Storie originali > Soprannaturale > Maghi e Streghe
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Autore: NeroNoctis    20/05/2017    0 recensioni
Julian è un ex cacciatore di streghe che ha scelto di non intervenire più nel mondo sovrannaturale. Dopo che una Banshee ha sterminato la sua famiglia e lui stesso ha causato il coma della persona a lui più cara, ogni cosa ha perso valore e i sensi di colpa lo divorano ogni secondo che passa.
Tuttavia, l'arrivo di una misteriosa figura stravolgerà nuovamente la vita dell'uomo, che sarà messa alla prova da oscure presenze, echi del passato e segreti che potrebbero cambiargli ancor di più la vita, o distruggerla per sempre.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Julian era ormai uscito dalla cella, mentre l'Angone lo scortava dal suo Capo. Certo, il termine scortare era forse un po' fuori luogo dal momento che una pistola poggiata alla schiena non era il massimo della sicurezza, ma in determinate circostanze non era malaccio. Si era allenato duramente da giovane ma né lui né Jonathan avrebbero mai pensato che qualcuno l'avrebbe minacciato con un'arma... dopotutto le Streghe non amano usare armi convenziali. 

In quel momento ripensò a Jane e Will, quest'ultimo nato effettivamente dal potere della Strega, questo poteva fare di lui un'arma davvero formidabile. Will, ragazzo nato dal potere di Jane durante uno degli incantesimi più complicati nella storia della magia, incantesimo sporcato dalla Black Dahlia che riuscì a spezzare la volontà di Jane intrappolando il suo lato migliore in Will e trasformando di fatto Jane in un'arma... la Black Dahlia, la stessa strega che aveva causato il coma di Paul. Ma ormai era morta, tuttavia le sue azioni continuavano ad avere ripercussioni sul mondo: prima di morire aveva usato il suo potere per sbloccare la magia in tutti gli esseri umani predisposti ad usarla, causando un incremento spropositato di Streghe e Maghi, con annesso cambiamento dei Cacciatori e della situazione mondiale. La Black Dahlia voleva un esercito di armi viventi dopo la sua morte... si, decisamente le streghe non amavano le armi convenzionali.

«Cammina» lo intimò l'Angone, spingendo la canna della pistola sulla schiena. Quel contatto fece leggermente sussultare Julian, che non immaginava tanta foga in quell'azione semplice. Non rispose, ma si limitò a continuare il suo cammino, fin quando non arrivo all'uscita delle prigioni e si trovò in un lungo corridoio che ricordava quasi quello della base segreta dell'Enclave: tappeto rosso sul pavimento, quadri sulle pareti e... quelle erano armature medievali? Si domandò dove le avessero trovate, ma preferì non cercare nessuna risposta.

«Carino il luogo» esclamò Julian, osservando la replica di una Gioconda... almeno credeva fosse una replica. Sarebbe stato alquanto buffo sapere che quella custodita gelosamente dai francesi fosse semplicemente un falso e quella vera si ritrovasse mischiata in complotti di Streghe e Cacciatori e Cacciatori Corrotti... Dan Brown poteva ricavarci una fortuna, decisamente. 

«Non sei autorizzato a parlare» rispose l'altro, continuando ad indicare la strada, così Julian, sapendo benissimo che il sarcasmo o il suo comportamento da spaccone non l'avrebbero portato da nessuna parte, decise di seguire le "regole" e star in silenzio.

I due avevano attraversato corridoi, saloni con scalinate enormi e altri corridoi, fin quando non si ritrovarono di fronte ad una doppia porta in legno con il simbolo degli Angoni finemente decorato che svettava imperioso e minaccioso su quelle assi. Julian si chiese se ci fosse altro oltre corridoi artistici e porte in quel luogo, ma il vociare che aveva sentito durante la sua scarpinata probabilmente gli aveva suggerito una risposta precisa. Ma non doveva pensarci per il momento, stava per incontrare il Capo che, probabilmente, l'avrebbe condannato a morte come i suoi colleghi Cacciatori. La fine era arrivata.

L'Angone aprì finalmente la porta, lasciando Julian ad osservare l'interno di quella stanza: ampie librerie colme di libri di ogni tipo, una tv enorme di ultima generazione, un mucchio di armi che ricoprivano la parete di sinistra e un lucido pavimento di marmo. Lo stile, doveva ammettere Julian, non mancava di certo. La stanza profumava di pulito e al centro era posizionato un tavolo semplice, che quasi stonava con quello stile particolare della stanza. Su di esso diverse scartoffie, un portatile, un pugnale e diversi bicchieri vuoti, intorno le sedie erano al loro posto, tranne una che dava le spalle a tutto, compreso l'Angone e Julian.

