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Autore: Ria    17/05/2017    5 recensioni
La ragazza saltò giù dalla sedia e fece un cenno verso il gigantesco monitor, su cui le figure tridimensionali ruotavano e si fondevano in un unico corpo confuso. [...]
« Quindi i frammenti potrebbero essere ovunque? »
« In ogni dimensione possibile e su ogni pianeta possibile che l'Incrocio raggiunga. » ammise MoiMoi con un sospiro. Minto si premette forte le dita sulla fronte al culmine dell'irritazione:
« Perfetto! E noi dovremmo collaborare per...?! »
« Per tutto il tempo necessario, caro passerotto. »
« Richiamami ancora a quel modo, Kisshu, e sarà la collaborazione più breve della tua vita! »
[...] « Tu mi hai salvato già una volta, tre anni fa. Sono certo che ci riuscirai di nuovo, perché sei la più forte di tutti. »
« Ao No Kishi... »
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Intersection'
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Ci credete? Non sono defunta xD

DAN DAN DAN DAAAAAN ♥

Salve a tutti ♥  la qui presente neomamma Ria vi da il benvenuto a Crossing che in molti mi stavate dando per abbandonata e INVECE NO! Sono stronza e dovrete cuccarvela tutta fino alla fine questa storia ♥

Kisshu: pensate che culo -.-"

Scherzi a parte spero mi sia abbuonata l'assenza, sono stati mesi duri (non per il mio bimbo in sé, lui è un bimbo bravissimo ♥  ce lo siamo pure portati in stand in fiera xD praticamente è un cicciobello x°D ♥ ) ero praticamente sempre da sola a dover fare il rodaggio e diciamolo, la depressione post partum sarà meno diffusa di quanto si dica ma vi assicuro che tornare a casa così è cmq un bel calcio negli zebedei çwç"

Ora sto tornando alla mia routine ♥  e sebbene abbia una caterva di commenti a cui rispondere e altro a cui rimmetermi in pari, ho pensato che vista l'attesa vi meritaste di sentire il mio sclero :3

Cap 53, fresco fresco ♥  e non mi piace per niente TwT""… Che ci devo fare? A voi l'ardua sentenza.

 

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Cap. 53 – Suspended on the crossing II:

                I don't want to miss a thing

 

 

 

 

 

« Ichigo! Dove ti sei cacciata… Ichigo! »

Ryou si guardò attorno scrutando nervoso le ombre della notte di Jeweliria alla ricerca della chioma rossa della mewneko, trovando solo buio. La ragazza era scappata di colpo alla fine della cerimonia funebre pubblica scomparendo senza che qualcuno riuscisse a seguirla e ormai da una buona mezz'ora il biondo e gli altri la stavano cercando inutilmente; Ryou stava iniziando a preoccuparsi, Ichigo non era certo nello stato emotivo più sereno del mondo e la situazione del momento non era un aiuto.

« Ancora niente? »

« No. »

Sospirò cercando di nascondere l'ansia e Minto sbuffò, più agitata di lui, corrucciandosi e mettendosi i pugni sui fianchi:

« Cosa diavolo le è preso a quella sciocca?! »

« Nemmeno… Nemmeno con il radar dei ciondoli riusciamo a rintracciarla. – si affannò alle loro spalle Retasu – Dove potrebbe essere andata…? »

«Tu dovresti tornare subito a riposarti. – la sgridò Minto notando il suo viso pallido – Non ti sei ancora ristabilita. »

« La convinci tu? »

Sbottò Pai cupo, che stava sorreggendo la verde alla bene e meglio, evidentemente tentato di riportarla nella sua stanza con la forza.

« Sto bene. »

Pai non rispose squadrando scettico la verde aggrapparsi con forza al suo braccio, ma non sembrò in vena di riaprire la discussione per la terza volta.

« Eccola laggiù! »

Purin, i capelli biondi che svettavano in mezzo all'erba scura, si mise dritta in piedi indicando la macchia rosata dell'amica, ancora nella sua mewform, che correva nella loro direzione con la stessa foga di quando era sparita, accelerando il passo quando capì che si trovavano tutti lì.

« Ichigo! »

Ryou l'agguantò per le spalle e la rossa non si oppose cadendogli tra le braccia, di colpo conscia di quanto poco fiato le fosse rimasto e lasciando che il biondo la scuotesse un poco:

« Che ti è preso?! Ci hai fatto prendere un colpo! »

Lei deglutì a fatica, ogni boccata di ossigeno una stilettata gelida alla gola che la intontì più del calore rovente che avvertì dalle guance, ma si sforzò di parlare guardandolo con occhi esaltati:

« Devo parlarvi. A tutti. Adesso! »

« Come…? »

« Devo parlarvi! Riguarda la MewAqua! »

« Che stai dicendo? »

Lei ignorò la domanda di Minto e si scostò appena da Ryou dirigendosi verso la città, il viso lucido di fatica e agitazione:

« Dobbiamo parlare, ora! E anche con Ronahuge-sama e Meryold-sama! »

 

 

***

 

 

L'atteggiamento deciso di Ichigo quasi spaventò gli altri, però li convinse a non obbiettare oltre alla sua richiesta; visto che la cerimonia della Dama Rossa si era conclusa da poco fu semplice rintracciare Ronahuge e Meryold, che per evitare di tergiversare oltre crearono rapidamente una piccola dimensione nascosta come durante le riunioni dei Membri Ristretti, pure loro sorpresi dalla foga di Ichigo perché si facesse in fretta.

La rossa, che aveva approfittato dell'intervallo di tempo per riprendere il fiato necessario a parlare con calma, iperattiva e ansiosa fu la sola a declinare la sedia che Ron aveva fatto comparire per tutti i presenti e iniziò a raccontare tutto quello che era successo da quando era corsa alla Città Sotterranea, senza dimenticare gli avvenimenti della Cerimonia della Prima Luna. Raccontò delle strane visioni di Luz e di come avessero di colpo trovato senso, del Dono, di tutto quello che Ao No Kishi, o Tayou che dir si volesse, le aveva detto; di come forse non tutto fosse ancora perduto.

« Vorresti dirci – la interruppe dopo un'eternità Meryold, mettendosi più dritta sulla propria sedia – che possiamo ancora fermare Deep Blue? »

« Finora ha usato Arashi come intermediario – proseguì infervorata la rossa, pregando di non essersi scordata nessun dettaglio che Ao No Kishi le aveva rivelato – ma lui vuole un corpo solo suo. Ha paura che succeda di nuovo come sulla Terra. »

« Il Dono degli Avi può arrivare a fare questo…? – bofonchiò Ron sovrappensiero – Ridare… Un'esistenza fisica a qualcuno morto oltre trecento milioni di anni fa? »

« Ma gli occorre del tempo! – insisté Ichigo, incapace di rispondere ai suoi dubbi, ma certa su quali fossero le priorità – Possiamo ancora scovarlo! E fermarlo! »

« P-però i sistemi di rilevamento della MewAqua che avevate qui… Li avete distrutti da mesi, per non aiutare Arashi e gli altri(*)… »

« Colonnello – chiese Meryold con tono fermo – pensate sia possibile ricostruire un rilevatore in tempi brevi? »

Pai incrociò le braccia pensieroso:

« Potremmo, ma non ho idea se saremmo in grado di svilupparne a sufficienza il raggio di ricezione… »

« Possiamo rifarli Pai-chan – intervenne MoiMoi con energia – Ichigo-chan, quanto tempo abbiamo? »

Per un momento la mewneko perse la sua vivacità a disagio nel sentire il ragazzo, che aveva evitato di incrociare per giorni, rivolgerle la parola, ma si sforzò di concentrarsi su quanto le aveva detto Ao No Kishi e rispose:

« Un paio di settimane. Forse di più. »

« Più che sufficienti. – la interruppe il violetto e si voltò verso i due scienziati terrestri – Akasaka-kun, Ryou-chan… »

Il biondo accennò un sorriso:

« Quattro braccia in più sono sempre di aiuto. »

« Impiegheremo la metà del tempo. – annuì Kei deciso – Li rintracceremo in meno di una settimana. »

« E voi vorreste andare contro gli Ancestrali e Deep Blue conciati così? »

Chiese sarcastica Minto dando una scorsa ai presenti.

« Quattordici giorni sono più che sufficienti per rimettersi in piedi. – sentenziò Taruto stiracchiandosi e impegnandosi per darsi un tono baldanzoso – Con i SPR saremo come nuovi. »

Girò appena la testa incrociando lo sguardo di Retasu che annuì e gli ammiccò decisa.

« Andateci piano – li seccò la mewbird – non sarete troppo ottimisti? Tu hai una spalla lussata, Kisshu è stato quasi fatto a sashimi, Purin ha dei punti in testa…! »

« Ma Taruto-san ha ragione. Guarda in quanto poco tempo il braccio di Eyner sta guarendo. »

« Retasu, tu sei quella che è ridotta peggio di tutti. »

Puntualizzò Pai adirato e la verde lo fissò con fermezza:

« Di certo non me ne resterò indietro lasciandovi andare contro quei mostri. »

« Senti n- »

« Un momento, un momento. – borbottò Ron e fissò Ichigo massaggiandosi le tempie – Ragazzina lungi da me darti della suonata, fino ad adesso avete dimostrato più volte di avere ragione e considerando che ho visto coi miei occhi quei bastardi diventare i pessimi membri di una setta di ossigenati, non mi sembra nemmeno strano che tu abbia parlato con una sorta di fantasma redivivo. Però contando che lui stesso ha affermato di essere connesso a Deep Blue, chi ci assicura che non sia una trappola per darvi il colpo di grazia? »

Ichigo titubò un momento a rispondere notando che in fondo i dubbi di Ronahuge potessero avere un loro fondamento concreto; poi però scosse la testa:

« Ao No Kishi non ci ha mai mentito. Non mi ha mai mentito – aggiunse risoluta – e non smetterò di fidarmi di lui adesso. »

Si pizzicò appena un angolo della lingua pensando a quanto successo alla Prima Luna, ma si disse che in fondo era vero, neppure in quel frangente Ao No Kishi le aveva mentito: aveva "solo" evitato di dirle la verità costringendola a rimanere in disparte contro la propria volontà, eppure la sua rabbia per quella sera non smorzò la sua convinzione. Sostenne incrollabile lo sguardo poco partecipe di Ron, che non fece altro che mandare un sospiro in silenzio; dall'angolo dove stava Ryou, non seppe perché,  nell'osservare quel breve dialogo avvertì uno strano e fastidioso formicolio in fondo allo stomaco.

« E noi faremo lo stesso con voi, Momomiya-san. »

Disse con garbo Meryold e si voltò verso gli altri soldati nella stanza. Pai, scostando lo sguardo severo da Retasu, sbuffò a labbra strette; Kisshu fece spallucce:

« Se proprio devo lasciarci la pelle prima del tempo preferisco farlo andandomela a cercare – sentenziò sarcastico – tanto, anche rimanendo fermi a girarci i pollici non cambieremmo di molto la sorte. »

« Non portare iella nii-san. »

« Considerando che il nostro ex-signore mi ha già trattato come una coscia di manzo da spiedo, scusami se sono un po' catastrofico scimmietta. »

« Però hai ragione – fece Eyner cercando di essere positivo – che tentiamo o meno non cambierà la situazione. Se anche c'è una minima possibilità di salvarci… »

« … Tanto vale sfruttarla appieno. – concluse MoiMoi e batté con forza un pugno contro il palmo dell'altra mano – Scoviamoli. »

« Molto bene. – Meryold si alzò con fare solenne – Innanzitutto ristabilitevi; nel mentre provvederemo che tutti il reparto scientifico dia supporto per la creazioni di nuovi sistemi di rilevamento, fossero rintanati anche sul fondo della Galassia voglio che quegli assassini vengano scovati. »

Pai e MoiMoi fecero un lieve inchino in assenso, Keiichiro e Ryou annuirono; poi Meryold si rivolse a Ronahuge:

« Deve essere disponibile la navicella più veloce di tutta la flotta. »

L'uomo annuì:

« Comunicherò con gli altri ufficiali e provvederò che diano sostegno per il rintracciamento. – si voltò verso i presenti corrugando la fronte – Al di fuori di questo, però, non sbandieriamo troppo la questione: non voglio rischiare di scatenare né false speranze né pressioni di alcun genere, questa è una cosa che deve essere resa nota una volta che il Dono sarà ben impacchettato e ricollocato al suo stramaledettissimo posto. Sono stato chiaro? »

Vaghi eppure decisi brontolii furono il solo segno dell'unanime assenso.

Con un cenno della mano Meryold creò un'uscita sul cortile interno del Palazzo Bianco, aprendo la fila fuori dalla piccola dimensione, e tutti uscirono lentamente indecisi se entusiasmarsi dei nuovi sviluppi o se tenersi su un severo scettiscismo. Ichigo, di colpo esausta dopo il picco di adrenalina che l'aveva retta fino a quel momento, tentennò sull'erba sentendo appena la stretta di Minto sulla sua spalla che la incitò a muoversi; la rossa obbedì senza sforzo, studiando l'aria di titubanza che aleggiava attorno e si mordicchiò la guancia:

« … Tu non pensi che sia impazzita, vero? »

Sussurrò all'improvviso senza pensarci e la mewbird sorrise appena malevola:

« Normale non lo sei mai stata, questo si sapeva. »

La mewneko storse la bocca arrabbiata pronta a ribattere e vide Minto addolcire il sorriso sospirando:

« No, non lo penso. Ma non riesco a non pensare che sia tutto un po' troppo semplice, detto come lo hai detto prima. »

La rossa si lasciò sfuggire uno sbuffo beffardo:

« Trovare gli Ancestrali e Deep Blue in mezzo a tutta la Galassia conosciuta, raggiungerli, affrontarli senza lasciarci la pelle e recuperare il Dono prima che quel pazzo lo usi per i suoi comodi sarebbe facile? »

Ribattè; Minto sospirò ancora dandole un colpetto sulla spalla:

« Esattamente. »

Ron, che fece scomparire la dimensione alle loro spalle, rise sotto i baffi del dialogo evitando di ricalcare le parole della mewbird con quello che stava pensando, immaginando che non avrebbe giovato all'umore collettivo.

