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Autore: marig28_libra    16/05/2017    3 recensioni
Le ombre del vespro si abbattono minacciose sul leone dei de Jarjayes, protettore araldico di una stirpe da secoli servitrice della corona francese.
Colpiti dal lutto delle loro bambine , François e Judith non riescono più a generare un erede sano e a vedere la serenità degli animi…
Oltre i campi di battaglia e le oscure incomprensioni, i due dovranno trovare il coraggio di prendersi ancora una volta per mano e riscoprire se stessi…Tra passato e presente , la ricerca dell’origine : la maturazione dell'amore assoluto e contorto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Generale Jarjayes, Madame Jarjayes, Marron Glacé
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAP 4 - patriarchi e focolari: il figlio dell'estate

4

patriarchi e focolari :

il figlio dell’estate

 

 

 

 

  Ce la caveremo, vero, papà?

 Sì. Ce la caveremo.

E non succederà niente di male.

Esatto.

Perché noi portiamo il fuoco.

Sì. Perché noi portiamo il fuoco.

 ( C. McCarthy )

 

 

 

 

 

 

 

Luglio

                                                                                                                                                        Jossigny,Parigi 1755

 

 

 

 

 

Toccava le nuvole e atterrava tra le sue forti mani.
Spiccava di nuovo il volo e l’erba e i sassolini  lo salutavano  divenendo macchioline di pittura. Tornava vicino al sorriso adamantino di lui e ai suoi occhi castani che si scioglievano in olio dorato alla luce di ponente. Tendeva le manine per impadronirsi dei suoi attorcigliati capelli scuri ma ecco che veniva sollevato ancora una volta…

E rideva a quello sballottamento che deformava il mondo al suono di un’immaginaria e allegra fisarmonica: le dimore del villaggio, dai cappelli etruschi di legno e paglia , parevano flettere le facce agresti.

-         André! – esclamava giocoso il padre- sei proprio un bell’aquilotto!

Afferrò il figlio con le braccia snelle e vigorose e gli stampò un bacio sulla guancia.

-         Marcel! – rimproverò scherzosa Marie - la sottoscritta vuole vedere com’è diventato bravo il piccino!

-         Eh no, mamma! Lo hai già consumato troppo!

-         Niente è mai troppo per quel tesoro!

Marcel s’inginocchiò riponendo delicatamente il bimbo per terra.

-         Su – lo incoraggiò dandogli un’affettuosa pacca sul didietro – vai dalla nonna se no si mette a piangere!

Il piccolo cominciò a muovere un passettino per volta fino a che non s’impettì sicuro velocizzando l’andatura e dirigendosi dalla donna che lo aspettava a braccia aperte. Non appena la raggiunse, aggrappandosi buffamente alla veste, venne sollevato e coperto di baci e carezze.
Dalla soglia di una casetta quadrata , forata da finestre argillose, una donna assisteva alla scena.
La mamma Pauline sorrideva tale e quale a un folgorante geranio, con una corolla folta di capelli ramati che non osava piegare un gambo minuto ed esile.
Erano trascorsi undici mesi dalla nascita del piccolino e lei e il marito avevano assistito ai suoi progressi assieme a Marie che forniva sempre aiuto. Durante la gravidanza , la suocera aveva chiesto dei permessi a Madame Judith che si era mostrata comprensiva e generosa.
Pauline, nonostante il trascorso passato, mai avrebbe sperato in quella fortuna e ringraziava ogni notte la Madonna e Sant’Anna.

-         Gli occhi di André hanno strani colori – disse Marcel avvicinandosi a lei –il verde delle  foglioline fresche ,  quello scuro dei boschi o quello più leggero dei laghi...

-         E’ vero…non restano gli stessi. Seguono i movimenti della luce che c’è in cielo. Le cose meravigliose  fanno vedere sempre sfumature diverse.

-         Lo penso  ogni volta che ti guardo.

Il marito cinse le piccole spalle della moglie.

-         Il nostro bimbo è fortunato – soggiunse – ha il tuo bellissimo viso.

Pauline gli circondò la vita col braccio posando le testa sul suo petto.

-         La chioma selvatica è tua…pure la  forza…Diventerà un uomo splendido!

