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Autore: Lux in Tenebra    18/05/2017    3 recensioni
"Luce e oscurità.
In un mondo grigio, è quasi impossibile definire dove finisca l'una e inizi l'altra.
Un inteccio di anime legate da un filo rosso sangue. Il loro silenzioso patto stretto alla luce della luna e una maledizione antica che consuma tutto ciò che incontra sul suo cammino.
Le tenebre nascondono.
La luce acceca.
Non c'è una via giusta da prendere, solo tante scelte e due anime unite dal caso.
L'umanità si illude di essere arrivata in cima, ma lì, tra gli alberi più alti, nelle foreste più profonde, esistono creature molto più antiche.
Lui vive.
E ha una storia da raccontare.
Riuscirà il sentimento per la donna dagli occhi ambrati a sbocciare?
O avvizzirà sotto il peso di un passato segnato a fondo sulla pelle?"
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Offenderman, Slenderman, Splendorman, Trendorman
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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1. Capitolo

(Ricordi)


 


 


 

Passarono gli anni da quell'infausto giorno. Ogni istante che trascorreva finiva per cancellare sempre di più ciò che ero stato, lentamente ma inesorabilmente.

Non ci volle molto per abituarmi a questo mio nuovo io.

E, con esso, arrivò anche un'insaziabile desiderio di solitudine. Ero sempre stato uno slender abbastanza introverso e solitario, ma mai così tanto prima d'ora. Non riuscivo a comprenderne bene la ragione, semplicemente non sentivo più il desiderio di avere altri esseri della mia stessa specie attorno a me.

Volevo rimanere solo, completamente solo, isolato dal resto del mondo.

Trascorrevo spesso la maggior parte del tempo nascosto in qualche angolo della mia camera a leggere, chiudendomi completamente al mondo esterno.

Mio fratello minore, Trender, veniva a farmi visita a volte: entrava silenzioso dalla porta della mia stanza, per poi sedersi alla fine del letto, apriva uno dei suoi libri sui “servitori” o, come usavano chiamarsi tra di loro , umani e anche lui si metteva a leggere. A volte non mi accorgevo nemmeno della sua presenza, tanto era silenzioso. Non veniva molto spesso, dato che viveva con gli zii per motivi che erano stati tenuti oscuri ad entrambi. Pareva trovarsi bene lì o, almeno, non se ne lamentava.

Non avevo un vero e proprio rapporto fraterno con lui, eravamo come due foglie: lontane tra di loro, sebbene attaccate allo stesso ramo. Ci bastava stare in silenzio nella stessa stanza a leggere, era questo il nostro modo di essere fratelli, non avevamo alcun bisogno di interagire tra di noi. Si può quasi dire che eravamo come cugini, nonostante il nostro sangue ci legasse indissolubilmente.

Poi, in un giorno di mezza estate, nacque un secondo fratello.

E tutto cambiò rapidamente, portando caos tra le mie mura di tranquillità assoluta.

Piccolo, paffuto e con una bocca stracolma di denti aguzzi, grande quasi quanto la metà della sua faccia bianca, era decisamente lo slender più rumoroso e fastidioso che avessi mai sentito in vita mia. Lo chiamarono Offender, e non senza un valido motivo.

I suoi primi anni di vita furono solo pianti che duravano per tutto l'arco della giornata. Non c'era tregua, a quell'infante non mancava mai il fiato.

Per mia sfortuna, la sua camera era proprio accanto alla mia e lo sentivo ogni santo giorno.

Infinite volte stingevo il cuscino intorno alla testa, maledicendo il mio udito fin troppo fine.

Quando crebbe, la situazione non migliorò. Mi seguiva praticamente ovunque e sbavava su tutti i miei libri, distruggendoli poi in piccoli pezzi con le sue manine e i suoi minuti viticci bianchi.

Si divertiva un mondo a vedermi perdere le staffe, dato che cercavo sempre di mantenere un certo grado di compostezza. Per lui non ero affatto divertente quando mi comportavo così.

