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Autore: Rohhh    17/05/2017    1 recensioni
La ventunenne Ashley, dopo essere stata cacciata via da casa da sua madre ed essersi ritrovata completamente sola in una città a lei sconosciuta, ha riscoperto la serenità che cercava nel suo nuovo gruppo di amici, conosciuto grazie al fortunato incontro con Terence, un ragazzo gentile e premuroso e sua sorella minore Michelle, che le ha offerto una stanza nell'appartamento che condivide con altre tre ragazze. Con un lavoro che le permette di mantenersi gli studi che ha sempre desiderato e la vicinanza delle amiche, tutto sembra procedere liscio per Ashley, ma il ricordo del suo triste passato arriva spesso a tormentarla e l'unico che misteriosamente riesce a darle sollievo da quei pensieri è Matt, un ragazzo odiato dai suoi nuovi amici per motivi non ben chiari e considerato da loro come un vero e proprio nemico da cui stare alla larga. Ashley, nonostante sia conscia della fama del ragazzo nel suo gruppo, in un momento di disperazione e debolezza, finisce per cedere e commettere con lui un errore che la perseguiterà e che presto finirà per pagare caro.
Ma, forse, non tutto ciò che sembra perduto per sempre lo è davvero...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Ciao a tutte e rieccomi!!!
é passato un po' di tempo dall'ultimo capitolo e me ne scuso ma in questo periodo sono impegnatissima e ho davvero fatto fatica  a trovare il tempo e la concentrazione giusta per scrivere!
Spero che riusciate  a riprendere il filo della storia e ringrazio di cuore tutte coloro che mi seguono e  che mi danno la volontà di continuare anche in mezzo ai mille impegni!
La storia non la abbandono, verrà portata a termine e mi auguro possa continuare a piacervi!
Un bacio!

Cap. 13 La cosa giusta

 

Una sottile patina di fumo appannò per una manciata di secondi la visione del cielo azzurro, incastonato tra i rami degli alberi, poi, veloce come era apparsa, si andò allargando e si dissolse, mentre i colori tornarono nitidi ed abbaglianti.

Distesa sul telo spiegazzato, Ashley si godeva quello spettacolo ipnotico del quale era artefice, con gli occhi socchiusi, la mano che reggeva la sigaretta mollemente poggiata sull'erba e l'altra intenta a sfiorare quella di Matt, le loro dita si toccavano e giocavano le une con le altre, in un rituale che si protraeva ormai da minuti e al quale si erano abbandonati con fin troppa naturalezza.

La sua mente faticava a ricordare un altro momento recente in cui si fosse sentita così dannatamente in pace col mondo e con la sua stessa vita.

L'odore forte delle piante selvatiche, il vento leggero sul viso, il fumo che le intorpidiva dolcemente le membra e le carezze della mano di Matt, tenere e sensuali allo stesso tempo, l'avevano mandata in uno stato di estasi dal quale era certa sarebbe stato molto traumatico risvegliarsi.

Accanto a lei, il suo compagno di quello strano pomeriggio giaceva supino, con un braccio dietro la nuca a sorreggere la testa e gli occhi chiusi.

La sua sigaretta era finita molto prima, consumata da un ritmo veloce che nulla aveva a che fare con la lentezza di Ashley, e lo aveva lasciato senza alcuna occupazione se non quella di assaporarsi quella tranquillità e lanciare di tanto in tanto qualche occhiata alla rossa, che continuava a sedurlo, seppur involontariamente, con quelle labbra socchiuse, la fronte leggermente corrucciata per la forte lumonosità e il corpo esile disteso sul prato, con le ginocchia flesse che, seguendo un ritmo lento e regolare, si muovevano, divaricandosi e scontrandosi fra loro.

Fu quando Matt cominciò a desiderare di trovarsi in mezzo a quelle gambe, che così impunemente lo avevano ipnotizzato, e a domandarsi che prospettiva del suo viso si potesse godere da quella posizione così intima, che ebbe l'impressione di essersi sbagliato di grosso con Ashley.

Forse, la confusione che albergava nella sua mente quando si trattava di lei e che gli aveva causato non poche emicranie in quel periodo era solo una bugia, un malinteso bello e buono, un errore di valutazione, e per lei non provava altro che attrazione fisica, nè più, nè meno.

Doveva essere per forza così, aveva frainteso tutto, ingigantendo quelle sensazioni e spremendosi le meningi per capire, quando invece la risposta a quello scompiglio era solo e semplice sesso, come gli era capitato in passato con altre ragazze.

