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Autore: MadLucy    21/05/2017    0 recensioni
{MPREG | Light/L | minilong | fluffangst | what if | pregnant!L}
«Non è uno scherzo» obiettò L con calma. «Non si tratta nemmeno di una conseguenza così imprevedibile, dato che io e Light abbiamo avuto un rapporto sessuale. Almeno adesso sai di cosa sto parlando, vero?»
Light osservò con incredulità e orrore la nuova carta comparsa sul tavolo. "L'ha fatto apposta. L'ha fatto apposta. L'ha fatto apposta."
Questo giustificava tutto. L'assurdo comportamento di quella notte, il rivelarlo davanti a Misa... prima che Light potesse ordinarle di dissotterrare il quaderno e ricordare il vero nome di L. L'aveva fatto per fargli perdere la collaborazione del secondo Kira. Poi sopraggiunse le negazione, e si chiese stralunato come potesse una persona sana di mente concepire un piano così malato. Dove diavolo era disposto ad arrivare pur di arrestarlo?
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito | Coppie: L/Light
Note: What if? | Avvertimenti: Mpreg
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V.

 

Light lo capì da solo. Dopo la tensione che si respirava in casa da giorni, suo padre si era svegliato ed era uscito nel cuore della notte, in tutta fretta. Light non attese il mattino. Si precipitò al quartier generale, senza tollerare che alcuno gli bloccasse la strada. Quando raggiunse la sala di controllo, vi trovò Soichiro Yagami commosso.

«Congratulazioni, Light» gli augurò, con voce impastata e occhi che brillavano. Non lo aveva mai visto così.

«È nato? Già nato?» esclamò Light, euforico. 

«Sì.»

«È un maschio?» lo esortò a parlare, scuotendolo per le spalle per l'emozione. Ma suo padre abbassò il capo, senza rispondere, assalito da una sorta di senso di colpa. Light lo scosse ancora.

«Cosa? Perchè non me lo dici? C'è qualcosa che non va?» 

«Sono stato io a chiedergli di non dirti niente. Non prendertela con lui» irruppe una voce. Gli schermi si accesero all'unisono. Il volto di L lo fissava, tacito e serio. La pelle sembrava essersi bagnata e appiccicata alle ossa del volto e del collo. Gli occhi bulbosi erano più sporgenti del solito, e un po' arrossati. Le fatiche del parto dovevano averlo trivellato senza sconti, lasciandone la coscienza segnata e aggravata da una nuova consapevolezza, come avviene durante il rituale d'iniziazione alla maternità.

«Ryuzaki? Ma che significa?» rimase disorientato Light.

«Visto che ho le mie buone ragioni per credere che tu sia Kira, le informazioni riguardo il bambino sono riservate» fu la lapidaria risposta. Light spalancò gli occhi, indignato dall'ingiuria.

«Stai scherzando? Tu avevi le tue buone ragioni. Non le hai più. Ora hai solo pregiudizi e capricci da immaturo che non vuole ammettere di aver commesso un errore.»

Lo sguardo di L si fece ancora più vacuo, come una macchia d'inchiostro in espansione. «Ma io ne ho di nuove, di ragioni.» 

«E quali sarebbero?!» esplose Light, improvvisando sbalordimento. 

«Anche questo è riservato, ma lo saprai a breve, non temere.» L non parve interessato a decrittare il suo comportamento, anzi, sembrava più desideroso di finirla il più velocemente possibile. 

«L'unica cosa che voglio sapere è come si chiama mio figlio» sentenziò Light, rivolgendogli una smorfia affranta da sotto in su, le mani strette a pugno. 

«Non si può fare» dichiarò apertamente L, assestandosi meglio sulle ginocchia, «anzi, d'ora in poi ci riferiremo a lui o lei come X.»

Light scosse la testa, lentamente, basito, poi sbattè i pugni sulla scrivania davanti a sè. «Ti stai prendendo gioco di me? Ti sembra divertente?»

L non perse per nulla la calma. «Potrei farti la stessa domanda. La tua è malvagità gratuita, la mia no. Chi mi dice che non proverai a ricattarmi minacciando di uccidere X?» 

«Sono suo padre. È un mio diritto. Non decidi tutto tu» sbraitò Light. Recitare come se fosse uscito di senno aveva un effetto liberatorio.

«Vero» assentì L pigramente, «ecco perchè sto prendendo i provvedimenti legali necessari.»

«Come?»

«Hai sentito bene. Ritengo di aver raccolto prove sufficienti per rivolgerti di nuovo i precedenti capi d'accusa e sottrarti il diritto di paternità» recitò L, annoiato. 

Light alzò le braccia in alto, verso gli schermi. «Puoi accusarmi di tutto quello che vuoi, tanto sono innocente. La verità verrà a galla. Quello che mi importa... Ryuzaki, L, io ti imploro... Il sesso. Solo questo.» Unì i palmi delle mani. «Se è un maschietto o una femminuccia. Ti prego.» 