«Julian Sullivan è qui» esclamò l'Angone, non distogliendo lo sguardo da quello schienale. 

«Molto bene» una figura si alzò da quella sedia, mostrando Jo che guardò il Cacciatore con un sorriso divertito. Stavolta non indossava stracci, indossava un maglione nero e un paio di jeans chiari, vestiti semplici e comodi... gliel'aveva davvero fatta.

«Si scalano velocemente i ranghi in questo posto» scherzò Julian, non distogliendo lo sguardo dalla sua ex compagna di cella. Fingersi una prigioniera per studiare quelli che sarebbero arrivati era una tattica intelligente, ma estremamente rischiosa, tuttavia il Cacciatore sentì crescere del rispetto verso quel gesto, nonostante si trattasse del nemico.

«Sappiamo entrambi il motivo per cui ho agito in questo modo» rispose lei, avvicinandosi di qualche passo ai due «ti ringrazio, Glenn» aggiunse, voltandosi verso l'Angone che annuì, spostandosi verso sinistra.

«Sei stato inviato qui dal Gran Maestro dell'Enclave, Aloysius Knight. Sei stato inviato qui per recuperare il manufatto che custodiamo e per distruggere il nostro Ordine, dico bene?»

«Come ti ho detto in cella, sì, queste sono le direttive di Knight. Evidentemente ho fallito e, suppongo, questo sarà il mio processo»

«Si, sei qui per morire. Sarai giustiziato nella sala d'addestramento davanti a tutti, come monito per i trasgressori e per i nemici, così che nessuno osi sfidare noi Angoni e soprattutto, nessuno osi tradirci» la voce di Jo era dura, quasi spietata, cosa che tradiva perfettamente la sua espressione semplice, pulita e quasi dolce. Era così diversa dalla ragazza che aveva condiviso quei pochi minuti con lui. Parlava proprio come un capo, o forse, era più adatto dire come una dittatrice in pieno regime del terrore.

«E' così che tieni fedeli i tuoi uomini? Con la paura?» rispose Julian, incrociando le braccia e voltandosi verso Glenn, che tuttavia non ricambiò il suo sguardo. Non era mai stato a capo di nulla, ma sapeva bene che con la paura non si otteneva nulla, non nel lungo periodo almeno. Usare la paura per controllare qualcuno era il metodo più sbagliato per ergersi come leader.

«E' così che si comanda, con la paura ed il sangue» ribattè lei, quasi con aria di sfida.

«Questo non vi rende migliori dell'Enclave allora»

«Attento Sullivan, attento a come parli» rispose Glenn, afferrando la sua spada e portandola alla gola di Julian, che rimase fermo a fissare il Capo degli Angoni. Evidentemente quella gente odiava essere paragonata all'Enclave, dopotutto avevano dichiarato guerra e uccidevano ogni singolo membro, avevano rapito Paul e fatto altre cose orribili. Un manipolo di fanatici governati da qualcuno che usava il terrore per farsi strada nella mente degli altri, per poi spargere sangue in giro per il mondo.

«Pensate sul serio che la mia vita sia importante per me? Non m'importa, potete uccidermi qui, ora. Ho perso la mia famiglia, avete portato via l'unica persona che mi rimaneva... non ho paura di morire. Io non ho paura.»

A quelle parole Jo sorrise, facendo un cenno a Glenn che tolse la fredda lama dalla gola di Julian, che non capiva cosa stava succedendo. Si sentiva quasi preso in giro.

«Sei uguale a tuo padre, Julian» disse lei, con un sorriso, lasciando ancor più confuso l'uomo che, non sapendo bene cosa fare, si voltò verso Glenn, che si limitò a dirgli una semplice frase: «Tuo padre era un uomo d'onore»

«Di cosa state parlando? Cos'è questa storia?»

«Rispondi solo ad una domanda, Julian. Sei pronto ad accettare la verità, seppur cambierà completamente il tuo modo di vedere le cose? Sei pronto a rivolgere la tua lama verso coloro che ti hanno manipolato sin dall'inizio? Sei pronto a scoprire la vera storia dietro tuo padre?»

