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Autore: TheMadnessInMe    16/05/2017    0 recensioni
In tutto questo non c’è nulla di strano, nulla di sconvolgente, lo so. Quello che ha lasciato senza fiato chiunque, ciò che mi ha distrutto, è accaduto dopo quel che vi ho riferito fino a questo momento.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dante POV

Salve popolo di Internet.
Se vivete in Italia, probabilmente in questi giorni avrete sentito la triste vicenda che si è consumata al DAMS di Roma.
Oggi sarò io a raccontare la mia versione della storia, quindi – se ne avete la possibilità–  interrompete le vostre attività e dedicate un po’ del vostro prezioso tempo all’ascolto del mio racconto.

Con l’arrivo di settembre era arrivato anche l’inizio mio terzo anno scolastico e mi stavo procurando gli ultimi libri di testo che mi sarebbero serviti per studiare la teoria.
Ricordo il pomeriggio in cui, mentre tornavo in sede, mi sono imbattuto in una ragazza alta, dai lunghi capelli biondi e ossigenati e dagli occhi color ghiaccio che veniva nella mia direzione. Mi sembrava leggermente spaesata, così mi sono avvicinato e le ho chiesto se avesse bisogno di aiuto, al che lei, rivolgendomi un sorriso imbarazzato mormorò un «sì» nella sua lingua madre, l’inglese.
Venni così a sapere che il suo nome era Chanel, aveva vent’anni ed era originaria di Boston, nello stato del Massachusetts e che si era trasferita qui per terminare i suoi studi.

Dopo questo piacevole incontro ricordo di averla invitata al Bar Night and Day in via Ventuno Aprile, bar in cui avrei dovuto incontrare una mia amica, Florence. Ne approfittai, convincendomi del fatto che Chanel avesse bisogno di un punto di riferimento, di qualcosa da cui partite.
Ecco dunque, che alle tre e un quarto del pomeriggio io e Chanel varchiamo la soglia dell’ingresso del bar e raggiungiamo il tavolino dove Florence si sta già spazientendo.

«Sei in ritardo, scemo.» dice Florence senza degnarmi di uno sguardo mentre scosta un ciuffo rosso dagli occhi color ambra.
«Lo so ma ho incrociato questa ragazza e dal momento che viene da Boston ho pensato che potremmo darle una mano.» le dico con tono pacato indicandole Chanel. Soltanto adesso Florence si volta, dirigendo tutte le sue attenzioni alla ragazza al mio fianco.
«A che corso ti sei iscritta?» - le chiede Florence.
«Al corso di teatro.» - risponde la bionda.
«Ah, il mio stesso corso allora!» - dico entusiasta.
Di tutta risposta Chanel mi rivolge un sorriso gentile e passiamo il resto del pomeriggio in gruppo.
A dir la verità abbiamo passato tutto l’anno insieme, noi tre: abbiamo girato per la città, abbiamo frequentato il nostro bar abituale e abbiamo organizzato serate fuori; insomma ci siamo divertiti finché ne abbiamo avuto la possibilità.
Ma come ben saprete ogni anno si chiude con un esame e ben presto quel momento arrivò.
Eravamo a dir poco nei guai fino al collo, in quanto nessuno di noi tre sapeva che cosa portare agli esami fino a quando, un pomeriggio, ci incontrammo– come nostro solito– al bar.

«Sono arrivata, scusate il ritardo.» - dice Chanel, prima di posare la tracolla ai piedi della sedia e prendere posto accanto a Florence. «Qualche idea?» - domanda con un certo fare speranzoso.
«Macché.» - sentenzia Florence mentre sbuffa dal naso e batte ripetutamente un piede a terra con fare nervoso.
«E come se non bastasse il tempo stringe.» - aggiungo.
«Okay, innanzitutto vediamo che tipo di esame dobbiamo dare singolarmente.»
«Perché, tu hai un’idea?» - chiedo assieme a Florence, con gli occhi che brillano di speranza.
«Sì, ma… Non so se potrebbe andare.» - risponde la biondina.
«Io dovrei scrivere un testo teatrale.» - affermo mentre addento un cornetto.
«Io dovrei dare l’esame di pittura ma mi manca il soggetto.» - dice Florence, nascondendo il viso dietro una tazza di tè fumante.
«Allora…» - mormora Chanel, più a sé stessa che a noi due, come se stesse cercando di concentrarsi. «Dal momento che io dovrei mettere in scena qualcosa, stavo pensando che forse…»
«Che forse…?» - dico interrompendola e facendole eco.
«E dai, Chanel, il tempo stringe!» - sbotta Florence, ormai visibilmente sull’orlo di una crisi di nervi.
«Florence vedi che se ti arrabbi poi non so più distinguere il tuo viso dai tuoi capelli!» dice Chanel stuzzicando l’altra ragazza mentre trattiene una risatina.
A quanto pare ha già memorizzato come reagisce Florence quando si innervosisce.
«Quando saremo fuori dal bar verrai schiacciata.» - sibila Florence.
«Ma se sei alta solo dodici centimetri più di me!» -ribatte l’altra, putandole un indice contro con fare inquisitore.
«In ogni caso…» - dice, l’americana alzando di poco la voce per attirare l’attenzione. «Dante potrebbe riscrivere un testo per Giuditta e Oloferne, io potrei interpretare Giuditta e Florence potrebbe fare delle tele per delineare meglio gli ambienti in cui si svolge la vicenda. Ah, e dovresti anche interpretare il ruolo di Oloferne.» - aggiunge in seguito, rivolgendosi alla rossa.
«Aspetta… Io dovrei fare Oloferne?» - balbetta lei, incredula.
«Sì. Insomma, è l’unica buona idea che mi è venuta in mente. Ti prego accetta… Ti prego, ti prego, ti prego…» - le fa, alterando il suono della voce e giungendo le mani in segno di preghiera.
Di tutta risposta Florence sbuffa e alza gli occhi al cielo, rassegnata. «E va bene.» , dice. «Ma solo perché siete voi.»

