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Autore: Ghost Writer TNCS    20/05/2017    4 recensioni
Leona è nata con un potere terribile e straordinario, una forza inarrestabile originata nel cuore più profondo dell’Inferno, capace di sbaragliare qualsiasi avversario. Un mostro.
Alphard non è nemmeno nato: lui è un ibrido, il prototipo di un nuovo tipo di supersoldato. Un esperimento.
Insieme si sono diretti su Shytia, un pianeta devastato dalla guerra civile e ora saldamente nelle mani di criminali senza scrupoli, e lì hanno fondato una gilda: la Brigata delle Bestie Selvagge. Ma hanno bisogno di una grande impresa per riuscire ad emergere, per dimostrare quanto valgono.
Un giorno vengono a sapere che Adolf O’Neill, il fuorilegge che controlla la vicina Traumburg, è entrato in possesso di un antico artefatto dal valore inestimabile. Ucciderlo vorrebbe dire liberare la città, ma anche e soprattutto poter saccheggiare la sua ricchissima collezione.
Prima però dovranno trovare degli alleati: qualcuno abbastanza folle da voler attaccare la roccaforte di O’Neill insieme a loro. Qualcuno che abbia la stoffa di una Bestia Selvaggia.
“Non siamo eroi, ma se avete bisogno di un eroe, chiamateci.”
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Azione, Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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19. L’ultimo nemico

Alphard si abbassò per evitare la raffica di proiettili d’energia e corse in avanti, rapidissimo. Con uno scatto laterale evitò il raggio di Danray e lo colpì con un poderoso diagonale sotto l’ascella. La lama luminosa emise un bagliore improvviso a contatto con la barriera energetica della IronHeart, ma anche questa volta non riuscì a superarla e l’ibrido dovette nuovamente indietreggiare.

Era tutto inutile: per quanto si sforzasse, la sua arma non era abbastanza potente. Kael stava facendo del suo meglio per riuscire almeno a sovraccaricare lo strato d’energia che proteggeva l’armatura del licantropo, tuttavia anche lui stava avendo grosse difficoltà.

Danray, che poteva godere dell’ingente investimento fatto, non aveva nemmeno bisogno di impegnarsi per riuscire a difendersi dagli attacchi congiunti delle due Bestie Selvagge, inoltre i raffinati sensori lo informavano di tutto quanto accadeva intorno a lui.

Ora che il cancello era stato sigillato, le uniche minacce erano quelle già presenti all’interno del giardino, il che comprendeva Leona e i suoi compagni, più un paio di criminali che in quel momento stavano combattendo con Gardo’gan. Considerando le armi a sua disposizione ed escludendo Leona e Hannibal, il subordinato di O’Neill avrebbe potuto eliminare tutti i presenti con un solo colpo.

L’allarme di minaccia imminente lo avvisò di un improvviso assalto di Alphard e l’armatura si mosse da sola, intercettando la lama di energia. In una situazione diversa avrebbe fatto comparire i tonfa e si sarebbe divertito un po’ a duellare con lui – doveva ammettere che quell’ibrido era un eccellente spadaccino, forse anche più bravo di lui –, ma in quel momento non era proprio dell’umore adatto.

Con uno scatto bruciante lo colpì al mento, gli torse il braccio e gli tagliò la mano, a quel punto lo gettò indietro con un calcio. L’ibrido cadde a terra e Danray serrò la presa sull’impugnatura dell’arma nemica, facendola a pezzi.

Ormai non aveva più senso perdere tempo, l’avrebbe fatta finita una volta per tutte: attivò il generatore di ipergravità e in un attimo quasi tutto il giardino venne schiacciato da un’incredibile energia, talmente forte da bloccare a terra tutti i presenti, solo Leona – che aveva appena scaraventato Hannibal contro la villa – riuscì a restare in piedi.

Una volta immobilizzati i bersagli, delle saette chiarissime si diramarono dall’armatura di Danray, piombando inesorabili sulle rispettive vittime. L’energia travolgente squassò i malcapitati da capo a piedi, neutralizzando le apparecchiature elettroniche, bloccando gli impulsi nervosi e minacciando di fermare i battiti del cuore.

