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Autore: thestoryreader    21/05/2017    0 recensioni
In un'avvincente storia a capitoli conoscerete la storia di Sara, una ragazza che viene a scoprire il segreto di sua madre e un ragazzo misterioso, Michael. I due hanno un piano e cause di forza maggiore spingeranno la ragazza a chiedere il suo aiuto. :)
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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24 maggio

“...quindi sono qui per chiederti di portarmi a Panama con te. Se non mi vuoi là le nostre strade si divideranno. Ma me lo devi”

Il discorso le sembrava ben articolato. Entrò nel caffè. Aveva sempre gli occhiali scuri calati sugli occhi e il cappuccio alzato. Prese una bibita, la prima che le era saltata all'occhio (non voleva spendere troppo tempo davanti al ragazzo alla cassa), diede il nome di Abigail e pagò. Poi si affrettò per prendere il posto al computer ed entrò sulla navigazione in incognito.

Digito il nome del sito internet e lesse i messaggi. Ce n'era uno nuovo, di quello stesso giorno. Erano ancora numeri. Li decifró sempre tramite la tastiera del cellulare. “Siamo a Tooele, tutto OK. La talpa sta cercando il luogo dove costruire la sua tana.” Quando lesse che Michael era a Tooele il suo cuore prese a battere più velocemente. Nonostante avesse disperato bisogno del suo aiuto aveva paura di affrontarlo.

“Che diavolo c'entra la talpa?” si chiese poi. Fece spallucce e bevve un sorso della bevanda che aveva preso.

 

Uscì dal locale subito dopo essersi accertata che nella cronologia non comparisse più il sito. Meglio essere prudenti. Si diresse verso il municipio. Se doveva iniziare a cercare Michael meglio iniziare dalla piazza principale e prendere le stradine secondarie. Fu così che notò un ragazzo. Era alto, rasato e di carnagione molto scura. Probabilmente era di origini cubane o portoricane ma sicuramente non afroamericano. Un pensiero balenò nella sua mente e quando capì i suoi occhi si spalancarono. “Fernando Sucre. Quello è uno degli evasi”

Il ragazzo era fermo davanti al comune e si guardava in giro “ti guardi in giro un po’ troppo per non essere qualcuno che sta scappando da qualcosa” disse tra sé e sé.

Si nascose dietro l'angolo della strada per  attese che il ragazzo si muovesse.

 

Dal municipio, circa 10 minuti dopo il suo arrivo uscirono due uomini. Riconobbe Michael e Lincoln. Diventò rossa quando si trovò a pensare che Michael era davvero attraente, molto più che sulle foto che la madre le aveva mostrato. Salirono su una macchina che percorse la piazza e poi si diresse verso la campagna. Sara si precipitò per vedere la fine della strada, se stessero svoltando, ma vide solo la macchina che si allontanava sul rettilineo.

 

Camminò per 2 ore. Alla fine si chiese se non avesse sbagliato persone. Aveva sete, molta sete, e faceva un caldo terribile: aveva nella bottiglia solo 2 dita di acqua rimasta e non sapeva per quanto dovesse camminare ancora. Alla fine, come il miraggio di un’oasi nel deserto, vide la macchina. Era posteggiata al bordo della strada sterrata. Guardò dentro ma era vuota. Attorno solo campi. Si decise a continuare a camminare sulla collina, per vedere se da un punto piú alto potesse scorgere qualcosa. Arrancó fino alla cima pensando che se non fosse riuscita a raggiungerlo si sarebbe fatta prendere. Non ce la faceva più a correre inseguita dalla polizia. Avrebbe chiamato da un telefono e avrebbe detto “venitemi a prendere. Sono a Tooele”

Arrivò alla cima e si stupì quando vide un piccolo complesso di case. Era l'ultima cosa che si sarebbe aspettata di vedere ma ancora di più si stupì di vedere Michael e altri tre uomini appostati davanti a una villetta.