Marcel si mise a ridere:

-         Davvero mi consideri bellissimo? Con queste occhiaie che pare mi abbiano preso a pugni e le gambe che sono pertiche?

-         Per favore! Dovevo stare attenta alle altre ragazze che ti sorvegliavano di continuo...

-         Ma se mi chiamavano il “  nazareno” ?

-         Beh…quando trasportavi le travi di legno da un villaggio all’altro e portavi quella barbona sembravi davvero Gesù sulla via Crucis!

-         I peli sul viso non mi donano tanto…

-         Quando venisti a fare i lavori a casa dei miei genitori , la prima volta,  il tuo viso era liscio, liscio…

-         Ovvio. Non potevo cogliere un bocciolo porgendo un muso da capra!

Pauline gioì e guardò il loro omarino che si lasciava travolgere dalle coccole della nonna.

-         Non ci posso credere ancora che abbiamo avuto André…da ragazzina  pensavo che nessuno mi avrebbe  sposata…

-         Basta pensare al passato! Quanta gente soffoca con stupide ansie?

La baciò allegramente sulle labbra.
La donna sapeva bene che il miracolo era avvenuto dopo tentativi falliti, angoscianti sospetti di sterilità e due aborti spontanei. La rassegnazione stava salivando ragnatele quando nell’aprile dell’anno precedente aveva scoperto di essere incinta di quasi quattro mesi. Era molto magra e non poteva affidarsi al menarca irregolare e debole ma quella volta sentiva un seme che sarebbe germogliato. Da adolescente le parenti donne la spaventavano sul fatto che fosse finissima e che a quindici anni non avesse emesso alcuna emorragia. Pareva un avvenire rachitico e bollato da recinti ma un falegname ventenne l’aveva osservata senza farsi scoprire.
Venne chiamato dalla sua famiglia per realizzare lavori di riparazione alla stalla e ai carretti di trasporto. Si stava pensando da giorni di chiamare il figlio del rinomato e defunto artigiano Lucien Grandiér: Marcel, sebbene rimasto orfano quattordicenne, già all’età di  sette anni era stato introdotto al mestiere esibendo abilità ed efficienza. In seguito aveva completato la formazione praticando nella bottega di un capomastro così che a diciannove anni svolgeva qualunque tipo di manutenzione.

-         Chi l’avrebbe detto?  - rifletté Pauline – mica mi aspettavo che quel carpentiere sarebbe diventato mio marito…In fin dei conti ero convinta fossi un semplice lavoratore che, una volta finite le mansioni, ci avresti detto “arrivederci” e fine!

Marcel le strizzò un occhio candidamente complice:

-         Modestamente sono stato silenzioso e non hai notato che ti studiavo da tempo…

-         Detta così è da bandito poco raccomandabile!

-         Come fa un “ nazareno” a essere bandito? Che colpa ho se in quelle cerimonie di Pasqua la tua voce si ficcava nelle orecchie per non uscire più dalla zucca?  In mezzo a quelle oche che starnazzavano  c’era un bel cardellino dalla testina rossa…Quando riuscii a farmi avanti tra la folla ti vidi la prima volta…Da allora , durante i momenti in cui  abbandonavo la bottega, speravo di rivederti soltanto per qualche minuto…poi, il Cielo ha voluto che tuo padre mi chiamasse alla tua fattoria.

Lei scompigliò il bulbo riccioluto dello sposo.

-         Sei stato la mia salvezza!  E lo trovo divertente e  assurdo…

-         Devi ammettere che la tempestività è una delle mie virtù!

Pauline lasciò che le fronde smeraldine delle sue iridi accarezzassero quelle  miele di Marcel.
La memoria si allontanò simile alle ultime nubi del giorno che rincorrevano puerilmente la luce declinante…

 

 

Il sole estivo lasciava schiantare le ombre degli alberi e dei casolari su erbe annaspanti e sassi aguzzi.
L’azzurro pareva dovesse grondare gocce roventi sulla terra ma restava stuccato in alto tremolando fumoso.
Pauline tornava dal torrente con una pesante cesta di vimini colma di panni lavati.
La stradina che portava al villaggio non era particolarmente ripida ma col calore s’ingigantiva tale e quale al dorso scarnificato di un sauro mitologico.
La fatica era immensa e i muscoli magri degli arti s’indolenzivano di sudore e crampi preminenti. Le ossa degli omeri crocchiavano quasi fossero  steli di grano che dovessero staccarsi dalle clavicole e dalle scapole.
Il corpetto di cuoio pesava quanto un giogo di legno e la veste verdognola si attaccava alla pelle umettata allo stesso modo di un tessuto fangoso di foglie.