Julian balbettò qualcosa... Jo stava mentendo, doveva essere per forza così. Aveva appena ammesso che la sua intera esistenza era una menzogna, ma non avrebbe avuto senso. Perché Knight l'aveva mandato lì allora? Cosa doveva rispondere? Era pronto per la "verità" o doveva semplicemente rendersi conto che Jo voleva plagiarlo per qualche scopo a lui ignoto?

«Non devi rispondere ora, fai un giro se vuoi, o torna anche fra 5 minuti. Non importa, esci da quella porta e fai quello che vuoi. Sei libero, la scelta di ascoltare è solo tua» 

Glenn aprì la porta, così Julian, seppur diffidente, l'attraversò richiudendola alle proprie spalle. I due Angoni rimasero a fissare quella scena, per poi guardarsi negli occhi. «Cosa pensi che farà?» chiese Glenn, sedendosi su una sedia e poggiando gli stivali sul tavolo, mentre Jo lo fulminava con lo sguardo e lui tornava a sedersi composto.

«Non lo so» rispose, riempiendo una tazza con del tè ancora caldo «ne vuoi un po'?»

«No» rispose Glenn, voltandosi nuovamente verso la porta «Non mi fido di lui, è cresciuto per essere un Cacciatore e-»

«Anche Jonathan era un Cacciatore...» lo interruppe Jo «tutti noi eravamo dei Cacciatori»



Julian aveva lasciato dietro di sé il Capo degli Angoni e probabilmente il secondo in comando, era sicuro che sarebbe morto, era sicuro di così tante cose e adesso non era più sicuro di niente. Jocelyn aveva praticamente ammesso che tutta la sua esistenza era una menzogna, che suo padre gli aveva mentito sin dall'inizio... suo padre, lo stesso uomo che gli aveva lasciato degli indizi all'interno della magione. E' necessario che dalle tombe passi agli interni, dove gli antichi nobili banchettano sotto le fugaci occhiate della gente che va di fretta.

Ripensò a quella frase e finalmente capì. Si diresse verso il corridoio che aveva attraversato con Glenn, quello che portava alle prigioni, lo stesso corridoio che era costellato di dipinti antichi che narravano storie diverse. Gli antichi nobili banchettano, era quella la chiave, doveva cercare un dipinto che raffigurava un banchetto, per l'appunto. 

Arrivò finalmente a destinazione, con il cuore che gli martellava nel petto. Era così vicino a scoprire il resto di quella storia, era così vicino a rileggere qualcosa scritta da suo padre, doveva solo trovare il dipinto giusto. Passò in rassegna il primo quadro, che raffigurava una natura morta, decisamente era quello sbagliato, anche se si scoprì ad apprezzare quello che stava guardando. Sin da bambino era stato affascinato dall'arte, soprattutto da Leonardo da Vinci, ma il resto dell'arte, secondo lui, non nascondeva chissà quali misteri, ma doveva ammettere che alcune opere erano ben fatte. In particolare, le nature morte, nonostante fossero semplici ai suoi occhi, erano decisamente affascinanti.

Passò al prossimo quadro, che raffigurava La Natura Morta con Teschio, uno dei dipinti che l'avevano più segnato sin dall'infanzia, nonostante non capisse bene il perché se ne ricordasse in modo così specifico. «Vanitas vanitatum et omnia vanitas» sussurrò, per poi dirigersi al terzo dipinto.

Stavolta stava osservando qualcosa di diverso: niente natura morta, ma qualcosa che raffigurava un gruppo di soldati che montavano su dei cavalli che cavalcano in aria, mentre sotto di loro un campo di battaglia distrutto faceva da contrasto al tutto. C'era qualcosa in quel dipinto che... non sapeva spiegarlo. 

«Asgardsreien» esclamò una voce dietro di lui, cosa che fece voltare l'uomo per capire chi fosse stato a parlare e soprattutto per chiedersi come mai non l'avesse visto arrivare. La persona che aveva parlato aveva capelli di platino e lunghi quasi fino al collo, occhi castani e uno sguardo di chi sapeva tanto e se ne vantava. Il genere di persona che probabilmente Julian avrebbe preso a pugni, se non fosse che anche lui assumeva una certa aria da saccente. 

«Dipinto da Peter Nicolai Arbo, norvegese. Raffigura il mito della Caccia Selvaggia» aggiunse avvicinandosi a Julian e osservando quasi con devozione quel dipinto.

