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Autore: Luca29    21/05/2017    0 recensioni
La Weltkrieg, la Guerra Mondiale, segnò un punto di svolta nella storia dell'umanità. Per sette anni, l'Europa bruciò nelle fiamme della guerra, e dalle sue ceneri emerse l'unico vincitore: l'Impero Tedesco. Nel 1921 la Pace con Onore sancì il destino dell'intero pianeta, che provava a risollevarsi. Antichi imperi crollarono, sorsero nuove Nazioni, nuove ideologie si diffusero tra la gente di un mondo sempre più sull'orlo di una nuova guerra, stavolta ancora più grande, e dall'esito incerto. L'eredità della Weltrkrieg era lì, da cogliere, e l'umanità intera avrebbe lottato per averla.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La Repubblica, Il Regno, l'Impero

Kaiserreich

6

La Repubblica, il Regno, l’Impero

Dieppe, Francia

21 Giugno 1919

Il porto di Dieppe, sulla Manica, non era mai stato così indaffarato come in quel periodo. Non era infatti uno scalo particolarmente importante né per navi mercantili né per navi militari, tantomeno per navi da crociera, che raramente navigavano lungo le coste della Normandia. La causa di un così improvviso cambiamento era la guerra, che ha l’abitudine di modificare spesso le abitudini degli uomini, nel bene e nel male. Proprio lì infatti si era radunato il quartier generale della BEF1 dopo la caduta di Amiens nelle mani teutoniche. I Tedeschi infatti erano riusciti a sfondare le linee dell’Intesa a Chateau-Therry, dividendo le truppe britanniche dall’esercito francese in rotta a Sud. I Britannici, come chiamati da un istinto innato si erano ritirati fino alla Normandia, e divenne presto chiaro che quella che era stata presentata come un’operazione di ripiegamento, non si trattava che di una ritirata verso la madrepatria oltre il Canale. Sebbene i soldati fossero felici di tornare nelle loro case dalle loro famiglie, non curanti della figuraccia che stavano per fare, questo non era il caso di due uomini lì presenti: il generale Allenby ed Arthur Kirkland, l’Inghilterra in persona. I due erano nel salone di un hotel della cittadina francese, diventato un gabinetto per il generale e gli altri ufficiali intenti a bere il tè nella maniera più britannica possibile, quasi a voler nascondere questo gesto vile con la tradizione della Madrepatria. Nessuno voleva parlare della ritirata, tantomeno Inghilterra, ed infatti la conversazione era riguardo alle pratiche di mare che ogni gentleman britannico dovrebbe conoscere. La chiacchierata di quel giorno fu bruscamente interrotta dall’arrivo di un soldato. Gli uomini lo guardarono con aria accigliata, come se la vista di quella persona gli avesse riportato alla memoria il motivo per cui erano a Dieppe da ormai alcuni giorni.

“Signori, mi dispiace interrompervi, ma il carico speciale è arrivato.”

Arthur, appena sentì queste parole, vuotò in un sorso la tazzina, la posò sul tavolino da caffè e si alzò.

“Dov’è ora?”

“Nella sua stanza, Sir Kirkland.”

“Accompagnami.”

Inghilterra uscì preceduto dal soldato, con un’espressione di disagio e riflessione. Era chiaro che non sapesse cosa dire, nonostante avesse immaginato questo discorso da tempo ormai. Arrivati davanti alla porta, Arthur bussò ed entrò nella stanza, chiudendo la porta dietro di sé e lasciando il soldato a guardia. La stanza era di un gusto molto raffinato, come l’intero hotel in stile Napoleone III2, ed arredata da mobili pregiati. Una poltrona rossa, un divanetto dello stesso colore ed un tavolino da caffè in legno e vetro. Oltre questi si intravedeva un comò in legno e due porte, una per il bagno e l’altra per la camera da letto. Ma gli occhi d’Inghilterra erano fissi sulla persona seduta sul divano davanti a lui, e tremavano dal nervosismo, oltre che dalla naturale reazione alla vista di una figura così bella: alta, pelle chiara, occhi grandi e verdi come smeraldo, capelli corti biondi tenuti da un nastrino, vestito celeste che lasciava scoperte le esili braccia e, soprattutto, un visino dai lineamenti dolci, raffinati e sorridenti.

“Spero tu abbia fatto un buon viaggio.”