La ragazza aveva le tempie che si strizzavano e si ammollavano, spugne tormentate da una mano feroce…Alcune ciocche di capelli ramati le si appiccicavano alle guance e alla fronte sciogliendosi da una crocchia pericolante.
Il casolare di legno si avvicinava lento e indifferente e le sue scarpe di pelle segavano i tendini  stigmatizzandoli di striature rosse.

Appoggiò sfiancata la cesta e osservò la cima del colle schermandosi gli occhi verdi con i palmi delle mani…
Scorse una piccola sagoma china che la stava guardando dalla sommità…
Per alcuni minuti non capii cosa fosse ma era certa che non si trattasse di un uomo.

Si mosse.
Camminava a quattro zampe.

Ella mise a fuoco più attentamente.
Il sudore che le inzuppava le membra si ghiacciò in tanti rigagnoli pietrosi.
Il sangue nel cuore diventò dolorante quasi avesse aperto una finestra che lasciava entrare una raffica invernale .

Un cane randagio grigio e nero si stava approssimando verso di lei…
Al villaggio si diceva che già avesse aggredito delle persone rischiando di dilaniarle.
La fanciulla indietreggiò barcollando vedendo che la bestia sveltiva i passi restando in un silenzio violento.
Cominciò a correre spaventata seguita da affanni sbavanti che sembrava la dovessero stracciare…

Dalla saliva inaridita emerse qualche grido strozzato.

Mise un piede in fallo e capitombolò rovinosamente con la capigliatura che le cascò sulle spalle e davanti agli occhi in tanti torrenti sudati.
Attutì il colpo escoriandosi i palmi delle mani che si granellarono di terriccio ed erba marcia.

Il cane le stava per balzare addosso ma venne colpito fulmineamente da un sasso che lo centrò sul muso.
Era stato lanciato talmente forte che gli aveva spaccato alcuni denti e dissestato l’osso della mascella.
I mugolati di dolore rabbioso zampillavano schiumosi assieme al sangue denso…

-         Vattene via!

L’uomo che aveva scagliato tempestivamente il ciottolo, scese veloce dal pendio con il rischio di spezzarsi il collo.
Era armato di una mazza di legno e i suoi capelli ricci e lunghi splendevano di carbone cocente.

-         Sparisci! Via!

Il cane ebbe ancora il coraggio di abbaiare scalcagnato sotto le ventate del bastone del giovane ma alla fine dovette battere in ritirata con la coda tra le gambe.

-         Per la miseria! – esclamò il soccorritore ansimando – qualcuno dovrebbe prenderlo a schioppettate nel sedere pulcioso!

Pauline era ancora tremante per terra. Aveva soltanto fatto il tempo ad appiattarsi sul fianco destro.

-         Pauline! Pauline! Come stai?

L’uomo si chinò premurosamente sulla ragazza afferrandola  per il braccio e aiutandola a rialzarsi.
Aveva il vestito sporco di polvere, le membra livide e il viso solcato da pallide lacrime.

-         Su…su…- mormorò lui scostandole dolcemente i capelli dalle guance – è tutto finito…

L’adolescente guardò  bene il  salvatore in volto.
Possedeva due insolite occhiaie che parevano ditate di fuliggine sulla corteccia imbrunita.
Gli occhi castani , alla luce del sole,  divenivano fragranti analoghi alla corteccia del pane sfornato.
Il sorriso si allargava uguale ad una rustica collana d’avorio.

-         M-Marcel! – balbettò lei – grazie…

Si allontanò costernata da lui asciugandosi le lacrime imbarazzata.
Desiderò andare a recuperare il canestro degli indumenti per mostrare di essersi già ripresa ma vacillò  a causa  delle nervature stordite.

-         Dove vuoi andare, conciata in questo modo?

Marcel la sorresse arrestandole l’andatura incerta.

-         Devo…tornare a casa…- ribatté debolmente lei.