È inutile che vi dica che le settimane a seguire furono costituite solo e soltanto da duro lavoro. Ci siamo spaccati la schiena e abbiamo perso ore di sonno per cercare di rendere tutto perfetto, per far sì che le cose andassero come volevamo. Ognuno aveva dato il meglio di sé nella realizzazione del proprio lavoro e finalmente il giorno dell’esame finale era arrivato.

Dal momento che l’incarico della sceneggiatura è stato affidato a me, decido che è meglio andare sul set prima delle ragazze, in modo da avere più tempo per controllare che tutto sia pronto per la messa in scena della mia opera. Con l’aiuto dei tecnici controllo che le luci funzionino, che gli abiti di scena siano pronti e, cosa più importante, che le spade di scena siano sicure.
In questo momento sento dei passi e ripongo le spade al loro posto, essendo sicuro che si tratti di spade innocue.

«Diamine ma perché devono esserci tutti i docenti?» - chiede retoricamente Florence, sbirciando da dietro una spessa tenda di colore rosso posta su una delle metà del sipario.
«Perché devono esaminarci, genia.» - sentenzio mentre inizio a camminare ripetutamente avanti e indietro.
«Dante, la sceneggiatura è molto curata e lo sono anche i dialoghi. Non hai nulla di cui preoccuparti.» - mi dice Chanel dandomi qualche pacca su una spalla per confortarmi.
Questa ragazza è incredibile: con due semplici pacche su una spalla mi ha fatto tornare la fiducia in me stesso.
 «E tu, Florence...» - aggiunge, posandole entrambe le mani sue spalle «… tu hai fatto davvero un ottimo lavoro. Non solo hai realizzato le tele per la scenografia, ti sei anche messa in gioco. Mi hai aiutato nei dialoghi.»
Ritira le mani dalle spalle della ragazza e, scostando un ciuffo biondo ossigenato dal viso, sbircia al di là del sipario. Poi tira un profondo sospiro, sparendo nuovamente dietro alla stoffa rossa.
«O la va o la spacca.» - dice allungando una mano verso il centro, invitandoci in modo indiretto a seguire il suo esempio, come forma di incoraggiamento reciproca prima di entrare in scena con Florence.
A questo punto esco di scena, nascondendo la mia presenza in un angolo in penombra della sala per far sì che l’attenzione dei docenti sia interamente rivolta verso le due ragazze.

La messa in scena ha inizio e prosegue secondo i piani ma più si avvicina la fine e più un senso di ansia, anzi, di angoscia, mi pervade. Per cercare di calmarmi vado dietro le quinte, intenzionato a controllare nuovamente lo stato delle spade poco prima della scena finale, quella che prevede l’omicidio di Oloferne per mano di Giuditta.
Sto giusto dando un’attenta occhiata a una delle spade di scena, quando Chanel fa la sua comparsa e mi dice di passargliene una. Senza esitazioni le allungo quella che ho in mano e, dopo averla vista sparire mentre torna sulla scena, ritorno a guardare il mio sceneggiato dal mio angolo in penombra.

Ecco dunque che Chanel entra in scena pronta a sfoderare la spada con la quale ucciderà la ragazza che interpreta il ruolo di Oloferne.
Ella inspira profondamente e mette fine alla mia tragedia: con una mano le tira i capelli e con l’altra le taglia la gola con una violenza che non avrei mai immaginato potesse possedere.
Ben presto realizza di averla uccisa e la spada di scena, quella che credeva essere sicura, le cade di mano, macchiata dal sangue di Florence che sgorga anche dallo squarcio sul suo collo.
Ecco allora che altri scenografi puntano le luci su Florence per far aumentare negli spettatori il senso di angoscia e di terrore, sensazioni che molto probabilmente sta provando anche Chanel.
Sul mio viso si forma un sorriso, un ghigno, che viene subito mascherato da un’espressione di terrore mentre mi preparo psicologicamente ad accogliere Chanel tra le mie braccia per confortarla.
Quel che accade una frazione di secondo dopo però mi lascia secco, anzi, mi fa inferocire: Chanel si accascia sul corpo di Florence– come rassegnata, come se in qualche modo stia accettando il fatto che la ragazza stia morendo e che lei sia l’unica responsabile della sua morte–, avvicina l’orecchio al suo petto– solo per scoprire, suo malgrado, che la ragazza sta morendo– e come se non bastasse la bacia.
La prende tra le proprie braccia e la bacia! Dovrei essere io a ricevere quel bacio, non quella! Che cos’ha lei che io non ho? Non sono stato io a condurla al bar, quel pomeriggio? Non sono forse stato io a farle conoscere Florence? Ho fatto di tutto per lei e lei che fa? Si innamora di Florence!
Forse è inutile arrabbiarsi tanto, ora come ora: Florence è morta, Chanel dovrà per forza venire da me.


I docenti si alzano e battono le mani soddisfatti del lavoro svolto, venendo verso di me per complimentarsi.
Con la coda dell’occhio noto Chanel alzarsi e sparire dietro il sipario per riapparire poco dopo con la tracolla su una spalla. Contrariamente a quel che avevo calcolato, Chanel non mi approccia nemmeno adesso; al contrario, esce dalla sala. L’ultima cosa che vedo sono i suoi occhi chiari arrossati dal pianto e il trucco sbavato sulle sue guance.
Dove era diretta e che cosa è successo in seguito, lo sapete anche senza che ve lo dica io.

 
  
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