Pensò che dovesse essere l'astinenza a fargli elaborare certi pensieri, astinenza a cui tra l'altro si stava sottoponendo volontariamente senza capirne bene il perché, nonostante non gli mancassero di certo le occasioni e le ragazze.

Spostò lo sguardo da Ashley, per interrompere quella visione destabilizzante, e lo portò al cielo, come in cerca di una risposta da quella distesa celeste, aggrottando le sopracciglia con fare pensieroso.

Per un attimo non ebbe più dubbi: si ripromise di chiamare Jessica quella stessa sera per vedersi e riprendere le loro vecchie 'abitudini', delle quali era ormai evidente soffrisse la mancanza, ma il suo proposito venne subito abbandonato quando si rese conto che l'immagine della sua ex non lo intrigava la metà di quanto era capace di fare Ashley, senza nemmeno mettersi d'impegno.

Imprecò mentalmente, convincendosi di essere vittima di qualche incantesimo o sortilegio e sospettando persino che fosse opera della ragazza accanto a lui, di sicuro una strega o qualcosa del genere, che si stava divertendo a ridurlo in quello stato pietoso, a non desiderare neanche una notte insieme a una compagnia femminile.

Una compagnia femminile che non fosse lei, ovviamente.

Proprio mentre era preso da quei ragionamenti piuttosto surreali, arrivò una domanda di Ashley, improvvisa e diretta, a spazzare via ogni sua singola supposizione.

«Ne senti mai la mancanza?»

La voce calma e un po' roca della ragazza gli giunse come un proiettile in mezzo alle costole.

«Di cosa?» chiese di rimando, fingendo di non aver capito.

Lei non si scompose, scrollò leggermente le spalle, poi prese un ultimo tiro di quella sigaretta consumata e lo espirò, spegnendo il mozzicone e conservandolo per evitare di contaminare quell'ambiente paradisiaco.

«Dei tuoi, della tua famiglia» azzardò, senza osare guardarlo in faccia, il volume della sua voce si era fatto ancora più basso e incerto, forse perché timorosa di avere posto una domanda scomoda o troppo invadente.

Matt si era aperto con lei ma non era certa che volesse continuare a condividere quell'aspetto della sua vita, l'unico in fondo che li accomunava e li teneva così stretti, lo stesso che li aveva portati lì quel pomeriggio, sopra quel prato, spalla a spalla.

Per lui fu come se una valanga fosse ripiombata sulla testa, sommergendolo di nuovo con ancora più violenza e, a quel punto, capì.

Le solite sensazioni riaffiorarono ed era bastata solo una domanda ben assestata perché accadesse, come se Ashley fosse a conoscenza dei suoi punti deboli e sapesse esattamente dove colpire, entrandogli dentro di prepotenza, sfiorando quelle corde sensibili e dolorose che lui celava al mondo intero e che spesso si convinceva di avere sepolto per sempre.

I conti con i mostri del suo passato non erano ancora chiusi e l'avevano condotto verso di lei, facendogliela sentire intima e vicina già con pochi sguardi.

Quante volte aveva provato a resistere e a voltarsi da un'altra parte, fallendo miseramente fino ad arrivare a condividere con lei il suo passato e adesso, in quel modo strambo, anche parte del suo presente.

Lei, che con quel bel viso chiaro e troppo spesso triste, lo aveva stregato senza bisogno della magia.

Non era sesso ma qualcosa di altrettanto egoistico e sapeva che anche per Ashley fosse così, che continuasse ad accettare di vederlo perché anche lei ne avesse un disperato bisogno per affrontare i suoi fantasmi e sconfiggerli.

Si trattava di un mutuo scambio di favori, un modo per sentirsi meno soli e anormali e per scaricare un po' di quell'amarezza.

«Come si fa a sentire la mancanza di qualcosa che non è mai esistito?» le rispose freddo, usando un'altra domanda e spiazzandola; si era solo illuso di aver avuto una famiglia accanto ma aveva scoperto tardi di aver creduto in qualcosa di falso e irreale.

Ashley si voltò verso di lui, girandosi di fianco e sollevandosi con i gomiti per osservarlo meglio in viso e provare a studiare ogni piccola increspatura della sua espressione.

Matt però era fin troppo allenato a nascondere i suoi sentimenti e, anche se con lei doveva fare più sforzo del solito, finì per riuscirci anche quella volta.