Quello si che era un colpo di fortuna.

 

Aspettò che entrassero e poi si diresse alla casa. Era una villa molto bella e accogliente. Appena prima di girare sul vialetto sterzo bruscamente ed entrò  nel giardino sul retro. Camminava acquattata e sperò che nessuno l’avesse vista. Si trovò di fronte a una porta, probabilmente del garage. Appoggiò l'orecchio al legno duro della porta e rimase in ascolto. Sentì una donna che augurava buon lavoro ai 4 uomini e una porta sbattere. Fu allora che sentì il suo cuore accelerare ancora e ancora fino a che non dovette sedersi e bere quelle due dita di acqua che si era ripromessa di conservare.

 

Aprì la porta piano ma si trovò comunque addosso gli sguardi degli evasi. Si irrigidirono per un attimo e la guardarono. Poi il più vecchio dei tre, un uomo con una mano mozzata, si avvicinò piano e le sussurrò con fare suadente “ehy ragazzina, tua madre non ti ha detto che stiamo facendo dei lavori qui?  Non dovresti entrare.”

Lei deglutí e ignorò completamente l'uomo e disse “sono Sara Howard e sono qui per parlare con Michael Scofield”

Il ragazzo spalancò gli occhi e si avvicinò alla ragazza. Il fratello Lincoln lo guardava con interesse ma tranquillo.

“Sara Howard. Ho capito bene?”

Lei annuì prima cautamente e poi con più vigore senza mai staccare i suoi occhi da quelli di Michael.

Cercò di ricordarsi quello che aveva imparato, il discorso ma l’unica cosa che riuscì a fare fu scoppiare in un pianto disperato. Si lasciò cadere a terra in lacrime di disperazione ma anche un po’ di sollievo.  Poi riuscì a parlare.

“Ti prego devi aiutarmi”

Tutti erano abbastanza stupiti della reazione della ragazza
“so chi sei. che cosa ci fai qui Sara? i tuoi genitori dove sono?”
Dallo sguardo di Sara Michael capì che cos’era successo “hanno ucciso anche loro?”
Sara annuì di nuovo e di nuovo fu presa da un attacco di pianto improvviso e liberatorio.
Sucre si avvicinò alla ragazza e delicatamente le posò una mano sulla spalla. Sara si alzò di scatto asciugandosi le lacrime con la manica “non mi toccare per favore”.
Il ragazzo indietreggiò piano alzando le mani come a voler dire che accettava la sua scelta.
Poi Sara si rivolse di nuovo a Michael “devi aiutarmi, la polizia mi sta alle calcagna e non so più dove andare. So del tuo piano, mia madre mi ha spiegato tutto. Devi portarmi a Panama con te. Non importa se poi non vorrai più avere a che fare con me, mi troverò un lavoro e un letto dove dormire, ma devi aiutarmi a espatriare.”
Michael si passò le mani sulla testa rasata e si rivolse al fratello, bisbigliando. “dobbiamo farla venire con noi. Ho promesso.”
Lincoln guardò il fratello incredulo e poi la ragazza. “Mike non c’è posto. é troppo rischioso portare qualcun altro.”
“Guardala Linc. Avrà l’età di tuo figlio, forse è addirittura più giovane. La vuoi lasciare qui insieme a T-Bag o in prigione per un crimine che non ha commesso? Sai cosa si prova” Lincoln annuì poco convinto. Si avvicinò alla ragazza e le tese la mano “Ciao sono Lincoln, il fratello di Michael”.
Sara deglutì, annuì e poi strinse la mano all’armadio che aveva davanti a sè.

