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Autore: Mary P_Stark    17/05/2017    4 recensioni
Inghilterra - 1823
Elizabeth Kathleen Spencer, figlia di Christofer e Kathleen Spencer, si appresta ad affrontare la sua prima Stagione a Londra e se, per lei, questa è un'avventura in piena regola, per il padre appare come un incubo a occhi aperti.
Lizzie - come Elizabeth viene affettuosamente chiamata in famiglia - è ben decisa a divertirsi nella caotica Londra, in compagnia della sua adorata amica Charlotte, e non ha certo in mente di trovarsi subito un marito.
Al pari suo, Alexander Chadwick, secondogenito del duca Maxwell Chadwick, non ha interesse ad accontentare le mire paterne, che lo vorrebbero accasato e con figli, al pari del primogenito.
Per Alexander, le damigelle londinesi non hanno alcuna attrattiva, troppo impegnate a mostrarsi come oggetti di scena, per capire quanto poco, a lui, interessino simili comportamenti.
L'atteggiamento anticonformista di Elizabeth, quindi, lo coglie di sorpresa, attirandolo verso di lei in una spirale sempre più veloce, che li vedrà avvicinarsi fino a sfiorarsi, sotto un cielo di stelle, mentre il Fato sembra cospirare contro di loro. - Seguito di UNA PENNELLATA DI FELICITA'
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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18.
 
 
 
 
Un gemito si levò dalle sue labbra, piegate in una smorfia dolorosa.

L’attimo seguente, Alexander aprì debolmente gli occhi e si guardò intorno confuso, riconoscendo le pareti amene della sua stanza e… Elizabeth addormentata sulla sua poltrona?!

Rizzandosi a sedere di colpo – e procurandosi un feroce dolore al fianco – il giovane fissò sgomento e terrorizzato la ragazza, profondamente addormentata e coperta da un pannetto leggero.

Durante quella notte così concitata, la crocchia doveva essersi sciolta, e ora i suoi capelli castano dorati le scivolavano attorno al viso come una splendida cornice.

Il punto, però, non era tanto notare la sua indubbia bellezza, quanto piuttosto capire perché lei si trovasse lì, e non al sicuro a casa propria.

Possibile che lord Phillips non se la fosse caricata a forza su una spalla, in barba alle sue proteste?

Un quieto bussare bloccò le sue domande inespresse e, quando diede il benestare al nuovo arrivato, sbiancò in viso quando vide entrare niente meno che Christofer Spencer.

“Ah…l-lord Spencer, io… ecco…” tentennò Alexander, decisamente a corto di parole.

Un’autentica rarità, per lui.

Christofer lanciò solo una breve occhiata alla figlia addormentata, prima di puntare lo sguardo verso il giovane seduto nel suo enorme letto.

Sospirò leggermente, poggiò le mani sui fianchi e infine disse: “Diamo per scontato che io abbia capito il perché di questa bravata. Ma perché portare sia lei che Charlotte…”

Lo sguardo di Alexander corse al viso dormiente di Elizabeth e, subitaneo, un dolce sorriso sorse sul volto del giovane.

“Avete mai provato a dirle di no?” domandò poi il secondogenito dei Chadwick, lanciando un’occhiata significativa a Christofer.

Sospirando nuovamente, Harford scosse la testa e borbottò: “Siamo già a questo punto, ragazzo? Vi ha completamente privato di un minimo di nerbo?”

“Temo di non poter appellare nessuna scusa al riguardo, milord e, ovviamente, visto l’increscioso evento che ci ha portati a questa situazione più che imbarazzante, mi impegno fin d’ora a sposare vostra figlia” ci tenne a precisare Alexander.

Christofer, però, scosse una mano come se la cosa, al momento, non gli importasse e, guardando la figlia, si limitò a dire: “Dovrete imparare a dirle di no, almeno ogni tanto, o vi ritroverete a dover cantare dall’alto di un campanile, la domenica, e solo per farla contenta.”

“Come, prego?” esalò Alexander.

Sorridendogli comprensivo, lord Spencer aggiunse: “Mia moglie andò a caccia di lupi, mentre io ero in guerra, perché mio padre era impossibilitato a uscire con i nostri cacciatori. Quando tornai, rischiai il linciaggio da parte sua, perché aveva desiderio di replicare l’uscita. Dovetti impormi con tutto il mio impegno, per impedirglielo.”

“Cosa fece mia madre?!” sbottò all’improvviso Elizabeth, balzando in piedi dalla poltrona e tenendo il pannetto tra le mani.

I suoi occhi erano sgranati, e più che mai desti.

“Eravate sveglia!” esclamò Alexander, non sapendo se sospirare di piacere nel notare la sua chioma lunga oltre la vita e rilucente alla luce delle candele, o irritarsi per quel tiro mancino.

Christofer si limitò a scuotere nuovamente il capo, sorridere alla figlia e chiosare: “Secondo punto, giovanotto. Rammentate di controllare sempre che le porte siano ben chiuse, e con lei a distanza di sicurezza.”

Ciò detto, si avvicinò a Lizzie, le sfiorò il viso tumefatto con una mano, il polso bendato e infine la baciò sulla fronte, mormorando: “Quando Anthony è venuto a svegliarci, abbiamo rischiato di morire di paura, sappilo. Capisco i motivi che ti hanno spinta, tesoro, ma non farlo mai più.”

“Scusami, padre… ma volevo assolutamente salvare Roy” sospirò la giovane, affondando nel suo abbraccio.

Christofer la strinse a sé, cullandola contro il suo torace come aveva sempre fatto da quando era nata e, dentro il suo animo, si aprì uno squarcio.

Avevano rischiato di perderla e, in qualche modo, la stavano realmente perdendo.

