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Autore: sofimblack    18/05/2017    0 recensioni
Dal II capitolo:
«Vuoi una caramella?»
Lui la guardò con attenzione ancora maggiore. Non si erano mai presentati, non si conoscevano, eppure lei non si era presentata né gli aveva chiesto il suo nome. No, lei gli aveva sorriso offrendogli una caramella. Una caramella. Anche lei studiava le persone, non si era sbagliato, ma aveva l’impressione che i loro studi si muovessero su due piani diversi.
[...]Quando però lei gliela porse, e lui allungò la mano per prenderla, accaddero due cose contemporaneamente.
Si sfiorarono appena, e una lieve scossa attraversò entrambi... probabilmente pure questo è un cliché, eppure tramite quel tocco leggero presero effettivamente la scossa, era decisamente così, non ci si poteva sbagliare.
La seconda cosa fece invece cadere Rae nello sgomento. L’atmosfera, da tranquilla e rilassata, si era fatta per lei tesissima. Una sensazione terribile, sconvolgente e in qualche modo triste la attraversò, velandole per un momento gli occhi di panico. 5 novembre, 5 novembre, 5 novembre.

Cosa sarebbe potuto accadere se Rae, una ragazza molto "intuitiva" e dal passato difficile, avesse incontrato Elle durante il caso Kira? Forse il finale sarebbe stato diverso...
Beh, spero di avervi sufficientemente incuriositi! Buona lettura ^^
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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XIV

Esperimento

 

 

31 maggio

 

R

 

La musica arrivava fino in strada entrando nelle case, inondando le orecchie dei pochi passanti e colmando l’anima di Rae. Era sdraiata al centro del letto, i capelli sparsi sul cuscino e gli occhi chiusi, assolutamente persa nel suo mondo. D’un tratto un ronzio fastidioso interruppe quel momento perfetto: il suo telefono vibrava, abbandonato sul comodino, senza desistere. Rispose distrattamente senza neppure guardare il numero, abbassando la musica sulla quale in realtà era ancora concentrata.

«Sì…?»

«Hai intenzione di prendere una multa per disturbo della quieta pubblica?»

La voce di Elle al telefono aveva mille sfaccettature - dall’infastidito, al pacato, al divertito - e la riportò alla realtà. Spalancò gli occhi.

«Ad ogni modo, apri la porta.»

Rae si alzò dal letto controvoglia, spegnendo lo stereo ed andando ad aprire. Sorpresa, si ritrovò davanti Watari, che la salutò con un lieve inchino.

«Buongiorno, miss»

Rae ebbe la decenza di arrossire, sentendosi in colpa per averlo fatto aspettare chissà quanto.

«Buongiorno Watari… chiedo scusa, non avevo sentito il campanello e…»

«Nessun problema, miss. Quand’è pronta ho istruzione di portarla al Quartier Generale.»

Rae strabuzzò gli occhi: questa sì che era una vera novità! Si infilò le scarpe al volo e seguì Watari sulla solita Rolls Royce nera.

«Perché Elle vuole che sia io ad andare da lui? Di sicuro non si addice all’aura di mistero a cui tiene tanto…» bofonchiò aprendo la portiera, vagamente ironica.

Watari le lanciò uno sguardo consapevole ma bonario, quasi divertito, dallo specchietto retrovisore.

«Difficile a dirsi. Presumo ci sia più di un motivo.»

Non aggiunse altro, enigmatico come sempre. Rae, nonostante la curiosità, non fece ulteriori domande: evidentemente Watari era al corrente di ciò che passava per la mente di Elle, ma non le avrebbe detto nulla. Era inutile insistere, lo sapeva bene. Decise di cambiare argomento, e per i venti minuti successivi Watari le parlò di alcuni spettacoli teatrali che aveva visto in gioventù.

Arrivarono infine davanti ad un hotel cinque stelle, dove persino le guardie che sorvegliavano l’ingresso parevano celebrità hollywoodiane. E così era quello il Quartier Generale? Chissà perché s’era immaginata qualcosa di più losco, magari uno scantinato buio o la stanza segreta di un bar malfamato. Salirono fino all’ultimo piano, entrando in una suite schifosamente lussuosa con tanto di salottino. Elle stava davanti a dei monitor spenti, seduto nella sua solita posizione accartocciata. Per una volta non stava mangiando niente, ma aveva una torre pericolante di zollette di zucchero accanto a sé. Watari si congedò dopo aver parlottato a bassa voce per un po’ con Elle; a quel punto Rae liberò la raffica di domande che stava covando.