«Vedo che qualcuno ha fatto i compiti» rispose Julian, osservando l'altro. Chi diavolo l'aveva invitato? Non poteva di certo continuare a cercare l'indizio di suo padre con un Angone in circolazione. L'uomo sorrise, mentre nella sua bocca si formavano alcune piccole rughe.

«Conosci la Caccia?» chiese, stavolta con un tono di voce diverso da quello di prima. Le venature di saccenza avevano lasciato spazio ad una più sincera curiosità, cosa che spinse Julian a rispondere... non che avesse molte altre alternative. Era comunque nella tana del lupo, quindi meglio che si comportava a modo.

«No. Non sono esperto circa leggende norvegesi.» 

«Dovresti. La Caccia Selvaggia» iniziò l'Angone, affiancando Julian e fissando il dipinto «il corteo della morte che cavalca e miete vittime in ogni dove. Si pensava che la luna piena annunciava la loro venuta, seguita dal suono di un corno di guerra. A capo della Caccia vi è un Re, ogni cultura pensa che sia il proprio: Odino, Artù, Waldemar... ma nessuno conosce il vero nome del Re della Caccia Selvaggia. Di fatto è un mito affascinante, la morte che arriva dal cielo.»

L'Angone sorrise, poi si voltò e iniziò a camminare, lasciando da solo Julian che lo fissava con un sopracciglio alzato. Quel tipo era strano, decisamente. Però c'era qualcosa in quello che aveva detto... qualcosa in quel dipinto... che Kaelim fosse un membro della Caccia Selvaggia? Un guerriero vestito come un cacciatore, un cavallo... no, non poteva essere, la Caccia era una mera leggenda nata e morta tempo addietro. Aveva accettato l'esistenza delle Streghe, delle Banshee e di tutte i derivati magici. Aveva anche accettato l'esistenza dei ghoul, ma la Caccia Selvaggia andava ben oltre la concezione umana.

Julian riprese finalmente la sua ricerca, perdendo un'ora del suo tempo e non trovando assolutamente nulla. Nessun dipinto con il simbolo del padre, nessun indizio, niente di niente. Decise di tornare indietro da Jo, ma la confusione e il rumore di piatti attirò la sua attenzione, così aprì la porta alla sua sinistra ed entrò, venendo osservato da tutti con sguardo scettico e minaccioso. Era finito nella sala da pranzo, una sala da pranzo colma di Angoni, però lui era libero no? Non era stato condannato a morte o altro, quindi si diresse con molta calma al bancone e fissò quello che sembrava il cuoco.

«Cosa si mangia oggi?» esclamò, poggiandosi al bancone e facendo l'occhiolino a quel cuoco che, non sapendo bene come reagire, fissò i vassoi di fronte a sé: arista, patate, insalata, mais. «Arista e patate» aggiunse Julian, sorridendo con fare sardonico al ragazzo che, nel dubbio, riempì un piatto all'uomo e si voltò verso gli altri Angoni, come per chiedere qualche tipo di aiuto, che puntualmente non arrivò. L'unica persona ad arrivare fu Jo, che invitò Julian al proprio tavolo, accompagnata dal solito Glenn che guardava il Cacciatore con poca fiducia.

«Questo si che è cibo, non quella... cosa di prima.» disse, portando il cibo ancora caldo alla bocca. Jo sorrise «Eri un prigioniero, potevi essere chiunque»

«Hai ragione, dopotutto governi con la paura ed il terrore»

«Mentivo» puntualizzò lei, con un tono che Julian non seppe decifrare «era... un test, più o meno»

Lui sorrise, scuotendo la testa. Si rendeva benissimo conto che tecnicamente quella gente doveva essere già morta, era la sua missione dopotutto. Ma doveva davvero farlo? O voleva scoprire la verità che si nascondeva dietro le parole di Jo, dietro il messaggio criptico di suo padre? Però quella gente... aveva Paul, l'aveva visto nel filmato. I rapitori avevano il simbolo degli Angoni sulle vesti.

«Paul Rivers» esclamò, voltandosi verso Jocelyn.

«Paul Rivers?» ripetè lei, visibilmente confusa, cosa che fece sospirare Julian... possibile che Knight stesse mentendo su Paul? O forse era la stessa Jo a mentire, facendo finta di non sapere nulla su quel ragazzo. Diamine, doveva sapere. «Voglio sapere cos'hai da dire» disse semplicemente, posando la forchetta.