“Bellissimo, l’aria dell’estate e il paesaggio l’hanno reso incantevole.” Rispose Belgio mentre invitava Inghilterra a sedersi accanto a lei. Inghilterra obbedì controvoglia, sedendosi e baciando la mano della ragazza: non si fosse mai detto che Arthur Kirkland non era un gentleman!

“Tuttavia, Arthur, mi domando perché siamo qui e non con Francia a Bordeaux.”

Inghilterra deglutì ed avvampò, e rispose mogio allontanando gli occhi dalla ragazza.

“Vedi, Belle… la situazione non è più sostenibile… il fronte è crollato, Francia è a Bordeaux e…”

“E?”

“Ed io ho convenuto col generale Allenby che sia meglio evacuare le nostre truppe in Gran Bretagna.”

Belle lo guardò con aria stupita. La bocca si piegò in una smorfia di rabbia e dolore, gli occhi si spalancarono.

“C-come sarebbe? Tu avevi promesso che mi avresti protetta!3 Ed ora te ne vai? Fuggi come un vigliacco?”

“Ascoltami, per favore… io manterrò la mia promessa, infatti verrai con me a Londra.”

“A Londra? E dovrei abbandonare il mio popolo?”

“Il tuo popolo sarà più motivato sapendo che tu sei al sicuro e lontano dai tedeschi. Devi fidarti di me, è l’unica soluzione.”

Belgio lo guardò con rabbia, il labbro tremava e gli occhi si erano inumiditi.

“L’unica soluzione? L’unica soluzione? Dimmi, ti è passata per la mente l’idea di combattere? Ah, certo che no, d’altronde la tua isola è sicura, difesa dalla marina, perché preoccuparsi degli altri? E perché combattere quando ci sono le tue colonie pronte a farlo?”

Inghilterra, irritato dalle parole della belga, con un gesto impulsivo le afferrò il braccio e la tirò a sé. La ragazza emise un urlo mentre tentava di liberarsi dalla ferrea morsa di Arthur.

“Ora ascoltami, ragazzina viziata! Comincia a trattarmi con più rispetto. Io sono l’Impero Britannico, io controllo il più grande impero mai visto, e sempre io ho deciso di combattere e di far combattere centinaia di migliaia di soldati per salvare il culo a te e alla rana! Sono morti milioni di uomini in questa guerra, hanno bombardato Londra ed Edimburgo4, sono morti civili perché io ho deciso di aiutarti. Senza di me la guerra sarebbe stata persa da un pezzo e tu saresti sotto le grinfie di Germania, esattamente come tuo fratello!5 Dunque se ti dico che non c’è più altra soluzione tu devi annuire e basta, e devi ringraziarmi baciando queste mani che hanno scavato trincee ed hanno imbracciato armi insanguinate per proteggerti, e che sempre per proteggerti hanno firmato l’ordine di evacuazione!”

Belgio ammutolì di fronte alla sfuriata dell’inglese, tutto rosso ed ansimante. Inghilterra, vedendola impietrita, si irritò ancora di più, avendo ormai perso il controllo di sé stesso, e le diede uno schiaffo, forte e violento, che fece ruotare il capo della ragazza di novanta gradi.

“Understood bitch? Kiss my fucking hands!”6

La ragazza, in lacrime, ubbidì, e dopo averlo fatto si abbandonò al pianto. Arthur, calmatosi, si alzò e si diresse verso la porta. La aprì, e senza nemmeno voltarsi, le disse:

“Si parte domani all’alba. Fatti trovare pronta.”

E chiuse la porta delicatamente, per poi uscire dall’albergo e camminare per il lungomare. Camminò per parecchio tempo, ed in quel tempo non aveva fatto altro che pensare a Belgio. Si sentiva terribilmente in colpa, e non sapeva come uscir fuori da quella situazione. Le sue domande vennero messe da parte quando, arrivato all’albergo, gli fu comunicato che un uomo lo attendeva al telefono. Alzò la cornetta, ed il suo secondo dialogo più difficile della giornata iniziò.

“Arthur? Esigo spiegazioni.”

La voce di Francia risuonò vicino all’orecchio dell’inglese.

“Non ti ci mettere anche tu, ho avuto una conversazione con Belgio e non è andata benissimo.”

“Cosa è successo?”

Inghilterra raccontò brevemente l’incontro con la belga, con aria affranta.

“Mon cher, non ci sai fare con le donne.”