«Perché sono qui? E tutta la tua segretezza? E se mi vede qualcuno? E se… incontrassi Kira? Non credi che…»

Elle alzò un dito, interrompendola.

«Dunque. Sposterò il Quartier Generale domani mattina, quindi non ha importanza se adesso sai dov’è. Ho proibito a chiunque di venire in questo luogo - e se anche qualcuno ci provasse verrebbe fermato prima di aprire quella porta - ed infine ti ho fatta portare qui perché non ho il tempo per venire io da te. Ho soddisfatto la tua curiosità? Adesso posso avere tutta la tua attenzione e concentrazione?»

Rae annuì in silenzio, mettendosi a sedere sul tappeto.

«Cos’è che vuoi dirmi?»

Elle, sino a quel momento impegnato ad osservare la torre di zollette, finalmente si girò a guardarla, tremendamente serio. Aveva negli occhi un qualcosa di pericoloso ma al contempo di estremamente irresistibile.

«Non potrei semplicemente avere voglia di vederti?»

Il cuore di Rae perse un battito (ma anche più di uno) mentre cercava di ricordarsi come fare a respirare. Per un momento ci credette davvero ma poi, con un devastante effetto-doccia-fredda, si ricordò di chi aveva davanti. 

«Improbabile. Tu non hai tempo

Elle si concesse un rapido sorrisetto, quasi soddisfatto.

«Già. Ho fatto arrestare Misa Amane. Voglio farla confessare.»

I pensieri di Rae - che fino a quel momento andavano in tutt’altra direzione - iniziarono a correre rapidi, mentre Elle continuava ad osservarla, in attesa di una sua reazione.

«Perché me lo stai dicendo? Ne avevamo già parlato no? Inoltre se anche avessi visto qualcosa - e non è così - non te lo direi mai. Non è ancora il momen…»

In quell’istante una voce femminile, acuta e disperata, irruppe nella stanza.

«Uccidimi!»

Vide Elle irrigidirsi e lei fu colta da una terribile sensazione.

«Uccidimi!»

Le urla si interruppero. Tra di loro cadde un silenzio sgradevole, pesante. Rae ci mise un po’ per dar voce a ciò che pensava.

«Elle… cosa hai fatto esattamente a Misa Amane?» chiese infine incerta, come se non volesse saperlo, o come se lo sapesse fin troppo bene.

Lui parve combattuto per un po’ ma poi, con un sospiro, accese i monitor a cui aveva dato le spalle per tutto il tempo. In realtà si era arreso piuttosto in fretta… come se avesse voluto fin dal principio essere scoperto. Quello che vide la sconcertò: sugli schermi campeggiava Misa completamente immobilizzata, gli occhi coperti e la bocca tappata, il corpo imprigionato ad una barella da delle cinghie e da una specie di camicia di forza. Rae si alzò dal tappeto avvicinandosi agli schermi per vedere meglio, come se uno sguardo ravvicinato rendesse più reale la cosa. Avevano parlato del fatto che la avrebbe arrestata, ma Rae ovviamente credeva che si sarebbe trattato della cella di un carcere… era del tutto impreparata a quello spettacolo raccapricciante.

«Sei… sei…». Annaspò per un po’, senza riuscire a trovare l’aggettivo giusto. «Sai che lei non è il vero Kira!» Una furia cieca iniziò ad infiammarsi dentro di lei. «Lo sai che non lo è, che bisogno c’è di tenerla lì in questo modo, legata e bendata?! Quanto a lungo hai intenzione di lasciarla così?! Non puoi semplicemente chiuderla in una cella?» 

Lo prese per le spalle e lo scrollò, indignata, sconvolta. Lui spalancò appena gli occhi, incredibilmente consapevole di quel contatto così improvviso, ma lei non ci fece caso. Per una volta il suo sguardo era appannato.

«Rispondimi!» gli gridò contro, già sapendo di non poter fare nulla per cambiare la situazione.

«Hai finito?» chiese lui tagliente, impassibile.

Lei aveva ancora le mani sulle sue spalle ma non lo ascoltava quasi mentre, ancora turbata dalla scoperta, cercava di venire a patti con la situazione e con se stessa. Elle allora, forse stanco di osservarla al culmine della sua irrazionalità o forse no, non fece altro che sporgersi verso di lei, coprire quella distanza tra loro che era appena un soffio ed appoggiare le labbra sulle sue. Delicato, deciso, curioso... così rapido che lei non ebbe neppure il tempo di chiudere gli occhi e già si era allontanato.