Il ragazzo si incurvò e la sollevò:

-         Prima bisogna risistemarti…guarda i gomiti e le mani! E  hai pure le scarpe rotte! Andiamo al ruscello va’.

Pauline si strinse a Marcel che discendeva il declivio a falcate intrepide, facendo stridere e rotolare i massi.
Nonostante le braghe marroni arrivassero fino alle ginocchia, gli stinchi esponevano la loro saldezza impolverata e i piedi, corazzati da pesanti calzature di pelle, piegavano qualunque erbaccia e spezzavano ogni ramoscello secco.

Quando giunsero al torrente, lui la posò su un tronco d’albero mozzo e s’immerse nelle acque argentate strappandosi due lunghi lembi della camicia e bagnandoli.
Tornò da Pauline , inginocchiandosi davanti e mettendole  i piedi sbiancati e feriti sulle gambe.
Le prese le caviglie smunte con una soavità refrigerante inverosimile per mani di sughero da falegname.Ripulì i graffi dei tendini fasciando le striature rossastre accuratamente…

-         Per fortuna ti stavo cercando…avevo chiesto di te alle tue sorelle e  sono arrivato…appena in tempo per cacciare quel cane bastardo...

-         Emh…sì….ero venuta qui per lavare i panni e sulla strada del ritorno avevo visto da lontano la bestiaccia! Ho una paura tremenda dei cani! Una volta da bambina uno mi aveva rincorso per mozzicarmi!

Il giovane agitò una mano, piena di sincero e brioso rimprovero,  indicandole le membra mingherline:

-         Sembri ancora una bambina!E porti  tre chili di biancheria!  Potevi cascare in modo brutto!

La ragazza tormentò una ciocca dei capelli sforzandosi invano di apparire  disinvolta:

-         La mamma non sta tanto bene e allora le do una mano…

-         Se ti ritrovi a svolgere compiti pesanti, devi  chiamarmi!

Lei scosse la testa  celando il volto disperso attraverso i crini ramati:

-         No, Marcel…non posso disturbarti!

Lui le scoprì di nuovo il volto dandole un cricco sul nasetto:

-         Smettila! Se mi crolli,che farò?

-         Beh…sì…sono talmente secca che sembro un rastrello! Potrei nascondermi dietro qualunque mazza,  scomparirei!

-         Credi di essere così invisibile? Io ti ho notata eccome…

-         Certo! Scambiandomi per un alberello rachitico…

-         No, stupida, scambiandoti per un bellissimo fiore…Hai un corpo fine fine e una grandissima corona di capelli….

Marcel tacque alcuni minuti…
Lasciò che il rivo serpeggiasse trilli imbottendo il silenzio di pesci che guizzavano.
Coccolò il dorso dei piedi della fanciulla e iniziò:

-         Ascolta , Pauline…ero venuto a cercarti per parlare di una cosa importantissima…E’ un peso che ho dentro e che mi dà felicità e crampi alla pancia….Vedi…è da mesi che penso e ripenso…Ci siamo visti tante volte e ogni ora che parlavo con te già mi sentivo triste…perché sapevo che tutto sarebbe finito e tu saresti tornata alla tua casa…e io sarei restato con l’ombra della tua voce che si perdeva nell’aria  senza che si riuscisse più a toccarla.

La ragazza ascoltava muta col cuore che le artigliava i polmoni grondando di pioggia bollente e freddissima.
Era ipnotizzata dalle carezze del falegname che baciavano pudiche la pelle ma che si sotterravano al di sotto d’essa.

-         Non te ne rendi conto, Pauline ma io so vedere anche a occhi chiusi, il verde del tuo sguardo, la tua pelle, i tuoi capelli…Adoro i tuoi pensieri quelli che mi hai detto ridendo e piangendo…quelli che vuoi sempre nascondere.

Lui le adagiò regalmente  i piedi sul suolo ciottoloso e afferrandole le mani:

-         Dovrei parlare con tuo padre ma non m’importa… Conti prima tu…tu solo.

Ci fu altro silenzio in cui saltellarono i cinguettii degli uccelli,  le ali degli insetti e l’acqua del fiume che sbatteva flemmatica contro i massi sporgenti.
Marcel strofinò la sua guancia sulla mano destra di Pauline:

-         Ti amo e vorrei sposarti.

