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Autore: vanessie    19/05/2017    3 recensioni
La storia sviluppa alcuni personaggi di mia invenzione presentati nella fanfiction "Sunlight's Ray".
Una vicenda ricca d'amicizia, amore e problemi della vita quotidiana con cui ogni adolescente si trova a fare i conti...narrati da una prospettiva femminile e maschile. Non mancherà un pizzico di fantasy e un richiamo ai personaggi originali della Meyer!
Per avere una migliore visione delle cose sarebbe meglio aver letto Sunlight's Ray 1-2-3, in caso contrario potete comunque avventurarvi in Following a Star!
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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- Questa storia fa parte della serie 'Sunlight's ray'
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FOLLOWING A STAR

 

Capitolo 60

“Rivelarsi l’uno all’altra”

 

 

POV Evelyn

Mamma e papà erano felicissimi che avessi accettato l’invito di Kevin per la barca a vela, per qualche assurda ragione loro volevano che io me ne innamorassi, ma io non volevo obbedire ad una stupida profezia, nonostante Kevin fosse un tipo interessante. Quando lui suonò il campanello, mi affrettai ad aprire e uscii subito di casa, per impedire ai miei genitori di venire a parlargli. Andammo nella sua auto e ci dirigemmo al porto, dove i suoi amici ci aspettavano per trascorrere quella giornata in mare. Quando arrivammo, presi la mia borsa da spiaggia e scendemmo per andare verso la barca a vela. Kevin mi presentò ai suoi amici e salì a bordo con facilità. Osservai la passerella stretta sulla quale avrei dovuto camminare per salire in barca, mi sentii male al solo pensiero di attraversarla. Soffrivo di vertigini e avevo paura di scivolare o mettere male un piede, con il risultato di cadere rovinosamente in acqua. Non volevo fare la figura della scema, ma non sapevo come gestire la mia paura. “Evelyn?! Vieni?” mi domandò lui “Ehm…sì” risposi, ma riuscii a mala pena a mettere un piede sulla passerella, bloccandomi improvvisamente quando capii che non era affatto stabile. Kevin lasciò il suo zaino e si tolse gli occhiali da sole, restando a guardarmi e a chiedersi il perché del mio comportamento. Tornò indietro e quando fu vicino si abbassò verso di me “Qualche problema? Non ti senti bene?” domandò “Sto bene, ma…” “Vuoi una mano per salire?” mi propose ed io annuii. Lui mi porse la mano, così la afferrai e mi ritrovai sulla passerella oscillante. La paura mi assalì, gli strinsi forte la mano e probabilmente lui lesse il terrore nei miei occhi, poiché mi fece scendere immediatamente insieme a lui. Eravamo di nuovo sulla banchina del porto ed io avevo ancora la sua mano stretta nella mia “Ti fa paura percorrere la passerella?” chiese “Soffro di vertigini e…sì, ho paura di cadere” confessai. Si voltò di spalle e mi prese le gambe, facendomi salire sulla sua schiena. Chiusi gli occhi quando lui salì sulla passerella e li riaprii soltanto quando mi mise giù. Finalmente ero a bordo. “Scusami…” mi affrettai a dire “Tranquilla, nessun problema” rispose. Ci mettemmo seduti sugli asciugamani accanto ad alcuni dei suoi amici. Mi legai i capelli con una coda e tolsi le infradito. Misi la crema solare. Il sole in Irlanda non era tanto intenso, ma con la mia pelle chiara mi sarei scottata immediatamente. “Vuoi che ti dia una mano per metterla sulla schiena?” mi domandò “Ehm…ok” risposi. Si versò la crema sulle dita e poi si spostò dietro di me, iniziando a spalmarla. Era bello sentire il tocco delle sue dita sulla pelle, mi massaggiava con delicatezza e cercai di concentrarmi per non arrossire, quando infilò le dita sotto al laccio che teneva chiuso il reggiseno del mio costume. Lo ringraziai e feci finta di non notare che gli si stampò in faccia un sorrisetto, quando capì che ero imbarazzata. Ebbi la possibilità di conoscere i suoi amici di università e li trovai simpatici. Kevin andò con loro a fare un bagno, preferii restare a prendere il sole per un po’ prima di tuffarmi, così osservai il mare, ma soprattutto osservai lui. Mi gustai quella brezza sul viso, mi rilassai grazie al contatto con la natura. Era la prima volta che mi trovavo in mezzo al mare a bordo di una barca ed era una sensazione bellissima, liberatoria. Era bravo a nuotare, mi piaceva notare i riflessi che la sua pelle bagnata assumeva quando il sole la colpiva, inoltre con i capelli bagnati e spettinati era davvero sexy. Tornarono a bordo e così distolsi lo sguardo, puntandolo verso la costa. Qualcuno si mise seduto dietro di me, mi girai e incrociai gli occhi di Kevin. Cavolo la sua pelle abbronzata era fantastica, emanava il suo solito profumo e i suoi occhi castani con sfumature verdi mi scrutavano.