«Oh.»

Cosa? COSA?!

«Questo, se non altro, dovrebbe averti fatta calmare.»

COOOSA? Rae si sentì improvvisamente stordita. La stava prendendo in giro forse? Calmare? Pensava che baciarla avrebbe fermato tutto quel turbine di emozioni? In verità l’aveva fatta agitare ancora di più, nonostante la sorpresa l’avesse in parte distolta dalla rabbia. Questo pensiero la fece adirare nuovamente. Pensava davvero di poter risolvere tutto con un bacio? Eppure suo malgrado qualcosa le si agitava dentro, qualcosa che la fece arrossire. Il suo cuore, quel traditore, faceva le fusa soddisfatto.

«Sei uno sleale.» 

Così non andava bene, doveva riuscire a recuperare un tono di voce normale.

«Dovresti averlo capito ormai.»

Come diavolo faceva? Rae si disprezzava per essere caduta come una scema nelle spire di quel serpente, infinitamente più abile e pericoloso di lei, che prendeva tutto con distacco e razionalità. Decise di far finta di niente.

«Non mi piace che tu la tenga così. Non è giusto.»

«Lei è il secondo Kira. Non posso rischiare di farle vedere in faccia nessuno, lei stessa non si è opposta alla cattura. Ha ucciso delle persone, Rae, e potenzialmente per quanto ne sappiamo può farlo di nuovo. Tu mi hai detto di fidarmi di te ed io, come ti ho promesso, non le farò niente. Ma dovrò agire come se non sapessi nulla, ovvero fare come farebbe Elle se si ritrovasse per le mani il secondo Kira… ti ricordo che non lavoro da solo. È proprio per questo che aspetto. Oltretutto qui è più al sicuro, ne abbiamo già discusso.»

“È proprio per questo che aspetto”… che voleva dire?

«Non c’è bisogno che tu mi parli come se fossi una bambina.»

«Evidentemente sì.»

Rae si morse un labbro. Che razza di arrogante! Eppure capiva le sue ragioni, del tutto logiche ovviamente… combattere contro di lui su quel piano era fatica sprecata, davvero. Adesso era un po’ più calma. Riteneva ignobile il trattamento riservato a Misa - quasi le dispiaceva per quella ragazza che però, in effetti, era un’assassina - ma probabilmente non c’era altro modo di gestire la situazione. Lei non aveva detto a Elle degli shinigami, di Rem e del patto che avevano stretto… Che in parte fosse pure colpa sua…?

«Per caso hai qualcosa da dirmi?»

«Non ancora.»

Su questo era assolutamente risoluta, anche se probabilmente si era già lasciata sfuggire una miriade di cose… aveva l’impressione che la sua fosse stata una semplice domanda rituale, come se non si aspettasse per davvero una risposta.

«Va bene. Allora puoi anche andare. Volevo solamente metterti al corrente della situazione ed informarti che sto rispettando la mia parola. Non le farò nulla, ma ti consiglio di sbrigati a fare qualsiasi cosa tu abbia in mente.»

Per un momento Elle le osservò le labbra con occhi di pece, profondissimi, esitando impercettibilmente. Poi si allungò bruscamente verso il telefono, chiamò Watari e la fece riportare a casa, mentre lei doveva ancora assimilare bene il tutto e capire cos’era accaduto.

 

 

L

 

Fu solo quando rimase nuovamente da solo che si permise di pensarci. Che cosa diavolo era appena successo? Per un momento la sua mente, sempre perfettamente logica e funzionante, era andata in tilt. Era sempre stato un bugiardo, ma mentire a se stesso era perfettamente inutile, lo aveva capito da tempo. Quel bacio… non l’aveva fatto semplicemente per farla tornare in sé, ma perché era da qualche tempo che voleva farlo. Semplice. D’altronde non sfruttava qualsiasi occasione per andarla a trovare, per parlarle…? A volte andava da lei senza un vero e proprio motivo, giustificandosi col fatto che comunque ogni sua visita gli dava nuovi spunti di riflessione ed informazioni. Se avesse osservato la situazione dall’esterno l’avrebbe chiamata attrazione, eppure non era così facile, non per lui almeno. Se l’aveva fatta venire lì era perché in fondo sperava di essere scoperto… forse perché sentiva che ciò che stava facendo a Misa Amane era effettivamente troppo e aveva bisogno di qualcuno che lo sgridasse, impedendogli di perdere la sua umanità? Si rese conto che lei stava diventando il suo appiglio alla parte migliore di se stesso. Che gli stava succedendo? Da quando in qua gli interessavano le relazioni umane o gli importava di essere eticamente migliore? Perché non riusciva a mantenersi razionale e lucido? Era una vera seccatura. Avrebbe dovuto risolvere la questione oppure non sarebbe riuscito a concentrarsi sul caso.