La ragazza si ritrasse turbata:

      -   Marcel…io…io…

Il ragazzo oscurò di dispiacere lo sguardo allontanando leggermente il busto da lei.

-         Ti ho spaventata?

Ella si stropicciò il viso quasi stesse scongiurando da un’assordante emicrania.
Tornò a fissare l’innamorato  e mormorò parole che pareva dovessero confessare chissà quale delitto: 

-     Assolutamente…sono felicissima ma io…ecco….quando avevi detto che sembro una bambina…beh…lo sono veramente.

Lui innalzò le sopracciglia spesse assumendo una buffa espressione di sbigottimento:

-         Cioè? Vorresti dire che…tu non hai…?

-         Sì.

Ruzzolarono secondi afoni interrotti soltanto dal fruscio degli alberi che scartocciavano nidi.
Alla fine il falegname proruppe in una risata purificante stringendo a sé la ragazza:

-         Pauline…Io ti considero  donna e comunque non avrò paura di aspettare…

Lei gli prese il viso tra le mani:

-         Marcel…tu non hai vergogna di me? Insomma che ti potrei regalare? Anche io ti amo tanto…ma ho paura di non renderti felice…mi sento piccola …

Ricevette un bacio  uguale al latte che prima  brucia il palato e poi discende morbido.

-         Posso essere tuo marito semplicemente dormendo accanto a te. Il tuo respiro non ha prezzo…

Lui appoggiò la testa sulle gambe di lei scevro di  pessimismi.

 

 

 Alcuni gemiti ostinati interruppero ciascun pensiero aleggiante.

-         Pauline – chiamò teneramente apprensiva Marie – il piccoletto ha fame!

André  piagnucolava  volgendo il visetto verso la mamma.

-Tranquillo, amore – sorrise la giovane venendo in contro– sono qui , sono qui.

Prese il bambino tra le braccia e lo quietò mentre balbettava versetti con la testolina posata sulla sua spalla.
Entrati  in casa, gli accarezzò i boccoli sussurrando parole ninnanti e poi, accomodandosi su una panca di legno, lo sistemò dolcemente sul grembo e si scoprì un seno.
André scominciò a succhiare , felice di essere rinchiuso nel calore di vigna della sua prima  amata.
Mostrava un soddisfacente appetito verso differenti tipi di pappe ma adorava ancora il petto materno. Tuonava gemiti punitivi se non riceveva il trattamento che legittimamente gli spettava. 

-         Guarda, guarda che fame! – commentò Marcel sedendosi accanto alla sposa – e dire che credevano che tu non potessi mai mettere a mondo un essere così goloso!

-         Temo che mi finisca il latte da un momento all’altro!

Intanto che Pauline rideva col marito, Marie, iniziò ad accendere qualche candela guardandoli amorevole e orgogliosa.
Per troppo tempo quei chiarori erano stati soltanto cera colante e secca mentre sui pavimenti cricchiava  polvere magra.
Ora era diverso…Il tanto agognato nipotino veniva vezzeggiato dai genitori e portava un completino color sabbia che aveva cucito apposta per lui.
Seduta su una sedia di fronte non si stancava mai di contemplarlo attaccato al busto della mamma o sulle gambe del papà. Non esitava a pulirlo, cambiarlo e dargli da mangiare quando ce n’era bisogno.

-         Lucien sarebbe stato felicissimo di voi…- confessò dolcemente triste – ho pregato anche lui mentre aspettavate André…

-         Mi è dispiaciuto molto non aver conosciuto il signor Grandiér….- confessò Pauline – Marcel mi ha raccontato un sacco di cose su di lui…

Il marito sorrise silenziosamente e in quel momento la limpidezza dei denti si opacizzò tale a quale a vetro di bottiglia infranto da una polverosa luce .

-         Ecco… – mormorò rivolto alla moglie e alla madre – prima di sapere con certezza che sarebbe venuto André…avevo sognato papà.

Marie inarcò le sopracciglia sorpresa e inquietata, la nuora ascoltava incuriosita  il racconto:

-         Ricordo che stavo camminando proprio sulla stradina che porta a casa – proseguì il falegname – quando vedo papà venirmi incontro con delle piccole assi di legno…L’avevo riconosciuto subito…Era alto quanto me, aveva i capelli spettinati e la barba perennemente scarmigliata…Se io ero il nazareno, lui era San Giuseppe! Mancava solo l’aureola!