«Io...questo non lo so – mormorò sconfitta, tornando a sdraiarsi sull'erba con l'espressione afflitta – però...a volte, nonostante tutto, sento la mancanza di mia madre, perché...- esitò, arrossendo lievemente come se fosse in procinto di dire qualcosa di cui si vergognava – può sembrare stupido ma, da quando mi ha cacciata da casa ho cominciato a domandarmi un sacco di cose...ad esempio, se fosse stata colpa mia, se in qualche modo avessi commesso uno sbaglio, un torto e.. a volte mi capita di ripensare al passato e mi chiedo se l'amore che credevo lei provasse per me sia stata sempre solo una menzogna. - Ashley fece una pausa, deglutì a fatica, come se un nodo alla gola le impedisse di respirare, mentre stavolta era stato Matt a rotolarsi di fianco verso di lei e adesso la fissava assorto e in attesa, – quello che vorrei davvero poter sapere è...se tutte le volte in cui mia madre si dimostrava premurosa nei miei confronti, quando da piccola mi allacciava le scarpe o mi ricordava di mettere la sciarpa d'inverno o quando mi faceva trovare pronto il pranzo dopo la scuola...se tutte queste cose le abbia sempre fatte solo per dovere o se sia esistito anche un secondo, uno solo, in cui sia stato l'amore verso sua figlia a muoverla. La maggior parte delle volte non trovo risposta ma ce ne sono altre, molto rare, in cui mi illudo ci sia stato almeno un briciolo di affetto da parte sua e...beh, in quei momenti riesco persino a sentirne la mancanza! Dio, mi sento così stupida!» riuscì a dire, autocommiserandosi, con la voce sempre più tremolante e spezzata e gli occhi velati di una patina lucida.

Senza neanche sapere come, mentre aveva parlato, le loro dita avevano smesso di sfiorarsi e si erano intrecciate saldamente. Lei e Matt si tenevano per mano per la prima volta e sembrava così naturale, l'unica cosa giusta da fare, finchè quella stretta venne spezzata bruscamente da Ashley, che liberò la mano per portarsela insieme all' altra sul viso, a coprire il suo imbarazzo per quella rivelazione che la faceva apparire debole.

Nessuna reazione di alcun tipo arrivò dal ragazzo vicino a lei e questo non fece altro che accrescere il suo senso di disagio fino a che, d'un tratto, una mano calda sfiorò le sue, ancora intente a nascondere le sue emozioni e, con una dolcezza inaspettata, gliele scostò, rivelando la sua espressione a metà tra lo sconcertato e la meraviglia.

Dopo quel gesto che gli era sfuggito in maniera incontrollata, Matt la guardò senza sapere cosa dire: non poteva illuderla con parole scontate e banali, dicendole che di sicuro c'era stato affetto nei gesti di sua madre, proprio lui, che si era lasciato tormentare – e forse continuava a farlo - dagli stessi interrogativi e dubbi, e che provava una fitta alla bocca dello stomaco nel riviverli attraverso le parole di Ashley.

«Ma non sei stupida, Ashley – le ribattè con un tono così rassicurante da sembrare quasi paterno, costringendola a girarsi con una presa delicata sul suo fianco – le tue stesse domande mi hanno perseguitato per anni e.. ho mentito poco fa. A volte ritornano, anche ora... - Ashley sgranò gli occhi e si avvicinò al suo viso senza nemmeno rendersene conto, affamata di speranze che lui però non poteva darle – Non guardarmi come se potessi darti delle risposte, non ti racconterò cazzate, purtroppo non ce le ho. Ma tu hai un punto in più rispetto a me. Tu l'amore vero l'hai conosciuto, hai avuto tuo padre...lui ti ha voluto bene sul serio e su quello non potrai mai avere dubbi. Doveva essere davvero un uomo in gamba» le sussurrò, trascinandola a sè, in un abbraccio che per Ashley ebbe il calore della salvezza.

Il ricordo di suo padre le fece crollare ogni resistenza e si abbandonò a lui senza difese, lasciando che la mano del ragazzo si insinuasse tra i fili dei suoi capelli e le conducesse la testa sulla spalla.

Nella frazione di un secondo, si ritrovò col viso affondato sulla sua pelle, respirò da vicino il suo odore che, per qualche strano motivo, la fece sentire protetta e al sicuro, assaporò il tepore confortante del suo corpo e d'istinto si strinse a lui, gli passò una mano sul fianco per raggiungere la schiena e vi si aggrappò, artigliando la stoffa della sua maglietta, mentre Matt riusciva a sentire il cuore scalpitante di lei tramite il suo seno premuto contro il petto, che fece accelerare di riflesso il suo.