 

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“Bello vero?” “Bellissimo” risposi, senza sapere se avessi usato quell’aggettivo per il paesaggio o per lui. Restammo in silenzio per un po’ a osservare il panorama. “Kevin…grazie per prima” dissi riferendomi alla sua gentilezza nel darmi una mano a salire sulla barca “Prego” “Ho cominciato a soffrire di vertigini a 6 anni. Ero al luna park con i miei genitori e una giostra di quelle che salgono in alto si bloccò per un black out. Rimasi lassù per almeno 10 minuti e questo mi procurò uno spavento enorme. È per questo che tutt’ora ho paura” raccontai “Capisco, ma dovresti superarla questa paura” “Lo so, hai ragione, ma è più forte di me” affermai. Lui sorrise e il contatto tra i suoi occhi e i miei mi fece sussultare interiormente. Non riuscivo a distogliere lo sguardo, perché il batticuore che mi procurava era talmente emozionante e potente da scaturire una sensazione di felicità, della quale non volevo fare a meno. “Possiamo farci delle foto? Ti va?” propose ed io annuii. Prese dal suo zaino una fotocamera e mi fece qualche foto con il paesaggio retrostante, poi la passò a me e fui io a fotografarlo. Prima di scattare le foto mi piaceva usare lo zoom per focalizzarmi sui tanti particolari del suo corpo…perfetto. Kevin chiese poi ad un suo amico di scattarci qualche foto insieme. Tutta quella vicinanza fisica tra noi mi procurava una certa eccitazione.

 

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Dopo le foto restammo a parlare di ogni singola cosa. Il tempo volava senza sosta, neppure mi accorgevo che ne fosse passato tanto da quando eravamo partiti. Era così semplice intrattenere una conversazione…pranzammo tutti insieme e mi divertii con le battute dei suoi amici. Nel pomeriggio decidemmo di fare un bagno in mare, anche se la temperatura dell’acqua non era esattamente l’ideale. Nuotare sapendo che al di sotto di me c’era una profondità elevata, mi piacque moltissimo. Per me l’acqua era il posto più bello al mondo in cui stare. “Evelyn” disse avvicinandosi dopo un po’ “Ti va una gara di apnea?” “Ok, credi di battermi Kevin? Lavoro tutti i giorni con i delfini e sai che sono allenata!” “Dai facciamolo!” “Bene. Parti tu o io?” “Comincio io” disse. Prese un bel respiro e mi passò il cronometro che aveva in mano. Quando andò giù lo feci partire e, dato che la corrente marina lo stava facendo allontanare troppo da me, lo ripresi per un braccio e lui poggiò entrambe le mani sui miei fianchi, per evitare di allontanarsi troppo. Quando riemerse controllammo il cronometro e gli feci i complimenti, non credevo riuscisse a resistere tanto. Poi fu il mio turno, presi un bel respiro e mi calai giù, tenendo già da subito le mani sui suoi fianchi per evitare di allontanarmi. Per fare in modo di resistere a lungo sott’acqua, scacciai tutti i pensieri e cercai di rilassarmi, liberando la mente e il corpo. Dopo un po’ riemersi. Controllammo il cronometro e fui felice di scoprire che l’avevo battuto. “Sono io la regina dell’apnea!” esclamai soddisfatta “Comunque devo ammettere che sei stato bravo e non me lo aspettavo che avessi tanta resistenza” aggiunsi “So fare un sacco di cose che non sai e non ti aspetti” rispose.