Se non altro, ora Christofer poteva dirsi tranquillo nel perderla per un giovane che aveva ampiamente dimostrato di tenere a lei come persona.

Certo, quel loro colpo di testa avrebbe potuto causare danni immani, ma l’uomo capiva più che bene cosa avesse spinto Alexander a non negarle quell’occasione.

Elizabeth agiva sempre in prima persona, e non avrebbe mai accettato che qualcuno rischiasse al posto suo.

Questo, Alexander l’aveva compreso e, amandola come sembrava amarla, aveva tentato di accontentarla, pur premurandosi di coprire le spalle alla loro brigata raffazzonata tra capo e collo.

Il giovane Chadwick aveva inviato un suo uomo a mettere al corrente Anthony delle loro intenzioni, indicandogli il luogo in cui avrebbero controllato per trovare le prove che cercavano.

A quel punto, forte della sua influenza, il loro comune amico aveva mobilitato una squadra di poliziotti per raggiungere i docks e salvare i ragazzi da un potenziale disastro.

Era stato lì che avevano incrociato Raymond e Charlotte, in sella a due cavalli, intenti a cercare aiuto per i loro amici.

Quando si scostò dalla figlia, Christofer le sorrise e, con gesti teneri, le asciugò le lacrime dalle gote, domandandole: “Hai anche sentito quando il nostro giovane Chadwick ti ha chiesta in moglie?”

Arrossendo, lei assentì e, nel lanciare un’occhiata ad Alexander, gli chiese: “Lo fate solo per salvarmi dallo scandalo?”

“E’ solo un’ottima scusa per obbligare vostro padre ad accettare” dichiarò divertito lui, ammiccando poi a Christofer, che rise brevemente.

“Beh, allora, posso dire che mi dichiaro colpevole, padre. Sono davvero costretta ad accettare la generosa offerta di lord Chadwick perché mai, per nulla al mondo, vorrei mettervi in imbarazzo, gettando uno scandalo simile sulla nostra famiglia” sospirò allora Elizabeth, poggiandosi una mano sul cuore. “In tutta onestà, sarà un gravoso peso da portare ma, per voi tutti, farò questo e altro.”

“Avete più o meno capito a chi siete finito in mano, ragazzo? Se volete, posso cercarvi una via d’uscita” ironizzò a quel punto Christofer, sorridendo a un divertito Alexander.

“Penso di poter affrontare la sfida” disse per contro il giovane.

“Molto bene, allora” sentenziò Harford, scostandosi dalla figlia. “Ti posso offrire due minuti da sola con lui, poi uscirai e andremo a casa. Mamma e gli altri sono in ansia e…”

Interrompendosi quando, nel corridoio, si udì un pesante avanzare di passi, Christofer, Elizabeth e Alexander si volsero verso la porta chiusa, chiedendosi cosa stesse succedendo.

Un battente venne sbattuto di colpo, e la voce stentorea di lord Mallory-Jones riverberò per mezzo abitato, sbottando: “In quale altro guaio ti sei cacciato, scriteriato che non sei altro?!”

Lizzie si coprì la bocca per non urlare sgomenta e Christofer, aggrottando la fronte, si domandò se intervenire o meno.

Non erano affari suoi, dopotutto, ma conosceva anche abbastanza bene il padre di Raymond, per sapere quanto potesse essere poco comprensivo e assai violento.

“In nessun guaio, padre, e vi prego di abbassare la voce. Siamo in casa d’altri, e non mi sembra cortesia urlare come se fossimo al mercato del pesce” replicò la voce pacata di Raymond.

Evidentemente, dovevano essersi portati tutti nel corridoio.

In barba allo sguardo d’ammonimento del padre, Elizabeth sgattaiolò verso la porta chiusa e, con un’abilità sopraffina, la socchiuse senza fare alcun rumore.

Alexander si coprì la bocca per non ridere, di fronte a quella marachella, e Christofer scosse il capo esasperato, pur lasciandola fare.

“Non mi interessa un bel niente di Maxwell Chadwick, in questo momento, ma di te, folle che non sei altro! Che storia è, quella che mi sono sentito propinare da quello sciocco servo che è giunto stamani a casa nostra? Avresti passato la notte fuori con quella sgualdrina della figlia dei Ranking?!”

Elizabeth fece tanto d’occhi, a quelle parole e, rialzandosi in fretta, fece per uscire dalla stanza per cantargliene quattro, ma suo padre la afferrò per tempo, bloccandola.

Scuotendo il capo, le intimò di tacere, e fu a quel punto che Raymond diede il meglio di sé.

“Prima di tutto, vi chiedo… anzi, vi impongo di moderare il linguaggio, visto che è della mia fidanzata, di cui state parlando. Secondariamente, voglio dirvi che, da questo momento in avanti, io non dimorerò più presso casa vostra, padre, ma prenderò possesso del nostro palazzo a Bath. Vi farò visita ogni tanto, come ogni bravo figlio dovrebbe fare, ma nulla più di questo.”

“Che diavolo stai dicendo? E da quando in qua, quella…” cominciò col dire Mallory-Jones, ipoteticamente indicando Charlotte. “… sarebbe diventata la tua fidanzata?”

“Da circa due ore. Ho chiesto il permesso a suo padre, e lui ha convenuto con me che, per il buon esito di questa insolita nottata, io avrei dovuto sposare sua figlia” dichiarò Raymond, con voce insolitamente sicura.

“Passi pure questo fidanzamento raffazzonato, ma non ti permetterò di fare quel che vuoi! Tengo ancora io i cordoni della tua borsa! Farai ciò che ti dirò io, a cominciare dal venire a casa con me ora!” ringhiò l’uomo, con tono lugubre.