Un simile attacco richiedeva moltissima energia, ma era talmente potente da riuscire a sconfiggere un intero plotone senza nemmeno alzare un dito.

Il licantropo si guardò intorno compiaciuto. Era andata esattamente come aveva previsto: escludendo i due mostri, tutti i presenti erano riversi al suolo, e appena due di loro davano ancora segni di vita. Non gli restava che finirli, a quel punto si sarebbe occupato della figlia dell’inferno.

Leona, che quasi non aveva risentito dell’effetto della gravità aumentata e della folgore, sapeva bene di non avere un solo secondo da perdere: i suoi compagni non avevano speranze contro un avversario come Danray ora che disponeva di una IronHeart Mk6.

Ignorando la stanchezza, si preparò a scattare verso il licantropo, ma una specie di fischio destò la sua attenzione. Ebbe a malapena il tempo di muovere le orecchie e ruotare gli occhi che qualcosa la colpì in pieno sulla tempia. L’oggetto, che in realtà era ciò che restava di un mattone di supercemento, si spaccò in tanti frammenti più piccoli, mentre la figlia dell’inferno indietreggiò leggermente.

Sapeva perfettamente chi era il responsabile dell’attacco, per questo aveva già i denti in mostra quando si voltò verso la villa. Aveva fatto di tutto pur di ucciderlo – e le sue braccia coperte di sangue ne erano la prova –, eppure Hannibal si ostinava sempre a rialzarsi. Per alcuni lunghi momenti combattere con il Mostro Bianco l’aveva galvanizzata: finalmente aveva potuto scatenare tutta la sua forza contro qualcuno, si era liberata di buona parte della frustrazione di non poter mai combattere sul serio, adesso però quel sadico entusiasmo se n’era andato, sostituito da una rabbia cocente. Non poteva perdere altro tempo, non adesso che i suoi compagni rischiavano la vita.

Una zampa bianca emerse dal buco nella facciata della villa – la cui resistenza era paragonabile a quella delle mura che circondavano il giardino –, seguita poco dopo dalla testa della Marionetta. La fiera ansimava vistosamente, ma ancora non voleva arrendersi, non poteva farlo. Combattere con Leona l’aveva fatto sentire libero, ma si trattava pur sempre di una mera illusione: i suoi istinti potevano anche sfuggire dalla maledizione di O’Neill, ma il resto della sua mente era ancora prigioniero.

Facendo appello all’ultimo briciolo di forza che gli era rimasto, ricreò il suo grande paio di ali, poi fissò la sua avversaria. Non c’era bisogno di parole per capire quello che stava pensando.

Leona trasse un profondo respiro, poi serrò i pugni insanguinati. «Ok, facciamola finita.»

Hannibal lanciò un ruggito fragoroso, colmo di rabbia e frustrazione, così forte da poter essere udito anche all’esterno del giardino. Avrebbe voluto cancellare ogni cosa, avrebbe voluto restare da solo con la figlia dell’inferno, ma questo andava oltre le sue capacità. Sapeva che la sua fine era vicina, per la prima volta in vita sua stava tremando di paura, ma non si sarebbe fermato. Spiccò un balzo, spalancò le ali e si lanciò all’attacco, più veloce che poteva.

Non aveva mai considerato la possibilità di morire, per questo era così terrorizzato, però non sarebbe scappato, non si sarebbe tirato indietro, non avrebbe esitato. Nella sua mente devastata c’era posto per un solo pensiero: meglio morto che schiavo.

Danray si avvicinò con passo sicuro ad Alphard, osservando i suoi parametri vitali sul visore dell’armatura. Nonostante tutti gli attacchi subiti, il suo corpo riusciva ancora a trovare la forza per arginare le ferite più gravi e restare in vita.

«Devo ammetterlo, la tua resistenza ti fa onore» affermò il licantropo. Nella sua lunga esperienza da soldato e poi da fuorilegge, non gli era mai capitato di trovare un avversario tanto coriaceo, solo Hannibal avrebbe potuto superarlo. «Non sarebbe stato male averti come subordinato.»