« Nobile Ron…? »

« Uhm? »

MoiMoi, che si era lasciato superare dal gruppo, scrutò il generale scuro in volto:

« … Volevo chiederle se poteva ridarmelo. »

Ron lì per lì non comprese a cosa si riferisse e rimirò in silenzio il palmo del violetto teso in avanti; capendo, si corrucciò, ma annuì e armeggiò con la propria cinta liberando il pugnale che Ichigo aveva trovato nella Città Sotterranea porgendolo al ragazzo, che lo strinse tra le mani con espressione marmorea.

« … Cosa speri di ottenere? »

MoiMoi non rispose, facendo scomparire il pugnale prima di ringraziare con un cenno e allontanarsi dietro agli altri.

 

 

***

 

 

Il mattino dopo le nuvole cupe che avevano coperto la luna sopra la funzione della Dama Rossa erano svanite; pochi sbaffi bianchi scemavano placidi davanti ad un sole allegro, splendente sopra il brulichio di Jeweliria che da una parte si rimetteva in piedi e che dall'altra, in silenzio, si preparava a contrattaccare.

Ryou si alzò presto come sempre. Avrebbe dovuto raggiungere MoiMoi e altri membri della sezione scientifica nelle loro sale al Palazzo Bianco dove, affiancati da un piccolo gruppo di ufficiali e soldati scelti dell'Armata, stavano lavorando per rintracciare gli Ancestrali e per preparare la navetta adatta a raggiungerli prima possibile, ma nonostante la levataccia scoprì che Pai e Keiichiro lo avevano già preceduto: Lasa, la sola presente in cucina, gli rivolse un sorriso vedendolo e riordinando ciò che rimaneva della veloce colazione degli altri due; il biondo ricambiò con un cenno e sospirò servendosi una tazza di paina senza neppure sedersi e la donna scosse la testa sorridendo.

« Pai non riesce ad abituarsi al concetto di "numero minimo di ore di sonno", ma tu e Akasaka-kun non siete costretti a seguire il suo esempio. »

« Mai stato un tipo da lunghe nottate di riposo. – la rassicurò – In ogni caso abbiamo tempo, ma meglio non abusarne. »

Lasa sorrise condiscendente e lo studiò gustarsi la bevanda con calma, poggiato contro il mobile del lavandino.

« Vuoi mangiare qualcosa? »

Lui, che tentò di racimolare ogni grammo di caffeina o simili contenuto nel paina – non era come il suo sospirato caffè nero, però aveva la sua efficacia – fece un cenno di diniego:

« Non si disturbi. Mi basta questo. »

« Mi domando da dove voi cervelloni crediate di poter assimilare gli zuccheri per quei vostri neuroni iperatt… »

Si interruppe sentendo dei nuovi passi dalle scale e si sporse incuriosita, sgranando gli occhi mentre un lieve sorriso le si dipinse in volto:

« …Ichigo-chan. »

Ryou poggiò la tazza di paina con un suono secco e fece la stessa espressione della donna, intanto che la mewneko entrò nella stanza con uno sbadiglio e un sorriso; da quando lei e le ragazze erano state ospitate dagli Ikisatashi non era mai scesa a fare colazione, almeno non di sua volontà.

« Buongiorno Lasa-san. »

« Buongiorno – rispose la donna con più convinzione – sei di buon umore stamattina. »

Ichigo stese un sorrisetto storto intanto che la donna le fece segno di sedersi e si allungò per prenderle qualcosa da mangiare.

« Diciamo che mi sono svegliata positiva. »

Fece vaga la ragazza e ringraziò quando Lasa le porse una pagnottella rotonda, poco più piccola della sua mano, bella brunita e odorosa di qualcosa che le ricordò la cannella. Ichigo strinse le labbra intrigata e Ryou non riuscì a non emettere un piccolo sbuffo divertito, scorgere la solita Ichigo fu un sollievo che spazzò via pure la sorpresa per il nuovo inizio giornata.

« Lasa-san, sai se c'è qualcosa che possa fare? »

La donna chiuse la credenza scrutando Ichigo confusa della domanda:

« Come? »

« Sì, nel senso – ingoiò mugolando contenta un bel boccone del panino dolce – non posso essere di aiuto per la ricerca degli Ancestrali e le ragazze devono riposare… Io invece sono a posto. »

Si accorse che Ryou la studiò sorpreso dal discorso e rivolse a lui e Lasa un cenno incoraggiante ed energico:

« Se rimanessi a girarmi i pollici senza fare niente fino alla partenza diventerei pazza. – proseguì – Akasaka mi ha detto che ha dato una mano la sera della Celebrazione. Forse potrei essere utile in qualche modo. »

Lasa la fissò qualche momento e Ichigo per un istante perse baldanza:

« Cioè, lo so non ho… Alcuna competenza medica, però, magari… Forse io… »

« Sei molto gentile. – la interruppe la donna sorridendo con garbo – Certo, la situazione a Palazzo è un po' confusionaria: anche solo due mani in più che aiutino a preparare gli alloggi per gli sfollati o siano a disposizione per qualsiasi cosa sarebbero sicuramente di aiuto. »

Ichigo sorrise più convinta.

« Ora però finisci la colazione – le ammiccò – poi ti accompagno. »

La rossa la ringraziò mentre la donna si allontanò al piano di sopra.

« Che c'è? Perché mi fissi? »

Ryou sorrise sornione vedendo la mewneko mordicchiare la propria colazione un po' a disagio.

« Niente. – fece scrollando le spalle – Pensavo solo che finalmente sembri tornata te stessa; almeno da come ti è tornato l'appetito. »

Ichigo arrossì appena sugli zigomi fulminandolo con un'occhiataccia a cui il biondo rispose con uno sorrisetto. Lei sollevò il mento con fare supponente terminando il suo panino in due bocconi e riempiendosi la bocca come un criceto – immagine che rischiò di far crollare la compostezza di Ryou e farlo scoppiare a ridere in modo incontrollato – quindi si alzò dalla sedia puntando con passo marziale all'ingresso passando accanto al biondo con gli occhi chiusi, per segnalargli che lo avrebbe totalmente ignorato. L'americano si premette forte le dita sulla bocca nascondendo l'arricciarsi delle labbra e aspettò che la rossa lo avesse quasi sorpassato, quindi l'agguantò per la vita stringendosela contro. Ichigo emise uno strano miagolio, tra l'irritato e l'imbarazzato:

« Mollami! »

« Sei diventata permalosa? »

« Sei tu che ti comporti come un moccioso dispettoso! Che fai?! – protestò lei tentando di divincolarsi e dandogli la schiena – Non ho voglia né dei tuoi giochini né delle tue prese in giro! »

Ryou fece finta di niente e tenne salda la presa incurante del dimenarsi di lei, tirandosela contro un po' per volta finché la rossa, sbuffando, serrò le braccia al petto e con aria da bambina lo lasciò fare; sentì Ryou ridacchiare contro la sua nuca e continuò a sbuffare nonostante si fosse già rilassata.

« Mi fa solo piacere rivedere la solita Ichigo. »

« Cioè mangiona? »

Borbottò lei acida continuando a fare la sostenuta. Ryou le lasciò spazio per voltarsi un poco verso di lui e accennò un sorriso:

« L'Ichigo che conosco. »

Fece allusivo sistemandole un ciuffetto che le solleticò la guancia. La mewneko sciolse il muso lungo abbassando lo sguardo sentendo di arrossire e spinse di nuovo con le mani per dirgli di mollare la presa, ascoltando i passi di Lasa farsi più vicini; il biondo la liberò pigramente e mosse appena la testa al sorriso che lei gli rivolse prima di raggiungere Lasa ai piedi delle scale, osservando poi le due uscire e appoggiandosi con un sospiro al lavello.

Il bizzarro formicolio sopra l'ombelico che lo aveva infastidito la sera precedente risuonò subdolo e sottile dietro al sollievo di vedere Ichigo tornare al suo consueto atteggiamento. Aveva in sé ormai da giorni la consapevolezza di non essere stato di alcun sostegno concreto alla rossa, di non essere riuscito a farla uscire dalla sua apatia disperata; l'idea che per riprendersi le fosse bastato un colloquio privato di neppure un'ora con una sorta di spettro, però, lo rose come un tarlo sempre più affamato e lo fece sentire impotente, come per tanto tempo si era sentito dopo l'inizio del project m.

Si scompigliò la frangia e uscì pure lui con passo svelto, serrando ogni stupido pensiero in fondo alla mente e pregando di ricordarsi senza troppa fatica la strada per i laboratori scientifici.

Allora come allora, i suoi problemi sentimentali avrebbero dovuto aspettare un po'.

Come al solito, del resto.

 

 

***

 

 

Quando si immagina una camera di ospedale dove siano presenti molti macchinari di monitoraggio, si pensa sempre che il posto sia in qualche modo rumoroso, con i suoni ripetitivi dell'elettrocardiogramma e di altre varie spie misteriose, che pare sempre siano pronte ad accelerare il ritmo segnando un critico crollo del paziente e che tu aspetti, con angoscia, che ciò accada nell'istante in cui la tua guardia crollerà.

Invece MoiMoi pensò che non potesse esserci posto più silenzioso di quella stanza isolata nell'ala sud del bunker, nulla di più quieto e immutabile; perfino il basso ronzio dei monitor e il soffio del ventilatore meccanico risultarono appena udibili, come se la calma attorno ovattasse ogni suono emesso tra quelle mura.

Ciò non tolse all'ambiente un'atmosfera agghiacciante da sepolcro, ma forse fu solo il suo umore a renderla tale.

Una recondita parte di sé avrebbe voluto parlare, mandare quelle due o tre sillabe che lo avrebbero rassicurato dal terrificante silenzio, però non fu sicuro di riuscire a controllare la propria voce senza farla uscire tremolante e stridula; inoltre non avrebbe saputo cosa dire e parlare a lui, che non poteva sentire più niente né dalle orecchie né altrove, sarebbe stato solo uno spreco di fiato e non volle aggiungere al proprio malessere il sentirsi, ancora, più stupido di quanto già non si vergognasse di essere.

MoiMoi mandò un sospiro dolente, lasciò andare la mano di Sando e uscì dalla stanza tirandosi dietro la porta con estrema lentezza, lo sguardo fisso sulla sagoma immobile del verde finché non ebbe altro che l'uscio chiuso di fronte al naso.

Fu così concentrato che sussultò visibilmente quando, girandosi, scorse la sagoma di Pai aspettarlo a braccia conserte sull'angolo del corridoio. Il moro non parlò rimanendo a fissarlo, il volto serio indurito in un'espressione preoccupata, e MoiMoi corrugò la fronte incupendosi:

« Se sei qui per farmi il terzo grado, ti dico subito che non sono dell'umore Pai-chan. »

« Non che mi servisse. Che per la sua assenza alla cerimonia c'entrassi era evidente – rispose piatto – il perché è- »

« Sono io la tutrice legale vista la situazione. – replicò secco il violetto – Quindi potevo benissimo decidere che non fosse incluso nella cerimonia della Dama Rossa. »

« Sì, ma per un commiato privato; o almeno sarebbe stato il pensiero più ovvio, e quello che più giustamente mi sarei aspettato da te – ribattè sferzante e fece un passo indicando alle spalle dell'altro – ma quello… »

« Non è una cosa che decidi tu. »

Sbottò e Pai si portò una mano alla fronte squadrandolo come se non lo riconoscesse:

« Ti comporti in modo assurdo. – sentenziò con aria sofferente – Sando-san non avrebbe mai voluto una cosa del genere! »

« Non parlare come se lo avessi messo sotto formalina. »

Sibilò rabbioso MoiMoi.

« Ti rendi conto che non ha alcun senso? »

« Non sono stupida Pai-chan…! »

« E allora perché ti comporti come tale?! »

MoiMoi emise una sorta di risata stridula con un respiro e prese ad ondeggiare da un piede all'altro, mordendosi il labbro al limite di una crisi di panico:

« Io…! Io…! »

« Tenerlo così non lo riporterà indietro. Non può tornare. »

« Lo so…! »

Pai guardò il suo senpai a metà tra il dispiacere e l'esasperazione:

« E allora perché ti torturi così, razza di stupida?! »

« Perché non ce la posso fare!! »

Lo strillo del violetto azzittì entrambi. Senza fiato per il grido MoiMoi deglutì un paio di volte, il petto minuto che si mosse più regolare poco a poco:

« Non posso, Pai-chan. – mormorò lentamente – Non ce la faccio. »

Pai non rispose sentendolo inspirare a fondo per tenere a freno la voce scossa:

« Non sono abbastanza forte. Il pensiero di… Vederlo svanire del tutto, io… Non ci riesco. Non posso perderlo completamente, non adesso. »

« … Senpai, lui non- »

« Lo so. – lo interruppe con tono querulo e prese un altro respiro tremante – Non mi faccio illusioni, o speranze. La verità è che non c'è più niente di Sando, là dentro. Ma a me serve vedere che non… Non è scomparso del tutto. Che c'è ancora una traccia di lui che posso vedere e toccare, anche se in realtà non è che… »

Si passò le mani sul viso asciugandosi gli occhi umidi e Pai lo sentì emettere di nuovo quella sorta di risatina soffocata:

« È patetico vero? »

Il moro non rispose e MoiMoi fece un sorriso triste:

« Quando tutto sarà finito, gli dirò addio. Per adesso, per favore… Voglio sperare che lui mi stia perdonando se sono così debole e lo lascio su quel lettino ancora per un po'. Fallo anche tu uh? »

Pai continuò a stare in silenzio. Bruciò l'ultimo paio di metri tra sé e il violetto e gli strinse una mano sulla spalla, pentito di aver voluto fare luce sulla decisione di MoiMoi e furioso con se stesso per non riuscire a fare altro per lui se non quella misera, scialba dimostrazione d'affetto.

« Solo per un po'. »

Ripetè incapace di appoggiarlo meglio.

« Solo per un po'. »

Confermò MoiMoi sottovoce.

Finché non avrò risolto le cose.

 

 

 

***

 

 

Il ripetitivo toc toc toc del coltello sul grosso tagliere, il lievissimo grattare della lama affilata sulle imperfezioni dell'arnese ormai scavato da anni di uso, il legno sotto i polpastrelli; i tonfi sordi degli ingredienti tagliuzzati che Sury stava facendo cadere nella pentola, che sobbolliva sonnolenta. Nella calma della cucina quel miscuglio di suoni accennati dava a Zakuro un non so che di nostalgico e rassicurante, sollevandola per qualche ora dalla sottile tensione che invadeva i suoi pensieri ormai da giorni, dopo la Cerimonia della Dama Rossa.

