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Autore: Lady_Sticklethwait    17/05/2017    4 recensioni
Per Colin Bekwell quella non era una bella giornata, ma quando era venuto a sapere che la festa organizzata da sua madre non prevedeva che fossero servite bevande alcoliche, aveva trovato un buon motivo per continuare a covare il disappunto.
E così, Colin Bekwell si era defilato come il peggiore dei mascalzoni dalle avances delle sue corteggiatrici per prendere una boccata d’aria all'aperto e calcolare a mente il profitto annuale della sua tenuta quando, con sua immensa sorpresa, un ragazzino cadde dal cielo per atterrare su di lui.
Un ulteriore esame chiarì che il fanciullo in questione non era caduto dal cielo, ma da un grande pino.
«Stramaledizione» fu il suo elegante commento ritrovandosi spiaccicato come un uovo sbattuto.
Il suo grido di dolore si unì all’urlo di sorpresa del ragazzo.
Elisabeth non avrebbe saputo dire quale fosse la sensazione principale in quel frangente:
se il dolore della sua povera schiena o il fatto che fosse caduta su di un uomo o che si trovasse con il sedere in bella vista sul collo dello sconosciuto.
La sua mente, comunque, si rifiutò di trovare altri motivi disdicevoli per i quali flagellarsi una volta ritornata a casa.
Genere: Comico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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                                                                                     Capitolo 5
 
 
 