“In questo vi sbagliate, padre. Già da anni ho una mia rendita personale, poiché intestaste a me diversi possedimenti nella zona di Bath e nell’Essex. La villa a Bath, inoltre, è sempre intestata a me, se ben ricordate e, se anche doveste togliermi la rendita come vostro erede, potrei vivere dignitosamente con ciò che mi resta” replicò pacifico Raymond. “Inoltre, i coniugi Ranking si sono dimostrati ben disposti verso di me, e hanno pensato di trasferirsi a loro volta a Bath, e acquistare i terreni dappresso ai miei, così da unire le due proprietà.”

“Che cosa?!” sbottò Mallory-Jones.

“Non avete mai nascosto il vostro disprezzo verso di me. Ebbene, vi consegno le chiavi per cacciarmi di casa, pur se io ho già deciso di lasciarla. Dipenderà da voi, e solo da voi, se lasciare o meno il titolo a me, o a qualche mio cugino. Poco mi importa, visto che ho già trovato ciò che voglio” terminò di dire Raymond, facendo esplodere il padre in un’imprecazione degna di nota.

Elizabeth si tappò le orecchie e Christofer, con un sospiro, esalò: “Amen. Questa è andata. L’hai sentita, vero?”

“Sono arrivata tardi. Scusa, padre” mormorò contrita Elizabeth.

“E’ la mattina delle scuse, questa” celiò lui, ascoltando il suono dei passi di Mallory-Jones avventurarsi verso la porta d’entrata, per poi sbatterla con violenza.

Fu in quel momento che la risata di Maxwell Chadwick riverberò per le scale e, nello scendere in direzione di Raymond e Charlotte, esclamò: “Ben fatto, ragazzo. Non avrei saputo esprimermi meglio!”

“Grazie, signore” sorrise impacciato il giovane, stringendo la mano protesa del padrone di casa.

“E tu, ragazza, sei stata impagabile. Non far caso a quel che esce da quella cloaca che è la bocca di quell’uomo. Suo figlio è di tutt’altra pasta” aggiunse poi Maxwell, rivolgendosi a Charlotte.

La ragazza sorrise, assentendo nello stringersi al braccio di Raymond.

Soddisfatto, Maxwell puntò poi alla stanza del figlio e, senza bussare, entrò, esclamando: “Ah, bene! Siete svegli entrambi! Come sta il mio ragazzo?!”

Sorridendo al padre, Alexander dichiarò: “Oserei dire che ti hanno sentito dal fondo della strada. Hai un tono di voce che ammazzerebbe, se fosse di poco più alto.”

“Sono cose da dirsi a un pover’uomo che ha visto giungere il proprio figlio bucherellato come un puntaspilli?” brontolò Maxwell, dandogli una pacca sulla spalla sana.

Elizabeth sorrise al padre e lord Chadwick, nel volgersi verso di loro, raggiunse Lizzie in poche, rapide falcate e la abbracciò stretta, sollevandola poi da terra come un fuscello.

“Oh” gracchiò lei, praticamente stritolata da quell’abbraccio.

“Brava ragazza… sono davvero contento che mio figlio abbia avuto abbastanza sale in zucca da innamorarsi di te” le sorrise poi gioviale Maxwell.

“Ah, beh… grazie” esalò lei, stringendo la mano protesa dell’uomo, e ricevendo per diretta conseguenza un’autentica scossa di terremoto in cambio.

Christofer rise, di fronte alla fisicità del vecchio amico di famiglia e, battendo una mano sulla spalla nerboruta di Maxwell, disse: “Temo dovrai essere più delicato di così, con lei. E’ un po’ piccolina.”

“Oh, già, già… giusto” rise l’uomo, arrossendo un poco. “Ma so da fonti certe che è un piccolo asso, con le armi.”

“Come?” esalò Christofer, fissando curioso Elizabeth, che avvampò in viso.

Lappandosi nervosamente le labbra, lei mormorò: “Posso spiegarti tutto, padre.”

Sospirando nuovamente, Christofer si passò una mano tra i capelli e borbottò: “A casa. Voglio sentire questa storia una volta sola, e poi mai più. Ora, quindi, penso ci accomiateremo. Avrete tempo per parlare più agevolmente quando Alexander si sarà ripreso.”

“D’accordo” assentì la figlia prima di correre verso il letto, stampare un bacio sulla guancia di Alexander e sussurrare: “A presto!”

“Lizzie!” la richiamò all’ordine il padre, facendola scoppiare a ridere.

Con un ultimo saluto, padre e figlia uscirono dalla stanza e, quando Maxwell fu finalmente solo col figlio, tornò serio e mormorò: “Ti senti bene, ragazzo?”

“Tutto bene, davvero. Il colpo mi è passato attraverso, senza ledere alcun organo. Fa solo un po’ male. La spalla, invece, aveva solo un graffio” lo ragguagliò Alexander, sfiorandosi la guancia dove Elizabeth l’aveva baciato.

Sorridendo a mezzo, Maxwell chiosò: “Mi sembra davvero una ragazza in gamba.”

“La è, padre. E la amo.”

“Allora, direi che va bene. E non dovrò neppure insegnarle a sparare, visto che lo sa già fare!” scoppiò a ridere l’uomo, coinvolgendo anche il figlio.
 
***

Tutta la stanchezza accumulata in quelle ore – solo in parte mitigata dal pisolino schiacciato sulla poltrona di Alexander – stava per farla crollare.

Elizabeth, però, sapeva bene che non avrebbe guadagnato la via della camera da letto, se prima non avesse tranquillizzato di persona la sua famiglia.