L serrò gli occhi in due fessure. «Non cercare di farmi passare per il cattivo della situazione. Un criminale pluriomicida non merita di partecipare alla vita dei suoi figli come tutta la brava gente.» 

«Io non sono un criminale!» Udire la sua voce infrangersi su quelle parole ebbe il medesimo effetto catartico. 

«E allora che cosa sei?» soffiò L, adirato. Il loro contatto visivo, nonostante il filtro, ardeva dolorosamente. 

«Disperato» compitarono le labbra di Light, quelle che un tempo diminuivano le sue capacità intellettive del 5%. Si scrutarono un'ultima volta, aridi e desolati come deserti disseminati di orme. 

«Non hai tutti i torti. Ma te ne renderai conto troppo tardi» vaticinò L. 

«Tardi rispetto a cosa?» sputò Light, gelido. 

Il detective non rispose. La severità non abbandonò i suoi lineamenti.  

Tardi rispetto a cosa? pensò Light. Quando tempo credi di avere, esattamente, L? Sulla pagina del Death Note era già stato scritto il suo nome, accompagnato da muore nell'arco di quarantotto ore per un'emorragia interna difficilmente rilevabile, distruggendo tutte le prove sull'identità di Kira che ha a disposizione. 

«È una femmina, Yagami» pronunciò L, prima di spegnere la connessione. 

 

*

 

Near non sognava quasi mai. Se lo faceva, si trattava perlopiù di vaporose e sfuggenti creature di cui riusciva ad intuire solo profili indistinti, tremolanti fra bagliori di luce soprannaturale. La sua mente rielaborava il passato e il presente senza turbarlo troppo. Invece questa volta fu diverso, perchè sognò il futuro. La scena era stata sorprendentemente timida. Un corridoio assolato e deserto, quello della Wammy's House, e un uomo che lo percorreva. Nel sogno, il corridoio appariva molto più lungo di quanto fosse in realtà. Lo si sarebbe quasi potuto definire esasperantemente interminabile. L'unico suono erano i passi dell'uomo contro le piastrelle lucide. Era di spalle, e aveva una certa fretta. Era sempre più vicino al traguardo, ma per qualche motivo mancava sempre un po', sempre un po'. Da una porta laterale Mello compariva, in piedi in fondo al corridoio, mentre Yagami proseguiva ad avanzare in direzione dell'uscita, senza dare segno di essersi accorto della sua presenza. Sempre più vicino. Mello alzava il braccio. Nella sua mano, artigliata come una grinfia incancrenita, c'era una pistola. Near non aveva creduto finora di esserci lui stesso, ma c'era. Era ai piedi di Mello e aveva eretto una torre di dadi. Ne mancava solo uno, ma Near non ci faceva più caso. La sua mano scattava ad afferrare la caviglia di Mello, in un gesto precipitoso quanto poco efficace. Il movimento brusco causava il crollo della torre di dadi. E subito dopo, uno sparo bucava l'aria.

Roger entrò in camera sua in silenzio, senza nemmeno salutare. I soliti panciotti rossi e marroni erano stati sostituiti da un completo nero. Aveva il volto di chi non ha dormito più di tre ore in una settimana. Non disse nulla, e aspettò che fosse Near a trovare la soluzione per lui. La vecchiaia e il tempo da cui lo conosceva glie lo concedevano.

«Quanti anni avevamo quando abbiamo sentito per la prima volta la storia del nodo gordiano?» chiese Near, giocherellando con degli aliossi, piccole croci di metalli simili ad asterischi tridimensionali. 

«Undici, credo.»

«È un aneddoto che mi è sempre piaciuto. Mello, nei confronti del nostro caso, assumerebbe una posizione che è più o meno la stessa di Alessandro Magno.» 

Roger osservò gli aliossi rincorrersi sul tappeto, con un misto di incomprensione e tristezza. «Intedi dire che non sarebbe in grado di sciogliere il nodo?»

«No. Intendo dire che Mello non perderebbe tempo a sciogliere un nodo che può tagliare. Soprattutto quando stabilisce un legame emotivo.» 

«A volte il tempo può essere un fattore decisivo» obiettò Roger.

«Lo capisco, ma non è così che si gioca.» Near ritirò il dado. «E lui non deve passare il resto della sua vita in prigione perchè X è nata dalle persone sbagliate.» Discese una pausa. Entrambi sapevano, ma sapere non serviva a niente. 

«Riusciresti a fermarlo?» mormorò Roger.

Near pensò all'uomo che cercava di raggiungere la fine del corridoio. Nelle sue orecchie ruggiva ancora il rumore del torrente di dadi che scrosciava sul pavimento.

«La vera domanda è se lui si lascerebbe fermare da me.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice: Siamo agli sgoccioli! Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, e deciderò poi se aggiungere o meno un epilogo/flash-future. Fatemi sapere cosa credete che succederà o cosa ne pensate!

  
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