Ashley gli ricordava che era umano, che non poteva cancellare le notti insonni trascorse a chiedersi come andasse avanti la sua famiglia senza di lui, se ogni tanto fosse mancato ai suoi genitori o se qualche volta il suo ricordo fosse balenato nelle loro menti, anche solo per sbaglio.

Quante ore passate a reprimere pensieri che facevano troppo male, quelli che era più facile ignorare ma che era ancora più liberatorio affrontare, anche se significava esporsi e mostrarsi fragili.

E in quel momento, abbracciato a quella ragazza, vittima innocente di un disastro simile al suo, si sentì terribilmente vulnerabile ma allo stesso tempo sollevato e forte, come fosse rinato.

Una lacrima solitaria di Ashley scivolò via e gli bagnò la clavicola, Matt le allontanò per un secondo il viso e gliela asciugò, mentre lei stava ancora a occhi chiusi, avvinghiata a lui come se non volesse mollarlo per il resto della sua vita.

Come fosse successo di trovarsi stretta al ragazzo più sbagliato che potesse capitarle era ancora un mistero, ma desiderò con tutte le sue forze che quel momento non finisse mai, che ogni minuto potesse allungarsi come d'incanto e durare un'ora perchè quella serenità non finisse così presto.

«Tu devi salvarti e andare avanti» le ricordò la voce di Matt, il suo fiato sul collo e la mano che le carezzava i capelli le provocarono lungo la schiena dei brividi piacevoli.

Le parole del ragazzo risuonarono nella sua testa con la stessa voce della sua coscienza, che cercava di darle una scossa.

«Tu l'hai fatto?» gli domandò a sua volta, il suono della sua voce uscì impastato e attutito da sotto quell'abbraccio.

«Ho lottato e lotto tuttora – rispose lui senza pensarci due volte – non è ancora finita ma non credo di essere un totale fallimento»

Ashley annuì, sorridendo con le labbra ancora premute sulla pelle di Matt, poi si fece seria.

«Non so se ci riuscirò» mormorò insicura, affondando di più in quella stretta per trovare il conforto che le mancava.

«Non dire stronzate, so che ce la farai! Sei una cazzo di ostinata e testarda e se ti ci metti d'impegno non puoi non riuscirci. E poi, io non mi sbaglio quasi mai, sarebbe davvero una seccatura farlo per colpa tua, perciò cerca di darti una mossa!» la esortò coi suoi soliti modi irriverenti, strappandole una risata sommessa.

«Idiota» biascicò Ashley con un sorriso sulle labbra e l'animo già più leggero.

Quel tipo avrebbe dovuto smetterla di provocarle quell'effetto e di farla sentire libera e lieve come sopra una nuvola, o ne sarebbe diventata dipendente con conseguenze catastrofiche per la sua vita.

A mentire ci si abituava ma le bugie, prima o poi, facevano sempre pagare il loro conto salato, quella era una certezza.

Intanto il suo corpo cominciò a pretendere di più e d'istinto si avvicinò maggiormente a lui, le loro gambe si intrecciarono per non creare intralcio e, quando il suo bacino si scontrò con quello di Matt, si sentì infiammare il ventre e invadere da un formicolio piacevole che non provava da mesi e che sembrava addirittura più forte che mai.

Aveva voglia di lasciarsi andare, senza se e senza ma, di chiudere gli occhi e spegnere il cervello, senza chiedersi il perché o se fosse moralmente giusto, visto che tra di loro non c'era assolutamente nessun sentimento romantico a unirli, soltanto un folle bisogno di contatto umano e un enorme sbaglio scritto a lettere cubitali sulla sua coscienza, come un marchio indelebile dal quale sarebbe stato difficile farsi assolvere.

Il palmo della mano di Matt le solleticò la pelle sensibile del fianco, lasciata scoperta da un lembo di maglietta che si era sollevato quando si era voltata, poi la fece rabbrividire mentre risaliva lentamente lungo la sua schiena, superando la linea del reggiseno e poi riscendendo con altrettanto languore.

Ashley non osò sollevare la testa, mentre gli accarezzava il petto da sopra la stoffa della sua t-shirt, perché era sicura che, se solo l'avesse fatto, annegare nel mare azzurro dei suoi occhi avrebbe costituito un punto di non ritorno dopo il quale non si sarebbe più riuscita a fermare.

Un tonfo accanto a loro li fece sobbalzare e il rumore di una corsa veloce interruppe quel momento intimo.