Questa caratteristica particolare persistette per tutto l'arco della sua crescita, durando ancor oggi, ma per mia fortuna perse il vizio di venirmi dietro.

Mio padre diceva sempre che assomigliava molto al nonno ma, non avendolo mai conosciuto, non avevo idea se fosse vero o meno.

Trascorse un periodo tranquillo, nulla di particolare accadde. Crebbi fino a diventare un giovane slender ed entrai a far parte di quel circolo di attenzioni che erano dedicate ai possibili futuri pretendenti delle mani di giovani fanciulle slender che, come me, erano appartenenti ad importanti famiglie della nostra società. Sinceramente, non mi importava nulla di tutti quei sotterfugi, ma se avesse reso onore alla famiglia, non mi sarei opposto.

Finché, dopo che Offender ebbe compiuto il suo tredicesimo compleanno, mia madre ci annunciò fiera che aspettava un altro bambino.

Tutti parvero così allegri e le speranze che fosse una femmina questa volta erano alle stelle. I miei avevano già scelto il nome della bimba a metà gravidanza. La mamma aveva deciso di cucire un grosso fiocco rosso per lei, il tessuto era così morbido, diceva che di sicuro l'avrebbe resa ancor più graziosa di quanto non sarebbe stata in partenza. Aveva fatto venire i materiali apposta da oltremare, assicurandosi che fosse roba di lusso. Me lo mostrava sempre, dubbiosa alle volte, chiedendosi se sarebbe piaciuto alla futura nascitura.

Io le rispondevo sempre di si, non volevo darle un dispiacere, ma a dire il vero, era così grande da parer quasi buffo ai miei occhi. Ero oramai troppo cresciuto per cose ridicole come i fiocchi.

Il fatidico giorno della nascita della bimba arrivò ma, purtroppo, era stato fatto un grosso errore di calcolo.

Il nuovo nato non era una lei, ma un lui.

Non potete lontanamente immaginare quanto mio padre fosse rimasto deluso da questa notizia: si rinchiuse nel suo laboratorio, in soffitta, rimanendoci per un bel po' di giorni senza farsi più vedere da nessuno. Non pareva essere affatto felice, ma come biasimarlo? Dopotutto le aspettative che erano state riposte in quel bimbo non ancora nato erano molto alte e prendere un abbaglio del genere per il nostro popolo non era cosa da poco. Fortunatamente, le nascite di nuovi membri della famiglia non venivano sbandierate ai quattro venti e rimanevano, molto spesso, tra le quattro mura della famiglia stessa.

Mia madre e Offender la presero meglio di quanto mi sarei mai aspettato. Lei continuava a cullarlo, mentre lui gli toccava la guancia, chiamandolo “nanerottolo” per più di una volta, pareva divertirsi a prenderlo in giro. Poi il neonato, inaspettatamente, gli morsicò il dito e lui smise, ritirandosi in un angoletto a leccarsi la ferita, imbronciato.

Mi avvicinai per guardarlo meglio: aveva due occhi neri come la pece e una bocca dello stesso colore, mentre i suoi viticci erano alquanto “particolari”. Mi fissò, sorridendo, mentre le sue grosse pupille iniziarono ad illuminarsi di una strana luce.

Non so perché, non so come, ma quel fratellino mi prese in simpatia nell'istante preciso in cui mi vide.

Alla fine dei conti eravamo un bel quadretto, ma era tutto lì.

Non trascorse molto che la tragedia accadde e fummo costretti ad abbandonare la nostra casa e il nostro stesso mondo, dicendo addio ai nostri genitori.

Tutto il peso dei miei fratelli ricadde su di me.

Mi sentii come schiacciato da un masso.


 

...


 

Ma di questa e di ciò che accadde dopo non ve ne parlerò oggi: mi sono già dilungato troppo su queste faccende poco interessanti.


 

C'è un episodio abbastanza recente della mia vita però di cui vi voglio raccontare.


 

Uno molto singolare.