Colin Bekwell quarto duca di Kensbrung se ne stava seduto nel suo studio, la poltrona reclinata all’indietro e i piedi sulla scrivania.
Di tanto in tanto immergeva la mano nella cesta al suo fianco e sgranocchiava spensierato della frutta secca.
Si passò una mano tra i capelli mossi, erano ore che controllava i registri; in realtà aveva tanto bisogno di un segretario che lo aiutasse nel registrare i pagamenti, effettuare le dovute manutenzioni alle abitazioni dei fattori, regolarizzare assegni, controllare gli incassi mensili e annuali. Senza dimenticare che da lui dipendevano i servitori dell’intero palazzo e che era lui stesso a voler condurre affari speculativi con altri signori di rango inferiore o superiore.
Un bussare alla porta trattenuto lo destò dal suo lavoro,
«Avanti»
I piedi gli scivolarono dalla scrivania e la poltrona ricadde pesantemente sul pavimento.
Mrs Katherine Bekwell fece la sua entrata con un sorriso smagliante; madre di due figli, Colin e Julia, sembrava più giovane di quanto l’età effettiva suggerisse. Gli occhi grandi, il viso rotondo circondato da capelli scuri, ricci e corti non rivelavano di certo gli abbondanti sessanta anni.
Colin si alzò di scatto, non poteva permettersi di ignorare le buone maniere davanti a sua madre.
«Ho visto che avevi i piedi sul tavolo» disse Katherine prima che lui potesse aprire bocca.
«Stavo pulendo la superficie con le scarpe»
Katherine chiuse dietro di sé la porta con innata grazia e sospirò «Oh, Colin, a volte mi sembra che tu non abbia più di tre anni»
Colin le andò incontro e sorrise «lo prenderò come un complimento, madre. Ma sedetevi, vi prego» la scortò verso una poltrona viola bordata in pizzo bianco. Katherine si lasciò cadere e prese a sventolare il ventaglio con aria severa.
Non prometteva nulla di buono, non prometteva proprio niente di…«Figlio mio, saprai bene che questa settimana ricorre il compleanno di tua sorella» iniziò in tono teatrale. Ecco, Colin si sentì improvvisamente soffocare in quello studio così piccolo. Si alzò dirigendosi verso la finestra. Ah, l’aria. Pura, libera, magnifica…aria.
Katherine si schiarì la gola «ho intenzione di far coincidere la festa con il suo primo ingresso in società, caro. Cosa ne pensi?»
Colin fu colto alla sprovvista. Non aveva sentito nemmeno una parola di ciò che sua madre aveva detto, preso com’era a contemplare il paesaggio che si intravedeva dalla finestra «Emh, sì. Sì, certo. Magnifico» Avrebbe risposto "magnifico" comunque, anche se gli avesse chiesto se voleva leggerle un trattato di botanica o una dissertazione sulla tundra artica.
Katherine sembrò sciogliersi sulla poltrona. Sembrava davvero contenta di ricevere il consenso di suo figlio.
Colin si girò verso di lei, appoggiandosi con la schiena alla finestra e incrociando le braccia «Molto bene, madre. Ora rivelatemi il vero motivo per cui siete giunta qui»
«Colin!» le si imporporarono le guance «è così che ricevi tua madre?»
«Oh mi dispiace, che sbadato, una tale mancanza di cortesia dev’essere scambiata senz’altro per maleducazione. Volete del tè?» le suggerì il duca con ampio sarcasmo. Katherine si alzò dalla poltrona.
«Smettila di fare lo spiritoso. Sono venuta qui con…»
Il duca la interruppe con un cenno della mano «Madre, so perché siete venuta qui ed è proprio per questo che voglio risparmiarvi di perdere ulteriore tempo.»
«Bene» fece quella, stringendo con entrambe le mani il ventaglio «ma tutto questo non spiega dove sei sparito per un’intera serata»
Colin si grattò il mento con fare pensoso. Un’intera serata? Ma cosa diavolo…Sorrise, ricordando perfettamente dove era sparito quella serata.
Colin prese tempo prima di rispondere.
«Ve lo ha mai detto nessuno che siete troppo curiosa?»
Katherine si indispettì «Oh, me lo dicono in continuazione. Dove sei stato?»
«E ostinata, anche» commentò, afferrando la preziosa scatola d’oro che conteneva i sigari.
«Non posso farne a meno. Dov’eri?»
«Sapete» iniziò, prendendo un sigaro e portandoselo sulle labbra «stavo considerando di investire un po’ di soldi in una fabbrica di museruole destinate agli umani»
Katherine si avvicinò e sbatté un piede a terra, esasperata «dov’eri?»
Colin rifletté prima di dare una risposta a sua madre «Mhh, ora che mi ci fate pensare credo proprio di aver goduto della compagnia di una fanciulla, quella sera»
Il viso di Katherine si illuminò «Davvero? Chi è? Oh, figliuolo…» allargò le braccia e fece per avvicinarsi, ma Colin la fermò «Frenate l’entusiasmo, madre…Madre!»
Katherine non lo stette ad ascoltare e gli si gettò addosso, abbracciandolo e ridendo per la felicità. Katherine, molto più bassa del duca, gli arrivava al petto; Colin, d’altra parte, alzò le mani e diede una pacca sulla spalla della madre, imbarazzato. Dannazione, perché prendeva sempre fischi per fiaschi?
«Madre…» iniziò, cercando di dileguarsi dalla sua stretta.
«Sapevo che con la signorina Timberly avreste trovato un punto in comune!»
«Con la signorina… cosa?» quasi si strozzò. Aria, gli mancava la maledettissima aria.
Katherine lo liberò dall’abbraccio e lo guardò con occhi lucidi e speranzosi «Ma la signorina Timberly, chi altro sennò? E’ una fanciulla così a modo…»
Colin fece qualche passo di traverso svincolandosi dal raggio d’azione di sua madre per rifugiarsi nel suo piano di lavoro, frapponendo tra lui e sua madre la scrivania.
«Mi dispiace deludervi, madre, ma la signorina in questione non è sicuramente Kim…Tem…Kernely?» azzardò, accendendosi il sigaro.
«Timberly.»
La stanza di si impregnò del forte odore di sigaro e la madre arretrò, per non lasciarsi investire dal fumo.
«Sì, sì» fece un cenno con la mano ed espirò «come vi pare»
«Bhè» Katherine riaprì il ventaglio tornando a sventolare energicamente viso e petto «chiunque sia questa signorina dev’essere stato un dono dal cielo se…»
«Da un albero, ci tengo a precisare, e dubito che fosse un monito divino» la interruppe zelante Colin, che si guadagnò un’occhiataccia da sua madre
«Dicevo, dev’essere stato un incontro proprio speciale se è riuscita a catturare la tua attenzione per un periodo di tempo così lungo» parve soddisfatta, al termine di quella supposizione.
Colin sorrise, rivelando una fila di denti regolari e incredibilmente bianchi «Più che speciale, madre. Da quel giorno non faccio che dondolare sulle sedie, maledire i temporali e bestemmiare contro gli spifferi a causa del mio piede»
«Colin!» lo rimproverò la madre, per poi addolcire il tono «proprio non vuoi dirmi chi è la giovane donna che ti ha gentilmente soccorso poc’anzi?» sbatté le ciglia.
D’accordo, basta così. Era arrivato il momento di finire quella pagliacciata.
«Madre» iniziò, con fare affascinante, avvicinandosi alla porta «non ve lo ha detto nessuno che questa mattina siete particolarmente splendente?»
Katherine sorrise, adulata «Ti crederei, se non sapessi che sei il peggior furfante che abbia mai incontrato.»
Colin si inchinò e le baciò una mano «una delizia per gli occhi, ve lo assicuro»
«Questa è una risposta evasiva» lo rimproverò, vedendolo allontanarsi.
«E questa» disse quello con un sorriso da furfante «è una manovra evasiva»
«Colin! Fermati!»
Ma ormai era già uscito dalla stanza.