I due si staccarono, allontanandosi come se di colpo la loro pelle fosse diventata bollente al tatto, mentre un bambino trafelato irruppe nel loro angolo isolato, per recuperare il sua pallone, senza nemmeno curarsi di guardarli.

Matt fu indeciso se maledire quel tempismo o dargli la sua gratitudine eterna per aver evitato che la situazione tra loro arrivasse a un livello ben più pericoloso di un semplice abbraccio.

Se non altro aveva appurato la necessità di stabilire una distanza di sicurezza da quella ragazza, dato che parevano attrarsi peggio di due calamite.

Si passò una mano fra i capelli, scoprendo la fronte accaldata, poi buttò un'occhiata ad Ashley, che si era rizzata subito a sedere a gambe incrociate e adesso era impegnatissima a fissarsi le punte della scarpe, simulando un'aria indifferente davvero poco riuscita.

«Ah, Terence si laurea il mese prossimo» si fece scappare poco dopo, senza alcun motivo all'apparenza plausibile se non quello di annullare quel silenzio troppo pesante.

Quell'informazione le sfuggì dal nulla, come se di colpo avesse sentito il bisogno di comunicarglielo, nonostante sapesse benissimo che non correva più buon sangue tra quei ragazzi o, per meglio dire, nonostante Terence si ostinasse in quell'atteggiamento orgoglioso ed esagerato.

Si morse la lingua, appuntandosi mentalmente di dover lavorare di più sulla sua capacità di non dire cazzate al momento sbagliato.

Restò zitta, ad attendere qualche commento caustico o una battuta di cattivo gusto provenire dal biondo.

«Mi fa piacere per lui, ci teneva così tanto» la spiazzò Matt, facendole sgranare gli occhi.

Non c'era stato sarcasmo o derisione nel suo tono di voce, nè cattiveria negli occhi, che brillavano sinceri, colpiti dalla luce del sole ormai al tramonto.

Ashle si perse a guardare il suo profilo, sereno e indecifrabile, trovandolo incredibilmente bello e, finalmente, sparirono i problemi, le ansie, l'odio e le inimicizie.

C'era solo lei - una ragazza normale - al cospetto di lui - un ragazzo altrettanto normale – e tutto il resto poteva anche aspettare fuori.

«Deduco quindi che il prossimo passo sia chiedere la tua mano, o sbaglio?» scherzò Matt, voltandosi d'improvviso e scoprendola intenta a fissarlo.

Ashley sobbalzò, colta come un bambino con le mani dentro il vasetto della cioccolata, poi fece finta di sistemarsi qualche ciocca di capelli.

«Ti prego non dirlo neanche per scherzo!» lo riprese con fermezza, vagamente preoccupata mentre si figurava in testa quella scena ridicola ma non così improbabile.

Matt scoppiò a ridere. «Dai, sai che sarebbe capace di farlo! Vorrei essere una mosca per poterlo vedere coi miei occhi» continuò lui imperterrito, ignorando lo sbuffo sonoro che era appena uscito dalle labbra della rossa.

«Non mi ha chiesto di sposarlo – precisò lei, giocando distrattamente con qualche filo d'erba – ma si è dichiarato alcuni giorni dopo la serata in spiaggia, quella in cui ha cercato di baciarmi» gli ricordò, senza immaginare che Matt aveva ben stampato quel momento nella sua memoria, così come la sua corsa per raggiungerla e sapere che diavolo le fosse successo.

«E tu?» le chiese piatto, poggiandosi sui gomiti, col viso rivolto all'indietro a guardare le nuvole biancastre.

«L'avevo respinto, ma poi mi ha convinta a prendermi del tempo per pensarci meglio e vedere se i miei sentimenti potevano cambiare» gli rivelò, unendosi a lui nel fissare il cielo imbrunito.

Matt diede uno sguardo ad Ashley con la coda dell'occhio, poi abbassò la testa e si rigirò l'accendino tra le mani, assumendo un'espressione pensierosa.

«Secondo me dovresti dargli una possibilità – dichiarò con calma, attirandosi un'occhiata incuriosita di Ashley – in fondo è un bravo ragazzo, serio, premuroso, e sta lavorando duramente per il suo futuro. Tu gli piaci e penso proprio che sia sincero, quindi magari è solo questione di provarci»

Ashley osservò Matt per qualche secondo, poi aggrottò leggermente le sopracciglia e parve valutare con attenzione le sue parole.

