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Autore: LadyLicionda    19/05/2017    0 recensioni
Eiko Wadsworth scopre improvvisamente di soffrire di Disturbo Dissociativo dell'Identità, ovvero personalità multipla. I suoi problemi iniziano quando realizza che ogni personalità è dotata di una volontà propria, di desideri propri e di ambizioni uniche. Come se non fosse abbastanza, ognuna di loro si scopre ben presto innamorata di una persona diversa. Riuscirà Eiko a mantenere il suo segreto e a destreggiarsi fra le attenzioni romantiche di sette irresistibili ragazzi senza soccombere ai capricci delle sue eccentriche personalità? NOTA BENE: Per questa versione è previsto un finale multiplo (uno per ognuno dei ragazzi di KNB). Il rating potrebbe cambiare con il progredire della storia. I personaggi di KNB appartengono all'autore originale Tadatoshi Fujimaki, tutti gli altri sono personaggi creati da me.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kiseki No Sedai, Nuovo personaggio, Taiga Kagami, Yukio Kasamatsu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13

“Io continuerò a credere in te”

 

 

 

 

 

La mia vita da liceale è iniziata ufficialmente dieci giorni fa con una sorpresa, invero non molto gradita: ho infatti scoperto che tra i miei compagni di classe c’è anche Kuroko. L’idea di trascorrere il resto dell’anno insieme a lui non mi entusiasma affatto, al contrario mi preoccupa. L’essermi riunita ad uno dei miei vecchi amici della Teikō mi ha costretta fin da subito ad alzare le mie difese e rinforzarle. Eppure qualcosa mi infastidisce. Dopo l’ultimo tentativo da parte sua di iniziare una conversazione e il mio consequenziale rifiuto, Kuroko non ha più cercato di avvicinarsi a me. Non l’ha presa bene quando gli ho detto di non ricordare chi fosse, ma non sembrava arrabbiato, piuttosto dispiaciuto. La cosa positiva è che, almeno per ora, sono riuscita a convincerlo a starmi lontano. Ho dovuto calcare un po’ la mano e confesso che non è stato facile fingere di trovare la sua presenza inquietante e ordinargli di lasciarmi in pace. Ma non mi pento affatto di quello che gli ho detto. Sono tuttavia contenta che si tratti di Kuroko. Per fortuna è un ragazzo che passa facilmente inosservato e che non ama spettegolare, perciò non devo preoccuparmi che racconti a qualcuno del mio passato. Inoltre non è una persona invadente e questo significa che non proverà a riallacciare i rapporti con me contro la mia volontà. Come avevo previsto, è entrato nella squadra di basket. Era inevitabile, del resto.

«Kiseki no Sedai?».

«Che cosa hai detto?», chiedo a Haruka.

Anche oggi siamo insieme sul terrazzo della scuola per la pausa pranzo. Questo è il terzo giorno consecutivo che veniamo qui per sfuggire alle ragazze della squadra di pallavolo: a quanto pare mi hanno eletta mascotte ufficiale a mia insaputa. Spero che cambino presto idea perché non ho intenzione di unirmi al loro club.

Riporto le mie attenzioni su Haruka. Sono diversi minuti che sfoglia una rivista sportiva, senza troppo interesse, a dire il vero. Ma la sua espressione sembra ora cambiata. Forse ha finalmente trovato un articolo degno della sua attenzione. Incuriosita mi sporgo sul giornale per dare un’occhiata.

«Non si può dire che non si siano dati da fare nel frattempo», commenta mia cugina, osservando l’immagine in primo piano.

Immortalati nella fotografia che accompagna l’articolo, i volti dei miei vecchi amici. Akashi, Midorima, Aomine, Kise, Murasakibara e, infine, Kuroko posano davanti all’obiettivo.

«L’articolo si riferisce ai campionati nazionali dell’anno scorso. A quanto pare la Teikō si è riconfermata come la scuola migliore del torneo», commenta Haruka con sufficienza. «Chiunque abbia scritto il pezzo, non poteva scegliere un titolo più stupido di questo. Kiseki no Sedai? La Generazione dei Miracoli? Che idiozia! È chiaro che si tratta solo di un altro squallido tentativo di fare pubblicità alla scuola».