Quando, perciò, entrò nel salottino dove si erano radunati tutti, si sentì morire dentro nel vedere i risultati del suo colpo di testa.

Violet, con evidenti segni di pianto, dormiva tra le braccia di Andrew, appisolato sopra un divano, un braccio saldamente ancorato attorno alla ragazzina.

Le sorelline e il fratello di Violet si erano divisi il secondo divano, e dormivano saporitamente l’uno contro le altre.

Myriam e Kathleen, invece, stavano sorseggiando del tè di fronte alla finestra che dava sul giardino, Anthony era seduto su una poltrona, intento a leggere e Max era appollaiato su un cuscino, accanto al fratello.

Julianne e Wendell, infine, erano appollaiati su una poltrona. Il marito teneva amorevolmente la moglie sulle ginocchia, e le loro mani si stringevano anche nel sonno.

La sua entrata in scena fece destare gli adulti assonnati e scuotere Andrew e Max dal loro sonnellino.

Subito, Kathleen le corse incontro per abbracciarla e, spiacente, le sfiorò la guancia tumefatta.

Elizabeth le sorrise, mormorando che non le faceva troppo male ma, quando incrociò lo sguardo del gemello, scoppiò in lacrime.

Sospirando, Andrew scostò dolcemente Violet per non svegliarla e, in silenzio, raggiunse la sorella per abbracciarla.

L’attimo seguente, anche Max li raggiunse e, tutti e tre si strinsero in un abbraccio collettivo e senza parole.

Myriam sorrise agli amici e Anthony, lasciato da parte il libro, li raggiunse e disse: “Per dovere di cronaca, il lestofante che ti ha colpita è già a Newgate, e i ragazzini sono stati ricondotti ai rispettivi orfanotrofi.”

Elizabeth assentì e, rivolgendosi al padre, domandò: “Roy come sta?”

“Sta molto bene, e credo abbia già raccontato a tutti di come la sua miss Elizabeth sia giunta a salvarlo” le sorrise Christofer.

“Oserei dire che avrei dovuto fare da chaperon al giovane Chadwick, e non a te, visto come sei riuscita a circuirlo” le sorrise Julianne, avvicinandosi per abbracciarla.

“Scusa, zia… sono stata una pessima pupilla” sospirò Lizzie, ammiccando nel mentre allo zio, che le depositò un bacio su una guancia.

“Lizzie?” mormorò poi all’improvviso una voce, dietro di loro.

Elizabeth si volse a mezzo e, sorridendo nel veder giungere un’assonnata Violet, la strinse in un abbraccio e le baciò i biondi capelli, sussurrando: “Scusa se ti ho fatto spaventare, tesoro.”

“Il papà mi ha spiegato perché sei andata via nella notte… io non avrei mai avuto un coraggio simile. Correre in aiuto di un amico come hai fatto tu!” esalò la bambina, intrecciando le mani e guardandola con estremo orgoglio.

Anthony storse subito il naso e, fissando la primogenita, sottolineò: “Non ti sognare di imitarla, tesoro.”

“Ma padre! Lizzie ha fatto una cosa splendida!” protestò Violet.

“Oltre che folle, e pericolosissima” replicò subito Elizabeth. “Ho rischiato di far succedere delle cose brutte ai miei amici, col mio gesto, quando avremmo potuto chiedere subito l’aiuto di tuo padre.”

Sospirando, Anthony fu costretto ad ammettere: “Probabilmente, non avrei potuto darvelo, senza prove certe a confutazione. Neppure io ho tanto potere. Nonostante tutto, avete agito bene. Quei lestofanti stavano per partire e, pur sapendo di dover cercare nei docks, avremmo impiegato troppo tempo per trovarli. Voi, invece, avete avuto più acume di me, nel trovare il posto, e li avete salvati.”

E tu, come hai salvato noi?” gli domandò Elizabeth, sempre stretta ai fratelli.

Sorridendo appena, Anthony asserì: “Il tuo Alexander mi ha mandato un messaggio, la scorsa notte, in cui mi informava della vostra intenzione di controllare una zona in particolare dei docks, e di far intervenire la polizia con la scusa di un carico di whisky di contrabbando pronto a partire per la Francia. Detto tra noi, c’era realmente. Non so come lo sapesse, ma è stato il movente giusto per far muovere gli agenti. Diversamente, non si sarebbero mai mossi da Bow Street. Brutto da dire, ma è la verità.”

Elizabeth si ritrovò a sorridere con cieco orgoglio e, nell’osservare l’amico di famiglia, asserì: “E’ un tuo grande ammiratore, perciò gli farà piacere sapere che hai apprezzato il suo stile” sorrise Elizabeth. “Forse, per una volta, tornerà a piacergli parlare per un pubblico attento.”

Christofer le sorrise divertito e, nel carezzarle i capelli, disse: “Credo tu abbia bisogno di un buon bagno e una bella dormita. Ti faccio preparare la vasca?”

“Sarebbe molto bello, padre. Grazie” assentì la giovane, vedendolo uscire subito dopo dal salottino.

“Quindi, sorellona, ora che succede? Sposerai Chadwick, dopo questa …avventura clandestina?” ironizzò Max, ammiccando.

Lei arrossì appena, annuì e, rivolgendosi ai fratelli, sottolineò: “Lo sposo perché lo voglio, e perché lui vuole me. Ma lo scandalo è una buona scusa.”

Tutti risero sommessamente e, mentre Violet sospirava lieta all’idea di un imminente matrimonio, Andrew tornò ad abbracciarla, sussurrandole all’orecchio: “Dovrebbe essere un idiota, a non volerti.”

“Grazie.”
 