« Ecco qui…! – fece Sury soddisfatta battendo i palmi come a pulirli – manca solo il savoy. »

« Agli ordini chef. »

La bimba storse un poco il naso infastidita dal tono scherzoso e Zakuro, sorridendo, alzò le dita in segno di scuse mentre le porse le fette sottili di una sorta di verza color arancio pallido. Sury prese il tutto con entrambe le mani e lo fece scivolare lentamente nella pentola, sollevandosi con tutta la sedia oltre il bordo di metallo così da non causare schizzi giganti di acqua bollente; Zakuro la scrutò durante tutta l'operazione, attenta ad intervenire con discrezione ci fosse stato bisogno, ma Sury in neppure una settimana aveva acquisito piena padronanza della seggiola semovente su cui avrebbe passato la convalescenza e ormai fluttuava in giro per casa con precisione millimetrica.

« Quanto ci vorrà perché sia pronto? »

Alla domanda della mewwolf Sury alzò lo sguardo riflettendo, la lingua tra i denti:

« Un po'. »

Disse alla fine con decisione. Zakuro si trattenne dal sorridere troppo:

« D'accordo. »

La mora si mise a sistemare gli utensili sporchi mentre Sury iniziò ad apparecchiare, e per alcuni minuti ci furono di nuovo solo lo sciabordio del lavello e il tintinnio dei piatti a fare da contorno al chiacchiericcio ininterrotto della bambina che scivolò per la stanza sul cuscino ad aria con la grazia di un pattinatore alle olimpiadi.

« … Quindi ora tocca a me no? – disse la piccola mentre portava al tavolo i bicchieri, tenendoli fermi tra i palmi aperti e il proprio mento – Eyner si occupa sempre di me, adesso serve a lui una mano. »

« Mi sembra giusto. »                                              

Replicò pacata la mora e ricambiò con dolcezza l'enorme sorriso orgoglioso di Sury che si riempì il grembo di posate. La bimba fece un altro viaggio avanti e indietro e si proteste con il nasino verso la pentola, odorando il vapore che ne uscì con aria da intenditrice.

« Sta venendo bene? »

Domandò Zakuro divertita dal fare esperto e porse un cucchiaio della pietanza a Sury, che annuì convinta:

« Buogno…! »

Mugolò soddisfatta; la mewwolf rise sotto i baffi e continuò a girare piano gli ingredienti nella cremina che si andava addensando.

« Sei proprio brava nee-san. »

« Ti ringrazio. »

Le sorrise Zakuro aiutandola a prendere una caraffa da un ripiano alto.

« Chi ti ha insegnato a cucinare? »

Chiese Sury riempiendo la brocca d'acqua; Zakuro non le rispose, smettendo per un secondo di mescolare il pranzo.

« Eyner non è capace a spiegare quando cucina – ridacchiò Sury con una linguaccia – però mi lascia guardare e capisco, anche se dice che ogni tanto gli sto tra i piedi e… Nee-san? »

« Uh? Scusami… Ero sovrappensiero. – fece la mora – Nemmeno a me hanno insegnato, comunque. Ho imparato da sola. »

Sury posò la caraffa sul tavolo studiandola attenta:

« Guardando la tua mamma? »

Ci fu un altro momento di silenzio e Sury, sebbene l'espressione della ragazza non fosse mutata, avrebbe potuto giurare che per un secondo Zakuro fosse diventata triste.

« Mia madre non è il tipo di persona che cucina. – rispose con tono neutro, poi aggiunse rapidamente – No, poco alla volta, leggendo ricette un po' qui e un po' lì e provando. »

Sury rispose con un suono muto avvicinandosi alla ragazza e guardandola a lungo, la testolina piegata di lato per vederla meglio dal basso:

« Nee-san? »

« Uh? »

« Tu non… Hai la mamma e il papà? »

La mora vide la bambina mordicchiarsi il labbro come se temesse di aver detto qualcosa di male; sorrise più convinta e le diede un buffetto sulla testa:

« Ce li ho. Ma vivono lontano. »

Lì per lì Sury si rasserenò, poi aggrottò appena la fronte confusa dall'ultima affermazione e piegò il capo dall'altra parte, lo sguardo interrogativo.

« Da molto tempo. »

« Quindi sei da sola? »

L'idea parve preoccuparla di nuovo e Zakuro le sorrise ancora:

« Ho le ragazze. – disse con tono affettuoso e più tranquilla annuì – Però sì, vivo da sola. »

Sury non sembrò ancora convinta.

« Ormai sono adulta, è normale che i grandi vivano per conto loro. »

« Ma casa tua è enorme! – obbiettò l'altra – Ti sentirai sola. »

La bambina incrociò le braccia prendendosi il viso tra due dita, riflettendo con borbottii sconnessi:

« Ho trovato! »

Schioccò le dita e Zakuro alzò un sopracciglio incuriosita, in attesa della folgorante idea che aveva illuminato la piccola.

« Vieni a stare qui con noi! »

« Con voi? »

« Sì! – esclamò fierissima della sua trovata e proseguì eccitata – Così non sarai da sola. Starai in camera mia, tanto il mio letto è grande e- »

« Sorvolando che per una questione del genere credo di avere voce in capitolo… Potevi almeno proporle la stanza degli ospiti. »

Sury quasi scattò sul suo cuscino d'aria fulminando subito dopo Eyner, spuntato dal nulla, con un'occhiataccia:

« È brutta e fredda perché non la usiamo mai! – gli rimbeccò gonfiando le guance – E poi lo dicevo anche per fare contento te! »

Lui sorrise, chiaramente intenzionato a stuzzicare la sorellina, e si appoggiò con la spalla contro lo spigolo del muro:

« Un ospite a tempo indeterminato in casa? – guardò di sottecchi Zakuro che alzò gli occhi al cielo – Chi ti dice che sia d'accordo? »

Sury divenne rossa fino ai lobi delle orecchie e annunciando gelida che era quasi pronto da mangiare se ne andò verso il bagno, il nasino all'insù e il cipiglio offesissimo mentre il fratello entrava in cucina ridacchiando.

« Perciò non saresti d'accordo se io rimanessi qui. »

Il bruno fece un sorriso storto mentre Zakuro lo scrutava allusiva:

« Credevo che fossi uno di quei fratelli maggiori che non tormenta le sorelline. »

« Appunto, "fratello maggiore"; e pieno di questo titolo, credo di avere tutti i diritti di punzecchiarla un po' di tanto in tanto. »

Zakuro si limitò ad un suono indistinto spegnendo il fuoco sotto il pranzo ormai cotto:

« Ma non hai ancora detto se saresti d'accordo o meno. »

« Solo se scegliessi l'opzione attuale, come stanza. »

La mora sorrise lievemente, maliziosa e gli battè piano l'indice contro la fronte sottintendendo con uno sguardo un vago sei un cretino. Cambiò pian piano espressione osservandolo meglio in viso e gli sfiorò una guancia con il dorso della mano:

« Sei più pallido del solito… Hai dormito un po' stavolta? »

« Così così. – rispose con uno sbuffo – Mi sono dovuto arrendere dopo l'ultima mezz'ora. »

Zakuro si scurì in volto, ma Eyner si limitò a scrollare le spalle e si diresse fuori verso un piccolo spiazzo di fianco alla casa: sprofondò con un sospiro su una panchetta di legno macilento e poggiò la nuca sul muretto retrostante, gli occhi chiusi e il sangue che tornò a dare una parvenza di vita alle sue guance. La mewwolf lo seguì lentamente e si sedette accanto a lui senza una parola.

Quando Eyner e Sury erano potuti tornare a casa dal bunker, il bruno l'aveva rassicurata che il peggio fosse passato, avrebbe solo dovuto pazientare che gli effetti dei SRP terminassero di rinsaldare le ossa e facessero tornare al loro stato originario muscoli e tendini ancora malridotti, perché il suo braccio sinistro tornasse come nuovo. Ovviamente le cose si erano dimostrate meno semplici di quanto si era supposto.

La guarigione non era stata indolore ed Eyner aveva dovuto fare largo uso di antidolorifici che gli avevano provocato terribili incubi, grazie anche ai ricordi ancora vividi del suo ultimo scontro con Toyu e dal pericolo corso da Zakuro e da Sury. Durante quella settimana, da quando dormiva a casa loro, la terrestre aveva sentito Eyner agitarsi disperatamente nel sonno ogni volta che si coricavano, e quando poi riusciva ad alzarsi il ragazzo aveva poca voglia di riprovare a dormire: almeno una volta per notte la mewwolf si era svegliata, avvertendo il vuoto accanto a sé nel letto, e aveva trovato il bruno a vagare per casa come un'anima in pena. Alla fine, di solito poco prima dell'alba, Eyner crollava in un sonno tanto profondo da non  riuscire nemmeno a sognare, riposandosi qualche ora fino al primo pomeriggio quando il dolore riprendeva a fargli formicolare il braccio obbligandolo ad alzarsi.

« Mamma mia… Mi sembra di avere il fango tra le orecchie. »

Bofonchiò Eyner fregandosi una mano sul viso.

« Scelta infelice di termini. »

« È già tanto se riesco a mettere assieme frasi di senso compiuto oggi… »

Zakuro scosse la testa con un sospiro e un mezzo sorriso.

I due rimasero seduti in silenzio per alcuni minuti. Dalla Celebrazione della Prima Luna le case lì attorno, già tranquille, si erano immerse in un silenzio quasi assoluto, come del resto la maggior parte di Jeweliria; i rumori e le attività erano concentrati nella zona del bunker e del Palazzo Bianco, tanto che in quel momento Zakuro riuscì a sentire con abbastanza chiarezza Sury trafficare in cucina dalla finestra aperta.

Ad un ascolto più attento però la tranquillità rivelava il suo lato peggiore. La quiete eccessiva, privata del sottofondo di vita delle case vicine, del vociare distante delle persone che erano state bruciate alla cerimonia della Dama Rossa era palpabile e gelida come in un edificio abbandonato; chiunque avesse familiarità con la zona intuiva le note mancanti alla melodia quotidiana, quei riti eseguiti da persone che ormai non avrebbero più percorso la via di casa, le risate che non si sarebbero più sentite. Perfino per la mora, meno abituata ai rumori del posto, il silenzio era troppo, un silenzio d'assenza e non di calma che accompagnava gli sgradevoli odori che fluttuavano sottili nell'aria verso i suoi acuti sensi: odore di terra smossa, di legna bruciata e di polvere che si alzava ancora dalle macerie, perdendosi nel vento; la nota impercettibile di cenere proveniente dalle pire della cerimonia della Dama Rossa, ormai spente e abbandonate; senza contare la mancanza di odori, la mancanza di persone che coprissero l'aroma dell'erba, la mancanza di profumi provenienti dalle cucine.

Zakuro prese un lungo respiro cercando di non lasciarsi sopraffare dal dolore che aleggiava sulla città e alzò appena la fronte aspettando un cenno di Eyner ad alzarsi per mangiare. Lo vide fissare la propria mano sinistra, che stava aprendo e chiudendo ad intervalli quasi a controllare di riuscire a muoverla in modo corretto; la mewwolf non disse una parola e si corrucciò di più:

« Cosa ha detto Ake? »

« Niente di strano, almeno a livello medico. – bofonchiò il bruno e una piccola fiammella si accese sopra le sue dita tese – Però è tutto… Più lento. Sembra che ci sia un danno più profondo, a livello dei nervi. »

Il bruno spalancò il palmo e lo mosse in circolo tracciando un piccolo cerchio dorato che divenne una lingua di lapilli dorati, un'estremità che seguì la sua stessa coda in tondo per poi prendere a fare volute e giravolte sempre più complesse senza che Eyner facesse altro che muovere appena le dita, finché al suo cenno la fiammella scattò indietro nascondendosi nella mano che lui chiuse a pugno.

La mora seguì con lo sguardo la danza di fuoco senza perderne un istante, ma non disse niente. Da dentro Sury li chiamò per il pranzo ed Eyner, con un sorriso ben poco convincente, si alzò sospirando su quanta fame avesse e Zakuro si limitò ad annuire seguendolo sempre senza una parola.

Non era riuscita a non notare come quel piccolo giochino con il fuoco avesse fatto scomparire il poco colore sul volto del bruno, ma ciò che la turbò di più fu non capire se la cosa fosse dovuta all'affaticamento del ragazzo, oppure se una piccola fiammella fosse stato il massimo che sarebbe riuscito a fare da lì in avanti.

 

 

***

 

 

Lo stridio degli esseri che venivano colpiti si perse tra gli sfrigolii delle scariche e i tonfi dei corpi che cadevano al suolo, seguiti un secondo dopo dal ritmico pulsare del nucleo dei para-para che tornarono a rigenerarsi.

« Altri tre centri! Sei grande Taru-Taru! »

« Non distrarti! – sbottò il brunetto guardando Purin saltellare per la sala d'allenamento  – Se non stai attenta ti becchi uno di questi cosi in testa! E se si riaprono i punti diventerai davvero una zucca vuota. »

Mentre disse così uno dei piccoli chimeri, simili a scarabei grandi come gattini, gli volò così vicino da tranciargli l'orecchio; fu solo per un microsecondo che Taruto riuscì a schivarlo, piantandogli per vendetta una lama in mezzo alla corazza della schiena, mentre il brunetto rotolò malamente a terra cacciando un lamento secco e tenendosi la spalla destra, con gran sequela di proteste e parolacce a labbra strette.

« E tu stia attento…! – esclamò Purin correndogli vicino – Quella non è ancora guarita completamente…! Stai bene? »

« Sì, sì – minimizzò lui soffiando tra i denti concedendole un mezzo sorriso – davvero, sto bene. »

Purin gli sorrise di rimando tenendogli con fare affettuoso la mano sulla spalla:

« Non farmi preoccupare. »

« Scusatemi piccioncini – fece Kisshu a tono ben alto e pungente – Se avete finito di fare la coppietta al primo appuntamento sarebbe il caso muoveste il culo, visto che questi cosi sono tanti e particolarmente incaz… non ci provare! »

Il verde non sentì gli insulti del fratellino, che vennero coperti dallo scoppio per folgorazione del nuovo chimero, e continuò il suo allenamento, concentrandosi per non sentire quanto bruciassero le ferite inferte da Lindèvi.