“Ah, shut up!”

“Ad ogni modo, non mi hai ancora fornito spiegazioni sul perché tu sia a Dieppe.”

Arthur, che sperava di aver fatto dimenticare a Francis l’accaduto, rispose in maniera più neutrale possibile. Era inutile nascondere l’ovvio.

“Sto scappando. Domani salperemo verso Londra.”

Francis rimase in silenzio per un po’, per poi cominciare a ridere.

“Ahahaha! Arthur, il tuo humor è sempre il migliore!”

“Francia, sono serio.”

Francia smise immediatamente di ridere. Le uniche volte che lo chiamava così, era quando era serio. Molto serio.

“Hai veramente intenzione di andartene? Di lasciarmi qui da solo contro Germania e Prussia?”

“Le nostre posizioni non sono più difendibili, dobbiamo andarcene o verremo annientati!”

“Annientati? Io verrò annientato se tu te ne scappi! Insieme potremmo ancora organizzare un’offensiva per ricongiungerci a Parigi.”

“Parigi è sotto assedio, Francia! Le tue truppe sono ammutinate e la tua gente protesta. Non possiamo vincere, è finita.”

“E tu mi lasci qui, a vedere la mia Nazione sgretolarsi. Non ti senti un po’ in colpa?”

La risposta era sì, ma non ebbe il coraggio di rispondere. Sospirò invece.

“Buona fortuna, Francia.”

Arthur attaccò la cornetta, e si diresse verso la sua camera. Aveva bisogno di riposare e di pensare, come chiunque si fosse trovato nei suoi panni. Ma la sua fu una notte agitata, nella sua mente riecheggiavano i singhiozzi di Belle e la voce di rimprovero di Francia, come fossero spiriti venuti a punirlo. Si alzò alle quattro del mattino più stanco di quando era salito nel letto, così stanco da non prestare attenzione ad una fatina che gli svolazzava intorno con aria preoccupata. Salito sulla nave, vide gli uomini felici, impazienti di tornare a casa. Ma Inghilterra, per quanto provasse a desiderare la sua poltrona, la sua vita a Buckingam Palace, la sua famiglia (quest’ultima non era un pensiero così rassicurante), la sua mente rimaneva ancorata alle parole di Francis e Belle. Erano ormai la sua croce.

 

Parigi, Francia

1 Ottobre 1919

Tre figure erano appoggiate sulla ringhiera che scorre sulla cima della Torre Eiffel, osservando Parigi velata dalle nubi grigie che ricoprivano il cielo. La città sembrava spenta, vuota e morta. Tuttavia, Germania, Prussia ed il Kaiser Guglielmo II la trovavano ancor più bella del solito. Il centro della città, non toccato dai combattimenti al contrario delle banlieau7, manteneva intatto il suo fascino che da secoli ammaliava i visitatori dal mondo intero. Ma qualcosa era diverso quel giorno: dalle torri di Notre-Dame, dalla cima dell’Arco di Trionfo, dagli obelischi e dalla Torre stessa, la bandiera dell’Impero Tedesco si sollevava al fievole vento. Parigi era occupata.

“Allora, quando comincia la parata?”

“Tra poco, vostra maestà.”
“Kesesese! Non si preoccupi, sarà Magnifica! D’altronde, si rifarà a quella a cui ho partecipato nel 18718! Ti ricordi, West?”

“Ja, ricordo bene.”

Questa affermazione non fermò Prussia dal raccontare l’evento, o almeno la sua versione dei fatti. Gli storici dubitano infatti che tutte le donne di Parigi si siano messe in fila pronte al concedersi al Magnifico prussiano. Ma, tornando ai tre sulla torre, Prussia fu interrotto dal Kaiser, che aveva udito un rumore di motori in lontananza.

“Ecco! Comincia la parata!”