Haruka chiude la rivista e con un gesto annoiato la getta ai suoi piedi per riprendere a mangiare. Avendo terminato il mio pranzo, la raccolgo e inizio a sfogliarla fino ad arrivare alla pagina che mi interessa. Ancora una volta i miei occhi si concentrano sui volti dei sei ragazzi. Questa foto è stata scattata solo qualche mese dopo il mio trasferimento dalla Teikō, eppure tutti loro sembrano così diversi. Nei loro sguardi non c’è la gioia di chi ha vinto un importante campionato. Non c’è passione. Al contrario, sembrano tutti pallidi come fiori appassiti. L’espressione nei loro occhi si è indurita, maturando prima del tempo. Ha perso la sua freschezza. Ma fra tutti quanti, Aomine sembra particolarmente infelice. La sua luce si è affievolita. Ricordo bene il sorriso che mostrava sempre quando giocava, lo scintillio nei suoi occhi entusiasti. Ma in questa foto, nonostante i colori con cui è stata scattata, la sua figura appare sbiadita, opaca. Non voglio essere tanto presuntuosa da credere che questo cambiamento sia stato provocato dalla mia improvvisa scomparsa. Sono invece sicura che sia successo qualcosa che ha costretto tutti loro a cambiare così profondamente. Se anche dovessi incontrali, non sarebbero le stesse persone che ricordo. Forse è un bene che le nostre strade si siano separate.

«Ho sentito che sono stati ingaggiati da scuole differenti», pronuncia Haruka alzando lo sguardo sul cielo terso. «Questo vuol dire che presto dovranno giocare sullo stesso campo come rivali. Sei preoccupata per loro?».

«Non saprei», rispondo abbassando la rivista sulle mie gambe distese. «Fino adesso l’idea che potessero diventare avversari e giocare gli uni contro gli altri non mi era mai passata per la testa. Ma se devo essere onesta, non è questo a preoccuparmi. Credo che sia successo qualcosa dopo il mio trasferimento dalla Teikō. Qualcosa che ha cambiato profondamente tutti loro. Ovunque siano, spero solo che continuino a divertirsi giocando a basket», anche se i volti in questa fotografia sembrano tutta’altro che gioiosi.

«Forse non è vero che sono tutti cambiati», continua Haruka, portando lo sguardo sul giornale.

Seguendo i suoi occhi, le mie pupille si soffermano sulla figura minuta di Kuroko. Non sono sicura che Haruka abbia ragione. Almeno in questa fotografia, anche l’espressione sul suo volto sembra in qualche modo avvilita, piena di rimpianti. Da quando è iniziato il nuovo anno qui alla Seirin, però, e soprattutto da quando è entrato nel club di basket, Kuroko sembra più sereno, quasi avesse trovato un nuovo proposito per cui lottare. E non penso che il suo incontro con il ragazzo venuto dall’America sia del tutto casuale. Se ricordo bene il suo nome è Kagami. Non conosco il suo modo di giocare ma pare andare molto d’accordo con Kuroko. A volte, guardandoli insieme, mi torna in mente l’affiatamento che c’era con Aomine. Forse lo stile di gioco di Kagami è più simile a quello di Aomine di quanto possa apparire. In ogni caso non voglio lasciarmi coinvolgere. Se dicessi di non essere nemmeno un pochino curiosa su quei due mentirei, ma incrociare ancora una volta il mio cammino con quello di Kuroko renderebbe solo più difficile la mia guarigione.

«Uffa, è già ora di tornare».

Con uno sbuffo Haruka di solleva dal pavimento raccogliendo alla rinfusa la scatola del pranzo. Ora che la pausa è terminata dobbiamo rientrare per le attività del pomeriggio. Le restituisco quindi la rivista e mi incammino al suo fianco verso la prossima lezione.