Rise brevemente come fanno le foglie  trasportate dal vento e poi riprese:

-         Io gli domandai cosa ci facesse lì e lui mi sgridò dicendo che dovevo sbrigarmi a costruire una culla…In quel momento, da emerito idiota, non capii per quale famiglia la dovessi fare e quindi ricevetti uno sberlone e la risposta: “ Tua moglie  è incinta dello Spirito Santo?! “

Marie ridacchiò commossa:

-         Tipico di tuo padre! Lo rimbrottavo che si comportava da grezzone ma sapevo che era anche troppo bravo… Quando si arrabbiava faceva paura ai cani più feroci ma poi si preoccupava un mondo se vedeva che ritornavo dal mercato leggermente in ritardo…Era capace di mettere a soqquadro l’intero villaggio…

Improvvisamente André staccò la bocca dal seno della mamma e si lamentò…Era agli inizi e non aveva ancora imparato l’autocontrollo degli stimoli fisiologici.
Il pannetto di cotone che gli avvolgeva i lombi si inumidì spargendo nell’aria un odore acidulo, pungente e secco.

-    Ah, amore – si alzò Pauline sollevandolo e scherzando imbronciata – è questo che fai alla mamma?Animaletto!

L'accusato si mise le dita in bocca impacciato e storse i piedini quasi si fosse reso conto di aver commesso una terribile gaffe davanti al pubblico di ammiratori.

-         Su, su – incitò Marie - vado a prendere il cambio per il nostro principino! Chi vuole sentire sua altezza reale?

Il pargoletto fu disteso su un fasciatoio di legno coperto da soffici stoffe,  spogliato e  accuratamente ripulito dalla mamma e della nonna intanto che il papà andava a mettere via i pannetti imbrattati di urina  fumante.
Alla fine asciutto e vestito da un’altra casacca, si allacciò beatamente al collo della mamma. 

-         André è tutto suo padre! – fece vivace la nonna - Avevo il petto sempre dolorante e abiti che bisognava sciacquare di continuo!

-         Quella era la prova del mio amore verso te! – ribatté Marcel – apprezzavo il nutrimento che mi davi, quello che offriva la casa!

Furono interrotti da tre picchi alla porta . Tocchi gentili, chiari e fidati.

-         Chi sarà a quest’ora? – borbottò la donna più anziana - Sono quasi le otto…

Il volto del figlio venne folgorato da un promemoria che aveva fino a quel momento accantonato temporaneamente.

-         Cielo! Dovevo dare il crocifisso restaurato a…

I bussi insistettero e fuori una voce maschile si presentò:

-         Marcel…Pauline… Sono padre Jeremy!

L’uomo corse a spalancare l’ uscio scusandosi:

-         Perdonatemi! Mi ero scordato che sareste venuto prima di cena a ritirare il lavoro!

-         Non ti preoccupare , ragazzo – sorrise – anzi scusami tu se sono stato costretto l’altra volta a concordare questo orario , forse non propriamente comodo …cara Pauline, signora Marie …

Il prete, che portava con sé una sacca di cuoio,  si tolse il vecchio cappello in segno di saluto mentre le donne contraccambiarono il sorriso accogliendolo calorosamente.
Jeremy Meunier aveva cinquantadue anni  ed era di media statura, magro con un viso ovale su cui spiccava  un curioso naso morbido tendenzialmente aquilino. Se lo si guardava di fronte si notava un promontorio lieve mentre di profilo si slanciava una struttura abbastanza imponente. I baffetti sulla bocca piccola e i grandi occhi color basalto rendevano quella forma buffa e dolce senza alcunché di autoritario. I capelli castani , rigati di grigio e bianco,  si diradavano sulle tempie cadendo in riccioli un po’ più folti a metà collo. Si accontentavano di una semplice pettinata giusto per non restare in disordine eccessivo.
La lunga veste nera, legata in vita da una cintura scura, indicava l’appartenenza all’Ordine dei Gesuiti e l’adesione totale ad uno stile di vita umile  e  frugale.

-         Ho portato qualcosa per voi – disse aprendo la sua borsa , antica compagna di viaggi -  ecco due vasi di miele di noce  provenienti dall’orto della parrocchia…So che vi piace molto e che il vostro cucciolo apprezza.