Stando a quanto Ichigo aveva riportato da Ao No Kishi a tutti loro rimaneva poco più di una settimana di tempo per trovare Deep Blue e gli Ancestrali, un tempo sufficiente a impazzire di frustrazione per chi, come lui, poteva dare un minimo contributo pratico alla ricerca del covo nemico. La sola cosa che il verde aveva trovato da fare per occuparsi quelle interminabili giornate era riprendere la piena funzione delle sue capacità combattive, nonostante le proteste di Ake: i tagli dei cavi metallici che Kisshu si era procurato erano potuti sembrare solo una seccatura, ma erano stati abbastanza profondi da mancare per poco le ossa in alcuni punti e, fosse stato per il dottore, il verde avrebbe dovuto starsene tranquillo come era stata costretta a fare Retasu, o Eyner. Stare fermo però per Kisshu era l'ultima delle opzioni, specie con quanto stava succedendo e con parte del Corpo Disciplinare che protestava per la decisione di Meryold e Ronahuge di lasciare che fossero le terrestri e i loro soci ad andare a caccia degli Ancestrali: ritenevano che quanto avvenuto durante la Celebrazione della Prima Luna fosse colpa anche della loro "negligenza" per non aver eliminato fisicamente la minaccia di Toyu e degli altri, poco importava se grazie a loro il Dono fosse stato recuperato del tutto e che l'attacco di quella sera fosse stato possibile solo grazie al tradimento di Lenatheri.

Tre chimeri tentarono di attaccare Kisshu alle spalle distogliendolo dal suo rimuginare e il verde, pronto, si teletrasportò alle loro spalle tranciandoli in sei pezzi ciascuno prima che questi potessero provare a fuggire.

Almeno era stato consolante che non fosse il solo a fremere per partire. Ottenuto il benestare dei medici Taruto e Purin non avevano fatto altro che bazzicare per le sale d'addestramento poco meno tempo del verde, così come Ichigo, quando non scompariva ad aiutare chissà chi da qualche parte nel Palazzo Bianco, quasi fosse diventata incapace di rimanere ferma se non per mangiare o crollare a dormire; anche Zakuro ogni tanto aveva provato a sciogliere i muscoli indolenziti, ma i colpi ricevuti da Toyu ancora si facevano sentire e limitava gli sforzi.

« Purin, abbassati! Ribbon Mint Echo! »

La mewscimmia urlò un ringraziamento mentre piegata a metà scartò di lato e lasciò che la freccia di Minto polverizzasse un altro chimero, proseguendo ad eliminare i pochi rimasti per quella sessione.

« Stai diventando un cecchino, passerotto. »

« La mia mira non ha mai avuto problemi – precisò la mora con il fiato un po' corto – la sto affinando. »

« Sento di dovermi preoccupare per il mio futuro. »

Minto fissò Kisshu scuotendo la testa e lui ricambiò con un sorrisetto; la ragazza atterrò notando che non erano rimasti più chimeri e osservò distratta i para-para radunarsi attorno ai semi di paina che il sistema riportò in superfice, mentre la sessione di allenamento si resettava in attesa di un nuovo riavvio.

« Se Minto nee-chan migliora ancora un po' dovremmo farla allenare per i fatti suoi. – ridacchiò Purin concedendosi qualche minuto di pausa e sedendosi a terra – Ne ha fatti fuori quasi un terzo da sola. »

« Non è che sei tu che stai diventando più scarsa? »

La canzonò Taruto e la biondina gonfiò le guance:

« Senti chi parla! – lo apostrofò – Sei già esausto! »

« Sto solo riprendendo fiato un momento. »

Ribattè orgoglioso in barba al suo viso sudato e all'aria sfatta. I due presero a punzecchiarsi come due mocciosetti al parco giochi puntualizzando quella o quell'altra pecca nell'allenamento dell'altro e Minto alzò gli occhi al cielo sospirando:

« Che bambini…! »

« Beh non sono proprio maturi. Poi sai come sono, gli sposini novelli. »

Scherzò Kisshu divertito.

« Ci stiamo preparando per salvare i nostri mondi, non per giocare. – proruppe lei accalorata – Se vogliono solo perdere tempo potrebbero andare a fare i fidanzatini che si stuzzicano altrove. »

« Oh, vacci piano cornacchietta. Stavo scherzando. »

Minto si rese di colpo conto del tono acido che aveva usato e prese a mordicchiarsi il labbro:

« Scusa. Devo… Essere un po' stanca. »

Kisshu replicò con un monosillabo indistinto.

Si era ben accorto che con il passare dei giorni Minto si fosse fatta più irritabile del solito, e se pure la mewbird passasse lunghe ore a superare sessioni su sessioni di allenamento il verde aveva dubitato si trattasse solo di stanchezza. Aveva avuto l'impressione che la mora stesse rimuginando sempre più spesso su qualcosa, o che un qualche pensiero o sensazione stesse iniziando a tartassarla al punto da non poter essere ignorato, cosa che fu chiaro Minto avrebbe fatto volentieri.

« Solo stanca? »

Buttò lì il verde e Minto annuì di nuovo guardando altrove. Kisshu schioccò appena la lingua, quella era un'altra delle cose che lo stavano assillando: non sapeva se la mora lo considerasse tanto stupido da non capire che qualcosa non andava, oppure se semplicemente fosse così testarda da non volergliene parlare pure di fronte agli evidenti tentativi di cavarle fuori qualcosa.

Però se c'era una cosa che aveva imparato in quei mesi era che, se Minto Aizawa decideva di non aprirsi, forzarla l'avrebbe fatta solo chiudere di più.

« Che ne dici, ci fermiamo per oggi? – le propose – Pure io inizio a sentirmi cotto. »

« Uhm… »

Annuì facendo un sorriso più convinto, la stanchezza che in effetti le segnava il viso accaldato; lui le passò un braccio attorno alle spalle:

« Pisolino? »

Scherzò con tono malizioso dandole un bacio sulla tempia. Lì per lì la mora si rilassò nella stretta, poi di colpo divenne rigida come il ferro e lo scostò brusca, guardandolo male:

« Sei… Davvero incredibile! Possibile che tu non riesca a pensare ad altro?! »

« Eh? »

Scosse la testa allontanandolo con un cenno della mano:

« Io per oggi la chiudo qui. »

Sbuffò e girò sui tacchi lasciando il verde con un palmo di naso. Sentì vagamente Purin e Taruto parlare tra loro e il sistema che si preparò a ricominciare, ma il verde a quel punto non ebbe davvero più voglia di giocare con qualche povero chimero. Borbottò qualcosa di indistinto ai due ragazzi e uscì un minuto dopo Minto, di cui non ci fu già più alcuna traccia nei corridoi limitrofi.

« Manco sapesse teletrasportarsi…! »

Schioccò di nuovo la lingua soffocando un paio di parolacce con grugniti confusi e provò per la centesima volta a pensare cosa avesse fatto di recente per scatenare Minto. Di norma la mora si era comportata come al solito, sorvolando sull'irritabilità più alta, e anche con Kisshu era serena eppure appena lui  provava a stringerla, o a cercare un contatto appena più intimo del condividere la stessa aria, lei reagiva scattando neppure avesse preso la scossa. Kisshu si era chiesto se non riguardasse la sera della Cerimonia, ma aveva escluso la questione: pure dopo le magnifiche ore in qui era riuscito ad averla tutta per sé, e la battaglia che avevano dovuto affrontare subito dopo senza poter processare il tutto, Minto era rimasta uguale e, anzi, aveva perso parte del suo astio per il contatto fisico in pubblico.

È diventata strana dopo che Ichigo ci ha portato la lieta novella del biondastro blu…

Sbuffando Kisshu attraversò il cortile principale del Palazzo Bianco prendendo a calci un sasso solitario, poteva capire bene il nervosismo al pensiero di correre nella tana del lupo, lui però cosa c'entrava?

E dire che lui, al contrario, con tutta quella tensione non avrebbe visto l'ora di starsene un po' con lei…

« Kisshu-san. Ciao! »

« Uh? Ohi, pesciolina… »

La curiosa presenza della mewfocena non fu abbastanza per rianimarlo dal suo meditare, scatenando l'ordinaria apprensione della ragazza:

« Tutto a posto? Sembri un po' giù. »

Lui scosse le spalle sorridendo incurante:

« Nah, io sto sempre su. »

Ammiccò e capendo dall'espressione frastornata della verde che non aveva capito l'allusione rise di gusto:

« Sei più innocente della scimmietta! Come farà Pai quando deciderà a darsi una mossa… »

« C-come? »

« Niente, niente, parlavo tra me e me. – la chiuse scuotendo una mano – Stai tranquilla, sto bene. »

La mewfocena si sforzò di ignorare la confusione e sorrise:

« Meno male. »

« Tu invece dove staresti andando? »

Retasu sussultò, aveva sperato che Kisshu non si incuriosisse oltre della sua presenza lì; pensando di riuscire ancora a cavarsela sorrise innocentemente:

« Io? Mmm… Stavo solo facendo due passi… »

« Uhu – il viso del ragazzo si tese in un ghigno – e non stai andando casualmente verso le sale d'addestramento, vero? »

La giapponese quasi divampò di colpevolezza dietro gli occhiali:

« N-noooo…! »

« Ti sei data alla delinquenza pesciolina? – sghignazzò lui – Sei scappata dal reparto degenza? »

« Ake-san mi ha lasciata andare a casa oggi pomeriggio! – si affrettò a giustificarsi lei, agitata – P-però… Insomma non ne posso più di stare in un letto è più di una settimana…! »

« Già e scommetto che ti ha raccomandato di darti subito alla pazza gioia e strapazzarti il più possibile. »

Retasu scostò lo sguardo come un bambino beccato a fare una marachella:

« Io comunque non volevo fare niente. »

« Sì certo, come no. Pesciolina come bugiardo ho un'esperienza ventennale, non mi freghi. »

« Ho l'impressione ci sia qualche errore di calcolo… »

« Dai pesciolina non vorrai far fare la parte di quello serio proprio a me, vero? »

Retasu prese a tormentarsi un ciuffo della frangia e Kisshu l'afferrò divertito per un polso trascinandola via:

« Su, a casa. Prima che Pai ti veda e ti metta in castigo. »

« Non è mica mio padre. – protestò la verde, un po' seccata per il modo in cui il ragazzo stava rappresentando il suo rapporto con il fratello – e poi in fondo… Si preoccupa soltanto. »

Lo sentì ridere e si diede della stupida, aveva fatto un'affermazione che rendeva ancor più senza senso il suo tentativo di insinuarsi agli allenamenti.

« Come la scimmietta. – proseguì per lei il verde – E Minto. E Taruto, Zakuro… Se non ti riporto indietro mia madre ed Eyn vorranno la mia testa su una picca, per non parlare di mio padre che potrebbe accusarmi di aver condannato Pai al celibato imperituro. »

Retasu scostò con poca energia il braccio restando ferma nel corridoio, l'aria abbattuta:

« … Tra pochi giorni dovremo partire –  mormorò, aumentando la decisione della voce ad ogni parola – se vi aspettate tutti che io me ne stia buona ad aspettarvi… »

« Io non mi aspetto proprio niente pesciolina. – la corresse con più gentilezza – Credimi, lo sanno anche gli altri. Però mi sembra proprio cretino tentare di ammazzarsi prima del momento adatto, non credi? »

Retasu non rispose massaggiandosi nervosa un braccio.

« Pesciolina non siamo mica in un manga dove la gente si allena prima della battaglia finale e i protagonisti fanno il power up del momento cruciale, per piacere…! »

Lei fece gli occhi a palla:

« E tu che- »

« La scimmietta mi ha fatto un corso accelerato. Avete della roba pazzesca dalle vostre parti…! Ma – si riprese tornando in argomento – il punto è che qui si sta solo ammazzando il tempo, visto che siamo inutili al momento. Tu invece hai il compito di riprenderti, va bene? »

Lei abbassò lo sguardo e annuì mogia sentendosi una sciocca avventata:

« D'accordo… »

Kisshu le indicò con un cenno esagerato l'uscita strappandole un sorriso e i due si avviarono fuori dal Palazzo, il verde che intrecciò le dita dietro la testa:

« La prima predica della mia vita, terrificante…! Pensavo che dall'altra parte della barricata ci si sentisse meglio. »

Retasu ridacchiò piano:

« I tuoi subalterni non hanno mai bisogno di essere ripresi? »

« Pesciolina, quelle non si chiamano prediche; si chiamano intimidazioni. »

Scherzò e lei trattenne una risata più forte.

« Prima e ultima della mia vita. »

« E se un giorno avessi dei figli? – domandò la verde, incuriosita e divertita – Ai bambini a volte servono le ramanzine. »

« Se mai avrò dei figli e faranno dei danni – precisò lui serissimo – nove casi su dieci sarò loro complice. »

Retasu esplose in un breve scoppio di risa e procedette verso casa Ikisatashi con animo più sereno, Kisshu che la seguì chiedendosi perché le sue capacità dialettiche non funzionassero così bene pure con una certa signorina dai capelli neri e lo chignon.

 

 

***

 

 

« Ti ringrazio di cuore per l'aiuto, Ichigo-chan. »

« Figurati Lasa-san – sorrise la rossa e sollevò il pugno energica – sono più forte di quanto sembri! »

La donna sorrise guardandola spostare senza troppa fatica una delle brande della sala verso il muro, così che potessero avere spazio per una nuova:

« Lo vedo. »

Disse divertita e la mewneko arrossì un poco, capendo di stare esagerando con l'aria da "forzuta"; finì di aiutare due inservienti del Palazzo a sistemare il letto nuovo e mise le lenzuola – per fortuna che il suo letto era all'occidentale, era stato facile capire come preparare le brande d'emergenza – poi fece largo perché potessero portare il nuovo sfollato al suo giaciglio provvisorio.

Lasa la ringraziò ancora dell'aiuto e Ichigo si congedò, lo stomaco che iniziò a segnare l'ora di cena.

Accelerò l'andatura, se fosse arrivata in orario avrebbe potuto trascorrere un po' di tempo con Retasu; l'amica era tornata a dormire in un letto vero già da un paio di giorni, ma era ancora tenuta sotto stretto controllo da Ake e da Lasa – e in incognito da tutti gli altri ospiti di casa Ikisatashi – perché non si sforzasse troppo e purtroppo una delle conseguenze era il non poter fare granché; perciò Ichigo e le altre le facevano compagnia quanto più possibile.