«Non so, forse hai ragione, forse dovrei. - disse esitante, stringendosi le ginocchia – è solo che non ne sono convinta, a volte ho l'impressione che lui non mi comprenda fino in fondo, che non riesca ad andare sotto la superficie. - si fermò un attimo poi scosse la testa, sorridendo amaramente - Beh, non gli dò tutti i torti, riuscire a capirmi sarebbe un'impresa quasi impossibile per chiunque!» affermò sconsolata, ma subito dopo, presa da un'illuminazione improvvisa, fece incrociare i suoi occhi con quelli di Matt e si scontrò con la cruda realtà

Lui la capiva invece, non era chiunque e non sapeva cosa rappresentasse esattamente per lei, ma ci riusciva.

Rimase in silenzio, senza proferire parola, senza dirglielo, finchè Matt spostò lo sguardo, velato da un'ombra di delusione e decretò la fine di quel momento, lasciandola vuota e amareggiata.

Lo vide darle le spalle e conservare nella sua tracolla quel gelato ormai ridotto a una poltiglia liquida e le ritornarono prepotenti le immagini di loro due, distesi e abbracciati, mentre si prendevano cura l'uno dei mali dell'altra.

Strinse i pugni.

«Per te no! - esclamò ad alta voce, facendolo voltare meravigliato – a volte lo fai, sembri capirmi...anche se... tu non fai testo perché sei così...»

«Sbagliato» completò la frase Matt, con un tono insolitamente duro e distaccato che le fece morire in gola quell'ultima parola.

'Simile' stava per dire lei.

«Si è fatto tardi adesso, sarà meglio andare» mormorò mesta, mentre si sollevava da terra e infilava la sua felpa per ripararsi dal freddo che era calato fuori.

Peccato non potesse fare nulla per il gelo che, invece, era sceso di colpo nel suo cuore.

«Già» le fece eco Matt, prima di recuperare la sua roba, arrotolare il telo e riporlo via, facendo strada verso lo scooter.

L'intesa del pomeriggio, le confidenze e persino le risate assomigliarono a un ricordo sbiadito e tra di loro calò il solito distacco e la consapevolezza di non dover essere insieme, nè per un pomeriggio spensierato, nè come amici, nè come nient'altro.

Non una parola si scambiarono lungo il tragitto, Ashley avvolse le sue braccia attorno ai fianchi di Matt, lungo la strada sterrata, per evitare che non si ripetesse la figuraccia dell'andata, ma il ragazzo sgranò lievemente gli occhi e non potè trattenere un sorriso quando si accorse che non aveva intenzione di sciogliere quell'abbraccio, nemmeno quando la strada ritornò piana e scorrevole e non ce ne sarebbe stato più bisogno.

Restò stretta a lui, con la testa resa ingombrante da quel casco enorme poggiata sulla sua schiena e le narici a respirare il suo odore, lo stesso di prima sul prato.

La sua abitudine di associare gli odori a un ricordo o a una sensazione si fece viva, ed Ashley seppe con certezza che il profumo di Matt, misto all'odore dell'erba selvatica, lo avrebbe per sempre ricondotto a quel senso profondo di libertà e pace, inebriante e pericoloso.

«Sarà meglio che ti lasci qui, o rischieresti che qualcuno ci veda insieme» la informò Matt quando fecero rientro in città, accostando dietro una siepe, poco lontano da casa di Ashley.

Il paesaggio urbano aveva ormai sostituito da un pezzo il verde di quel parco sperduto, che per un attimo aveva fatto dimenticare loro la realtà di tutti i giorni.

Lei smontò da sella, lo fece lentamente e prendendosi più del tempo necessario, come volesse ritardare il più possibile quella separazione.

Facendo un piccolo sforzo, tirò via il casco, liberando i capelli rossi che si sparpagliarono sopra le sue spalle e sul viso, li ravvivò con un gesto rapido della mano e riconsegnò a Matt quell'oggetto che l'aveva riparata da sguardi indiscreti.

Lui rimase a guardarla per qualche secondo, serio e imperscrutabile, come un foglio bianco su cui è impossibile leggere alcunchè, la vide deglutire più volte e infine prendere un lungo respiro.

«Grazie per oggi, è stato...liberatorio. - iniziò, pronunciando quelle parole con fatica, tremando impercettibilmente e torturandosi le mani sudate, tutti segnali che non lasciavano presagire in un continuo positivo – sono stata bene ma...vedi...tutto questo non...» cercò di dire, col viso basso senza riuscire a reggere il suo sguardo, perché era ben conscia che ciò che stava per dire non aveva il minimo senso e tuttavia lei non poteva farci niente, non ne aveva il coraggio.