-         Vi ringraziamo di cuore, padre- rispose Marie - Sì , André adora la pappe dolci.

Prese i due recipienti riponendoli al fresco, dentro una piccola credenza che conteneva orzo , grano e semola. Marcel, nel frattempo, si diresse nel versante retro della casa dove c’era un piccolo magazzino con  attrezzi e manufatti.

-         Tra l’altro è un ottimo rimedio medicinale – esaltò il parroco-  cura e previene in modo naturale raffreddori e malanni –accarezzò la testa del bambino dandogli un buffetto sulla guancia - Vedo che sei bello cresciuto piccolo!

-         Sta prendendo a mangiare tutto di gusto! – rise la madre – da quando voi lo avete battezzato è diventato una bestiola! Sa pure camminare

-         Presto comincerà a correre e saltare!Come passa il tempo…

Da più di un anno Jeremy risiedeva ufficialmente nella circoscrizione ecclesiastica di Jossigny; tuttavia, conosceva  da parecchio tempo i Grandiér e il loro villaggio giacché operava assieme ai suoi confratelli nella diocesi di Parigi e dintorni : si occupava dell' istruzione di bambini e ragazzi più poveri, del recupero dei soggetti emarginati e delle cure mediche per i bisognosi.

-         A proposito, padre – sospirò raggiante Marie - non siete felice per i de Jarjayes?

-         Oh, ! È meraviglioso! Me lo sentivo nel cuore che sarebbe avvenuta un’altra benedizione!

-         Madame è incinta di quattro mesi…

-         Mi era dispiaciuto moltissimo per i Signori– si unì Pauline - Ci riferisti  , Marie, che il Conte , quando stava nelle Guardie Urbane , salvò tre bambini da quell’orribile incendio di Parigi e  nello stesso periodo Madame Judith mandò il suo medico per farci curare…Io tendevo ad ammalarmi spesso e anche Marcel prese una terribile febbre. Per sdebitarci  lui  restaurò e costruì  alcuni mobili e tu, facesti molti scialli e tovaglie…

-         E pensare che Madame non pretendeva nulla….- sorrise la nonna- E’ raro trovare persone di questo genere soprattutto tra gli aristocratici.

-         Sono contentissimo per il Generale e la Contessa – proferì sincero il padre - li conosco da quando erano ragazzi e li ho visti gioire ma, purtroppo, patire molto. Che Nostro Signore possa finalmente concedere la tanto attesa felicità per una nuova e luminosa vita.

Quando Jeremy risiedeva ancora nel piccolo cenobio vicino al cimitero di Saint-Paul des Champs, dove vi era la cappella di Saint Philippe , aveva celebrato lui stesso i funerali delle figlie dei de Jarjayes ma soprattutto la sepoltura in terra consacrata del suicida Etienne. Questo atto, fortunatamente messo a tacere dall’abate della chiesa, gli sarebbe potuto costare l’espulsione dall’Ordine dei Gesuiti . Su di lui, tra l’altro,  gravavano sguardi nemici delle autorità clericali più alte, visto che non aveva esitato più volte a denunciare negligenze e malcostumi.
 
Si era preferito, dunque,  risolvere la faccenda attuando un trasferimento nella pieve di Jossigny, in cui officiava l’ottantenne padre Zaccaria , vecchio maestro che presto gli avrebbe lasciato la guida pastorale della comunità religiosa.  

-         Padre – tornò Marcel con una scatola in mano - Eccovi il crocifisso. Sono stato attentissimo a sostituire le parti deperite rispettando la vecchia decorazione in ottone.

Scoperchiò il contenitore , tolse un pannetto e mostrò una croce posta su un cumulo di paglietta: era  una semplice ma pregevole manifattura prebarocca. I legni erano stati perfettamente riparati e lucidati e sopra di essi si distendeva uno splendido Gesù Cristo dalla muscolatura magra, sofferta e solenne. Jeremy aveva sempre constatato che somigliasse un po’ a quello di Giotto conservato a Santa Maria Novella e un po’ a quello della pietà michelangiolesca.