Michael prese delicatamente per un braccio Sara e la costrinse a isolarsi con lui per parlare in privato. “Dimmi, cosa è successo ai tuoi?”
Sara un po’ titubante iniziò con la storia. “... Dopo avermi raccontato tutto riguardo te e il tuo piano mi sono chiusa in camera mia per pensare a mia madre e alla cazzata in cui stava per immischiarsi. Mio padre è venuto a parlarmi e a dirmi di parlarle di nuovo. Io non ho voluto. Avevo prima bisogno di ragionare e ad un certo punto ho sentito la porta sbattere di sotto, urla e colpi di pistola e…”

 

5 settimane prima


Sara rimase paralizzata per un istante poi prese il cordless e si diresse verso la porta e attraversò il corridoio il più silenziosamente possibile. Tremava dalla testa ai piedi ed era mossa da singhiozzi fortissimi che cercava a stento di calmare con la mano. Doveva esserci la pistola di papà chiusa in cassaforte. Entrò in camera da letto tentando di ricordare il codice. Sentiva l’uomo che chiamava il nome della madre, probabilmente si era nascosta e la stava cercando, doveva sbrigarsi.
“5 9… avanti cazzo” le mani le tremavano e riusciva a malapena a girare la manopola “13 6”. Digitò il 911 e mise il telefono tra spalla e orecchio. Sentì la linea cadere all’improvviso. Dovevano averla staccata. “cazzo”. Si sbarazzò del telefono. La cassaforte si aprì con un colpo secco e vi trovò la Revolver. Suo padre teneva la pistola scarica in casa, ma sullo stesso piano della cassaforte c’era il caricatore. “inserisci il caricatore, arretra il carrello, metti la sicura” si disse nella sua mente.  
Poi sentì.
“SASHA” era la voce di sua madre, disperata, sperduta da qualche parte al piano di sotto, in cucina. Ma era già troppo tardi, sentì uno sparo e poi un corpo cadere a peso morto. Capì che quell’uomo aveva appena ucciso sua padre. Sentì un altro urlo della madre rimbombare nella cucina e poi più niente. Le prime lacrime iniziarono a scenderle dalla guance e il suo cuore probabilmente saltò un battito. In quel momento si accorse di avere ancora la pistola in mano e che la teneva stretta per la canna. La buttò sotto il letto, in ogni caso non sapeva come usarla e strisciò fino alla sua camera da letto. Sentì la presenza anche di un altro uomo. “Sara non ti conviene nasconderti è inutile. Verremo a prenderti appena finiremo di spostare i cadaveri dei tuoi genitori e faremo in modo che sembri tutto una tua idea. Vedo già i giornali con la tua bella faccia stampata sopra” rise e Sara si morse le labbra. Arrivò fino alla sua camera da letto e chiuse la porta alle sue spalle a chiave. Poi prese la sedia e la mise con lo schienale incastrato sotto la maniglia.
Prese lo zaino, andò al cassetto dell’intimo e lo scoperchiò letteralmente, prese la busta con i suoi risparmi e la mise all’interno dello zaino. Prese alcuni vestiti. Sentiva l’uomo che la chiamava e dei passi pesanti salire per le scale. In preda al panico prese la felpa e si mise lo zaino in spalla. Si infilò le scarpe. Aprì la finestra e salì sul tetto. Sperò che nessuno l’avesse vista. Il buio giocava a suo favore. Si mise in ginocchio sul cornicione. Cercò di sbirciare al piano di sotto senza cadere, e quando si fu accertata che non ci fosse nessuno si calò dal cornicione come aveva fatto molte volte. Atterrò sul mantello erboso del giardino. Corse a perdifiato lungo la via. Non sapeva dove andare e i suoi genitori erano appena stati uccisi. Le lacrime calde scendevano sul viso rosso e spaventato di una ragazzina di 18 anni.

Si nascose al parco. Si sedette sopra una panchina e valutò che cosa dovesse fare. Andare dalla polizia? Si, ma l’uomo aveva detto che sarebbe sembrata tutta colpa sua. Valutò di aspettare qualche ora.