 

***

 

Haruka è ancora impegnata con gli allenamenti ma ha detto che dovrebbe finire fra un’ora. Dopo averle promesso che l’avrei aspettata per tornare a casa insieme, decido infine di passare il tempo che resta al Maji Burger. È un fast-food a pochi passi dalla scuola, dove si radunano spesso anche altri studenti della Seirin. Personalmente non ci sono mai stata prima di questa sera, ma dovendo aspettare Haruka e avendo un po’ di fame ho alla fine deciso di entrare, accompagnata da Arthur.

Una folla di studenti e famiglie attende di avvicinarsi alla cassa per ordinare. Mi aggrego alla coda e inganno la lunga attesa scorrendo la lista dei vari menù riportata su alcuni tabelloni. Non posso dire di essere un’amante dei fast-food dal momento che preferisco cibi più salutari, quindi decido di ordinare solo una porzione di bocconcini di pollo fritto e un piccolo toast al prosciutto. Arthur invece rifiuta di prendere qualsiasi cosa e si limita a seguirmi da vicino mentre prendo posto ad un tavolo davanti a una delle finestre.

«Yo!».

Un ragazzo dalla statura imponente mi rivolge il saluto e mi basta una rapida occhiata alle sue sopracciglia biforcute per capire che si tratta di Kagami, il ragazzo venuto dall’America.

«Ciao, Kagami, anche tu qui?», rispondo spalancando subito dopo gli occhi alla vista della montagna di hamburger sul suo vassoio. Non dovrei sorprendermi: dato il suo fisico è piuttosto normale che il suo appetito sia proporzionato alla sua corporatura.

«Non ti ho mai vista da queste parti», continua alzando un sopracciglio, perplesso.

«In effetti non amo molto i fast-food ma oggi ho deciso di fare un’eccezione. Sto aspettando mia cugina», spiego brevemente.

Notando quindi lo sguardo diffidente di Arthur mi affretto nelle presentazioni.

«Questo ragazzo è un mio compagno di classe. Si chiama Kagami Taiga».

«Sei un amico della signorina Eiko?», lo interroga Arthur con aria poco amichevole.

«Non direi», risponde Kagami con naturalezza. «Questa è la terza volta che parliamo».

Se Kagami non fosse intervenuto probabilmente avrei risposto io al suo posto e avrei usato le stesse parole. Tuttavia sentire quella frase uscire dalla sua bocca con tanta spontaneità, come fosse la cosa più ovvia del mondo, mi ha in qualche modo infastidita. Non che mi aspettassi una reazione diversa, ma avrebbe almeno potuto esitare un po’.

«Beh, non credo che lei mi consideri suo amico, almeno», pronuncia subito dopo, portando una mano dietro la testa per nascondere l’imbarazzo. «Il fatto è che non abbiamo avuto molte occasioni per parlare perciò…»

«In effetti non sono molto socievole. Perdonami».

«No-non devi scusarti. Non è colpa sua se sei timida. Credo».

«Credo?».

Il tono di Arthur è improvvisamente ostile e la sua guardia è chiaramente alta in questo momento. Sono quasi certa che percepisca Kagami come una minaccia o, se non altro, come un individuo poco affidabile.

«A-Arthur, non fare quella faccia, in fondo Kagami non ha tutti i torti. E comunque sono sicura che non volesse offendermi. È stato solo molto sincero, giusto?».

Kagami annuisce alla mia domanda.

«Se sei da solo, perché non ti siedi con noi», propongo infine.

La prima impressione che ho avuto di Kagami non è stata la migliore, lo ammetto, ma guardandolo adesso non riesco a credere ai pettegolezzi che giravano sul suo conto fino a qualche giorno fa. Non sembra affatto una persona pericolosa e terribile. Certo ha uno sguardo sempre corrucciato, troppo maturo per la sua età, e la sua statura incute un po’ di paura, ma parlando con lui è facile intuire che tipo di ragazzo sia in realtà. Questa potrebbe essere un’occasione per chiacchierare e conoscerci meglio, dopotutto ho promesso ad Haruka che avrei provato a farmi dei nuovi amici.

