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Autore: Recchan8    17/05/2017    2 recensioni
Il mio nome è Lidia Mormorai. Nobile giovane fiorentina, possedevo tutto ciò che una ragazza della mia età potesse desiderare: una ricca famiglia, una grande villa, un'eccellente vita sociale e l'amore delle persone più care. Ma un giorno in quell'ingranaggio perfetto si insinuò un granello di sabbia; il tutto si disarmonizzò e il macchinario si bloccò improvvisamente, fino a rompersi. La mia famiglia venne uccisa e la nostra villa saccheggiata. Per proteggermi mi macchiai di omicidio e fui costretta a fuggire e a rinnegare il mio nome.
La mia splendida vita si frantumò in mille pezzi che io gettai al vento.
Ma qualcuno si fermò, volse lo sguardo a terra e, incurante del fatto che potesse ferirsi, raccolse quei frammenti.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il peso della missiva che portava nella sacca sembrava sovrastare perfino la forza di gravità: più pesante, più potente, più opprimente. Sentiva il proprio petto serrato da una morsa d'acciaio e il cuore stritolato dalle lunghe dita affusolate di un demone dagli occhi verdi.
Tancredi cavalcava, una rapida figura solitaria nel mezzo della notte, lungo la via per Firenze. Ancora un giorno e mezzo e avrebbe finalmente fatto ritorno nella sua amata città.
La lettera che gli era stata affidata doveva essere consegnata al Gran Maestro, o per lo meno al suo vice. I piani alti dovevano sapere che i Templari stavano organizzando un attacco in grande stile a Firenze. I nomi delle persone e delle famiglie coinvolte erano scritti sulla candida carta della lettera, così come un piccolo appunto preceduto da un “P.S.”. Tancredi lo aveva letto, lo aveva visto incidere sulla carta con dell'inchiostro nero; la punta della penna aveva graffiato il foglio, opponendo resistenza alla scrittura, quasi in un gesto di protesta e di rammarico; lo aveva visto coi suoi stessi occhi, e allora si era sentito morire.
Nessuno aveva mai visto il presunto volto angelico della primogenita di quella famiglia. Il padre, il capofamiglia ser Pietro, era molto geloso della gemma della sua corona: era una pietra preziosa la cui contemplazione era permessa esclusivamente a una cerchia ristretta di pochi eletti. Adesso quei fortunati erano intenzionati a reclamarne la proprietà.

 

 

Erano stati i suoi piedi a riportarla a casa. Erano riusciti a imporsi sul caos che imperversava nella sua mente e l'avevano guidata fino alla stradina in cui era situata la sua umilissima dimora, una casa completamente diversa dalla villa in cui abitava, il luogo in cui era nata e in cui si era vista portare via tutto, il teatro degli orrori.
Davvero pensava che la sua identità sarebbe stata al sicuro? Che sarebbe bastato un nome falso per proteggerla? La sua maschera era caduta ai piedi di colui che, mesi prima, le aveva donato una nuova vita; Michele l'aveva salvata e adesso teneva in mano il potere per annientarla.
Lo avrebbe fatto?
Di cosa era capace un angelo caduto?

Quomodo cedicisti de caelo?