Decise di andare davanti a casa. Nascosta dietro un cespuglio vide la scientifica e i giornalisti appostati davanti alla sua veranda. Le luci illuminavano la casa come se fosse un set cinematografico.“un crimine oltraggioso è stato consumato in questa casa. Un figlia che uccide i genitori. Il fatto si è svolto questa sera verso le 9. Sara Howard ha aperto la cassaforte del padre, ha caricato la pistola e poi ha sparato due colpi a entrambi i genitori. La scientifica sta portando via ora i due corpi che verranno sottoposti ad autopsia. In attesa di ulteriori informazioni, Alex Raynolds, canale 5”
“merda”, Si sedette e si mise le mani nei capelli “come posso essere stata così stupida. Ho toccato quella pistola, Mi hanno incastrato. Ci sono mie impronte ovunque”
Con il briciolo di coraggio rimasto, uscì dal cespuglio e corse acquattata fino all’angolo, dove diede un’ultima occhiata e poi sparì nella notte.

24 maggio
“...Ho vagato per 5 settimane prima di riuscire a trovare un tuo messaggio sul sito, il messaggio dove comunicavi con mia madre. E alla fine ti ho trovato. Mi ha detto lei di cercarti e chiedere il tuo aiuto.”
Michael era visibilmente scosso dalla notizia. Di impulso abbracciò la ragazza “mi dispiace tanto Sara. Troveremo il colpevole” disse tra le lacrime.
Sara si stupì molto di quella reazione improvvisa “Lo so. Sai, lei mi ha raccontato un sacco di cose su di te. Eri il suo migliore amico.”
“lo era anche lei per me” disse staccandosi “ora voglio che memorizzi quello che ti dico. Ti dirò il nome delle persone di cui ti puoi fidare in questa stanza. Io, Lincoln e Sucre. Non ti fidare di nessun altro, anche se ti sembrano sinceri, soprattutto di T-Bag. Non ti avvicinare a lui per nessun motivo. capito?”
“si certo”
“ci ritroveremo a Panama. Lincoln ha deciso di andare a recuperare suo figlio, io devo aggiustare delle cose prima. Tu vai con lui e poi scapperemo. Vi farò avere altre informazioni su www.goldfinch.net. Sii prudente
La ragazza annuì.
In quel momento la proprietaria di casa entrò e vide la scenetta. Otto uomini e una ragazzina. Michael si affrettò a spiegare la situazione. Guardò Sara e le accarezzò una spalla “grazie Paula di avermi portato il messaggio della segretaria che ti avevo chiesto. Sei stata molto gentile”
“non c’è di che… papà” disse Sara passandogli il foglio su cui aveva scritto il suo discorso.
La donna la guardò disgustata, la ragazza era parecchio impolverata e sporca ma fece finta di niente. “vi ho portato una limonata” disse.
T-Bag intervenne dicendo che era molto lusingato di aver trovato una donna così cordiale che portasse da bere ai lavoratori. Appena la donna fu uscita Michael cambiò espressione e si rivolse a T-Bag “fai qualcosa di intelligente e vai e tenerla d’occhio, visto che non stai nemmeno contribuendo agli scavi. Non può continuamente entrare. Finirà per scoprirci”.
Lui lanciò un’occhiataccia al ragazzo e poi uscì dalla porta del garage.

Erano le 4 del pomeriggio quando Lincoln vide in televisione la notizia che il figlio sarebbe stato trasferito dal carcere al tribunale per essere sottoposto al processo. Si decise perciò di andare a prenderlo. Sara si trovò così sulla soglia di quella villa mentre si stringeva il braccio imbarazzata e Lincoln caricava la macchina con quello che gli serviva. “scusa ma prendiamo questa macchina?” chiese lei squadrando la porsche.
Lui si fermò un attimo squadrandola “scusa se non ho a disposizione una macchina che soddisfi le tue aspettative”
Lei si imbarazzò ma decise di non lasciar perdere “sto solo dicendo che con questa macchina potremmo dare nell’occhio”
“non ti preoccupare: appena ne avremo l’occasione ne ruberemo un’altra.”
Sara fece spallucce. “Dai sali. è ora di andare” disse. In quel momento arrivò Michael. “buon viaggio fratello. Ci vediamo a Panama” gli disse prima di abbracciarlo. Lincoln ricambiò l’abbraccio e poi Michael si voltò verso la ragazza. La salutò con la mano e lei ricambiò con un sorriso. Non lo sapeva ancora ma si fidava già di quell’uomo.