***

Pettinando i capelli della figlia al posto di Lorelai, Kathleen sorrise al riflesso della figlia nello specchio e, nello stringerle le chiome in una treccia, mormorò: “Sei sicura, tesoro? Papà può trovare una scappatoia, se vuoi.”

“No, madre, sono sicura. Sono andata con lui perché non avrei sopportato se, per una cosa che io volevo, lui avesse avuto a soffrirne e io non fossi stata presente.”

La mano di Kathleen si bloccò per un istante, e la sua mente volò a tanti anni prima, quando un medesimo pensiero l’aveva scossa, portandola su quel colle, la mattina del primo giorno dell’anno.

“Inoltre, lui mi vede, mi ascolta, e apprezza i miei punti di vista, anche quando divergono dai suoi. E’ un liberale come papà, il che non guasta, e vorrebbe più libertà per noi donne” gli elencò lei, sorridendo sempre più orgogliosa.

Ridendo sommessamente, Kathleen assentì e disse: “Va bene, tesoro. Volevo solo essere sicura che tu avessi valutato bene la cosa. In fondo, non vi conoscete da molto. E il suo bel viso avrebbe potuto cospirare contro di te, facendoti vedere cose che non vi sono.”

Sorridendo nell’arrossire, Elizabeth asserì: “Oh, sì… Alexander è bello, non posso negarlo. Ma ha saputo dirmi le cose che io avrei sempre voluto sentire… e ha difeso quei ragazzi. Li ha cercati per me. Ha tentato di salvarmi da quel manigoldo, pur essendo a terra e ferito.”

Baciandole il capo, Kathleen mormorò: “Mi andava già bene quando hai detto che apprezza il tuo punto di vista.”

Volgendosi a mezzo, Lizzie rise e le domandò: “E’ vero che hai dato la caccia ai lupi, madre?”

“Ohibò. E questa cosa come l’hai saputa?” esalò la donna, colta di sorpresa.

Scoppiando a ridere, Elizabeth si levò in piedi, abbracciò la madre ed esclamò: “Ho i genitori migliori del mondo!”

“Ricordatelo, quando saremo vecchi e decrepiti, e diremo sciocchezze per via della demenza senile” la prese in giro Kathleen, pur apprezzando le parole della figlia.

Lei assentì, prima di esclamare: “Oh, una cosa! Anche Charlotte si è fidanzata! Con Raymond! Avresti dovuto sentire come ha inveito contro suo padre, per difendere Charlie e il suo onore!”

Sbattendo le palpebre per la confusione, Kathleen celiò: “E dire che io pensavo che i matrimoni si combinassero da Almack’s, e non nel corridoio di casa di lord Chadwick.”

Lizzie scoppiò a ridere e sua madre con lei.

Pur non avendo rispettato le convenzioni, Elizabeth non poteva lamentarsi. Aveva esaudito tutti i suoi desideri, più uno non previsto.

Si era divertita, aveva danzato in ricche stanze e con pregiate musiche, aveva avuto un’avventura e, a sorpresa, presto si sarebbe sposata.

Di certo, quel viaggio a Londra le aveva riservato più sorprese – e scoperte – di quanto non si sarebbe mai immaginata.
 
***

“Mamma è quasi svenuta, quando ha saputo tutta la storia, ma papà è stato buono con me, e ha capito. Non se l’è presa più di tanto. Inoltre, apprezza Raymond e la sua maturità” sorrise Charlotte, sorseggiando del tè nel salottino privato di Elizabeth.

Annuendo, Lizzie mordicchiò un biscotto e replicò: “Anche i miei genitori hanno compreso, pur se so che li ho fatti morire di paura. Sapevo solo di doverlo fare.”

“E io ti capisco, amica mia. E’ per questo che ti ho seguita… so quanto tieni a quei ragazzi.”

Elizabeth le sorrise e ammise: “Mi è sempre spiaciuto molto per le loro condizioni e, fino a poco tempo addietro, neppure riuscivo a mettere piede in uno degli orfanotrofi dei miei genitori. Sentivo di non esserne degna, di avere tutto senza aver fatto nulla per meritarmelo, e vedere quei bambini senza padre o madre, totalmente indifesi e privi di un difensore, mi faceva star male.”

“Lizzie…” sospirò comprensiva Charlotte, sfiorandole una mano.

“Ora, però, posso guardarli negli occhi, perché so di avere dato il mio contributo e, se potrò, ne aprirò altri a mia volta, e salverò tutti quelli che potrò. E’ mio dovere.”

Charlotte assentì e, nel levarsi in piedi, abbracciò l’amica e sussurrò: “Sono sicura che Alexander ti darà una mano. Io e Raymond, se potremo, faremo qualcosa a nostra volta. Non so come andrà a finire, stasera, ma sono convinta che non sarà una cena così disastrosa come teme lui.”

Ridendo imbarazzata, Lizzie esalò: “Non farmi pensare alla nostra, di cena. Stasera conoscerò il fratello di Alexander, oltre alla sua famiglia. Non oso immaginare che idea si saranno fatti di me.”

“A lord Chadwick sei piaciuta” replicò Charlotte, avviandosi verso la porta per uscire assieme a Elizabeth.

“Incrocio le dita, poi ti farò sapere” le sorrise Lizzie, facendo poi un cenno a uno dei domestici perché preparassero la carrozza per accompagnare Charlotte a casa.

“Niente può essere peggio di quello che abbiamo visto” le ricordò l’amica.

Elizabeth assentì e, anche molto tempo dopo, mentre Lorelai le sistemava i capelli in una crocchia sopra la nuca, si disse che nulla avrebbe potuto cancellarle dalla mente quello scempio.

Però, avrebbe potuto combattere perché non avvenisse più.

Questo poteva farlo, ed era certa che Alexander l’avrebbe sostenuta, in questo.