 

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Gli feci la linguaccia e lo schizzai, facendolo ridere. Tornammo a bordo della barca e andammo ad asciugarci. Lo lasciai libero di stare con i suoi amici, intrattenendomi con alcuni di loro, con i quali parlai di università. Nel tardo pomeriggio tornammo al porto. Non volevo neppure pensare al fatto che dovevo scendere dalla barca affrontando la passerella, ma il problema non si pose, poiché quando fu il momento Kevin, senza dirmi niente, mi riprese sulla sua schiena e mi portò sulla terraferma. Salutammo i suoi amici e li ringraziai per la bella giornata che avevamo trascorso insieme, promettendo di tornare ad uscire con loro qualche volta. Kevin ed io andammo alla macchina, prima di mettere in moto lui rimase titubante. Lo guardai e dopo un po’ di incertezza mi parlò. “Sono le 19.15, ti va di cenare da qualche parte?” mi domandò. Gli sorrisi, alzando gli occhi in alto come per dimostrare indecisione sul da farsi. “Mmmm vuoi dire che dovrò sopportarti ancora?” chiesi per scherzare “Solo se vuoi” “Un invito a cena addirittura? Non ti stai facendo strane idee vero Kevin?” “No, solo una cena tra amici” “Magari scegli un posto che non sia uno di quei ristoranti bellissimi e romantici, tra amici va benissimo qualcosa di semplice!” esclamai. “Facciamo così…prendiamo la cena e andiamo a mangiare sulla spiaggia, meno impegnativo di questo…” “Ci sto, chiamo i miei genitori per avvisarli” risposi. Andammo a prendere la cena in un locale e lasciai Kevin ad attendere che fosse pronta, allontanandomi per telefonare a mamma. Composi il numero di casa e aspettai che lei rispondesse. “Pronto” “Mamma, ascolta resto a cena fuori” “Con Kevin?” “Sì” risposi. Il suo tono di voce cambiò improvvisamente, diventando quasi euforico “Ohh ma che bello, è andata bene la giornata in barca?” “Sì mamma, ci siamo divertiti” “Mi fa tanto piacere che resti a cena con lui” “Mamma ti prego” “Buona serata allora e non fare troppo tardi” “D’accordo” dissi “Ah Evy! Stai attenta eh!” “A cosa?” “Avete quasi 19 e 22 anni, non importa che ti spieghi a cosa mi sto riferendo” “Mamma! È davvero imbarazzante! Comunque non preoccuparti, è una cena tra amici, ok? Non fantasticare!” “Ok, ciao” “Ciao” dissi chiudendo la telefonata. Scossi la testa pensando a quanto mia madre fosse perdutamente innamorata di Kevin, desiderando che io e lui ci mettessimo insieme e non certo per la profezia, mamma proprio lo considerava perfetto qualunque cosa dicesse o facesse. “Andiamo?” chiese Kevin raggiungendomi con le buste del take away. Annuii e ci dirigemmo sulla spiaggia. Distesi un asciugamano da mare sulla sabbia e entrambi ci sedemmo, cominciando a mangiare, tra una chiacchera e l’altra.    

 