Tese il braccio verso di lui e chiuse il pugno, in questo modo le nanomacchine si attivarono per comporre sulla parte superiore dell’avambraccio una nuova bocca da fuoco.

«Come promesso, questa volta mi assicurerò che il tuo cadavere resti tale.»

Stava per sparare, ma la sua armatura segnalò una minaccia incombente e di sua iniziativa spiccò il volo. Non ebbe però tempo di allontanarsi molto: dopo essere salito di un paio di metri ebbe come un singhiozzo e la sua ascesa si arrestò. Qualcuno lo aveva afferrato per un piede, e l’aveva fatto con forza tale da far collassare il rivestimento energetico e deformare la corazza composita. In una frazione di secondo venne ribaltato a mezz’aria e poi scaraventato verso il basso con un’energia tale da far tremare il suolo.

Confuso e stordito, vide una sagoma evidenziata sul visore, ma nemmeno la sua armatura ebbe il tempo di reagire: un colpo devastante lo centrò in pieno petto, talmente forte che nel terreno si aprì una voragine e lui ci sprofondò dentro. La villa tremò paurosamente, e lo stesso accadde ai palazzi del resto della città. A giudicare dal fragore proveniente da oltre le mura, alcuni degli edifici pericolanti non avevano retto a quella specie di sisma e uno dopo l’altro erano definitivamente crollati.

Leona, a cavalcioni sul pressoché inerte Danray, fissò il suo avversario con occhi colmi di rabbia. Per la seconda volta quel tipo aveva quasi ucciso i suoi compagni: non le importava se qualcuno avrebbe pianto la sua morte, lo avrebbe tolto di mezzo a qualsiasi costo.

Caricò il pugno, ma una voce conosciuta risuonò nella sua mente: «Ferma!»

Si bloccò nel riconoscere il timbro vagamente spettrale di Kael, e sentirlo per la prima volta preoccupato attenuò la sua furia cieca.

«Uccidi Leuw, ma non distruggere la città» proseguì il coleotteriano. «Staccagli la testa e falla finita.»

Nonostante tutto, quelle parole riuscirono a strapparle un mezzo sorriso: anche in una situazione del genere, l’insetto non aveva perso la lucidità e aveva ben chiaro in mente quale fosse la mossa più efficiente. Un po’ lo invidiava: lei sapeva di avere un temperamento piuttosto acceso, a volte quasi istintivo, quindi ammirava molto la sua implacabile freddezza.

Mettendo da parte le sue riflessioni, strinse le sue dita insanguinate sul collo di Danray, schiacciando l’armatura fino a decapitarlo. Nel vedere il getto di sangue che sgorgava dal collo, le mani cominciarono a tremarle e la coda cercò di insinuarsi fra le gambe. Sapeva di averlo ucciso a sangue freddo per quella che riteneva una buona causa, eppure non riusciva a reprimere un misto di paura e orrore. Ma probabilmente era meglio così.

«Cazzo, fai proprio paura!»

La figlia dell’inferno, coperta di sangue dalla testa ai piedi, si voltò di scatto. Trovandosi davanti Alphard, gli corse incontro per abbracciarlo. Era senza dubbio felice di rivederlo in piedi, ma in parte lo fece per se stessa, per dirsi che era tutto a posto e che non doveva aver paura della sua forza mostruosa. «Stai bene?»

L’ibrido si concesse qualche secondo per bearsi della sensazione del seno di Leona che premeva sul suo petto dolorante. L’emorragia al braccio si era fermata, ma ci sarebbe voluto ancora un po’ per far ricrescere tutta la mano. «Aah, adesso sì…»

Avvertendo un tremito di paura nell’animo della giovane, si decise a cingerla con più dolcezza, protettivo. Eccola, la Leona di cui si era innamorato. La ragazza dolce e gentile che non avrebbe voluto fare del male a nessuno. Non gli importava se alla figlia dell’inferno non interessavano gli uomini, i sentimenti che provava per lei sarebbero stati sempre unici e speciali.

«Non rilevo altre minacce» affermò Kael appena li ebbe raggiunti.

«Tu stai bene?» gli chiese la giovane scostandosi da Alphard.