 
 
 
«Non potete perdervi l'esperienza di cavalcare sul Row» insistette lui nel tentativo di incuriosirla.
Funzionò. Elisabeth lo guardò. «Il Row? Che cos’e?»
«Rotten Row è una pista di sabbia a Hyde Park dove le persone più in vista si riuniscono dalle dodici alle due per cavalcare.»
«Rotten Row. Che nome!»
Ruark annuì «Essere vista a cavallo al Row è un modo eccellente per le giovani donne di impressionare i gentiluomini. Cavalcare è un'altra delle molte opportunità che offre la Stagione per conoscere potenziali mariti. Quindi vedete, dovreste imparare a cavalcare.»
Elisabeth sorrise con grazia «Oh, ma io so già cavalcare, signore»
L’uomo al suo fianco parve impressionato, ma non commentò. Arrivarono fin dove si affittavano le carrozze e l’uomo le consentì di scegliere il cavallo. Quasi non sussultò quando vide la donna avvicinarsi verso un cavallo nero dai muscoli guizzanti ed il comportamento non propriamente docile.
Allarmato, le si avvicinò «Miss Barbrook, siete proprio sicura di…» si arrestò.
Il cavallo, appena Elisabeth prese ad accarezzarlo sul volto e a familiarizzare con lui, sembrò acquietarsi. Anzi, addirittura si lasciava nutrire dalla fanciulla che in quel momento aveva raccolto una mela rossa dal grande cesto lì vicino per gli animali.
«Mr Tarlen» lo guardò sorpresa, accarezzando il muso del cavallo «potete chiudere la bocca? Pare che abbiate ingoiato uno sciame di moscerini»
Ruark scosse la testa, come a cercare di rimuovere quell’immagine e sorrise «Scusatemi, signorina Barbrook, ma non ho potuto far a meno di notare che siete molto esperta con…il…cioè con i cavalli» arrossì, e le si avvicinò «Posso aiutarvi a salire? Ce la fate?» le chiese, guardando il cavallo con sentita preoccupazione.
«Sono una scimmia» gli rispose Elisabeth «Mia madre diceva che dovrei muovermi con più leggiadria, ma a me è antipatica solo la parola»
A onor del vero salì sul cavallo senza farselo ripetere due volte, lasciando Ruark a terra. Poco dopo egli montò su un altro cavallo bianco e si diressero in una vasta zona verde delimitata al lato destro da un lago circolare.
Ogni tanto qualche gentiluomo si toglieva il cappello per salutare il signor Tarlen. Molti apparivano incuriositi da Elisabeth e probabilmente si domandavano chi fosse. Quella mattina i raggi del sole erano tiepidi e l’aria particolarmente piacevole; Elisabeth avrebbe voluto uscire da sola ma quando Mrs. Bigginton aveva attaccato un sermone su quanto fosse sconveniente per una giovane ragazza addentrarsi da sola, seppur in pieno giorno, in un luogo pubblico, aveva desistito. Con immenso piacere le aveva presentato il signor Ruark Tarlen, vecchio amico di famiglia, e l’uomo si era gentilmente offerto di scortarla. Ora, sulla natura di quella inaspettata gentilezza Elisabeth aveva nutrito non pochi dubbi, anche perché non di rado scopriva il signor Tarlen guardarla con occhi lucenti. Gli lanciò un’occhiatina, poi guardò subito avanti: non era un uomo particolarmente bello, ma sembrava molto atletico. E poi, aveva le unghie corte e pulite. Se c’era una cosa che aveva imparato in campagna, era che bisognava apprezzare gli uomini con le mani curate.
«Cos’è questo baccano?» chiese Ruark, avvertendo in lontananza schiamazzi e risatine. Elisabeth seguì il suo guardo e si lasciò catturare da un uomo che sfrecciava lungo un rettilineo in sella ad altrettanti cavalli.
«Dev’essere quel Bekwell» commentò Ruark, calcando l’accento sul suo nome, quasi lo odiasse «come al solito è impegnato in qualche assurda scommessa. Non ha nessun decoro, quell’uomo, né buon senso.»
Elisabeth strizzò gli occhi e vide un cavallo saettare montato da un cavaliere dall’abbigliamento bizzarro: la camicia era sfilata dai pantaloni ed aperta sul petto, non portava giacca né panciotto. Alcune fanciulle sul calesse erano rimaste a bocca aperta e guardavano la scena con falso stupore ma sotto sotto facevano battutine e si scambiavano occhiatine tutt’altro che poco maliziose.
«E’ osceno» commentò il signor Tarlen al suo fianco «la prego, signorina Barbrook, di scusarmi per averle imposto la vista di questo spettacolo pietoso, ma non c’è alcun modo di tornare indietro data la…» si arrestò, notando che Elisabeth aveva gli occhi che le brillavano e le labbra socchiuse «signorina Barbrook? T-t-tutto bene?»
«E’ meraviglioso» mormorò stupefatta.





Note d’autrice.
Sono davvero contenta di aver ripreso a scrivere questa storia. Vi ricordavate di Ruark? Io sì, ed anche molto bene, quel brutto ceffo. Chissà che ruolo investirà in questa storia.
Povera Katherine, dev’essere davvero difficile crescere un figlio testardo come Colin. Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, sono davvero curiosa di ascoltare il vostro parere. A presto!




 
Lady Sticklethwait.

 
   
 
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