Al solo pensiero, arrossì e Lorelai, notandolo, sorrise e disse: “State pensando a sua signoria, vero?”

“E’ demoralizzante sapere che sono diventata trasparente” rise divertita Lizzie, sorridendole. “Lo conosco da così poco… eppure, non penso possa esistere persona migliore di lui, per me.”

“Vostro padre mi sembra soddisfatto. E’ un buon indice per giudicare lord Chadwick. Naturalmente, dopo che sarà passato a sua grazia il panico da perdita della figlia.”

Lizzie scoppiò a ridere, annuendo, e ammise: “In effetti, quando ha scritto di suo pugno l’invito a cena per la famiglia Chadwick, era un po’ pallido.”

“Starà bene… ne sono sicura” la rassicurò la cameriera, terminando di sistemarle i capelli. Dopo aver appuntato l’ultima spilla, assentì soddisfatta. “Ora siete perfetta.”

Elizabeth si ammirò allo specchio, sorrise nel vedere i boccoli ricaderle sulle spalle nude, a sfiorare lo scollo orizzontale dell’abito.

Le maniche a sbuffo erano di un tenue color lavanda, al pari della gonna ampia e che le solleticava le caviglie.

Ai piedi portava già delle scarpine di seta bianche, che richiamavano i ricami di fiori che si sollevavano dall’orlo dell’abito verso l’alta cintura di raso che le stringeva la vita.

Sperava davvero che ad Alexander piacesse il color lavanda, perché lei non vi avrebbe mai rinunciato.

Avevano ancora molte cose da imparare, l’uno dell’altra ma, prima di arrivare al loro matrimonio, sarebbero occorsi ancora molti mesi.

Si sarebbero maritati a York, nel mese di ottobre, il giorno del suo compleanno, esattamente come aveva espressamente chiesto Alexander.

Nel frattempo, avrebbero avuto modo di scoprire altro, dei rispettivi gusti e desideri ma, l’importante, già lo conoscevano.

Si rispettavano, e avevano a cuore l’uno le esigenze dell’altra. Il resto sarebbe venuto da sé.
 
***

Non era nervosa, non era nervosa, non era…

La campanella alla porta suonò ed Elizabeth, quasi schizzando in piedi dalla poltrona, neanche l’avessero punta con un ago, esclamò: “Sono qui!”

Andrew la fissò con autentica ironia e Violet, poggiando sulle ginocchia il suo libro sulle tecniche nautiche dell’Ammiraglio Nelson, le sorrise e asserì: “Non vedevi l’ora, vero, Lizzie?”

Elizabeth si limitò ad assentire ma, ricordandosi ciò che aveva promesso al padre, attese compita che si muovesse e uscì dal salottino solo dopo di lui.

Max, però, le fece notare quanto le sue mani tremassero nervose e lei, per diretta conseguenza, gli fece la lingua.

Kathleen sorrise nel vederli scherzare a quel modo ma li richiamò all’ordine e, quando il maggiordomo si fece avanti per avvisare la famiglia dell’arrivo degli ospiti, Christofer assentì compunto.

Anche se avrebbe voluto ridere a crepapelle.

Da quando aveva ordinato a Elizabeth di non combinare altri guai, la figlia si era comportata in modo impeccabile, pur avendo più volte rischiato di peccare nei suoi intenti.

Non si sarebbe mai trattenuta tanto, se Alexander non le fosse realmente interessato.

Così, quando vide Maxwell avvicinandosi per primo con le mani sollevate per stringere le sue, Christofer si disse che, dopotutto, avrebbe potuto andare peggio.

Lizzie avrebbe potuto incapricciarsi di un emerito idiota, e lui avrebbe dovuto impersonare la parte del cattivo, rischiando di inimicarsela solo per il suo bene.

Per un giovanotto come Alexander Chadwick, che aveva dalla sua anche una famiglia che lui apprezzava, sapeva di poter accettare molto meglio la futura partenza della sua Lizzie.

“Christofer, ben ritrovato!” esordì Maxwell, stringendo entrambe le mani dell’uomo. “Allora, dov’è la tua bellissima moglie?”

Harford sorrise e, nel fare un cenno a Kathleen, asserì: “Benvenuto, Maxwell, e un caldo benvenuto alla tua famiglia.”

Kathleen fece una riverenza al nuovo arrivato e Maxwell, con un inchino perfetto, le strizzò l’occhio e celiò: “Ho promesso alla mia Madaleine che non avrei fatto lo sciocco, perciò mi conterrò, per stasera.”

“Caro, ti prego…” sospirò la donna dietro di lui, sorridendo a Kathleen. “E’ irrecuperabile, temo.”

“Saperlo tale, ci rende sereni, piuttosto” replicò Kathleen.

A quel punto, Wilford si fece avanti con la sua famiglia al gran completo, e Alexander sperò dentro di sé che i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse si contenessero.

Come non detto.

Non appena nel loro arco visivo fece la sua comparsa Elizabeth, a poca distanza dai genitori, i quattro bambini fecero tanto d’occhi e, puntandola all’unisono con un dito, si volsero verso Alexander ed esclamarono: “E’ lei, zio, la tua fidanzata?!”

Tutti gli adulti si azzittirono, fissando i bambini chi con sorpresa, chi con estrema esasperazione e chi, infine, con cupa rassegnazione.

Ad Alexander, interpellato suo malgrado, non rimase altro che dire: “Sì, ragazzi, è Elizabeth.”

Le femmine strillarono in coro, esclamando un ‘ma è bellissima!’, mentre i maschietti, più compiti, si voltarono verso lo zio con gran sorrisoni compiaciuti, assentendo a più riprese.