«Ho sfruttato un teletrasporto usa e getta per scappare appena Leuw ha attivato l’ipergravità, sto bene.»

«La prossima volta, teletrasporta anche me» sbottò Gardo’gan, riunendosi a sua volta al resto della Brigata. Si tolse il casco. «Cazzo, ma che ti è successo?!» aggiunse appena vide le condizioni di Leona.

«Non è niente, non è il mio sangue. Tu piuttosto, come stai?»

Lui fece un mezzo grugnito. «Ho visto giorni migliori. E menomale che ho fatto pratica con l’Armatura Invisibile!»

Paradossalmente era stata una fortuna che Danray lo avesse quasi ucciso pochi giorni prima, perché in questo modo aveva avuto la giusta motivazione a mettersi d’impegno con la tecnica difensiva che gli aveva appena salvato la vita.

«Ma si può sapere come hai fatto a ridurti così?» esclamò Gardo’gan, che ancora non riusciva a capire come una persona potesse ridursi nello stato inquietante in cui versava Leona.

La figlia dell’inferno ci mise qualche istante per trovare le parole giuste: «Mmh… Ecco… Diciamo che Hannibal mi si è sfracellato contro.»

Il sauriano fece un’espressione abbastanza disgustata. «Non ti invidio per niente.»

«Ehi, a proposito, si può sapere cos’hai fatto tu fino ad adesso?» commentò Alphard facendo un inutile scatto col capo.

«Che?! Mi prendi per il culo? Guarda che ho sistemato più gente io di voi tre messi insieme! Chi credi che abbia svuotato il giardino mentre Leona combatteva con Hannibal e tu pensavi alle tipe da reclutare?!»

«Ehi, guarda che non è così facile trovare delle gnocche che siano anche forti!» si difese l’ibrido. «Cosa credi? Che l’universo sia pieno di “Leone”?» aggiunse, guadagnandosi uno sguardo stupito pure dalla figlia dell’inferno.

«Non vorrei interrompervi, ma non abbiamo ancora finito» fece notare Kael.

Grazie all’inossidabile lucidità del coleotteriano, anche gli altri tre si ricordarono che restava ancora un nemico da togliere di mezzo prima di poter davvero cantare vittoria.

Tutti insieme raggiunsero l’ingresso principale della villa, e con un po’ di stupore videro il massiccio portone che si apriva al loro cospetto. Quando i battenti rivestiti da pregevoli bassorilievi si furono spalancati, i quattro si trovarono faccia a faccia con un individuo la cui identità era celata da una tuta da combattimento integrale. Era completamente nera, ma la foggia era molto diversa rispetto ai vestiti antiproiettile delle Bestie Selvagge.

«Ho liberato la strada» dichiarò il misterioso figuro. Portò le mani al capo e si tolse il casco, rivelando dei capelli simili a piume verdi, caratteristica tipica delle metarpie. «Vi porto da O’Neill» affermò Axel Rad-šatah.



Note dell’autore

Ben ritrovati!

Alla fine è toccato a Leona sistemare sia Hannibal che Leuw, ma del resto era quello il suo ruolo (se no a che serve avere un amico invincibile?).

E meno male che Kael non perde mai la lucidità, altrimenti pure Traumburg sarebbe stata demolita dalla furia della giovane.


Una rapida nota per Gando’gun: anche voi vi stavate chiedendo cos’avesse fatto fino a quel momento? Del resto ho messo solo qualche piccolo accenno alle sue scazzottate :P


Come promesso, è saltata fuori l’identità del misterioso figuro: avevate indovinato?

L’inizio principale era che, dei tre uomini di punta di O’Neill, era l’unico che ancora non si era visto :)

Considerati i miei tempi di pubblicazioni non proprio rapidissimi, ricordo a chi se ne fosse dimenticato che nel lontano capitolo 16 avevo accennato ad un subordinato di O’Neill corrotto dalla Bestie Selvagge…


Bene, anche per oggi è tutto, appuntamento tra un paio di settimane per l’ultimo capitolo (più epilogo).


A presto! ^.^


PS: finire a 19 capitoli sarebbe stato terribile, fortuna che sono riuscito ad allungare di uno ¦D


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