 

 

8 giugno

R

 

Era quasi ora di cena quando Rem comparve nel suo soggiorno attraversando la parete.

«Hanno arrestato Misa.»

Questa volta Rae fu più discreta nelle sue reazioni. Aprì il frigo, finse di essersi dimenticata di comprare qualcosa. Mise le scarpe. Chiavi, telefono, portafoglio. Borsa. Ripeté meccanicamente i gesti che faceva di solito, poi uscì senza fretta.

«Ho delle telecamere in casa.»

«Lo immaginavo.»

Ah! Finalmente poteva parlare liberamente! Beh, in realtà doveva comunque bisbigliare - altrimenti sarebbe stata presa per una pazza che parla da sola - ma non avere la pressione dello sguardo di Elle puntato addosso era decisamente rinfrescante.

«Sapevo che la avrebbero arrestata, ma Elle mi ha promesso che non le farà del male…»

«E credi di poterti fidare?»
Fiducia, fiducia… era davvero un’arma a doppio taglio, ed un concetto sul quale si era ritrovata a riflettere molto spesso di recente. Forse era un’ingenua, una sconsiderata… ma sì, si fidava. Si fidava di un bugiardo e di un dio della morte. Ok, era decisamente una sconsiderata.

«Sì, lo credo. Anzi, lo so.»

«A dire il vero quando sono andata da Mis...»
« “Andata?” Dunque sei una femmina?»

Certe volte avrebbe fatto bene a tapparsi la bocca, anzi, a cucirsela. Probabilmente non avrebbe dovuto chiedere una cosa del genere così bruscamente, soprattutto non interrompendola, ma ne era rimasta talmente sorpresa che le era scappato… D’altronde non aveva idea di come funzionasse l’educazione tra gli dei della morte. Rem tuttavia non mostrò segni di fastidio.
«No. In realtà gli shinigami non hanno un sesso definito, diciamo che alcuni di noi mantengono determinate caratteristiche e per abitudine ci distinguiamo così…»

«Capisco. Scusa se sono stata invadente.»

Rem la guardò sorpresa. Probabilmente era la prima volta che qualcuno si scusava con lei. Camminavano fianco a fianco - o meglio, Rem fluttuava a mezz’aria accanto a lei - mentre i lampioni si accendevano. Rae era realmente diretta al supermercato per comprare qualcosa (erano dettagli del genere che potevano compromettere la riuscita della sua “copertura”) e le fece uno strano effetto aggirarsi tra i familiari scaffali sotto le luci asettiche mentre al suo fianco c’era uno shinigami che nessuno vedeva tranne lei. 

«Noi uccidiamo tramite i death note - sì, come quello che hai toccato tu - per ottenere anni di vita sottraendoli a voi umani. Basta scriverci sopra il nome del diretto interessato ed il gioco è fatto. Può utilizzarlo anche un umano, a patto che conosca, oltre al nome, pure il volto della sua vittima e senza però allungare la propria esistenza… Certo, l'umano in questione può anche scegliere di fare uno scambio di occhi con lo shinigami, così da riuscire a vedere il nome delle persone con uno sguardo, ma ciò dimezza la durata della sua vita. Io avevo due quaderni ed il secondo l’ho dato a Misa. Light invece è entrato in possesso di quello che Ryuk, un altro shinigami, ha abbandonato sulla terra. Ci sono numerose regole in realtà, ma Yagami si è mostrato molto interessato a quelle riguardanti il possesso e la memoria… se si rinuncia al quaderno si dimentica tutto ciò che gli è connesso, fin quando eventualmente non si rientra di nuovo in contatto col death note o almeno con una parte di esso.»