«Ehi, Kuroko, a te sta bene?».

Al nome del mio vecchio compagno un brivido percorre la mia schiena, facendomi irrigidire sulla sedia.

«Hai detto Kuroko?», le mie labbra si muovono a stento mentre i miei occhi si spostano sulla piccola figura giunta ora al fianco di Kagami.

«Salve, Eiko-san».

Il nuovo arrivato mi rivolge un breve inchino. La mia risposta al suo saluto è puramente istintiva: con uno scatto abbasso la testa interrompendo il contatto visivo. Non mi aspettavo un confronto diretto con Kuroko così presto. Sono stata ingenua. Avrei dovuto prendere in considerazione la possibilità che Kagami fosse venuto qui con qualche membro della squadra di basket, ma fra tutti i possibili candidati doveva trattarsi proprio di Kuroko.

«C’è qualche problema?».

Notando forse la tensione fra me e Kuroko, Kagami interviene ad interrompere l’improvviso silenzio.

«N-No, nessun problema», balbetto io, cercando di controllare l’ansia.

«Forse dovremmo sederci da un’altra parte».

La proposta di Kuroko è troppo invitante perché io la respinga. Non sono ancora pronta ad affrontarlo. Se ora sedesse al mio tavolo non sarei in grado di iniziare alcun tipo di conversazione e l’atmosfera diventerebbe presto insostenibile, non solo per me.

«Potete sedervi qui, tanto io e Arthur stavamo per andare. A quest’ora mia cugina avrà finito con gli allenamenti».

Con evidente fretta mi alzo dalla sedia e mi allontano dai due ragazzi senza preoccuparmi di salutarli. Kagami penserà sicuramente che sono una ragazza strana e non avrà una buona opinione di me, ma in questo momento non c’è altro che possa fare. Purtroppo ho perso la mia occasione di rafforzare la mia relazione con lui ma ho troppa paura dell’influenza che potrebbe avere su di me la presenza di Kuroko. Sono una codarda, ma non me ne vergogno. Non ancora almeno. Scuoto la testa per scacciare ogni ripensamento dalla mia mente mentre, dall’altro lato della strada, Haruka, libera di tornare finalmente a casa, agita il braccio in aria chiamando il mio nome.

 

***

 

La scorsa notte ho sognato Kagami. Non ricordo esattamente il sogno, ma so per certo di aver visto il suo volto. Quando mi sono svegliata ho provato una strana delusione. Ultimamente mi sta succedendo qualcosa di strano e poco piacevole. Non saprei dire quando è iniziato, né per quale assurdo motivo, ma mi capita sempre più spesso di pensare a lui. Anche a scuola, prima che me ne renda conto, i miei occhi cercano la sua figura e le mie orecchie reagiscono alla sua voce. Di una cosa però sono assolutamente sicura: non mi sono innamorata di lui! Sono giunta a questa conclusione poiché parlare con lui non mi fa sentire imbarazzata; quando i nostri sguardi si incrociano non sento la necessità di fuggire; ma soprattutto quando mi è vicino il mio cuore non batte all’impazzata, il respiro non mi muore in gola e non sento le farfalle nello stomaco. Qualunque sia la natura del mio interesse nei suoi confronti, dunque, non ha nulla a che fare con il romanticismo. Semplicemente, c’è qualcosa in lui che mi attira e mi incuriosisce. Qualcosa di famigliare, il che è assurdo. Come potrebbe essermi famigliare un ragazzo che ho incontrato per la prima volta poche settimane fa? Eppure non riesco a reprimere questa curiosità che sta ormai diventando un’ossessione, a tal punto da farmi incontrare Kagami perfino nei miei sogni.