 


 

Era una notte d'inverno, il 25 del mese di dicembre di preciso. La natura della foresta dove ci eravamo stabiliti era stranamente silenziosa e il cielo tetro più che mai, non si poteva scorgere nemmeno una stella brillare su quel manto nero. Delle forti vibrazioni, provenienti da nord-ovest, stavano trapassando il reame materiale, arrivando oltre il velo che separa il mondo del visibile a quello dell'invisibile. Portavano con se un'energia negativa che quasi appestava l'area in cui mi trovavo.

Presi a carezzarmi il viso, alquanto infastidito da quella presenza.

Qualcuno, non solo stava per sconfinare nel nostro territorio, ma stava anche chiamando a se qualcosa di estremamente minaccioso.

Non era un semplice umano, non poteva esserlo. Loro erano così fragili a confronto di quella cosa.


 

Avere avversari nelle vicinanze era l'ultimo dei miei interessi al tempo.


 

Alzai la testa di scatto, annusando l'aria. Temetti per la foresta, per la mia nuova casa e soprattutto per la mia famiglia.

“Lo senti anche tu, Slender?” chiese qualcuno, raggiungendomi subito al mio fianco ed appoggiandosi con la mano al tronco dell'albero.

Non ebbi nemmeno bisogno di rivolgergli lo sguardo: sapevo chi era. La sua voce mi era inconfondibile.

“C'è qualcuno ai confini della foresta, Trender, con cattive intenzioni, ne sono sicuro” abbassai il viso, cercando di focalizzare tutte le mie energie verso quella strana massa di oscurità e magia per visualizzarla meglio.

Una dolorosa fitta mi attraversò il petto per lo sforzo improvviso. La ferita che mi ero procurato pochi giorni prima si stava riaprendo per mia sfortuna.

Mio fratello accorse immediatamente al mio fianco, sostenendomi con il braccio. I riflessi non gli mancavano quando voleva.

“Non dovresti sforzarti, Slender, non ci serve un capofamiglia morto adesso” dichiarò con una certa ironia nella voce, procedendo a controllare la ferita senza chiedere il permesso prima.

Gli scostai la mano, decisamente irritato dal suo gesto.

“E' tutto ok, è quasi guarita” sminuii, tagliando corto. Era una mezza bugia, ma lo sapevo solo io.

Lui mi fissò dubbioso, non parendo fidarsi sul momento delle mie parole, per poi spostare l'attenzione sul nostro problema principale.

Quell'energia aumentò all'improvviso, finendo per attraversare il nostro territorio in ondate di cerchi concentrici. Ci colpì in pieno volto, senza farci alcun male, per poi dissolversi nel nulla, lasciando tutto attorno a se solo dei piccoli residui a forma di schegge opalescenti.

Non ci fu bisogno di parole, ne futili discorsi. Ci teletrasportammo immediatamente sul posto, ma quello che trovammo non poteva essere definito come il più piacevole degli scenari.

C'erano degli strani segni ancora ardenti ovunque, un sacco di sangue, dei cadaveri così sfigurati da non parere più riconoscibili ad occhio nudo e al centro di tutto questo un altare di pietra spaccato in due.

Un odore pungente di residui mistici avvolgeva l'intera zona.

Arricciai il naso invisibile. Era davvero troppo fastidioso, mi stava facendo venire la nausea alla bocca dello stomaco.

Chiunque avesse compiuto tutto ciò, non era più lì. Ci mettemmo alla ricerca di tracce o qualsiasi indizio che potesse ricondurci al colpevole, ma nulla di importante saltò fuori.

Nei giorni successivi, l'area circostante all'altare iniziò a morire lentamente, facendo seccare ogni cosa che gli era vicina.

Quella sezione di terra divenne infertile e ancora oggi non vi cresce nulla.

Curioso e, allo stesso tempo, terrificante.



 

Continua nel prossimo capitolo!

 

Non dimenticarti di supportare il capitolo se ti è piaciuto.

Sto piano piano migliorando, però ho ancora tanto lavoro da fare ^^'.

Grazie per aver letto!


 

   
 
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