Wilford, a quel punto, guardò contrito Elizabeth e asserì: “Le mie più profonde scuse, miss Elizabeth. Stiamo ancora cercando di addestrarli, ma è un’impresa praticamente impossibile.”

A un cenno del padre, Lizzie si avvicinò e, sorridendo ai ragazzini – che la stavano guardando curiosi – replicò: “Non c’è bisogno di nessuna scusa, lord Wilford. Sono adorabili.”

“L’hai sentita? Siamo adorabili!” esclamarono ancora in coro i quattro furfanti, ghignando vittoriosi.

Sabine e Juliette, ringalluzzite da quel complimento, la presero spontaneamente per mano e, perentorie, dissero: “Noi ci siederemo vicino a lei. Dobbiamo dirle com’è lo zio.”

“Dio ce ne scampi e liberi!” esalò Madaleine, facendosi il segno della croce.

Maxwell, a quel punto, scoppiò a ridere e, allargando le braccia per inglobare tutta la sua famiglia, chiosò: “Che dire? Siamo più un branco, che un clan di persone.”

“Il più bel branco che io abbia mai conosciuto” sorrise Elizabeth.

“Brava ragazza” ghignò Maxwell, dandole un buffetto sulla guancia.

Christofer, a quel punto, sorrise alla figlia e disse: “Perché non mostri la casa ai bambini? Vedo che ti hanno preso in simpatia.”

Poi, scrutando il silenzioso Alexander, aggiunse: “Perché non vai con loro, giovanotto? Nel caso la mia Lizzie abbia bisogno di aiuto.”

Interpellato, Alexander assentì compito e, in silenzio, si accodò al gruppetto, a cui si unirono anche Andrew e Max.

Rimasto con i membri più adulti di casa Chadwick, Christofer a quel punto disse: “Noi, nel frattempo, possiamo avviarci verso la sala da pranzo. Ci serviranno qualche aperitivo, mentre attendiamo il ritorno dei nostri ragazzi.”

“Mi voglio ancora scusare per quelle pesti. Spero che Elizabeth abbia pazienza, perché temo potrebbero sfiancarla” si premurò di dire Clarisse, rivolgendosi a Kathleen.

“Oh, non ci saranno problemi, davvero.”

“Di che ti preoccupi, Clarisse? Quella ragazza ha sparato a un rapitore, per proteggere dei bambini!” intervenne con un borbottio Maxwell. “La mia futura nuora… i miei complimenti, Harford. Grande idea, quella di insegnarle a sparare. Ho provato con questa qua, ma il suo maritino cade svenuto ogni volta che le avvicino una pistola.”

Clarisse scoppiò a ridere, a quel commento, mentre Wilford fissava il padre con aperta riprovazione.

Madaleine, sospirando, chiosò: “Perché non gli ho messo del laudano nel bicchiere di whiskey, prima di uscire?”

“Perché sai benissimo, donna, che niente può farmi tacere, perciò mi avresti soltanto rovinato del buon liquore” sottolineò Barrett, scoppiando poi in una grassa risata.

Sorridendo a Kathleen, che stava facendo di tutto per non esplodere in una calda risata di gola, Christofer dichiarò: “Ho dei figli molto estroversi e, visti i precedenti in famiglia, ho pensato fosse corretto dar loro una buona base di partenza… in tutti i campi.”

“Ottima scelta davvero” assentì Maxwell. “Sono sicuro che Alexander avrà il suo bel daffare per tenerla a freno, ed è giusto che sia così. Quel ragazzo, ogni tanto, tende a essere un po’ borioso, visto quanto è intelligente perciò, avere a che fare con vostra figlia, gli porterà equilibrio.”

“Papà, Alex non è borioso, è solo onesto” sottolineò Wilford.

“Vorresti dire che io sono uno spaccone? No, perché mi sembra che il ragazzo mi abbia chiamato così, giusto l’altro giorno!” sbottò Maxwell, poggiando le mani sui fianchi con fare dittatoriale.

“Ti sei risposto da solo, padre” sottolineò il primogenito, serafico.

Kathleen non ce la fece più.

Scoppiò a ridere di gusto, si aggrappò al braccio del marito per sostenersi e, ai limiti delle lacrime, fissò la nuova famiglia della figlia e mormorò: “Elizabeth vi adorerà, come io vi adoro già.”

“Sempre detto che le donne di questa casa sono intelligenti, oltre che belle” sottolineò Maxwell, ghignante.

“Amen” celiò Madaleine, dando una pacca sulla spalla al marito.
 
***

“Tutto bene?” mormorò a un certo punto Alexander, in piedi accanto a Elizabeth che, invece, sedeva sul bordo della fontana del giardino, mentre i figli di Clarisse e dei coniugi Phillips giocavano a rincorrere Max.

Lizzie levò il capo a scrutarlo e, sorridendo, assentì.

“La vostra famiglia mi piace molto. Assomiglia davvero tanto alla mia…e, a questo proposito…” accennò Elizabeth, facendosi dubbiosa.

“Sì?” le domandò lui, curioso.

“Avete il discutibile vizio di infilare rane nei letti della gente, per caso? Giusto per curiosità” gli domandò a bruciapelo lei, facendolo sgranare gli occhi per la sorpresa.

L’attimo dopo, Alexander scoppiò in una calda risata di gola, finì col sedersi a sua volta e, passandosi una mano sul viso, esalò: “I vostri fratelli… erano soliti farlo?”

“Non usate con tanta leggerezza il passato. L’ultima volta che l’hanno fatto, risale a circa tre mesi addietro.”

“Come, prego?” gracchiò a quel punto il giovane, azzittendo di colpo la propria risata.

“Max è ancora un birbante” celiò Elizabeth, scrollando le spalle.