-         È un lavoro superbo ! – rimirò colmo di commossa contentezza prendendo tra le mani -  -  questa croce ha più di un secolo , Marcel… non è solo un piccolo tesoro di famiglia ma è la forza con cui mi ha sempre guidato il Signore. Sebbene piena di crepature, fori e parti annerite ,è stata la fede che mi ha sollevato da terra. E’ così , fratelli : il diamante della speranza si trova  sotto terra incastrato tra  rocce scure e taglienti.

-         Avete ragione -  assentì l’altro uomo -  si prosegue sempre tra lo scoramento e la speranza…non conosciamo mai cosa la vita ci darà, se bene o sofferenze…l’unico modo è trasmettere tutto il nostro amore ai cari , perché l’anima è un po’ l’energia che noi lasciamo e offriamo…

-         André l’avrà tutta – affermò Pauline baciando il piccolo – qualunque cosa possa accadere lui sarà forte. Dentro gli scorre il nostro sangue...

Il  prete sorrise accingendosi ad andare verso  la porta conservando accuratamente la scatola del crocifisso nella borsa .

-         Parole sante, amici – ribadì – dovremo pregare affinché ai conti de Jarjayes giunga una creatura bella e sana…

-         Assolutamente – aggiunse Marie – non vediamo l’ora di poter sentire la vocina del neonato.

-         Voglio ricamare un bel lenzuolo per Madame – pensò ilare Pauline – sono indecisa sul disegno da fare…

Il bambinetto  scalpitò volgendo il faccino in un punto sotto una delle finestrelle di casa. Il padre lo prese in braccio e facendogli il solletico sui fianchi gli chiese:

-         Cosa c’è ? Cosa hai visto?

Il piccolo mugugnò qualcosa tornando a fissare il punto di prima . Tutti i presenti  posarono l’attenzione su un cespuglietto di lucide foglie verde cupo decorate da carnose frastagliature. Tra i rametti di spine notarono un qualcosa di inconsueto, improbabile: un bocciolo di rosa candido svegliatosi in ritardo tra i frutti dell'estate.

-         Non ci era mai accaduta una cosa simile – fece meravigliata Pauline – le nostre rose, come tutte le altre rose , appassiscono verso fine maggio…Sono molto delicate.

Marie si chinò col busto avvertendo un eccezionale profumo tenero , misto di pesca e menta.

-         E’  stranissimo – strepitò – che un piccolo germoglio trasmette questo forte odore…

-         Il nostro André è davvero acuto – si rallegrò Marcel – nessuno di noi aveva visto quel fiorellino.

Padre Jeremy espanse un grande sorriso:

-         Beh, è un segno! Direi che sul lenzuolo per Madame de Jarjayes  potrà sbocciare un ricamo di rose bianche…l’amore più puro e grande che nasce nel silenzio.


 

 

Note personali:

ciao a tutti! ^^ come promesso ecco la prima parte del capitolo Quarto!

André è ancora piccino, quindi l’escursus era basato sui suoi genitori Marcel e Pauline …mi auguro che abbiate gradito questo cambiamento di luoghi e personaggi anche per mostrare più situazioni e fare confronti. È tornata la nostra Marie che nella mia storia ho figurato già dall’inizio profondamente attaccata al nipotino e naturalmente al figlio e alla nuora. ( nella storia originale non si capisce se sia stata accanto ad André fin dalla più tenera età…però notando il suo affetto , i suoi rimbrotti e preoccupazioni XD )

Altra new entry è Padre Jeremy, un personaggio che avevo architettato già durante la genesi dei Leoni della corona ma non sapevo con precisione in quale capitolo del Libro Primo collocarlo. Sarà fondamentale per la famiglia de Jarjayes, per Oscar e Andrè e anche negli scenari prerivoluzionari visto il suo impegno sociale umanitario…

( piccola nota storica: del cimitero di Saint Paul des Champs ne avevo parlato nel Cap 2 – un proiettile nella mente. È una struttura , assieme alla chiesa di San Philippe, che è esistita ma ora non c’è più. Il cenobio di cui ho parlato è stato frutto della mia fantasia per esigenze narrative così come l’esistenza della parrocchia a Joyssigny )
Ultima cosa: spero che sia colta la simbologia finale ;)

Non mi resta che darvi appuntamento al 31 maggio…
Entreremo nella dimora di…Victor Clement de Girodel! 

 

 

 

   
 
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