«Lo so, questo non cambia quello che siamo...a volte sei proprio ripetitiva» la interruppe lui, piegando le labbra in un sorriso amaro e appoggiandosi a braccia incrociate sul manubrio.

«Matt non prenderla sul personale, non ho niente contro di te, anzi...capisco ciò che hai passato e mi dispiace, però.. - fece una pausa, chiudendo gli occhi e inspirando una boccata di ossigeno – è tutto troppo complicato, noi...non possiamo essere amici» concluse drasticamente, mentre una fastidiosa sensazione di irrequietezza le invase le spalle, facendogliele percepire pesanti e rigide.

Qualunque scelta avesse fatto le avrebbe comunque causato dolore ma forse quella, tre le due, era la più giusta e logica da prendere.

Rialzò gli occhi timidamente, al pari di una colpevole, per incontrare quelli limpidi di lui, che non avevano mutato espressione, rivelando una freddezza che ferì Ashley, nonostante sapesse di meritarla.

«Anche questo lo sapevo già...non saremo mai amici, noi due – ripetè con studiata lentezza e un tono ambiguo che lasciava però più di una interpretazione a quella frase, poi si mosse sul sellino, riaccomodò le gambe e si accinse a rimettere in moto il mezzo – allora ti saluto, vorrei dirti 'alla prossima', ma a questo punto credo sia superfluo» le precisò, abbozzando uno dei suoi soliti ghigni sfrontati.

Ashley annuì debolmente col capo, poi ricambiò con un cenno al suo saluto e girò i tacchi, udendo dietro di lei il rumore del motore dello scooter di Matt che pian piano si faceva sempre più lontano.

Si strinse nelle spalle, serrando fra le dita la tracolla della borsa, e si diresse verso casa, mentre una domanda rimbombava nella sua testa.

Le sarebbe mancato?

Lui, le sue parole, quelle braccia intorno alla schiena.

Per un attimo credette di sì, poi fu lo stesso Matt a suggerirle forse la risposta più razionale, quando una sua domanda di quel pomeriggio le riaffiorò alla mente.

'Come si fa a sentire la mancanza di qualcosa che non esiste?'

 

«Ashley, hai fatto tardissimo tesoro, e poi cos'è quella faccia?»

L'irruenza protettiva di Colleen la investì sull'uscio della porta e ben presto fu seguita da tutte le altre sue coinquiline, più un ragazzo castano che conosceva molto bene.

Terence era lì a casa, probabilmente per condividere con loro il suo successo e per festeggiare.

Peccato che lei non ne avesse voglia.

Il suo viso venne raggiunto dalle mani curate della sua coinquilina più anziana, che glielo sollevarono perché potesse scrutarlo attentamente, preoccupata di trovare la causa di quell'aria così depressa.

«Oh mio Dio, Ashley va tutto bene? Che ti ha detto il dottore, non farmi stare in ansia!» si aggiunse Michelle, trotterellando sui tacchi che pareva non aver tolto dalla mattina e anche lei intenzionata a farle un terzo grado.

«Tranquille, sto a meraviglia! Ho solo la gola infiammata per via di un colpo d'aria, mi ha dato un medicinale e sarò a posto!» le tranquillizzò, avviandosi verso il corridoio.

Il profumo di colonia maschile le invase il naso quando spuntò dalla cucina Terence, vestito di tutto punto, come un perfetto rappresentante della sua classe sociale e del ruolo prestigioso che presto vi avrebbe occupato.

«Sicuro sia tutto ok?» volle accertarsi il ragazzo, cingendole protettivo la vita con un braccio e osservandola con premura.

«Sì, Terence, piuttosto, complimenti per il tuo traguardo! Sono davvero felice per te e ti auguro il meglio!» gli sorrise, sforzandosi di non rovinare la gioia del suo amico con le sue paranoie da perfetta imbecille.

Per un attimo si concesse di guardare il suo viso lievemente spigoloso, ricoperto da un sottile strato di barba e gli occhi castani, caldi e illuminati da quella felicità a cui aspirava da tempo e in cui si concentravano gli sforzi di tanti anni.

Si chiese se non avesse ragione Matt, se Terence fosse adatto a lei, a darle quella normalità che non aveva da mesi e che desiderava più di ogni altra cosa al mondo.

«Lasciala respirare Michelle, sei sempre la solita!» la voce cristallina di Beth la distolse da quei pensieri, riportandola alla realtà.