POV Kevin

La cena con Evelyn era finita, ma non mi andava di riportarla a casa, ero stato benissimo con lei quel giorno, mi andava di stare insieme. Avevo capito quanto fosse dolce e delicata la sua personalità, quanto fosse affezionata alla sua terra, ai suoi genitori, quanto ci tenesse allo studio, a raggiungere i suoi obiettivi lavorativi. “Raccontami la tua storia!” esclamò “La mia storia? È una storia complicata” “Questo l’avevo intuito, ti fa male parlarne?” mi chiese “Ricordare mi fa sempre un po’ male, ma…forse parlare di me senza nascondere nulla è quello che mi serve” affermai. “Non voglio che tu ti senta in obbligo di parlarmene, se non è il momento giusto lo capisco e lo rispetto” disse guardandomi negli occhi. Volevo e dovevo parlarne, mi avrebbe aiutato a superare quelle piccole difficoltà che ancora mi tenevano ostaggio della mia esperienza passata. Evelyn era la prima ragazza che mi interessava davvero da quando lei era morta, per cui era l’ora che mi lasciassi andare e aprissi il mio cuore. “Quando sono arrivato in Irlanda quasi 4 anni fa, mi sono iscritto al college. Studiare veterinaria era sempre stato il mio sogno, fin da bambino. Lì ho conosciuto una ragazza, Megan. Frequentava il mio stesso corso di laurea e avevamo tantissime cose in comune. Mi sono innamorato di lei così in fretta…non mi era mai successo prima. Ci siamo messi insieme dopo un mese che ci conoscevamo e stavo davvero bene con lei. Megan mi capiva, mi aiutava, mi faceva sentire meno solo, meno ragazzino. Ci piaceva fare cose semplici: una passeggiata nella natura, un giro in bicicletta, qualche serata al cinema, qualche festa a casa di amici…la nostra relazione diventava ogni giorno più bella, più complice, più importante” “Ne parli come se tu fossi ancora perdutamente innamorato di lei” disse. Feci un sorriso appena accennato e continuai a spiegarle meglio la situazione. “Megan mi presentò ai suoi genitori dopo sei mesi in cui uscivamo insieme. Loro mi hanno subito accettato positivamente. Spesso trascorrevo la serata da lei: vedevamo la tv, parlavamo in giardino, cenavo con la sua famiglia. Siamo stati insieme per un anno e mezzo. Credo che quello che sono oggi sia dovuto a ciò che ho vissuto con Megan, nel bene e nel male. Mi ha fatto crescere, mi ha arricchito. Quando abbiamo festeggiato il nostro primo anno insieme, ho regalato a Megan un weekend romantico. Sono stati i tre giorni più belli della mia vita” dissi sentendo le lacrime pungermi gli occhi. Riparlare di lei mi faceva ancora emozionare, ricordare l’amore che avevo provato mi creava un senso di nostalgia e rimpianto per ciò che avevo avuto e che poi inevitabilmente avevo perso. Evelyn si accorse della mia commozione e restò in silenzio, con gli occhi puntati su di me. Asciugai con le dita le lacrime che avevano solcato le mie gote e sentii la mano di Evelyn poggiarsi sul mio ginocchio. “Kevin se non vuoi parlarne va bene, lo capisco. Non importa che tu lo faccia” “Voglio parlartene. Insomma…ti stavo dicendo del nostro weekend romantico. Fu perfetto, lei ed io da soli, lontani da tutto, impegnati unicamente a vivere quel sentimento che ci legava. La nostra vita scorreva veloce: gli studi, le uscite, il mio lavoro…un mese dopo quel weekend indimenticabile, lei finì in ospedale per un semplice disagio fisico. Durante la sua permanenza in clinica, però, i medici fecero una scoperta che cambiò le nostre vite e quelle dei suoi familiari. Megan aveva la leucemia. Una forma fulminante, di quelle che non ti danno scampo, di quelle che non fai neppure in tempo a capire di avere, che ti portano alla morte in un momento” “Mi dispiace” bisbigliò. Feci un respiro profondo prima di ricominciare a parlare. “La leucemia me l’ha portata via in 4 mesi e mezzo. Lei era consapevole, sapeva di avere quella malattia e stava male, soffriva, ma aveva una tale gioia di vivere che…” mi fermai perché avevo la voce rotta dal pianto. Evelyn mi porse un pacchetto di fazzoletti e strofinò la mano sulla mia schiena, per darmi sostegno. “Aveva solo 19 anni e mezzo…aveva sogni, progetti, aspettative…come ce li ho io, come ce li hai tu…non volevo che la sua vita finisse senza che lei avesse esaudito almeno qualcuno dei suoi sogni. Compilammo insieme una lista di cose che lei voleva fare, una lista di desideri. Viaggi, cose folli e stupide, un giro in barca a vela, una notte trascorsa a dormire sulla spiaggia, un bagno di mezzanotte…ogni giorno spuntavamo dalla lista uno dei suoi desideri, facendoli esaudire. Fino a quando la malattia peggiorò sempre più, costringendola in un letto d’ospedale, rendendola perennemente stanca, malinconia, sempre più sofferente. Fino a quando un giorno andai all’ospedale e lei morì. Almeno ero con lei in quel momento, ho potuto salutarla, ho potuto dirle addio, starle accanto” confessai. “Kevin io…non immaginavo che la tua storia fosse tanto triste, mi dispiace che adesso tu stia male, perché hai rivissuto quella situazione per parlarmene” “Non preoccuparti, sono passati due anni e mezzo ormai. Sono stato malissimo, ho perfino accantonato gli studi per qualche mese, perché tornare al college, lì dove l’avevo incontrata, dove ci vedevamo tutti i giorni, mi faceva male. Poi ho deciso di ricominciare a studiare! Megan non avrebbe voluto che io mollassi tutto. Ho passato un periodo bruttissimo” “Non posso nemmeno immaginarlo” rispose. Restammo in silenzio, mi sdraiai sulla sabbia e dopo un po’ anche Evelyn lo fece, restando però appoggiata su un gomito a guardarmi “Venivi spesso qui con lei?” domandò “Sì. Sai all’inizio la mia reazione è stata quella di voler dimenticare. Cercavo di non pensare a lei, ho buttato via delle cose sue e nostre, non frequentavo più i posti nei quali andavamo insieme…credevo che sarei andato avanti solo cancellandola dai miei ricordi. Poi invece ho capito che quella non era la strada giusta. Insomma…non sarei mai riuscito a eliminarla dalla mia vita. Mi sono detto…se non penso io a lei ora che non c’è più, chi lo farà? Non è giusto che venga dimenticata, era una bella persona, io la amavo e…quindi mi sono pentito di aver buttato via delle cose che mi ricordavano di lei. Ho capito che sarei riuscito a superare quell’esperienza solo e soltanto se avessi mantenuto un ricordo di lei, di noi” “È bellissimo quello che hai detto. Sono sicura che Megan è felice di sapere che tu sia arrivato a questa consapevolezza” disse con le lacrime agli occhi. “Sì…forse sì…” “Ora che mi hai raccontato la tua storia, capisco perché sei…così speciale” affermò “In realtà io mi sento…non lo so…” “Sei un ragazzo speciale, questo è sicuro e sei in gamba. Non conosco nessun ragazzo di quasi 22 anni che abbia vissuto ciò che hai passato tu” affermò. Guardai in alto, verso le stelle e sentii la sua mano poggiarsi sulla mia spalla. Incrociai i suoi occhi e le sorrisi. “La ami ancora?” mi chiese “Penso che ormai il mio non sia amore. Le voglio bene e gliene vorrò sempre, ma…amore non più…non più. Sai, lei mi fece promettere che dopo la sua morte io avrei cercato di andare avanti, di superarla. Mi disse che avrei dovuto trovare qualcun’altra da amare, con cui ritrovare la felicità, con cui formare la mia famiglia futura” “Mi sembra giusto, hai quasi 22 anni, non puoi certo restare single per tutta la tua vita. Hai il diritto di essere felice, di amare e essere amato…” “Ci sto provando, devo confessarti che tu…sei la prima a cui ho raccontato la mia storia. E forse da quando ti conosco, per la prima volta, sto guardando avanti e non più indietro” ammisi. Lei sorrise lievemente imbarazzata “È una cosa bella, grazie per avermelo detto” “Grazie a te per avermi ascoltato, per essere mia amica, per come sei…” “Non farmi complimenti, altrimenti arrossisco” disse ridendo e facendo ridere anche me. Si poggiò con la testa sulla mia spalla ed io la avvolsi in un abbraccio.