Oh, però… Spero che Pai non sia già rientrato…

Tra tutti, bisognava dargliene atto, nonostante il suo impegno per rintracciare gli Ancestrali era Pai quello che più si stava prendendo cura della verde, stando con lei e controllando che si sgranchisse un po' durante la giornata senza fare troppi sforzi – e, almeno per l'opinione della mewneko, riguadagnando punti bonus dopo quello che aveva fatto passare alla verde. Il solo problema – sempre secondo l'opinione di Ichigo – era che tra Retasu e il suo essere tranquilla e il ragazzo che si muoveva per la casa in stile ninja era difficile capire quando i due si trovassero assieme, specie se erano nella camera della mewfocena. Ichigo ringraziava ogni secondo che Retasu non fosse abbastanza disinibita da spingersi tanto avanti con Pai dopo così poco tempo – quantomeno, ringraziava di non aver avuto modo di scoprirlo – però aveva già rischiato una volta di venire folgorata sul posto dal moro quando, la sera in cui Retasu era tornata, lei aveva provato ad entrare nella sua stanza senza bussare: era stata abbastanza lesta da retrocedere appena aveva intuito la schiena di Pai curva verso la verde, ma non aveva potuto fingere di non vedere una parte del volto trasognato dell'amica mentre era persa in un bacio appassionato.

La rossa scosse la testa schiaffeggiandosi la punta del naso coi codini, doveva rimuovere quell'immagine dalla mente! Il posto di "momento intimo imbarazzante a cui assistere involontariamente" era già preso dalla sua origliata alle effusioni tra Sando e MoiMoi, non avrebbe sopportato di farlo condividere a qualcosa che comprendesse quel ghiacciolo ambulante di Pai.

Con l'ultimo ricordo rallentò il passo sospirando mogia, a ripensarci erano quasi dieci giorni che non vedeva o parlava con MoiMoi. Era cosciente che il violetto stesse bene, però lui era stato così concentrato nella realizzazione di un nuovo radar per il Dono che Ichigo non lo aveva mai incrociato per i corridoio del Palazzo né lo aveva visto fare una visita a qualcuno di loro; né lei, dovette ammettere pentita, lo aveva cercato sentendosi ancora responsabile per quanto successo a Sando.

« Ichigo-chan? »

La mewneko soffocò uno strillo pigolando acuta, rischiando di cadere all'indietro per lo stupore:

« M-MoiMoi-chan…! »

Il violetto la scrutò dubbioso dimenarsi come un'anguilla:

« Stai bene? »

« S-sì, sì, sì! – farfugliò lei – Mi hai solo sorpresa! Pensavo proprio a te, sai?! »

Rise nervosa e MoiMoi si limitò ad un cenno con la testa continuando a fissarla confuso dal suo agitarsi. Ichigo diede due colpetti di tosse tentando di riprendere contegno e nel frattempo studiò il violetto con la coda dell'occhio, sentendosi stringere lo stomaco capendo quanto apparisse sciupato rispetto all'ultima volta che lo aveva guardato bene in viso.

« Sembri stanca, MoiMoi-chan. »

« Già – ammise lui sbadigliando – sto un po' esagerando con le ore in laboratorio, ma vogliamo tutti trovare quegli schifosi quanto prima perciò... Vale un piccolo sforzo fisico. »

Ichigo mandò un suono sordo per approvazione, sebbene pensasse che la fatica dipinta sul suo volto fosse segno di ben più di un piccolo sforzo.

« Stai mangiando come si deve? »

« Dai Ichigo-chan, ti ho detto che sto bene. »

Tagliò corto lui e Ichigo decise di desistere, sebbene fosse chiaro quanto non gli credesse e quanto la cosa la preoccupasse.

« Oh… I tuoi capelli…? »

« Ah, questi? »

Il violetto si sfiorò con noncuranza i ciuffi che gli solleticarono il collo e che la mewneko notò molto più corti della settimana precedente:

« Niente, siccome hanno bisogno di un po' più di attenzioni ultimamente, altrimenti crescono ognuno per i fatti propri come un cespuglio, ho deciso di tenerli così finché non avrò più tempo libero. »

Ichigo ricambiò a fatica il suo sorriso; trasformare di netto il taglio dei capelli era un gesto molto significativo per una ragazza e nel caso di MoiMoi, per cui i capelli lunghi avevano un valore aggiunto, tenerli acconciati come un maschio non era un buon segno. Almeno secondo la rossa.

« Volevi dirmi qualcosa? »

Domandò ancora il violetto e Ichigo si irrigidì. In verità c'era una cosa che avrebbe voluto dire da giorni, ma temette di vedere concretizzate le sue paure e ascoltare MoiMoi inondarla di disprezzo.

« Ichigo-chan? »

La mewneko strinse i pugni.

Oh, insomma!

Peggio sarebbe stato continuare a farsi macerare lo stomaco.

« Perdonami, MoiMoi-chan. »

« Eh? »

Il violetto stupefatto la guardò inchinarsi di fronte a lui con l'aria più contrita che potesse immaginare:

« Ichigo-chan… Cos- »

« Perdonami! »

« Ma di cosa? »

« È stata colpa mia! »

Prese un bel respiro sforzandosi di non far tremare la voce nonostante il magone che le salì in gola e MoiMoi divenne sempre più confuso e allarmato:

« Di che stai…? »

« Io…! Io avevo capito cosa stava succedendo, con… Con Luz e tutte quelle visioni che…! Ma poi mi sono fatta fermare e sono svenuta e- »

« Ichigo, di che parli? »

« Di Sando-san! »

Chiuse la rossa senza fiato. MoiMoi trasfigurò in volto diventando una maschera indecifrabile, come se fosse in attesa del resto del discorso per decidere come reagire.

« Se non avessi avuto questo maledetto frammento dentro, Tayou non mi avrebbe fermata, sarei arrivata prima! Avrei… Avrei potuto…! »

Ormai incapace di sostenere lo sguardo dorato del ragazzo Ichigo abbassò la testa a terra, ammutolendosi; trasalì quando avvertì le dita di MoiMoi afferrarle la guancia perché sollevasse gli occhi.

« Ichigo-chan – disse con tono fermo e gentile – tu non hai proprio nulla di cui scusarti. »

« Però i- »

Lui le premette l'indice sulla bocca e le sorrise affettuoso:

« Fossi arrivata prima saresti morta. Arashi avrebbe estratto il frammento da te con la forza. – le ricordò – E poi se non fosse stato per te non avremmo neppure potuto provare a salvarlo. »

Ichigo si specchiò un momento nei brillanti occhi dorati del violetto e sentì ancora più il bisogno di piangere:

« Se avessi avuto più forza per andare però… »

« Non ci potevi fare nulla, Ichigo-chan. »

La rossa si asciugò veloce una lacrima, un sollievo vago che iniziò a spandersi nel petto, eppure ancora pensò di dover dire di più, che avrebbe potuto fare di più:

« Credevo mi odiassi ormai… »

« Pensavi sul serio che ti avrei dato la colpa per una cosa del genere? »

MoiMoi la studiò con condiscendenza e la mewneko strinse le labbra in imbarazzo;  prima che potesse provare a riaprire bocca e ribattere il violetto approfittò della ridotta differenza di altezza per darle un affettuoso bacio sulla guancia, ridacchiando mentre lei scattò dritta come un palo.

« Stupidina. »

La rossa perse di colpo la voce e si limitò a fissarlo con gli occhi grandi come biglie, la mano serrata sulla gota: da giapponese non era troppo abituata a simili espressioni d'affetto da parte di un'amica e il subdolo ricordo – proprio in una situazione del genere dovette pensarci?! – che MoiMoi in realtà fosse un uomo la confuse  ancora di più.

« Non farti mai più simili castelli in aria, sono stata chiara? »

« Sì… »

MoiMoi sorrise soddisfatto e la prese a braccetto:

« Senti, stavo pensando che avrei proprio voglia di mangiare un pasto completo. Che ne dici, andiamo? »

Ichigo capì subito che il violetto se ne fosse uscito con una frase simile più per rassicurarla che per effettiva fame, visto che aveva la faccia di chi preferirebbe scalare una montagna che ingerire alcunché, ma non se la sentì di controbattere e sorrise annuendo.

 

 

***

 

 

Minto sospirò seccata, se c'era una cosa che la infastidiva era dover alzarsi per andare in bagno, specie se aveva appoggiato la testa sul cuscino da cinque secondi. Attraversò il corridoio dell'ala aggiuntiva in punta di piedi e sbuffò esasperata vedendo una luce da sotto la porta del bagno; si avvicinò in silenzio sentendo il pigolio di Masha e una voce famigliare rispondergli, ovvio che fosse Ichigo ad aver piantato radici nella vasca, era più di un'ora che faceva la boa!

La morettina non ebbe voglia di attaccare una litigata e tirare giù dal letto tutto il resto della casa, perciò inspirò per calmarsi e si arrese a dover usare il bagno principale. Aprì la porta che divideva la piccola dimensione alla vera casa Ikisatashi e appurato fossero tutti altrove, uscì puntando a fare quanto doveva rapidamente e tornarsene a letto; era stanca e per di più aveva passato tutta la sera ad evitare di rimanere sola con Kisshu più di mezzo minuto, cosa di cui era certa lui si fosse accorto: decisamente aprire una discussione sull'argomento, specie a quell'ora, era ancor meno invitante di trascinare Ichigo fuori dalla vasca.

Circa cinque minuti dopo fu pronta per tornarsene al confortevole tepore delle lenzuola – era estate eppure il pavimento era gelido camminandoci a piedi nudi – sbirciò da uno spiraglio della porta di avere campo libero, rilassò le spalle e sgusciò nel corridoio deserto pronta per una buona notte di sonno.

« Buonasera passerotto. »

La mora fece praticamente una piroetta sul posto per lo spavento, coprendosi la bocca con una mano per soffocare un urletto:

« Sei impazzito?!? – mormorò in un soffio squadrandolo torva – Mi hai fatto venire un colpo! »

« Che fai da queste parti? »

« Ichigo sta cercando di battere il record per i polpastrelli raggrinziti – fece sarcastica alzando gli occhi al cielo – e mi serviva il bagno. »

Lui sogghignò alla battuta aspra mettendo Minto solo più in agitazione. Il verde appariva come al solito, braccia conserte appoggiato con la spalla alla parete, ma lei vide bene che stava solo ostentando calma, come le risa al suo commento, che erano state più forzate del solito.

Non avrebbe saputo dire se Kisshu fosse spuntato per caso o se la stesse aspettando al varco, ma certo non l'avrebbe lasciata andarsene a dormire tranquilla.

Che diavolo.

« Beh… Sono davvero stanca. – disse lei stringendosi nel coprispalle che aveva buttato sulla camicia da notte – Meglio che vada a stendermi… »

« Perché mi stai evitando? »

Minto si strinse nelle spalle maledicendo ogni sua impellenza fisiologica; impiegò un'eternità a voltarsi verso di lui:

« Non mi sembra di stare evitandoti. »

« Se ogni volta che provo a toccarti scappi via come se avessi la lebbra..! »

Sbottò con un ghigno sprezzante.

« Quello perché tu tenti sempre di allungare le mani. – replicò lei cupa – E direi che non è il momento adatto per i tuoi ormoni. »

« Vorresti dirmi che siccome la città è a lutto non posso nemmeno più abbracciarti? »

« Non ho detto questo. »

Lo corresse più impacciata, consapevole di averlo insultato gratuitamente.

« E allora perché non me lo lasci fare? »

Domandò abbassando il tono. Minto si pizzicò l'interno della guancia detestando intuire la nota ferita e rabbiosa della sua voce.

Tutto perché, più passavano i giorni, più l'angoscia di ciò che li aspettava non faceva che occupare uno spazietto in più nella sua mente: l'idea che sarebbero potuti non tornare, che forse solo alcuni sarebbero tornati, o che nel caso di vittoria chissà in che stato sarebbero arrivati a casa le vorticava in testa trascinandosi dietro le immagini più agghiaccianti, serrandole lo stomaco; quando poi Kisshu provava a stringerla a sé e riusciva a sentire quanto la volesse, quanto quel tocco fosse ugualmente carico di affetto per lei gli stessi feroci sentimenti le inondavano il petto, scatenandole al contempo ancora più il panico, il terrore che da lì a pochi giorni avrebbe potuto perdere tutto quanto.

Stropicciò la manica del coprispalle tra le dita, perché doveva essere tutto così complicato?

Invece perché per lui sembrava sempre tutto così semplice?

« Minto. »

La morettina s'irrigidì appena riportando lo sguardo dal pavimento al ragazzo, che anticipando una possibile reazione le cinse la vita portandosela al petto. Minto prese un lunghissimo respiro, aveva l'impressione di non stare tra quelle braccia da un'eternità da quanto le era mancata la sensazione.

E se non avesse potuto provarla più, da lì a poco?

Si morse di nuovo le labbra tentando di allontanarlo, ma Kisshu la strinse più forte e la baciò strappandole un sospiro; il suo profumo riuscì a rilassarla di colpo e assieme a darle un guizzo allo stomaco.

Ma se fosse stata l'ultima volta?

« Kisshu… Kisshu, fermo, smettila…! »

Schiaffeggiò la mano di lui che le stava accarezzando lasciva il fianco e lo guardò arrabbiata:

« Ecco è proprio questo che intendevo! »

« No questo è quello che intendevo io. – replicò ferito il verde – E non provare a dire che ti stessi dando fastidio…! »

Minto sollevò il mento imperiosa, incapace di dire una simile bugia solo per indispettirlo.

« Che cos'hai? »

« È solo… Una brutta situazione. – bofonchiò lei – Cosa di cui tu non sembri esserti accorto, a quanto pare. »

« Ora sarebbe colpa mia? »

Esclamò esasperato.

« Non mi pare tu abbia grandi problemi all'idea di metterti a giocare tra le lenzuola, che ci sia lutto o che ci si stia preparando per rischiare la pelle. »

« Non dirmi cazzate, la cerimonia della Dama Rossa non c'entra niente. – sentenziò aspro – E se devo crepare, grazie, preferirei farlo dopo aver trascorso le mie ultime ore nel modo più piacevole possibile! »

« Sei un maniaco. »

Soffiò lei offesa. Kisshu scosse la testa ridendo amaro:

« Sei davvero impossibile, cornacchietta. »

« E tu sempre il solito! – sbottò spazientita – Buonanotte! »

Infuriata fece marcia indietro e tornò nell'ala attigua della casa sbattendosi la porta alle spalle, fiondandosi in camera sua così arrabbiata che dopo cinque minuti a passeggiare per la stanza capì che non le sarebbe stato possibile dormire. Inforcò coprispalle e, stavolta, pantofole e tornò sui suoi passi pronta ad affrontare il verde, ma sembrò che avesse desistito e se ne fosse andato a letto perciò, ancora più arrabbiata, scese in cucina per farsi una tazza di paina e calmarsi.