Erano davvero un sacco di informazioni da assimilare tutte insieme, e per Rae era difficile comportarsi normalmente mentre le ascoltava. Si accorse di essersene rimasta imbambolata davanti ad uno scaffale di salse pronte per almeno cinque minuti buoni. Si voltò di scatto, diretta verso un altro corridoio pieno di prodotti che non avrebbe nemmeno visto. Finse di studiare attentamente l’etichetta di un pacco di biscotti.

«Ho detto a Misa di rinunciare al suo quaderno cedendolo a Yagami, così ha perso tutti i ricordi, rendendo più facile la sua scarcerazione. Quando ho visto Yagami lui ha rinunciato al quaderno di Misa, lo ha dato a me e poi me lo ha fatto dare a Ryuk, che a sua volta lo ha gettato a terra, “riportandolo nel mondo degli umani” dove Yagami lo ha raccolto, riappropriandosene. Infine mi ha dato il suo quaderno originario e mi ha detto di consegnarlo tra un mese ad una persona abbastanza potente ed avida del mondo degli affari, a patto però che continui a scriverci pure i nomi dei criminali. A quel punto me ne sono andata… sai, mi ha detto di fidarmi di lui. In realtà sono sicura che stia facendo in modo di salvarla. Yagami è vincolato ad una condizione che gli ho imposto: se non salverà Misa lo ucciderò.» 

A quelle ultime parole Rae non poté fare a meno di voltarsi a guardarla. Negli occhi dello shinigami c’era un chiaro avvertimento e lei pensò che la sua vita era davvero appesa ad un filo… o meglio, alla sequenza di lettere che formavano il suo nome e che non dovevano essere scritte su nessun quaderno, oppure sarebbe morta. Incredibile con quanta leggerezza ci avesse pensato, come ad una cosa di secondaria importanza.

«Tuttavia non riesco a fidarmi, so che in qualche modo vuole liberarsi di lei.»

All’improvviso la vista le si appannò e lei ebbe una specie di flash. Vide Yagami che seppelliva qualcosa, in un parco. La visione era distorta ed un ormai familiare senso di nausea la assalì, tanto forte che dovette appoggiarsi ad uno scaffale per non cadere.

«Subete ga junchōdesu ka?*»

Una delle commesse le si era avvicinata, guardandola con preoccupazione.

«Hai… arigatō.**»

Afferrò a caso una confezione di yogurt e si affrettò ad andare alla cassa per pagare. Quando uscì accolse con gratitudine l’arietta fresca della sera che le si infranse sul viso. Si incamminò, seguita dallo shinigami che non la perdeva di vista neppure per un attimo.

«Rem… dov’è che tu e Yagami vi siete separati?»

«Era un parco, non ne conosco il nome ma se vuoi posso dirti la strada.»

Un parco eh? Forse…

«E in tutto ciò quest’altro shinigami, questo… Ryuk? Che fine ha fatto?»

«Non so cosa sia successo dopo che me ne sono andata. Credo però che Yagami volesse disfarsi di lui, in qualche modo. Probabilmente rischia troppo… comunque so che Ryuk non gli ha rivelato tutte le regole del death note.» Rem fece una specie di smorfia. «Ha preso tutta la faccenda come un divertimento personale e si comporta da spettatore imparziale, ridendosela come un matto da vero incosciente, perciò non ha favorito Yagami più di tanto.»

Uhm, quella sì che era un’informazione interessante.

«Un’ultima domanda.»

Erano arrivate davanti alla palazzina; la strada era deserta perciò Rae poté permettersi di guardarla apertamente in faccia.

«Se mai dovessi incontrare Ryuk come potrei portarlo dalla mia parte, o almeno attirare la sua attenzione?»

«Mele.»

Rae guardò lo shinigami lievemente confusa. Quella proprio non se l’aspettava.

«…Mele?!»

«Sì, mele. Ne va matto.»

 

 

* Va tutto bene?

** Sì… grazie.





Hello everybody! Vi sono mancata? (tutti: no!) ^^'
Spero che il capitolo vi sia piaciuto... devo dire che Londra ha contribuito a darmi la giusta ispirazione! Che dire, i dettagli e l'attinenza agli avvenimenti del manga sono sempre più difficili da incastrare e far coincidere, io cerco di essere il più esatta possibile ma se ci sono imprecisioni non esitate a segnalarmele e provvederò a rimediare (o almeno ci provo)!
Come sempre vi ringrazio di leggere/seguire/preferire/ecc la mia storia, è bello sapere che a qualcuno interessa ciò che scrivo :') 
Beh, see you on Thursday ~
sofimblack

  
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