Percorsero 300 km prima che arrivasse il buio. In macchina tra i due c’era un po’ di imbarazzo ma alla fine iniziarono a parlare.
“...e quindi tu hai un figlio… e dove stiamo andando a prenderlo?”
“al tribunale”
“che cosa ha fatto?” chiese lei
“è stato accusato di aver ucciso sua madre e il suo compagno. Esattamente come te.”
Sara sgranò gli occhi “oh, mi dispiace… so… che si prova”
Lui la guardò quasi con amore paterno “mi dispiace tanto Sara. Tu e LJ non avreste dovuto vivere tutto questo. è tutta colpa di quelli che vogliono coprire la finta morte del fratello del vicepresidente… Per la verità nessuno di noi doveva essere coinvolto in questa puttanata”

Lincoln guidò tutta la notte. Sara cercò di stare sveglia il più possibile ma alla fine si addormentò. Quando Lincoln la vide dormire sorrise. Era una ragazzina. Ed era riuscita a rimanere invisibile tutto quel tempo. Si vedeva che era in gamba.
Guidò fino alle 6 del mattino, fecero benzina due volte e alla fine trovarono un’altra auto, un po’ più vecchia e meno appariscente. Sara si offrì di guidare per i successivi 50 km “so che è poco in confronto a quelli che hai fatto tu... “ cercò di giustificarsi. Lincoln le sorrise e le lanciò le chiavi.
“sai mi stai simpatico” gli disse alla fine
“davvero?” rise lui.
“si davvero. Ora so perché mia mamma si è battuta tanto. Si vede che sei ok e se davvero non sei stato tu ad uccidere Terrence (o se addirittura quel bastardo è ancora vivo) era giusto che tu sia fuori”
Il sorriso di Lincoln si smorzò sulla sua bocca. Non disse niente e prese a guardare la strada.

Arrivarono davanti al tribunale. Salirono sul tetto del palazzo di fronte e studiarono la zona. Il tribunale era un unico edificio ed era circondato da stradine secondarie. “non possiamo saltare da quei palazzi. Sono troppo distanti”
LJ sarebbe stato trasferito al tribunale alle 10 in punto. Erano le 7. avevano tre ore per studiare un piano come si deve.
“Là. c’è una scala che sale sul tetto.” indicò Sara
“hai ragione… andiamo”
Il tetto del tribunale aveva una porta ma era bloccata. Poi Lincoln notò l’impianto del condizionatore. “dannazione io non ci passo di qui” disse sbattendo la mano sul muretto. Sara guardò giù. Era come guardare nel comignolo ma 1 metro più in basso il tubo diventava orizzontale. “io ci passo tranquillamente.” disse alla fine. “che cosa vuoi fare Sara. Anche se ti metti a strisciare per i tubi di tutto il tribunale come torni indietro e come fai a sapere che è la direzione giusta?”
Sara si sedette e appoggiò la mano sul mento “siamo fottuti. Se ti aspettano, avranno armato tutte le porte e le scale in cui passare. Dovremmo farlo in un altro posto.”
Solo lì si accorse che stava davvero rischiando la vita per qualcuno che non conosceva. Che era ormai una criminale.
“ehy aspetta. L’aula del tribunale è al 3 piano quindi prenderanno l’ascensore” disse Lincoln con un sorrisetto. La stessa espressione si accese sul volto della ragazza.