L'acqua di cui erano impregnati i suoi abiti da Assassina era stata assorbita dal letto. Lidia, una volta rientrata in casa, si era buttata a peso morto sul materasso e aveva affondato il viso nel cuscino. Il fatto di essere bagnata fradicia non l'aveva minimamente disturbata. La sua testa, la sua mente, i suoi pensieri... Erano tutti focalizzati sull'Arcangelo e sulle sue possibili future mosse.
Avrei dovuto uccidervi quando ne ho avuto l'occasione”, le aveva detto. Una frase pronunciata con un tale tono di rimpianto da poter spezzare il cuore a qualcuno. In effetti, era esattamente l'effetto che aveva sortito sul cuore di Lidia. Lo aveva spezzato, rotto a metà, calpestato e frantumato. La luce alla fine del buio tunnel non solo si era spenta, ma l'aveva trascinata in un'oscurità ancora più profonda. Michele le aveva voltato le spalle e l'aveva abbandonata.
Avrei dovuto uccidervi quando ne ho avuto l'occasione”.
Quando, precisamente? Quand'è che Michele si era trovato in una situazione del genere? Da quando si erano conosciuti l'Arcangelo non aveva mai mostrato degli intenti omicidi nei suoi confronti, neppure per un secondo; era solito trattarla con un certo distacco, era innegabile, ma pur sempre in maniera educata e rispettosa.
Avrei dovuto uccidervi quando ne ho avuto l'occasione. Fate un buon ritorno a casa, madonna Lidia”.
Aveva sentito bene, ne era sicura: l'aveva chiamata col suo vero nome. Come aveva fatto a scoprirlo? Possibile che lo avesse da sempre saputo?
Finalmente riesco ad ammirare il volto di Lidia Mormorai!”.
Quelle maledette parole che con tanta fatica era riuscita a dimenticare, a nascondere nelle sue memorie più profonde, erano d'un tratto riemerse dai meandri dei suoi ricordi. Le aveva pronunciate l'uomo che, per qualche assurda concessione divina, Lidia era riuscita a uccidere, salvando così la propria vita: Vincenzo Aloi.
Pietro Mormorai, il defunto padre di Lidia, aveva deciso di attenersi in maniera quasi fanatica al Reggimento e costumi di donna” di Francesco Barberino, facendo vivere alla figlia un'apparente vita felice in cui nessuno, senza l'autorizzazione del capofamiglia, poteva entrare in contatto con Lidia stessa; per questo motivo pochissime persone erano in grado di rispondere alla domanda “Qual volto possiede Lidia Mormorai?”. Vincenzo Aloi non rientrava tra queste; per questo motivo le sue prime parole di fronte a Lidia furono Finalmente riesco ad ammirare il volto di Lidia Mormorai!”.
Lidia si rannicchiò contro il muro e si premette le mani contro le orecchie. Il suono della voce al tempo stesso divertita e sprezzante di Vincenzo Aloi aveva preso a risuonarle in testa, in un atroce e sofferente loop infinito. Strinse gli occhi, cercando di ricacciare indietro i ricordi e le lacrime, ma fu tutto inutile.
Un'altra voce, sempre all'interno della memoria, riaffiorò come aveva fatto la prima: esile e flebile, poco chiara, ma presente: Lei no”. Qualcuno non molto lontano da Vincenzo Aloi gli aveva detto “Lei no”. Lidia si portò le mani tremanti al petto e sbarrò gli occhi verdi nel buio della stretta camera da letto. Vincenzo Aloi era stato distratto da quella voce; si era voltato nella sua direzione e allora Lidia, l'adrenalina che scorreva nel suo corpo, gli aveva sfilato la spada dal fodero e gliela aveva conficcata nello stomaco. Vincenzo Aloi aveva urlato dal dolore, gridato qualche insulto, cercato di afferrarla per i capelli, ma era inciampato e caduto in avanti, infilzandosi la propria arma ancora più in profondità; il suo corpo ormai privo di vita era scivolato addosso a Lidia, e allora la fanciulla, tra le fiamme che avevano iniziato a divorare la sua villa, alle spalle di Vincenzo Aloi, reputandola una semplice visione, aveva intravisto qualcosa danzare e serpeggiare dietro l'angolo: la coda di una sciarpa rossa.
Per lunghissimi mesi Lidia aveva pensato che si fosse trattata di un'allucinazione, e per questo la sua mente ne aveva archiviato il ricordo; ma adesso, alla luce dei fatti, alla luce del doloroso scontro verbale con Michele, Lidia aveva accettato la realtà: quella sciarpa rossa era reale, e con lei lo era anche il suo portatore.
Boccheggiò. Il respiro le si era mozzato, quasi, autonomo e dotato di proprio libero arbitrio, a volerla ammazzare per non procurarle altro dolore, per evitare che scoprisse la verità; ma se l'esistenza della verità aveva uno scopo, quello poteva essere solamente uno: essere scoperta. Aveva la gola secca ma la salivazione a mille, le veniva da vomitare. Desiderava che tutto ciò a cui aveva pensato fosse solamente una stupida congettura, che si trattasse di calunnie e maldicenze.
C'è un solo modo per scoprirlo, e tu lo sai bene”, pensò rivolta a se stessa con le lacrime che le rigavano le guance.

Ad infernum detractus es, in profundum laci.