 

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Mi sentivo più libero, più leggero ora che lei sapeva tutto di me, ora che avevo condiviso con lei i ricordi di una parte della mia vita passata.

 

NOTE:

Buon pomeriggio a tutti. Evelyn e Kevin trascorrono insieme la domenica sulla barca a vela di un compagno d'università di Kevin, è una giornata di divertimento e svago, ma più che altro di confessioni. Evelyn racconta da dove sono nate le sue vertigini, spiegando la sua paura per l'altezza dovuta ad un'esperienza infantile. Questo racconto, sommato al fatto che qualche capitolo fa abbia mostrato a Kevin la sua casetta sull'albero, lo convince a lasciarsi andare a sua volta. La loro non è più un'amicizia superficiale, iniziano ad avere fiducia l'una nell'altro e per questo motivo arriva il momento della grande confessione su Megan. Vivere la malattia e la morte della propria ragazza è stato davvero duro per lui, lo ha segnato ed è un'esperienza che resterà per sempre nel suo bagaglio di vita. Ovviamente Evy non poteva lontanamente immaginare tutto ciò, ne resta sorpresa e...chissà...forse la spronerà a guardarlo con occhi diversi...

Sarei davvero felice di leggere le vostre impressioni, se ce la fate dedicatemi un minuto e lasciatemi una recensione...

Vanessie

   
 
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