Lincoln entrò nella tromba dell’ascensore esattamente un attimo dopo che Sara le comunicò via walkie talkie che il figlio era entrato. Lei era sul palazzo di fronte e vedeva tutto attraverso un binocolo. Ormai per Sara era diventata una questione di principio morale. Lei era stata incastrata per lo stesso reato e anche quel ragazzo era innocente. Era giusto aiutarlo. Seguirono alcuni attimi in cui pensò che Lincoln non ce l’avesse fatta. Poi lo vide spuntare sulla terrazza di fronte. Il ragazzo era con la tutina arancione che caratterizza i carcerati americani non lo vedeva bene da quella distanza. Lincoln le comunicò che era tutto a posto e che avevano circa 3 minuti o anche meno per capire che LJ era scappato. Scese in tutta fretta le scale e corse per la strada fino alla macchina parallelamente a LJ e Lincoln. La macchina era stata posteggiata sul retro in modo che, una volta scesi dal tetto, sarebbero corsi dietro e nessuno li avrebbe visti. Sarebbero scomparsi come fantasmi. Salirono tutti e tre in macchina e da quel momento iniziarono a sentire le prime sirene. Lincoln ingranò la prima e sgommò. Partirono a tutta velocità e la ragazza dovette tenersi per non sbattere contro le portiere. Lincoln guidava. Poi si rivolse al figlio e gli diede alcuni vestiti usati “cambiati immediatamente. Girare con una tuta del genere è come girare con una cartello: 3 ricercati a bordo”
Sentivano le sirene sempre più vicine. “là Lincoln” gridò Sara indicando una deposito di auto vecchie e da rottamare. Il deposito era vuoto e disponeva di un garage aperto con una serranda. Lincoln vi entrò sgommando e tutti e tre scesero subito per chiudere la pesante porta metallica. La polizia passò indifferente e passarono in silenzio 2 minuti aspettando che si allontanassero ulteriormente. Fu allora che il ragazzo tese la mano a Sara “piacere LJ. Tu sei?”
“sono Sara” disse lei sorridendo e stringendogli la mano a sua volta. Era una ragazzo molto attraente. Biondo, alto e con gli occhi grigi. Restò un attimo sospesa con la mano nella sua ad osservarlo tanto che Lincoln dovette schiarirsi la gola per distrarla.
“si?” si girò lei, sempre stringendo la mano al ragazzo. Quando Lincoln la guardò con un sorrisetto e scosse la testa, Sara si rese conto con imbarazzo che teneva ancora stretta la mano in quella di LJ e fece in fretta a toglierla.
“se ne sono andate tutte?” chiese Sara per cambiare discorso.
“penso di si...non sento nessuna sirena” disse LJ.
“non possiamo prendere la stessa auto. Dobbiamo cambiarla. E soprattutto devo controllare il sito.” disse Sara
“quale sito?” chiese il ragazzo
“tuo zio scrive la sua posizione su un sito attraverso dei codici. Dobbiamo decifrarlo e capire dove incontrarci per espatriare”
Annuì poi si rivolse a suo padre “papà dove andiamo ora”
“o aspettiamo la sera e ce ne andiamo con il buio però rischiamo che ci scoprano, oppure ce ne andiamo ora rubiamo una macchina e ci mettiamo a guidare il più lontano possibile da qui. credo sia meglio la seconda opzione.”.
I due ragazzi annuirono.

Questa volta rubarono una Chevrolet. “questa è una macchina comune in America. Dobbiamo solo sperare che non ci becchino.” disse Lincoln.
LJ si girò verso il sedile posteriore e si rivolse alla ragazza. “che cosa hai fatto tu per essere ricercata”
Sara lo guardò con uno sguardo triste e disse “non ho fatto nulla, esattamente come te.”
“hanno...ucciso i tuoi”
Lei annuì “mi dispiace”
“dispiace anche a me per te” gli disse.
Lui gli fece un mezzo sorriso e poi si voltò di nuovo verso la strada. Faceva caldo e dentro quella macchina si iniziava a sudare parecchio.
   
 
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