Oggi Haruka non è venuta a scuola. Ieri sera abbiamo deciso di vedere un film insieme a Shizuka e Naoko – una serata tra sole ragazze – e abbiamo ordinato del cibo da un ristorante tailandese che conosce Haruka. Il problema è che ha finito col mangiare quasi tutto lei e questa mattina non riusciva neanche ad alzarsi dal letto a causa dei crampi allo stomaco che l’hanno tenuta in bagno tutta la notte. Di conseguenza sono venuta a scuola da sola e ho dovuto avvertire i professori e il capitano della squadra di pallavolo al suo posto. Le mie lezioni sono appena terminate ma il giorno è ancora luminoso e non mi va di tornare a casa.

Il mio pensiero vola improvvisamente a lui, il ragazzo venuto dall’America che tormenta i miei sogni. Oggi pomeriggio ci sono gli allenamenti del club di basket e ho sentito che tra qualche giorno è prevista una partita amichevole con un’altra scuola, ma al momento non ricordo il nome. La mia testa dice che non dovrei farlo, che non dovrei avvicinarmi alla palestra, ma il mio cuore è di tutt’altra opinione. Perciò continuo a camminare verso la struttura, consapevole che Arthur mi stia aspettando fuori ai cancelli. Ho intenzione di sbirciare solo per un attimo, giusto il tempo di mettere a tacere questa insana curiosità che martella dentro di me. Kuroko sembra andare molto d’accordo con Kagami, ma soprattutto sembra rispettarlo. Non ho mai visto Kagami sul campo, ma se in qualche modo ha ottenuto l’approvazione di Kuroko deve essere un giocatore di talento.

Un groviglio di voci e lo stridere delle scarpe mi avverte che sono giunta a destinazione. Avendo deciso di dare solo una rapida occhiata e andarmene subito, socchiudo la porta e mi infilo nella palestra. La luce del sole che filtra dai finestroni illumina la polvere sospesa nell’aria creando una nebbiolina sottile che solletica le mie narici spingendomi quasi a starnutire. L’odore del legno del parquet investe il mio olfatto mentre con lo sguardo inizio a familiarizzare con il nuovo ambiente.

È in corso una partita di allenamento. I ragazzi sono concentrati sul pallone e sugli avversari, di conseguenza non si sono accorti di me. Io, al contrario, non  ho impiegato molto a individuare la figura di Kagami sul campo di gioco e ora tutte le mie attenzioni sono su lui. Adesso che è finalmente davanti a me mi sento sollevata e più tranquilla. La tensione ha abbandonato i miei nervi, come se mi fossi appena liberata di un peso.

Senza perdere di vista Kagami, vado a sedermi a bordo campo. Appoggio la schiena al muro e la frescura della parete mi provoca un piccolo brivido sottopelle. Per diversi minuti osservo semplicemente il mio compagno di classe correre da un estremo all’altro del campo, senza badare a ciò che lo circonda, senza soffermarmi sulle sue azioni. Mentre cerco di capire per quale motivo mi senta così attratta da lui, i miei occhi colgono un’ombra appena dietro la sua figura. Stringo le palpebre per ottimizzare la vista e il profilo di Kuroko prende forma accanto a quello di Kagami. Un’improvvisa realizzazione scoppia dunque nella mia mente, come una bolla di sapone: Aomine.

Il paragone tra il mio vecchio amico e Kagami è inevitabile. Vedere quest’ultimo insieme a Kuroko ha rievocato il ricordo di Aomine. Lo stesso entusiasmo. La stessa passione. La stessa luce negli occhi. Kagami è esattamente come Aomine.

