guardava facendoti gli occhi dolci?», lo provocò.
 
Il giovane stirò pigramente le labbra in un sorriso ironico.
 
«Vi prendete gioco di me, lady Linnett? C’è stato perfino un momento, mentre mi si aggrappava addosso quasi che volesse staccarmi un braccio, in cui mi è balenato in mente il sospetto che me l’aveste messa di proposito alle calcagna.»
 
Megan sghignazzò, riuscendo però a ricomporsi subito dopo: evidentemente Julian si riferiva alla lezione che gli aveva impartito l’anno precedente.
 
«Se stai di nuovo pensando a quell’infermiera, sappi che sei fuori strada. Mia cugina ha fatto tutto da sola.»
 
«Devo riconoscere, allora, che è anche una ragazza intraprendente. Una dote che potrebbe tornarle molto utile in futuro», sogghignò il giovane con un cenno di assenso. «Forse il suo anno da matricola potrebbe essere meno difficile del previsto»
 
«State insinuando che mia cugina potrebbe…»
 
Il passaggio al tono freddo e formale con cui si era espressa Megan sarebbe stato un chiaro segnale di allarme per chiunque, ma Julian si limitò ad alzare le mani per arginare quella reazione irritata: si era reso conto di come avrebbero potuto essere interpretate le sue parole e voleva rimediare all’equivoco.
 
«… tenere una condotta disonorevole per sé e per la propria famiglia? No, Milady, non avevo intenzione di insinuare niente del genere. Dovete ammettere, però, che vostra cugina sembra avere un talento naturale per manipolare le persone. Sono sempre tutti attenti a concederle quello che desidera prima ancora che lei chieda qualcosa. A parte i vostri genitori, che sembrano del tutto immuni al suo fascino»
 
«Come avete rilevato poco fa, Onorabile Julian, io e mia cugina siamo profondamente diverse, soprattutto grazie all’educazione che abbiamo ricevuto. Io non ho tempo da perdere con le sciocchezze a cui Jane sembra tanto interessata. E vi prego di non sollevare più la questione». L’attenzione di Julian sembrava essersi focalizzata su quel confronto e, nonostante lei ne stesse uscendo vincitrice, la indispettiva rendersi conto del fastidio che provava ogni volta che il suo accompagnatore pronunciava il nome di Jane.    
   
 
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