“Beh, in fede mia, Elizabeth, vi giuro su quanto ho di più caro che, nel vostro letto, non infilerò nessuna rana” si premurò di dire lui, poggiando una mano sul cuore a mo’ di promessa.

A quell’accenno, Lizzie arrossì leggermente e Alexander, sorridendole complice per un istante, tornò a guardare i bambini scorrazzare e aggiunse in un sussurro: “Spero di poter essere la sola creatura al mondo a poter vantare quel diritto. Figli esclusi, s’intende. Di loro, non sarò geloso.”

Elizabeth si coprì la bocca per non ridere sguaiata e Alexander, ghignando, proseguì nel suo monologo.

“Sì, insomma, ho pensato dovessi dirvelo. Dei bambini, ecco. Non so come la pensate voi, ma a me piacerebbe crescerne almeno uno o due. A patto che non siano pesti infernali come i miei adorabili nipoti. Li amo, ma ancora mi domando dove Clarisse tenga le sue sosia, perché non può essere in grado di seguirli da sola.”

Stavolta, la risata le sfuggì e, asciugandosi una lacrima d’ilarità, Lizzie domandò: “Non si fa aiutare da una bambinaia?”

“Oh, sì. Mrs Robertson ha seguito sia me che Wilford, quando siamo nati, e ora aiuta Clarisse. Il punto è un altro; i bambini voglio lei, e solo lei, quando stanno male, si feriscono per qualsiasi motivo, o litigano. Neppure mio fratello riesce a chetarne le ire. Solo Clarisse” le spiegò Alexander, scrollando le spalle.

Osservando l’imponente Wilford che, al pari di Maxwell, sembrava un guerriero vichingo fatto e finito, Elizabeth mormorò: “Forse, si sentono un po’ intimoriti da vostro fratello. Insomma, so che è il loro papà, però…”

“Sembra un grosso orso biondo, vero?” ironizzò Alexander, sorridendo.

“Può darsi che, crescendo, tutto ciò cambi. In fondo, le gemelline hanno quattro anni” sorrise Lizzie, prima di esalare un singulto spaventato, quando vide Violet cadere sull’erba.

Prima ancora che potesse muoversi per raggiungere la cugina, Andrew era già da lei, pronto a sollevarla per poi toglierle gli steli d’erba dalla gonna.

“Un prode cavaliere. Vostro fratello è molto solerte con i più piccoli” notò Alexander.

“Sì, Andrew lo è sempre stato. Forse, per farsi perdonare il ruzzolone di cui fui protagonista da piccola, chissà…”

Alexander la fissò curiosa ed Elizabeth, con un sorriso, si mise d’impegno per raccontargli l’intera storia, mimando le scene e calando e alzando la voce in base al momento della narrazione.

Christofer, in silenziosa contemplazione del giardino, sorrise nel vedere la coppia impegnata in quella dissertazione e Maxwell, al suo fianco, gli poggiò una mano sulla spalla, chiosando: “Mi sembrano una coppia ben assortita.”

“Lui la ascolta, la vede… ed è ciò che io speravo per la mia Lizzie. Inoltre, gli occhi di mia figlia brillano, quando è con lui, e viceversa, perciò, che dire?” asserì Christofer, sorridendo al futuro suocero della figlia. “Sentirò un po’ meno la sua mancanza, sapendola con un uomo che la sa apprezzare, e che lei apprezza a sua volta.”

“Aberdeen e York non sono molto distanti, Harford. Non sarà un problema riportarti tua figlia per qualche mese all’anno” gli sorrise cordiale Maxwell, prima di sussurrare: “Sia chiaro, però. Almeno i loro figli, voglio tirarli su alla mia maniera. Dovranno essere scaltri come i genitori, e non li farò rimbambire con tutte le regole affettate e inutili del Ton.

Ridendo sommessamente, Christofer assentì, replicando: “Se riuscirai a convincere Lizzie, non penso ci saranno problemi.”

“Ah! La tua figlioletta già mi adora!” ghignò l’uomo, poggiando le grandi mani sui fianchi. “Farà quello che le consiglierò io!”

L’attimo seguente, uno scappellotto raggiunse la nuca di Barrett che, contrariato, fissò gli occhi rabbiosi della moglie, in piedi accanto a lui.

“Tu non ficcherai il naso nelle questioni familiari di tuo figlio! Li lascerai fare quello che vogliono” brontolò Madaleine, imitando la posa del marito.

“Ma Maddie…” mugugnò l’uomo, accigliandosi.

“Niente ma! Alexander è capacissimo di decidere cosa vuole per i suoi figli, e penso proprio che anche Elizabeth sappia il fatto suo. NE. RESTERAI. FUORI.”

Sbuffando, Maxwell borbottò: “Di questo passo, le donne vorranno anche il ruolo di Primo Ministro, per sé. Dai loro un dito, e si prendono tutto il braccio.”

“Te lo strapperò, quel braccio, se non la pianti” sbuffò Madaleine, sorridendo l’attimo seguente quando Rascal, il secondogenito dei suoi nipoti, la chiamò per un giro del giardino.

Kathleen si accodò, accompagnata da Paul, il primogenito di Clarisse e Wilford e Christofer, ammirando le due donne, celiò: “Potranno anche prendersi il braccio, caro Maxwell, ma non le cambierei per nulla al mondo.”

“A chi lo dici.”







Note: Capitolo un po' lungo, ma mi spiaceva spezzarlo in due. Che ne dite? Apprezzate come si sono risolte le cose? Avete apprezzato il gesto di Raymond? E Maxwell e famiglia? Personalmente, amo molto i Chadwick. ^_^
Spero anche voi!
  
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