Finalmente capisco per quale motivo mi sentivo così attratta da lui. Il mio istinto aveva capito da tempo ciò che la ragione si rifiutava di vedere. Che sia un’altra coincidenza? Un’altra trama ordita dal Fato? A questo punto non importa quanto io provi a tagliare i ponti col passato poiché esso troverà sempre un modo per incatenarmi di nuovo. Forse è arrivato il momento di farmene una ragione e accettare l’indissolubilità di questo legame. Del mio legame con Kuroko, Aomine e gli altri miei amici della Teikō. Kagami potrebbe essere il ponte di collegamento eretto dal destino per incoraggiarmi ad attraversare la corrente e raggiungere l’altra sponda del fiume dove tutti loro aspettano. Essermi riunita a Kuroko in questa scuola e aver incontrato Kagami sono due messaggi inequivocabili. Ma non riesco ancora a prendere la mia decisione. Ho così tanto da nascondere, così tanto da temere. Il segreto che porto con me e che devo custodire ad ogni costo mi rende troppo vulnerabile. Mayumi, Satsuki, Aomine, Kise, Akashi, Midorima, Murasakibara e ovviamente Kuroko, tutti loro mi mancano. Ma il presente è più spaventoso del passato. Ora che so cosa è successo quella notte non ho il coraggio di rischiare solo per assecondare un mio desiderio egoistico. In fondo non sono cambiata: sono sempre la vecchia Eiko debole e insicura.

Col cuore gonfio di rammarico, mi sollevo dal pavimento e lascio la palestra. La mia determinazione vacilla come mai prima. Sono combattuta tra i miei sentimenti e i miei doveri a tal punto da non accorgermi della presenza alle mie spalle.

«Eiko-san».

I miei piedi si arrestano senza tuttavia ruotare verso colui che ha pronunciato il mio nome.

«Non fraintendere, ero qui solo di passaggio», le parole escono dalle mie labbra in un unico respiro affrettato. Mettere le mani avanti è da codardi ma ammettere la verità sarebbe umiliante.

«L’hai notato anche tu, vero?».

Non è difficile intuire il significato delle parole di Kuroko. Si, ho notato quanto Kagami assomigli ad Aomine.

«Capisco perché ti piace tanto», pronuncio abbassando le spalle ed emettendo un profondo sospiro. «Quel ragazzo emana una luce accecante. Sarai felice di aver trovato un degno sostituto di Aomine».

«Kagami-kun non è un sostituto. Lui è…la mia speranza. Dopo che te ne sei andata dalla Teikō, Aomine-kun e gli altri sono cambiati. Il loro basket è ora molto diverso da quello che ricordi».

«Vuoi dire che tu non sei cambiato, invece?».

«Credo ancora in tutti loro».

Dunque non sei cambiato. Hai sempre avuto fiducia nei tuoi compagni di squadra, questo non l’ho dimenticato. Il tuo legame con ognuno di loro è più solido del mio e infondo è giusto che sia così.

«Sai, Kuroko, ti confesso che ho sempre un po’ invidiato il tuo ottimismo. Sono sicura che Aomine sarebbe felice di sapere che tieni ancora così tanto a lui». Lo penso veramente.

«Eiko-san, tu non credi più nella nostra amicizia?».

Un palpito violento scuote il mio petto. A una domanda così diretta cosa dovrei rispondere? Dal punto di vista di Kuroko potrebbe sembrare che abbia deciso di abbandonarlo. Da quando è iniziato il nuovo anno scolastico, poi, mi sono data un gran da fare per evitarlo, ho persino mentito – e da attento osservatore qual è, lo avrà notato sicuramente    quindi è normale che ora pensi questo di me.

«Kuroko, anche io sono cambiata», non è facile per me ammettere questa verità. «Sono successe tante cose e io non sento di essere la stessa persona», quanta pateticità nella mia voce. Da dove nasce tutta questa disperazione? Ogni mia parola suona come una miserabile richiesta di aiuto.

«Io continuerò a credere in te».

«Sei davvero un ragazzo ottimista», le mie labbra si distendono in un sorriso di auto-commiserazione. Sono proprio patetica: trovare consolazione nelle parole di un amico che ho tradito e abbandonato. La mia piccolezza è pari solo alla mia vergogna. Se prima ero indecisa, adesso è impossibile per me incontrare il suo sguardo. Non ho bisogno di vederlo per sapere che i suoi occhi stanno brillando di gentilezza e onestà ed proprio questo a farmi sentire miserabile e fortunata allo stesso tempo.

«Domani abbiamo una partita contro la scuola Kaijō».

«Quella nella prefettura di Kanagawa? So che hanno una squadra di basket molto forte», rispondo pensando all’articolo sulla rivista di Haruka.