 

 

Il notaio Montanelli, fervente sostenitori della Confraternita, si occupava di tenere in ordine l'Archivio degli Assassini, catalogando in maniera impeccabile i resoconti che gli Assassini stessi dovevano compilare al termine delle missioni importanti. Accedere all'Archivio significava poter mettere le mani sul passato della Confraternita, venire a conoscenza delle azioni compiute dai membri, del numero delle vite tolte, della quantità di “Requiescat in pace” sussurrati. Lidia era sicura che in quel luogo avrebbe trovato una risposta al suo interrogativo assillante.
La giovane dai capelli color cannella bussò al grande portone della dimora del notaio. Strinse la mani a pugno lungo i fianchi mentre attendeva che la serva socchiudesse il portone e la scrutasse da capo a piedi. La donna riconobbe la divisa che gli ospiti del padrone erano soliti portare, e fece accomodare Lidia all'interno.
-”Come posso aiutarvi, madonna...?”-.
-”Bice”- le suggerì Lidia. -”Sono Beatrice Sernigi. Desidero parlare con ser Montanelli”-.
-”Vado a comunicare il vostro arrivo”- disse la donna congedandosi in poco tempo. Lidia la seguì con lo sguardo e pregò che la sua attesa non dovesse essere troppo lunga. L'impazienza e il timore la stavano rodendo dall'interno.
La sua preghiera fu ascoltata e il notaio Montanelli si presentò pochi minuti dopo. Fece una breve riverenza e si sfregò le nodose mani sporche di inchiostro.
-”Madonna Sernigi! Ho sentito parlare di voi! State molto simpatica a Paola, avete avuto come maestri messer Calandri e l'Arcangelo... Siete una fanciulla molto fortunata, sapete? E anche molto affascinante”- iniziò l'uomo gesticolando molto.
-”Ser Montanelli, siete lusinghiero”- rispose Lidia con un sorriso tirato. -”Ma avrei una richiesta da farvi: vorrei chiedere il vostro permesso per consultare l'Archivio”-.
Montanelli si zittì di colpo e si schiarì la voce.
-”Il motivo?”-.
-”Ho un resoconto da consegnare il più presto possibile, il mio... primo”- spiegò la giovane cercando di essere molto convincente. -”E' la mia prima volta e non ho idea di come si compili un resoconto. Vorrei poter guardare qualche esempio”-.
Montanelli corrugò la fronte e fece per ribattere, ma Lidia lo batté sul tempo.
-”Avrei potuto chiedere aiuto ad Alfonso, certo, ma ho preferito non scomodarlo”-.
-”E così avete invece scomodato me”- le fece notare il notaio. Montanelli vide l'espressione spiazzata sul volto di Lidia e scoppiò a ridere. -”E' diritto di ogni Assassino accedere all'Archivio, non lo sapevate? Prego, seguitemi”-.
Lidia sospirò di sollievo e seguì a ruota Montanelli in una sala chiusa da un portone a doppia serratura. Le chiavi erano appese al collo del notaio da una sottile catenina d'oro. La prima serratura si aprì senza fare storie, la seconda, invece, oppose un po' resistenza.
-”Prego, madonna”- le disse aprendo l'anta destra del portone. -”L'Archivio è a vostra disposizione. Farò venire Maddalena ad attendervi qua fuori. Quando vi sarete reputata soddisfatta, potrete farvi accompagnare all'uscio. Vi auguro una buona e fruttuosa ricerca”- la salutò sparendo dietro al portone e chiudendosi l'anta alle spalle.
Lidia tese le orecchie e aspettò di perdere il contatto coi passi pesanti di Montanelli prima di spostarsi al centro della sala, vicino al grande tavolo di legno lucido. Si guardò attorno, osservando con gli occhi verdi spalancati gli alti scaffali tappezzati di fascicoli, ognuno ordinato secondo l'anno e il mese della missione a cui il resoconto faceva riferimento. Lì, in quella sala rettangolare illuminata da un'ampia finestra, si trovava la verità. Un brivido le corse lungo la schiena e Lidia si cinse il petto con le braccia. Per un attimo avvertì l'impulso di tornare sui suoi passi, di scappare e di raggomitolarsi sotto le coperte del suo letto, sicuramente ancora bagnate.
Devo farlo”, si disse mordendosi il labbro inferiore. Devo!”.
Si avvicinò allo scaffale di fronte a lei e scelse a caso un fascicolo: la data riportata su di esso era 1506.
Troppo presto”.
Lo rimise a posto e iniziò a perlustrare lo scaffale a destra, supponendo una progressione all'occidentale, da sinistra verso destra. Nessuna data corrispondeva a quella dell'attacco alla sua famiglia. Che si fosse sbagliata? Che i suoi ricordi le avessero giocato un brutto scherzo? Il viso nascosto da un fascicolo, Lidia di si ritrovò a sorridere, un sorriso tirato e nervoso.
La data corrente non è ancora stata raggiunta. Non dovrei cantare vittoria”.
1509. Eccolo, lo aveva trovato: il ripiano dello scaffale relativo all'anno presente, il millecinquecentonove. Il mese? Il giorno? Lidia li ricordava bene, come se qualcuno glieli avesse impressi a fuoco sulle pareti interne del cervello; una ferita mai del tutto rimarginata che le procurava un dolore atroce. All'interno del fascicolo che riportava quella data c'era un solo resoconto. La scrittura era elegante, ordinata e quasi ipnotica. Non vi era alcuna macchia d'inchiostro, e ciò poteva significare che l'autore era una persona precisa e attenta.
 