«Goditi la cena, ne parleremo domattina. Riposati, prenditi una serata libera, fidati, ti servirà»

«Va bene...» rispose lui, non trovando alternative. Sapeva che controbattere aveva poco senso, poteva soltanto chinare il capo ed ubbidire. Mentre continuava la sua cena (tra l'altro davvero ottima) Julian notò l'Angone che aveva così tanto farneticato circa la Caccia Selvaggia, così si ritrovo istintivamente a chiedere informazioni a Jo, che rispose in modo abbastanza esaustivo, circa.

«Vladimir, diciamo che è il nostro studioso di arti oscure e misticismo, leggende e cose del genere. La nostra guida contro il soprannaturale»

«Mi ha tenuto una lezione sulla Caccia Selvaggia, semplicemente perché ero lì a guardare un quadro»

«Tipico di Vlad, arriva, dice la sua, va via. Dovrai abituarti alla sua presenza» Jo parlava come se la scelta di Julian fosse quella di rimanere a tempo indeterminato. C'era qualcosa in quell'atteggiamento che infastidiva Julian, o forse era ammirazione. O un misto delle due cose. Quella donna (più ragazza che donna) era così sicura di sé da essere riuscita ad essere un leader seppur restando al pari con gli altri, cosa che l'uomo notò quando lei scambiava battute con i vari Angoni... sembravano quasi una famiglia, l'Enclave invece era un covo di soldati, quasi mercenari. C'era una bella differenza dopotutto, quindi come potevano essere gli Angoni il male? Quei pensieri l'accompagnarono anche alla sua camera, quando decise di distendersi su un morbido materasso e a fissare il soffitto fin quando non chiuse gli occhi abbandonandosi alla stanchezza.



Sede dell'Enclave

Aloysius Knight era seduto alla sua scrivania, fissando insistentemente il filmato di sicurezza che mostrava Adam Blake fuggire con Paul Rivers. La cosa peggiore era che nessuno era riusciuto a fermare quel traditore... no, la cosa peggiore era che quel ragazzo sapeva padroneggiare la magia. Nel filmato, Adam aveva creato un muro di fuoco per sfuggire ad un manipolo di cacciatori, per poi far perdere le proprie tracce. Knight imprecò sottovoce, battendo la mano sul tavolo.

Le porte dello studio del Gran Maestro si aprirono, mentre un Cacciatore chinava il capo di fronte all'anziano. «Signore, Sullivan è compromesso»

«Merda» sussurrò Knight, abbassando lo sguardo «manda gli altri in posizione. Riguardo Julian, può ancora agire secondo i piani»

«Agli ordini» il Cacciatore abbandonò lo studio, mentre Knight si alzò e si diresse verso una libreria, dalla quale, premuto un pulsante abbastanza nascosto, si aprì una porta segreta, che conduceva ad un'altra porta, simile all'entrata di un bunker. Sul fronte vi erano raffigurati diversi simboli magici, alcuni così antichi che persino lo stesso Knight pensava fossero leggenda. Ma erano lì, il suo obiettivo era lì. Doveva aprire quella porta e per farlo, doveva rischiare il tutto per tutto. Il più grande segreto nella storia dell'Enclave era a pochi passi da lui e soltanto Julian Sullivan era in grado di sbloccare quella serratura.



Magione degli Angoni

Voci stridevano nella testa di Julian, che si ritrovò a camminare nei corridoi di quel luogo, corridoi immersi dall'oscurità notturna. Gli occhi dell'uomo erano aperti, ma vuoti e completamente neri, nessuna pupilla, nessuna iride, niente di niente, occhi demoniaci e monocromatici. Il Marchio che aveva sul petto, la maledizione e monito della Banshee, bruciava a più non posso, brillando quasi di luce propria, mentre lui continuava a camminare, mentre la voce nella sua testa lo intimava ad andare avanti, a liberarla, a far sprofondare il mondo nell'oblio più totale. E lo vide: un mondo completamente nero, mentre fiamme oscure divoravano ogni cosa e piedi nudi camminavano su teschi e cadaveri, la natura completamente morta. Vide la fine del mondo, poi una voce lo fece rinsavire.

Si voltò, notando Emily dietro di lui. «Tutto bene Julian?» chiese la bambina.

Lui deglutì, sentendo improvvisamente freddo «Si piccola, va tutto bene»

«Okay» rispose lei, con lui che ripetè la stessa parola, tornando nella sua stanza e non riuscendo più a prender sonno.
   
 
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