Il braccio di Terence scivolò via dal suo fianco ed Ashley si accorse di non aver provato alcun desiderio che vi ritornasse a posarsi a differenza di...

No, non poteva pensarci, era categoricamente vietato.

«Ragazze non prendete impegni per la settimana prossima, sabato sera andiamo a festeggiare! Voglio prendermi una bella sbronza e ballare fino al mattino!» urlò Michelle, presa da un'euforia anomala che Ashley non le aveva mai visto prima e che spezzava la sua aria da ragazza perfettina e moderata.

«Vacci piano, sorellina. Non voglio ridurmi a doverti fare da baby-sitter mentre vomiti l'anima dentro un gabinetto» la ammonì Terence, incrociando le braccia sul tavolo e assumendo il ruolo di fratello maggiore maturo.

«Ah, smettila! Voglio solo divertirmi un po' dopo tanto studio e fatica! Magari rimorchio anche qualcuno!» esclamò, strizzando l'occhiolino verso le ragazze single del gruppo, ovvero Ashley e Melissa.

«Dovresti pensare a trovarti un bel ragazzo serio e stabile, non un'avventura di una notte! Diglielo anche tu Terence!» intervenne Colleen, a cui invece calzava bene il ruolo della mamma chioccia.

«Le storie serie e l'amore non mi interessano! Sono solo scemenze da ragazzine e io non lo sono da un pezzo – affermò con sicurezza, diventando di colpo fin troppo seria mentre allontanava bruscamente la sedia dal tavolo per sedersi – è così sbagliato?» domandò poi, cercando appoggio nelle altre coinquiline.

Ashley abbassò lo sguardo, sentiva già la testa piena di confusione quella sera e non aveva la forza di riempirla di altre questioni, soprattutto se riguardavano cosa fosse giusto o sbagliato fare.

Lei ormai aveva perso completamente la capacità di distinguere quei due semplici concetti.

«Io non ho fame stasera, vado in camera, sono stanca e domani devo lavorare» disse piano, congedandosi dal gruppetto rapidamente, prima di dare loro tempo di fermarla e indagare.

Le sentì blaterare qualche commento su quanto fosse strana quella sera, per poi infilarsi nel buio del corridoio, con le voci che ormai diventarono un brusio indistinto di sottofondo.

Un braccio la trattenne con una presa delicata; Ashley si voltò e vide Terence, con gli occhi sorridenti.

«Volevo solo darti la buonanotte» bisbigliò, poi le si avvicinò e sfiorò la sua guancia con le labbra, quasi senza poggiarle.

Ashley rimase immobile, fredda come una statua di ghiaccio, priva del calore che la faceva avvampare quando le labbra che la sfioravano erano altre.

Notò quella differenza e come un automa riprese a camminare, senza accorgersi dello sguardo preoccupato che Melissa le lanciò da lontano, dopo che si era sporta a guardare quella scena, con le mani giunte sul petto e i soliti dubbi che non era riuscita a sciogliere.

Luke aveva la bocca cucita e cavargli qualcosa era impossibile, ma lei era preoccupata per Ashley, si comportava in maniera strana ultimamente, era più schiva del solito e spesso le aveva dato l'impressione che tenesse nascosto qualcosa.

La seguì con lo sguardo finchè non vide la porta della sua stanza chiudersi, poi riportò l'attenzione alle altre, col proposito nel cuore di parlarle l'indomani, senza perdere più tempo.

Ashley era stata gentile con lei e aveva protetto il suo segreto, e se poteva fare qualcosa per aiutarla ne sarebbe stata più che felice.

Lei intanto si era seduta sul letto, aveva sfilato i jeans e la maglia per indossare il suo pigiama. Percepì la stoffa fresca e piacevole sulla sua pelle e lasciò uno spiraglio della finestra aperto perché l'aria dentro la stanza non si facesse troppo calda.

Si sdraiò, coprendosi per metà con un lenzuolo, con la luce spenta e la sensazione morbida del materasso sotto la schiena, così diversa da quella dell'erba del parco.

Il ticchettio regolare della sveglia sul comodino scandì quei minuti in cui rimase con gli occhi fissi sul soffitto scuro, spenti e inespressivi.

Non seppe nemmeno dare un nome o una motivazione al nodo alla gola che le fece scivolare giù una lacrima solitaria.

Non si curò di asciugarla e stavolta nessuna mano gentile l'avrebbe fatto al posto suo.

 

 

  
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