Si bloccò sull'ingresso sbiancando quando capì di non essere sola.

Pai le rivolse appena un cenno con la testa, tornando a mettere l'acqua sul fuoco e la morettina si sedette al tavolo in silenziosa attesa.

« … Non sapevo fossi sveglio. »

« Vado a dare il cambio alla senpai per la notte, stiamo localizzando il punto dove si sono nascosti e bisogna monitorare il radar ventiquattro ore. »

« Uhm. »

Il moro continuò a non parlare e Minto si torturò il dorso di una mano con l'unghia dell'indice:

« … Ci hai sentiti? »

Lui la fissò ponderando sulla risposta e alla fine ammise di sì con un cenno; Minto si morse il labbro:

« Quanto hai sentito? »

« Abbastanza. In ogni caso, molto più di quanto volessi. »

Rispose vago e porse alla mewbird una coppetta fumante, sedendosi su un'altra delle sedie e prendendo a sorseggiare a sua volta la propria tazza in silenzio. Minto stritolò la ceramica tra le dita per l'imbarazzo:

« Accidenti… »

« Se ti può consolare dal corridoio all'altra ala non si deve essere sentito niente. Nonostante il vostro tono di voce – puntualizzò incolore – I miei sono in servizio… E Taruto non lo sveglierebbero nemmeno le cannonate. »

« Consolante. »

Soffiò lei vergognandosi a morte e si portò la tazza alle labbra inspirandone a fondo il profumo, cercando di rilassarsi.

« Dimmi almeno che è così con tutti. »

Pai la studiò aggrottando la fronte:

« Così come? »

« Impossibile. »

« Da che io ho memoria, sì. – rispose, con tono così tranquillo che per un momento a Minto venne voglia di ridere – Ma anche tu non scherzi. »

Lei abbassò la tazza guardandolo ad occhi sgranati:

« Che vorresti dire? »

« Non so se ho sentito a sufficienza, ma mi pare fossi tu dalla parte del torto. »

« Io gli ho semplicemente chiesto di tenere le mani a posto! – sbottò accalorata, basita che Pai non solo stesse dando un'opinione non richiesta ma che oltretutto spalleggiasse il fratello – Non credo sia il caso in questo momento. »

Il moro replicò a spallucce:

« Scusa, non sono fatti miei. »

Considerando chiusa la chiacchierata il ragazzo si rimise dietro al suo paina, vuotando velocemente più di metà tazza mentre Minto, di colpo, provò una lieve nausea pensando di bere.

« … Pensi che stia sbagliando io? »

Pai prese un altro sorso prima di risponderle:

« Penso come Kisshu che la questione della cerimonia della Dama Rossa sia una scusa e basta. »

Minto girò la tazza tra le mani fissando corrucciata le increspature sulla superfice del paina.

« Per inciso non penso che ci sia una qualche violazione morale. »

« Come diavolo fa ad essere sempre così indifferente a quello che gli succede intorno?! »

Esalò lei stremata interrompendolo.

« Cosa intendi? »

« Stiamo per andare a cercare Arashi e gli altri direttamente nel loro territorio. – continuò la mora con l'esasperazione di chi trovava incompreso il suo evidente tormento – Quegli stessi Arashi e compagnia che hanno tenuto in scacco mezza Armata. Direttamente nella tana di Deep Blue…! »

« E tu pensi sul serio che non gli importi di questo? »

La sua non fu una domanda retorica. Minto soppesò la cosa e affondò con la testa tra le mani:

« Certo che no… »

« Allora dovresti ascoltare quel che ha da dirti. »

« Non era intenzionato a parlare molto. »

Puntualizzò lei a disagio; Pai non si scompose minimamente:

« Non è mai stato uno che parla molto. »

« Decisamente. »

« Forse è meglio. »

Lei lo fulminò con sguardo rabbioso, certa che la stesse prendendo in giro, mentre lui si alzò per posare la tazza vuota sul lavello:

« È molto più difficile essere bugiardi col corpo che con le parole. E poi le parole possono non essere ascoltate. »

« Le pillole notturne di filosofia made in Pai Ikisatashi? »

Fece acida e il moro scosse solo le spalle alzando un sopracciglio:

« Resta sempre e solo la mia opinione. »

Senza aggiungere altro uscì lasciando la mewbird sola coi suoi pensieri. Lei sbuffò sbattendo appena la tazza sul ripiano, farsi fare la predica da Pai su un litigio amoroso era il colmo! Specie se lui andava a dire a lei di essere più diretta e parlare di meno.

Da che pulpito, quello che non parla e non agisce!

La cosa che le bruciò di più fu constatare che avesse ragione.

« … Maledizione. »

Scostò la tazza di paina ormai freddo e salì in punta di piedi fino al primo piano e alla camera di Kisshu, fermandovisi di fronte titubante; origliò se fosse ancora sveglio e quindi provò a bussare, vedendo il verde socchiudere l'uscio con espressione torva e solo i pantaloni addosso. Non doveva essere la sola a non riuscire a dormire.

« … Scusami. »

Disse soltanto. Kisshu sembrò rifletterci sopra poi sospirò arrendevole:

« Vuoi entrare? »

Lei annuì e lo seguì in camera. Rimasero qualche istante una di fronte all'altro, Minto che interiormente maledisse la sua guerra personale contro le maglie e loro simili, poi Kisshu aprì appena le braccia verso di lei:

« Posso abbracciarti? »

La mora avvertì un piccolo groppo salirle in gola e non rispose, divorando i due passi di distanza tra sé e il verde e poggiando il viso sul suo torace. Kisshu le accarezzò lento le spalle, le passò le dita tra i boccoli scuri baciandole la frangia intanto che Minto, cingendogli la vita, mandò un lungo sospiro tremulo:

« … Sono terrorizzata – ammise a disagio – se scontrandoci con gli Ancestrali dovessi restare priva di tutto questo… Se tu dovessi… Io… »

« Hai molta fiducia in me cornacchietta. »

Le bisbigliò all'orecchio e lei borbottò di rimando:

« Hai già un precedente. »

Avvertì la presa sulla sua schiena farsi più salda:

« Non stavolta. »

« Ah…! »

La mora sbuffò con un lievissimo piagnucolio, offesa dalla frase, e Kisshu le prese il volto tra le dita:

« Non stavolta che ho qualcosa di troppo prezioso da perdere. »

Minto ricacciò indietro l'insulto che aveva formulato e tentò un sorriso triste passandogli le mani dietro la nuca e lasciando che la tirasse a sé senza alcuna resistenza.

In realtà, sebbene non l'avesse detto, anche Kisshu aveva paura: non aveva mai dimenticato un solo istante la sensazione della lama di Deep Blue che gli trapassava il torace e la schiena e la consapevolezza di doverlo riaffrontare, più forte, più feroce, gli toglieva l'aria dai polmoni.

Ma ancora più paura gli dava il pensiero che stavolta avrebbe avuto accanto qualcuno che lo amava.

Sulla Terra si era sacrificato per un amore non corrisposto, per giunta mancando l'intento e rendendo il suo tentativo di salvataggio inutile. Ora se fosse morto non solo avrebbe ferito la persona a cui teneva, ma non sarebbe stato in grado di proteggerla fino alla fine. E se per colpa sua Minto avesse rischiato la vita… Il pensiero gli gelò il sangue.

« Kisshu… »

La camicetta da notte finì per terra in pochi minuti, era solo un impiccio.

Voleva, aveva bisogno di sentire il suo calore, sentire che era viva lì, tra le sue braccia, che ancora poteva sentire il suo profumo, la sua voce.

« Voglio che torni indietro con me. »

Mormorò Minto prendendogli il viso tra le dita. Kisshu annuì, le prese la mano destra e le baciò il palmo, rubandole un secondo il respiro mentre si sistemò sopra di lei tenendola ancora più per sé:

« Io e te. »

 

 

***

 

 

Ichigo passeggiò con le mani dietro la schiena lungo il portico del cortile interno del Palazzo Bianco, la luce del pomeriggio che filtrava pigra dalla cupola di vetro. Fece grandi passi ostentando l'alzarsi del piede da terra, annoiata per la giornata persa senza nulla di utile da fare a vagare per i prati attorno a Jeweliria e per i corridoi del Palazzo alla ricerca di uno scopo, e sospirò angosciata riflettendo che le due settimane di tempo concessele da Tayou stavano volgendo al loro termine. Ryou e gli altri procedevano nel loro lavoro frenetico, ma ancora non c'erano conferme di aver rintracciato gli Ancestrali e la pressione stava iniziando a farsi sentire.

Attraversò il porticato e si appoggiò sospirando alla balaustra affacciata sull'erba, da un paio di giorni faticava perfino ad incrociare Ryou da quanto lui, Pai e MoiMoi fossero occupati a setacciare ogni centimetro di mappa spaziale con il rilevatore di MewAqua. Incrociò le braccia sulla pietra bianca e vi affondò il viso.

Ho voglia di vederti…

Si era trattenuta fino a quel momento dall'andare nel laboratorio di ricerca che avevano allestito per trovare Arashi e gli altri, ma forse l'avrebbero perdonata per un'improvvisata dopo tanti giorni. La rossa si convinse e tornò verso il cuore del Palazzo, sforzandosi di ricordare dove si trovasse la sala che cercava e inoltrandosi per i corridoi deserti di quell'ala; di solito il viavai di inservienti e ricercatori era calmo e costante, ma in quelle settimane molti di loro erano impegnati con le forze armate di Jeweliria per rimettere in sesto la città, mentre alcuni erano feriti o accanto ai loro cari e praticamente nessuno aveva bisogno di trovarsi da quelle parti.

Ichigo svoltò un angolo e prese una traversa un po' più buia delle altre, che puntava all'interno del Palazzo; nel silenzio ovattato i suoi sensi felini catturarono subito i ticchettii delle tastiere e i suoi elettronici dei computer, e lei puntò baldanzosa vero il fondo del corridoio.

« Oh… Ryou! »

Si fermò di colpo prima di raggiungere la sua meta, una delle stanze più in fondo da cui proveniva una sempre più evidente luce azzurrognola e aranciata; il biondo le era entrato nel campo visivo dallo spiraglio di una porticina una decina di metri prima, che si aprì su una sorta di piccolo stanzino dai soffitti alti e un angolo con un tavolino e una sedia, illuminato da una finestra che dava sull'esterno. Ryou stava sorseggiando una tazza di qualcosa di caldo, Ichigo avrebbe scommesso paina, ma dall'aria distrutta dell'americano sarebbe potuto essere anche bollito di cicoria che gli sarebbe andato bene solo perché era tiepido e perché lo stava bevendo lontano da uno schermo luminoso.

« Ciao.  Che ci fai qui? »

La rossa fece spallucce:

« Niente ero in giro. Ho pensato di venire un po', così… Per vedere come andava. »

Ryou sorrise di più vedendola appena in imbarazzo a giustificare la sua presenza lì.

« Bene… Quindi come va? »

« Non sei più capace di parlare con me? »

La stuzzicò e la mewneko prese a tormentarsi un codino:

« Lo sai che non ci capisco un accidenti di come funziona il radar per la MewAqua – protestò – né dei nomi tecnici, mi fa sentire stupida a chiedere. »

Lui stese un sorriso ancor più divertito e la rossa si pentì di esserlo andata a cercare:

« Ho capito, non mi va di farti rilassare prendendomi in giro. – sbottò offesa – Ci vediamo a casa. »

« C'mon, ginger. – disse ridendo e afferrandole il polso – Stavo scherzando. »

Lei lo guardò storto e mise un broncio infantile:

« … Volevo solo vederti un po', stiamo nella stessa casa eppure non ti vedo mai. »

Lui sorrise più dolce – con quel suo dannatissimo modo di inclinare appena la testa, proprio come un gatto in cerca di coccole a cui non si poteva dire di no, pensò irritata Ichigo – e la tirò verso di sé posandole le mani sui fianchi:

« Mi ha fatto piacere. – ammise aggiustandole un ciuffo della frangetta – Scusa, sono stati giorni tesi. »

Le sfiorò la guancia con il dorso delle dita:

« Mi mancavi anche tu. »

Ichigo divenne appena rossa sugli zigomi e sorrise posandogli le mani sul petto e dondolandosi sulle punte, godendosi i baci leggeri che il biondo le posò sui capelli e sulle tempie. Quando Ryou le sfiorò la punta del naso lei ridacchiò e si sporse di più per porgergli le labbra, facendo scorrere le braccia attorno alle sue spalle; lui l'aiutò a stare in punta di piedi sorreggendola per la schiena e Ichigo sospirò beata, abbandonandosi contro il suo petto.

Presto la rossa capì come nessuno dei due fosse intenzionato ad interrompere quel contatto: si accoccolò meglio che potè contro l'americano, le dita perse tra i ciuffi biondi e le gambe incastrate tra le sue. I sensi felini di entrambi fecero beati le fusa, avvolti dall'odore del dopobarba di lui e dello shampoo di lei, e mentre un brivido tiepido iniziò a salirle lungo la pancia Ichigo sentì un famigliare tintinnio invadere l'aria.

« È davvero ingiusto che sia la sola con un effetto collaterale. – mugugnò scodinzolando irritata – Perfino tu non hai questi problemi. »

« You're special, kitty. »

« Mi prendi in giro? »

Lui alzò le sopracciglia divertito:

« Era un complimento. »

« Non suonava tanto… »

Ryou rise e le sussurrò sulle labbra:

« You're one in a million. »

Il campanellino sulla coda di Ichigo trillò frenetico intanto che Ryou riprese a baciarla e lei sentì il viso andare a fuoco: stava provando la stessa sensazione che aveva avuto baciandolo la prima volta, sulla porta della sua stanza a Lirophe, ma quello fu l'ultimo pensiero razionale che riuscì a formulare. Il biondo dal canto suo capì che il suo cervello stesse per andarsene amorevolmente in vacanza, perché non riuscì più a connettere neppure vagamente dove si trovasse o cosa avesse fatto fino a dieci minuti prima.