«Anche se si tratta di un’amichevole, ho intenzione di vincere insieme ai miei compagni».

«Lo so. Dai sempre il massimo in campo e sono sicura che tu e Kagami ce la farete», a questo punto non ha più senso fingere di non ricordare.

«Il nostro avversario è Kise-kun».

Il nome del mio ex compagno di classe non mi lascia indifferente, ma non sono sicura del perché.

«Per quale motivo me lo stai dicendo?», domando, invece, nascondendo la mia agitazione. «Speri forse che venga alla partita e che magari decida di incontrarlo?».

«Kise-kun sarebbe felice di vederti», ribatte Kuroko, fermo nella sua posizione.

«Se è vero che è cambiato, come hai detto, probabilmente ti sbagli. Perché dovrebbe essere contento di vedere una ragazza che se n’è andata senza neanche dirgli addio?».

«Perché non sei tu la causa del suo cambiamento».

«Allora qual è?».

«Io…non lo so». La voce di Kuroko trema per un breve istante, seguito dal suo silenzio.

Cosa può essere successo di così terribile da rattristarlo tanto? Se nemmeno Kuroko ha una risposta, la situazione deve essere estremamente complicata. Se fossi rimasta alla Teikō con i miei amici, sarebbero cambiati? Kuroko ha detto che non sono io la causa di questo mutamento, eppure non mi sento di escludere la possibilità. L’incidente di quella sera avrà sicuramente avuto qualche effetto su di loro. Mi basta ricordare il volto pallido e terrorizzato di Satsuki per non avere dubbi. Nessuno potrebbe rimanere impassibile davanti a tre giovani corpi esanimi, o davanti alla visione di un’amica coperta di sangue. E non è sufficiente a discolparmi il fatto che sia stato il mio alter ego a manipolare quei due ragazzi affinché aggredissero Aizawa.

L’aria si è appesantita. Né io né Kuroko osiamo parlare. Forse anche lui, come me, non sa cosa dire. Purtroppo, a differenza sua, io non ho parole di conforto per lui perciò è meglio che sia io a terminare qui la conversazione.

«Perdonami, Kuroko ma…».

«Ku-ro-ko!».

Kagami emerge dalla palestra, palesemente irritato. Incurante della tensione che domina il momento, avanza verso di noi a grandi falcate, come un toro inferocito pronto a caricare il matador. Quando il minuto compagno di squadra è infine alla sua portata, la sua mano cala violentemente sulla sua testa, stringendola energicamente.

«Per quanto ancora vuoi battere la fiacca, eh?».

«Kagami-kun, potresti lasciarmi adesso?».

La piccola vena sulla tempia di Kagami inizia a pulsare furiosamente. Nonostante lo sforzo sovraumano, la collera di Kagami esplode alla reazione assolutamente composta di Kuroko. Il tono pacato della richiesta non rende giustizia alla crudeltà della tortura.

«Cosa diamine ci fai qui fuori?».

«Stavo parlando con Eiko-san».

Mi volto lentamente, non potendo evitare di dedicare le mie attenzioni al nuovo arrivato, se non altro per cortesia. Alla realizzazione della mia presenza, un sopracciglio del ragazzo si solleva, disegnando un arco sopra l’occhio.

«Ciao, Kagami», esordisco. «Stavo giusto per andarmene, non avevo intenzione di interrompere il vostro allenamento».

Kagami allenta la presa su Kuroko che, prontamente, inizia a sistemarsi i capelli in disordine. I suoi grandi occhi turchesi si posano quindi sul mio volto per la prima volta. Sono pieni di aspettativa e incondizionata fiducia.  

«È meglio che vada adesso», pronuncio sbrigativa, non sopportando più la pressione.

Do le spalle ai due ragazzi, ma prima che riesca ad allontanarmi le parole di Kuroko mi trattengono per un attimo.

«Ti aspetto domani mattina».

«Non ti prometto nulla», gli rispondo, incamminandomi verso i cancelli.

   
 
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