xxxxxxxxxxxxxxx AD 1509
Luogo: Villa Mormorai

Esito missione: positivo.
 

Lidia lasciò subito la presa sui fogli, come se si fosse appena scottata col fuoco. Lanciò un'occhiata carica di terrore e di odio al fascicolo e si accasciò per terra. Il castello sicuro che aveva tanto faticato a costruire negli ultimi mesi le crollò addosso. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e un forte senso di nausea attanagliarle lo stomaco. Doveva continuare a leggere, era ben conscia di doverlo fare, ma più soffermava gli occhi sul resoconto maledetto e più provava l'impulso di chiudersi in se stessa, di sparire e di non fare più ritorno. Le persone di cui si era fidata, le persone che si erano offerte di aiutarla nella propria vendetta, erano le stesse che le avevano tolto tutto, rovinandole la vita.
Erano stati gli Assassini a distruggerla.
Ma perché? Per quale motivo? Chi di preciso aveva deciso di eliminare i Mormorai? Le risposte stavano lì, a pochi centimetri da lei.
Devo farlo per la mia famiglia, pensò allungando una mano tremante e scossa dai singhiozzi.
 

La famiglia dei Mormorai è stata eliminata. Le informazioni da me raccolte si sono rivelate utili al successo della missione. In quanto membro capo della spedizione e ideatore della missione stessa, mi assumo la responsabilità di ogni eventuale “effetto collaterale”.

 

Era il mandante! Colui che aveva ordinato lo sterminio dei Mormorai si era poi ritrovato a dover compilare il resoconto della missione. Un Assassino aveva ottenuto il permesso dalla Confraternita di...
Un momento”.
Lidia si asciugò gli occhi col dorso della mano e rilesse attentamente quelle poche righe. Le ultime due parole non le erano molto chiare. “Effetto collaterale”. Che cosa intendeva l'Assassino? La giovane scorse il testo rapidamente fino ad arrivare alla firma finale, quella che le avrebbe rivelato il nome della persona su cui la vendetta di Lidia si sarebbe presto abbattuta.
 

L'Arcangelo

 












NOTE DELL'AUTRICE:
Ci tengo che sappiate che voglio a tutti voi un bene dell'anima e che spero di non aver spezzato il cuore di qualcuno con questo colpo di scena (spero non scontato, ahahah!) <3
Il già incrinato rapporto complicato tra Lidia e Michele subisce un'ulteriore e, oserei dire, profonda e irrecuperabile frattura. Non vi anticipo niente per evitarvi spoiler, ma colgo l'occasione per ricordarvi che il nostro bel sciupafemmine, alias Tancredi, sta facendo ritorno in città :> 
Per la prima volta ho due note "serie" da fare: 
1) Il "Reggimento e costumi di donna" di Francesco da Barberino non è quello che Wikipedia vi descrive: non si tratta di un manuale per insegnare alle madri come allevare bene i figli, ma è una sorta di galateo e di codice di regole sociali rivolto alle donne di tutte le età e di tutte le estrazioni sociali (fonte: il mio professore del corso universitario di Letteratura Italiana).
2) I due versi in latino che fanno riferimento a Lucifero e alla sua caduta dal Paradiso appartengono al Libro di Isaia
Ringrazio tutti per il vostro supporto, vi chiedo scusa per il costante ritardo negli aggiornamenti, e mando un kissone a tutti (anche se forse arrivati a questo punto mi odierete Ciao e alla prossima! ^^

 

   
 
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