La mano sinistra seguì pigra la curva della schiena della rossa sfiorandole la base della coda e lui sentì la ragazza mandare un mugolio tremante, che lo stordì più di un pugno in faccia. Voleva sentirlo di nuovo, di più, così adorabile ed provocante… La mano sinistra affondò nella chioma infuocata della mewneko, intenta ad esplorargli il torace con sempre minor sopportazione dell'impiccio della maglia, intanto l'altra mano sgusciò di lato scendendo lungo la coscia, sfiorando il limite tra la gonna e la pelle sottostante. Ichigo trattenne il fiato, la testa che girava, e lasciò scivolare le dita sotto il bordo della maglia di Ryou dando il tacito permesso a lui di proseguire da dove si era fermato.

Il ragazzo l'allontanò un istante per riprendere fiato, innamorato dello sguardo languido della rossa e delle sue labbra socchiuse che sfiorò con il pollice ascoltandola mandare basse fusa – come diavolo poteva rimanere lucido, se lei faceva così? – disegnando poi con reverenza la curva della mandibola e del collo, accarezzandole le clavicole e scendendo lungo il fianco mentre riprese a baciarla.

Impiegarono entrambi qualche secondo a capire che qualcuno stava chiamando Ryou a gran voce. Ichigo sbattè le palpebre un paio di volte, ricordandosi troppo lentamente dove si trovassero e cosa stesse succedendo e scattò di lato accucciandosi dietro la porta appena prima che uno dell'equipe scientifica la socchiudesse per dire all'americano che c'era bisogno di lui. Ryou rispose bofonchiando e cercando con nonchalance di darsi una sistemata ai capelli scombinati e alla maglia storta, ringraziando la prontezza della mewneko a cui invece sarebbe stato impossibile apparire innocente.

Quando l'indesiderato visitatore se ne tornò da dove venuto Ryou riprese a respirare regolare, imprecando internamente vedendo Ichigo intenta a riassestarsi la gonna – non abbastanza in fretta e concedendogli uno stuzzicante accenno della curva della coscia – e riabbassarsi la maglietta – anche lì non con sufficiente prontezza e lui potè intravedere il decoro di pizzo che aveva iniziato a spostare davanti e sfiorato sul pezzo di sotto.

Spero che a quel tipo vada di traverso il paina.

« Credo sia meglio che vada. »

Esalò Ichigo in un fiato, morta di vergogna. Ryou annuì con un grugnito e l'agguantò prima che lei scappasse, rubandole un altro bacio; Ichigo lo lasciò fare, imbambolandosi di nuovo, dopodiché imponendosi di restare coi piedi per terra sgusciò via come un fulmine, il cuore nelle orecchie intanto che capì di non avere idea di dove sarebbe arrivata se nessuno avesse bussato alla porta.

 

 

***

 

 

Eyner ringraziò che i cortili del Palazzo Bianco a quell'ora tarda fossero deserti e nessuno potesse sentire i bassi lamenti che non riusciva a trattenere; Ake, pur a denti stretti, gli aveva dato il benestare per fare qualche allenamento riabilitativo, però non voleva dire che il suo braccio fosse a posto al cento per cento e molti movimenti che stava eseguendo con il jitte gli provocavano fitte non indifferenti.

Quella comunque restava la sua preoccupazione minore.

« Non riesci più a generare abbastanza fuoco? »

Il bruno interruppe la sequenza di movimenti bruscamente tranciando l'aria con una vampa rovente:

« Tenente colonnello. »

Blies ricambiò il rapido cenno militaresco del suo subalterno e lo studiò severo:

« O sono problemi dei muscoli? – domandò ancora – Mi risulta tu sia ambidestro. »

« Sono mancino di base signore, però sì. – confermò il bruno passando il jitte da una mano all'altra – Il problema è che ho maggior controllo sul mio braccio dominante, che non è ancora guarito. »

Blies emise un grugnito di risposta intendendo la strana occhiata che Eyner rivolse al proprio braccio sinistro.

E forse non guarirà mai del tutto.

« Ad oggi la mia potenza di fuoco è circa ai due terzi – disse piano il bruno, quasi confessandosi – non ho ancora provato ad aumentare lo sforzo… Ma secondo Ake con un sovraccarico potrei giocarmi per sempre il braccio sinistro. »

Il tenente colonnello non commentò, trovando fosse superfluo rimarcare ciò che Eyner sapeva già da solo, cioè che le sue possibilità di vittoria erano drasticamente diminuite.

« Voleva dirmi qualcosa, signore? »

Blies socchiuse gli occhi perlacei e annuì:

« Li abbiamo trovati. »

 

 

 

« Si sono nascosti bene – iniziò a redigere MoiMoi mentre mostrò i dati sul monitor principale – rintanati su un masso nascosto dal campo magnetico di una pulsar(**). »

« Una stella di neutroni? – domandò Retasu sovrappensiero intanto che la mappa della galassia sullo schermo veniva zoomata man mano – Ma non genera calore. »

« Infatti non pensavamo potessero nascondersi lì, temevamo che avessero creato un'altra dimensione in cui scomparire. »

Spiegò uno degli scienziati.

« Finché il segnale del Dono non ha puntato qui. »

Concluse MoiMoi e l'ultimo scatto dello zoom individuò un piccolo quadrante semivuoto di mappa; in alto a destra un puntino che i caratteri jeweliriani indicavano con un codice numerico – probabilmente la pulsar, come si usa catalogare i corpi celesti sulla Terra – e verso il centro del quadrante altri cinque puntini di dimensioni differenti, uno più piccolo dell'altro: uno di essi, al centro del mucchio di rocce morte, spandeva onde sullo schermo come gli impulsi su un sonar. MoiMoi battè l'indice sullo schermo:

« È lì che dobbiamo andare. »

« Stando alle coordinate ci occorrerà almeno un giorno di viaggio per raggiungerli – disse Pai facendo scorrere le informazioni sul monitor – e dovremo per forza atterrare qui. »

Indicò uno dei pianetini disseminati sulla mappa, più lontano dal punto in cui avevano localizzato la MewAqua.

« Perché non direttamente lì? »

« Le pulsar emettono forti onde elettromagnetiche, Purin-chan, rischieremmo di mandare in tilt i sistemi di controllo dell'astronave. »

« Inoltre – aggiunse Ryou – si tratta di un corpo stellare così denso da avere una forza gravitazionale cento miliardi di volte più intenso di Jeweliria e della Terra. »

La biondina emise un impercettibile wow.

« Gli altri corpi celesti del quadrante si sono disposti in modo da non subire in negativo la sua influenza, ma non sappiamo cosa potrebbe succedere ad una navicella se ci avvicinassimo troppo. »

Ichigo visualizzò con terrore la navicella spaziale accartocciarsi su se stessa come in un pessimo film di fantascienza e deglutì a vuoto.

Il piccolo gruppo scientifico spiegò gli ultimi dettagli tecnici ai Membri Ristretti e al gruppo di terrestri e jeweliriani, ma le ragazze seguirono solo parte del discorso. I loro pensieri erano per il piano d'atterraggio e per la seguente necessità di raggiungere l'avamposto nemico con il teletrasporto: quasi 80.000 chilometri, così lessero sul monitor, di balzo nel vuoto cosmico.

« La navetta sarà pronta domani all'alba. »

Disse alla fine di tutto il tenente colonnello Blies e Ronahuge annuì fermo, voltandosi verso il gruppo:

« Vi consiglio di farvi una bella dormita, ragazzini. E mettete in valigia una sciarpa, farà un freddo d'inferno da quelle parti. »

 

 

***

 

 

« Ora guarda bene di riposarti, d'accordo? »

« Pai, non sono una bambina. – ripetè Retasu per la quarta volta – Ho capito. »

Il moro non apparì convinto mentre l'accompagnò nella sua stanza, seguendo ogni suo passo con la coda dell'occhio quasi nel timore che crollasse a terra da un momento all'altro.

Lei sospirò sentendo il suo sguardo addosso, tutta colpa di Ake; il medico aveva preteso di fare un ultimo controllo del suo status prima della partenza, quella sera dopo cena, e aveva sentenziato per l'ennesima volta quanto la decisione della verde di seguire gli altri fosse paragonabile ad un suicidio: gli organi e le ossa erano sì tornati al loro posto, ma il fisico della ragazza era ancora nel pieno della convalescenza e sottoporlo a sforzi eccessivi di qualsiasi tipo avrebbe potuto causare danni ben più gravi di qualche graffio o di un livido. Retasu, sorda da entrambe le orecchie, aveva solo chiesto se fosse in grado di combattere e Ake a denti stretti aveva dovuto riconfermare quanto detto nei giorni precedenti, dandole un gelido benestare.

Inutile dire che a Pai la cosa non era andata per nulla bene.

Il ragazzo aveva tentato per giorni di convincere Retasu a rimanere a Jeweliria, con buon modo, con tono severo, però non c'era stato nulla da fare.

« Non abbandonerò te e i miei amici contro quei mostri. Verrò anch'io, punto e basta. »

Quella sera erano arrivati a discutere nel senso proprio del termine, alzando perfino la voce finché lei non aveva ripetuto per la centesima volta la stessa solfa e il moro – Retasu non sapeva se per i trascorsi del loro rapporto o di natura, ma Pai non era un amante del gridare –  si era arreso prima di perdere del tutto la pazienza, la mascella contratta e i pugni stretti e si era limitato a riaccompagnarla nella sua camera senza dire altro.

Retasu sospirò guardandolo precederla di un passo e aprirle la porta della stanza, più che per galanteria per avere una scusa e non attraversare la soglia della camera:

« Bene. – disse freddamente e le rivolse un cenno impercettibile – Buonanotte. »

« Sei arrabbiato con me, vero? »

Pai si fermò con la porta quasi chiusa alle proprie spalle. Non si sarebbe aspettato che fosse Retasu a riprendere la discussione: lui preferiva sempre fermarsi prima di un dato limite per non dire cose di cui pentirsi – vizio che aveva spesso, specie quand'era nervoso – però neppure lei era una fan delle litigate, ancor meno se pensava di avere torto.

« Certo che sono arrabbiato. – sentenziò cupo – E preoccupato. »

Ammise torvo. Retasu, in piedi di fronte al letto, si tormentò sovrappensiero le dita e rimase a guardarlo in silenzio da oltre la spalla, convincendolo ad entrare e chiudere la porta.

« … Lo sai che non puoi chiedermi di farmi da parte. »

Sussurrò dopo un po' lei. Pai, in mezzo alla stanza, sospirò lugubre:

« Lo so. E tu non puoi chiedermi di accettare la cosa ridendo. »

Fece sferzante. Retasu si strinse nelle spalle:

« Lo so – gli fece eco chinando il capo – però… »

Serrò le labbra cercando di trattenere un respiro secco, gli occhi umidi dietro le lenti:

« Non voglio che le nostre ultime parole siano un litigio. »

Mormorò e detestò ascoltare la propria voce tremare di pianto trattenuto, quando per giunta la sola causa della questione era una sua scelta.

Pai osservò la testa china di lei e la frangetta con cui cercò di nascondere il viso e avvertì la rabbia svaporare di colpo. Sospirò arrendevole e le cinse la vita da dietro, sentendola mandare a sua volta un sospiro pesante mentre si assestò sotto la sua mascella.

« Non saranno le ultime. – la rassicurò e poi aggiunse con tono più leggero – Vuoi portare sfortuna? »

Retasu emise una risata fiacca:

« In effetti non è un buon atteggiamento.  Scusa… »

« Ti ho detto cento volte che non devi scusarti per le sciocchezze. »

La sgridò bonario e le baciò la nuca:

« Promettimi solo che se arrivassi al tuo limite fisico ti farai da parte. »

« Pai, io… »

« Dillo e basta. »

Insisté sottovoce. Lei bisbigliò timida un , sebbene entrambi fossero coscienti si trattasse di una bugia.

Pai seppe bene che Retasu si sarebbe spinta fino allo stremo pur di proteggere le sue amiche ed essere di aiuto a lui, se fosse stato necessario avrebbe fronteggiato Deep Blue da sola; visti i fatti lui aveva preferito assecondarla che rischiare si mettesse in ulteriore pericolo entrando clandestinamente sulla navicella, ma la cosa l'aveva solo fatto stare peggio.

Non avrebbe sopportato di perderla un'altra volta.

Si concentrò sul profumo dei suoi capelli nel tentativo di cancellare le orribili immagini che gli avevano invaso la testa mentre Retasu posò le mani sulle sue, la testa rivolta in alto contro la sua spalla, dondolandosi un poco da una parte all'altra cullata dalla sua stretta.

Rimasero così a lungo in un silenzio quasi assoluto. Retasu perciò non si aspettò il bacio leggero che Pai all'improvviso le posò piano sulla mascella e le sfuggì un veloce sospiro. La stretta di lui si acuì un istante:

« Non rifarlo. »

« Cosa? »

« Quel suono… »

Il tono basso e caldo con cui lo disse le attorcigliò lo stomaco e lei soffocò un pigolio d'imbarazzo, mentre Pai continuò quasi sovrappensiero a posarle morbidi tocchi sulla mandibola e sul collo. La verde sentì il fiato fluirle via dai polmoni e il sangue inondarle le guance.

Fu come la sera prima della Celebrazione, l'aria che si tese senza preavviso caricandosi di elettricità e Pai si sforzò di concentrarsi sulla piacevole ma metodica e ripetitiva azione di baciarla fermandosi sempre appena sotto il lobo, quasi un mantra protettivo.

Nonostante credesse alle parole che aveva detto a Minto un paio di sere prima lui non si riteneva il tipo da ragionare… Di stomaco. Essere spontaneo non era un suo talento, non sapeva che danni collaterali avrebbe potuto causare con qualcuno di così timido e inesperto accanto, e non voleva certo rischiare di fare del male a Retasu, sia emotivamente che fisicamente – era convalescente, per l'amor del cielo! – abbandonandosi proprio in quel momento all'istinto. Eppure dovette continuare a ripetersi tutto per non assecondare l'impulso che andò a farsi bruciante ad ogni impercettibile tremito del respiro di lei.

Interruppe ciò che stava facendo dato che  il suo mantra si stava rivelando controproducente, allontanandosi e ritrovandosi a sfiorare il viso della verde, che si era voltata quanto più le fosse concesso dalla sua posizione per guardarlo; Pai quasi non si accorse di averla tirata verso di sé e di averla baciata finché un lieve mugolio di lei non gli perforò le orecchie, facendogli salire troppo caldo e troppo in fretta alle vene. Si diede del fissato e si obbligò a staccarsi da Retasu, ma non riuscì a sciogliere l'abbraccio in cui la stava stringendo, sebbene percepire la sua figura sotto la camicia da notte gli avesse fatto rotolare il cuore in fondo ai piedi.

Piantala, idiota.

Retasu sospirò forte, la testa riversa sulla sua clavicola, e allontanandosi malvolentieri decise di girarsi per vederlo in viso, rimirandolo con le iridi celesti adombrate e languide. Per Pai fu come se lo prendessero a pugni nello stomaco:

« Retasu, no. »

La verde spalancò gli occhioni e divenne rossa fin alla radice dei capelli, balbettando:

« I-io… Credevo che… – lo guardò titubante, arrovellandosi se per caso avesse frainteso l'atmosfera – Che tu e io… »

Uno dei rari momenti in cui il moro si domandò se davvero non avesse parte di DNA in comune con Kisshu. Se Retasu avesse continuato a guardarlo con quello sguardo tremulo e le labbra socchiuse, più rosee del solito per il loro ultimo bacio, lui…

Inspirò a fondo –  idiota, maniaco cretino di un idiota – e le sfiorò il profilo del viso con fare rassicurante:

« Non è il momento. – disse piano – Non qui. Non adesso. »

Perfino alla verde fu lampante che si sarebbe preso da solo a calci per ciascuna parola della frase; aggrottò appena la fronte:

« Perché? »

Il volto serio di Pai fu solcato da un guizzo di purissima frustrazione, quella era una tortura.

« Perché no. »

Proseguì lentamente, calcando le sillabe per convincersene. Retasu si fece più seria e lui insisté, la disperazione del suo stesso cervello che gli urlò per una volta di non dargli retta e di seguire segnali più a sud dell'equatore:

« Non è il momento adatto, ci vuole più… Calma. – fece vago – La situazione giusta. Inoltre ti ricordo che saresti convalescente. »

Retasu rimase seria a fissarlo, ma sembrò rifletterci sopra. Pai riprese un po' di serenità interiore  e si tranquillizzò, avrebbe mentito dicendo che non si stesse odiando, ma si ripetè che stava agendo in modo corretto: il viaggio dell'indomani, la prospettiva della battaglia, tutte le paure annesse… Non erano certo un'atmosfera ideale per ritrovarsi la prima volta in intimità.

« … Se a me non importasse? »

Va bene, Retasu aveva deciso di ucciderlo. In modo veloce e letale quantomeno.

Pai non riuscì ad articolare un suono di risposta e la vide aggrapparglisi alle braccia per poterlo raggiungere, premendo decisa la bocca sulla sua in un impacciato e tenero monito a non dire altro.

La verde gli portò le braccia dietro al collo, consapevole che entro pochi secondi le ginocchia non l'avrebbero più sostenuta come si deve, e lasciò che il moro l'aiutasse a sedersi sul letto poco distante troppo concentrata a baciarlo per riflettere su come e perché. Sentì le sue mani passare decise tra i suoi capelli, sulla curva della sua schiena, più calme e attente di quando si erano baciati al Palazzo Bianco e un curioso versetto misto tra un mugolio e un sospiro felice le risalì lungo la gola, strappando un sorriso anche a lui.

Pai iniziò a scostare calmo le mani, guadagnando con lentezza esasperante lo spazio dalla schiena di lei ai fianchi morbidi, pronto a fare marcia indietro al primo scatto negativo o ad un suo ritrarsi, e non trovando ostacoli iniziò ad accarezzarle più deciso le cosce spostando a poco a poco la camicetta per poter sentire il calore della sua pelle sotto le dita. Retasu avvertì il viso andare a fuoco, se il suo cuore avesse ulteriormente accelerato sarebbe esploso.

Si azzardò a muovere le mani dalla loro posizione facendole scorrere sulle spalle di lui, sulle braccia forti, sul petto ampio avvertendo l'addome stringersi e fare le capriole in tutte le direzioni mentre, ad occhi chiusi, visualizzò il fisico prestante che tracciarono le sue dita.

Sì, sarebbe morta d'infarto di sicuro.

Per poco non svenne quando la mano sinistra di Pai seguì la curva della sua gamba e scivolò sotto la camicia da notte; emise un mugolio così invitante che lui si dovette fermare per controllarsi, stritolando la stoffa attorno alla vita di lei con l'altra mano.

Retasu, il fiato corto e gli occhi liquidi dietro le palpebre abbassate, lo vide fissarla in attesa di una sua decisione su cosa fare; dovette deglutire un poco per rispondere:

« Va bene… »

Lui sorrise e la verde capì, se possibile, di aver preso un ulteriore tono di rosso in viso. Aveva sempre considerato il moro attraente, però quando sorrideva davvero era letale, almeno per lei:

« Non guardarmi così…! »

Lo pregò pigolando e Pai non riuscì a trattenere una mezza risata, rischiando sul serio di scatenarle un attacco di cuore; Retasu abbassò lo sguardo per allontanarsi un secondo dalle due ametiste che le sembrò riuscissero a vederle fin dentro l'anima e avvertì Pai toglierle con garbo gli occhiali dal naso.

« Ah! N-no, aspetta, sono… Ci vedo malissimo senza… »

Lui le sistemò la frangetta che aveva scompigliato sfilando le lenti e poggiò gli occhiali sul piccolo comodino di fianco al letto:

« Riesci a vedere me? »

Le sussurrò; la sola cosa che lei boccheggiando potè fare, il viso di lui come sola cosa chiara nel suo campo visivo, fu un timido cenno affermativo, che rubò al moro un altro indizio di sorriso:

« Bene. »

La riportò a sé e Retasu capì perché le avesse levato gli occhiali, poteva stargli molto più vicina senza vetro e metallo spiaccicati tra le rispettive guance. Pai ricominciò a baciarla con lentezza più studiata, schiudendole le labbra con calma e gustandosi il suo goffo giocare con la lingua e il suo sapore. Continuò a seguire le sue forme sopra la stoffa, muovendosi piano e attento alle reazioni di lei e ai suoi muti segni di proseguire – il respiro che accelerava, le dita che si chiudevano di scatto sui suoi vestiti per poi rilassarsi adagio – finché non si accorse che era riuscita a spostargli la maglia a sufficienza per scivolare sotto di essa; la verde disegnò il profilo dei suoi addominali con tanta leggerezza da fargli il solletico, ma il tepore delle sue dita delicate fu più intenso di tutto il resto e gli diede l'impressione di scottarlo. Emise un borbottio roco e si azzardò a muovere la mano sinistra, ancora ferma sotto il bordo della gonna, salendo la coscia palmo a palmo e proseguendo su, sui fianchi, la vita, la curva del seno. Retasu era tiepida, femminile, morbida, accarezzarla gli fece salire tanto sangue alla testa da fargli ronzare le orecchie, già invase dai mugolii che lei non stava più riuscendo a trattenere.

La sua calma ormai era finita.

La camicetta iniziò ad essere spostata sempre di più e Retasu sentì il cervello andare completamente in pappa, intanto che le carezze di Pai si fecero più decise e audaci.

Solo un pensiero riuscì a far capolino nel meraviglioso caos che stava esplodendo nella sua testa, distraendola quel poco che bastò perché Pai la sentisse irrigidirsi e si bloccasse.

« Vuoi che mi fermi? »

Per un terribile secondo temette che gli rispondesse sul serio di sì. La verde inspirò un paio di volte odiando quel concetto che aveva incrinato l'atmosfera e abbassò lo sguardo, tirando pudicamente su la camicia che il moro le aveva fatto scivolare sulla spalla:

« Io… Non ho mai… »

« Lo immaginavo. »

La tranquillizzò pacato e, Retasu non seppe perché, con un lieve sorriso che avrebbe potuto definire compiaciuto. Si portò le dita alle labbra con fare nervoso:

« Tu…? »

« Sì. »

Tagliò corto con onestà, impaziente che si chiudesse il discorso.

Certo che sì, che stupidaggini chiedo.

Di certo non era una regola, però Pai non le sembrò proprio il tipo da celibato fino al matrimonio, e non vide perché avrebbe dovuto esserlo. Ma non era la generica idea di altre ragazze ad averla bloccata e Pai iniziò ad intuirlo, aggrottando guardingo le sopracciglia intanto che lei si mordicchiò il labbro pensando a come formulare la frase successiva.

« … Inetak- »

« No. »

Le posò due dita sulle labbra perché non completasse quel nome:

« Non dirlo. – le chiese e alla sua espressione mogia, ma bramosa di sapere, ammise amaro – Sì, anche. E gradirei non ricordarlo. Specie adesso. »

Retasu annuì rispettando la richiesta e provò un maligno senso di freddo tentare di strisciare dentro di lei, chiedendosi senza volere se anche con Lenatheri Pai si fosse trovato così, entrambi seduti uno a fianco all'altra su un letto a baciarsi e accarezzarsi; se l'avesse sfiorata come aveva fatto con lei, se avesse provato lo stesso che stava provando con lei.

Pai sbuffò e le prese il viso tra le mani voltandola verso di sé:

« Tu non sei Inetaki – disse con voce ferma – Non pensare un secondo di paragonarti a lei. Sei cento volte meglio, sotto ogni aspetto. »

Terminò la frase con tono basso e roco per cui Retasu sentì un'onda di pelle d'oca risalirle la schiena; Pai la sentì arrossire sotto i palmi mentre la baciò, poi la lasciò andare piano, posandole le mani sui fianchi e guardandola ancora allusivo in attesa di un . Lei fece un minuscolo cenno e serrò gli occhi, il rossore che doveva esserle arrivato alle spalle.

Un leggerissimo brivido di freddo le increspò la pelle quando Pai le sfilò la camicetta; d'istinto la verde si rannicchiò su se stessa per scaldarsi e raccolse la camicia tra le mani davanti al petto, per nascondersi almeno un po' dallo sguardo penetrante del moro che, dopo averle rivolto un'occhiata divertita e intenerita per il gesto d'istintiva timidezza, a sua volta si levò la maglia. Retasu smise di respirare rimanendo incantata a guardarlo, assecondandolo docile quando le rubò la camicetta e l'accompagnò sul cuscino, contemplandola come se non avesse mai visto niente di più bello.

« Ti dirò una cosa che a lei non ho mai detto. »

Retasu dovette metterci tutto il proprio impegno per rispondergli, senza fiato nel guardarlo torreggiare sopra di sé e stregata dal modo accattivante con cui aveva pronunciato l'ultima frase:

« Cioè? »

Pai socchiuse gli occhi ametista con fare complice, sussurrando prima di baciarla:

« Düstet da ram… »

 

 

***

 

 

L'hangar principale di Jeweliria era stato costruito in uno strato roccioso intermedio tra la Città Sotterranea e le fondamenta di quella in superficie. Era un enorme androne largo e basso, con il soffitto a cupola e decine di navicelle di diverso tipo e dimensione sparse lungo le pareti.

Attraversandolo Ichigo riconobbe della navette simili a quelle su cui erano precipitati e altre più grandi, con il corpo a prisma e le fusoliere come lance, che le ricordarono quella su cui Kisshu, Taruto e Pai erano partiti dalla Terra.

Il tenente colonnello Blies li aveva aspettati all'ingresso dell'hangar e li aveva condotti fin quasi al suo limite, dove erano disposte le navicelle più grandi. A loro era stata assegnata una navicella grande almeno quanto un pullman, con un corpo ad uncino da cui emergeva un lungo abitacolo di forma triangolare; tutta la superficie era ricoperta di un materiale lucido e nerastro simile all'ossidiana compreso quello che la rossa individuò come il davanti della navetta e si chiese come avrebbero fatto i ragazzi a vedere il percorso, come si chiese su cosa poggiasse tutta la struttura dato che sembrò galleggiare perfettamente immobile ad un metro da terra.

Blies passò le ultime informazioni ai suoi compatrioti mentre i terrestri studiarono il loro nuovo mezzo di trasposto ansiosi. Keiichiro, per mano alla piccola Sury, li guardò tutti con un sorriso triste:

« Vi sarei solo d'impiccio – ammise con rammarico – posso solo aspettarvi fiducioso come sempre. »

« Andrà tutto bene Kei. »

Gli disse Ryou confortante e il bruno sorrise di rimando.

« Non fatevi male, eh? – fece Sury con voce tremolante – E tornate presto! »

Sembrò fare un enorme sforzo per non piangere. Eyner le accarezzò la testa e le bacio la fronte:

« Non avrai il tempo di divertirti tanto faremo in fretta. »

Lei tirò su con il naso e annuì, gli occhioni lucidi stringendo la mano di Kei. Lasa, andata a salutare tutti assieme ai due e a Iader, le premette confortante le mani sulle spalle e guardò il gruppo che partiva senza dire nulla.

« Mi raccomando. »

Disse solo l'uomo; Kisshu e Pai gli fecero un cenno di rimando, Taruto proruppe con un certo talmente esagerato che pure alle proprie orecchie suonò fasullo.

Gli alieni teletrasportarono i terrestri sulla navicella e si posizionarono attorno alla plancia di comando. Le MewMew osservarono le strumentazioni accendersi e ronzare e Ichigo si strinse un pugno al petto, dove sapeva esserci il frammento di Goccia:

« Andiamo. »

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 (*) lo dicono gli alieni nel capitolo 2

(**) meglio nota come stella di neutroni, è uno dei possibili stadi finali di una stella (more info here https://it.wikipedia.org/wiki/Stella_di_neutroni e https://it.wikipedia.org/wiki/Pulsar ). Sul discorso emissioni elettromagnetiche e il resto sono andata a mio solito mezza conoscenza scientifica/mezzo ricamo nel buonsenso ^^"" quindi prendetelo così ♥ 

 

 

 

 

 

 

 

~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~

 

Uff in qualche modo siamo arrivati in fondo. Ci sono un paio di personcine qui in mezzo che vorrei tanto prendere a cotognate in testa, del tipo "checacchiofaiagisciiii!!", e dire che l'ho scritto io –w-"!

Finalmente si passa al sodo!
Botte, sangue, squartamenti! Siamo pronti al bordello!

Ma non vi dico per chi ♥

Tutti: NON CI PROVARE B**TARDA!

Vi rassicuro con un paio di notiziole :3

1 – il cap nuovo è già in corso d'opera e al momento sta dando meno rogne di questo ♥  quindi speriamo bene

2 – ho un paio di nuove bozzette belle per FoP indi SE ritardassi il cap di Crossing non vi lascerò troppo a bocca asciutta :3

Ok ho blaterato fin troppo, un abbraccio a tutti voi che non mi avete ancora abbandonata ♥ 


Mata ne
~ ♥!

Ria

 

 

   
 
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