Facendo capolino dalla strada circondata dai palazzi, una serie di carri AT7V si mossero sull’ Avenue Bouvard. In perfetta sincronia, avanzavano sfoggiando le lucenti pareti metalliche sfoggiando la bandiera dell’Impero e la croce teutonica, simbolo di orgoglio. Dopo di loro, passarono un MkIV9 e due Schneider CA1 M1610, catturati e riparati per essere prede di guerra. Altri armamenti dell’Intesa passarono su carri trainati da cavalli bardati del tricolore imperiale tedesco. E poi, al suono della banda militare, posta proprio a lato dell’Avenue, si levò il suono secco dei soldati in marcia: passarono i reggimenti di cavalleria, con gli stalloni dal portamento fiero, con le lance in mano; passarono gli artiglieri, che spararono i bengala colorati usati per chiamare supporto; passarono la fanteria semplice e le truppe d’assalto, che si fermarono battendo i piedi e gridando: Sieg, Reich!11; passarono i reparti addetti alla guerra chimica, con le inquietanti maschere addosso; passarono i genieri, le auto meccanizzate e il battaglione polacco. Ad ogni passaggio il Kaiser mormorava “magnifico”, mentre Germania e Prussia osservavano fieri. Per finire, guidati dal celeberrimo aereo rosso12, lo stormo aereo passò liberando in cielo il tricolore imperiale, aprendo la strada ad uno zeppelin gigantesco, che oscurò la strada sottostante. Lo zeppelin si allontanò lentamente, e Parigi tornò vuota dopo quelle ore di vivacità macabra.

 

Bordeaux, Francia

4 Ottobre 1919

Il palazzo sede del comune di Bordeaux si era trasformato già da alcuni mesi nella residenza del governo francese, guidato, dopo le dimissioni di Clemenceau, da Aristide. Le dimissioni del presidente non avevano placato il caos imperante nel Paese, tormentato da disordini, proteste, scontri e violenti scioperi, tutti organizzati dall’UGT. Dopo poco tempo, gran parte dell’esercito iniziò un ammutinamento, e solo una mediazione riuscì a scongiurare che il nuovo fronte stabilito lungo la Loira diventasse sguarnito. Ma ormai era tutto perduto: il parlamento era paralizzato dall’area più estrema della sinistra, che invocava una rivoluzione come stava accadendo in Russia. Con la caduta di Parigi, Francia vedeva sempre più inevitabile lo scoppio di una rivoluzione. Seduto davanti ad una scrivania, illuminata da una lampadina che brillava in mezzo al buio di una notte senza luna, Francis teneva fra le mani il fatidico foglio che avrebbe posto fine ai suoi dolori e a quelli del suo popolo. Il foglio della resa. Lo stava osservando con gli occhi azzurri, e bellissimi quando era nelle migliori condizioni, spenti e le occhiaie nere molto visibili. Era malaticcio, tanto da non leggere più cosa c’era scritto sul foglio, ormai lo sapeva. Ciò che non riusciva ad accettare era come si fosse arrivati a tutto questo. Come aveva potuto perdere? Se Napoleone lo avesse visto in questo stato, si sarebbe vergognato di essere il suo imperatore. Tuttavia se c’era una cosa che lo mandava su tutte le furie, oltre la presa di Parigi, era la fuga di Inghilterra. Più ci pensava e più si arrabbiava, quasi a fargli venire il voltastomaco dal disgusto. Si era fidato dell’inglese, e lui se n’era svignata nel momento del bisogno preoccupato di difendere la propria intoccabile isola. Ed ora Francia era solo, con una rivoluzione alle porte. Già, una rivoluzione. Molti degli estremisti si facevano già chiamare Giacobini, e tutto ciò non faceva altro che angosciare Francia: lui non voleva una replica del Terrore12. Mise il foglio da parte sulla scrivania, si accese una sigaretta, e prese un foglio completamente bianco. Cominciò a scrivere con inaspettata energia, fermandosi di tanto in tanto per prendere una boccata di fumo. Quando finì la lettera, la mise in una busta, poi prese il documento della capitolazione e lo firmò senza nemmeno rileggerlo un’ultima volta. Fatto ciò, suonò una campanella e si alzò andando vicino alla finestra. La stanza, piccola e buia, aveva una sola finestra che dava sulla strada ed una sola porta, da cui entrò una ragazza. Era alta, sul metro e settanta circa, ed era incredibilmente bella. La pelle, leggermente scura, era in sintonia con i capelli, lunghi e bruni, le ricadevano sulla schiena sotto forma di voluttuosi boccoli. Sul viso, ovale e dai lineamenti dolci, erano incastonati due occhi celesti, luminosi e furbi e coperti da ciglia lunghe e scure. Le labbra, rosse e carnose, erano piegate in un sorriso amorevole, che sviava lo sguardo dal naso, sottile e dritto, che stonava con la sua rigidità sul viso della giovane, formosa e dalle gambe lunghe. Indossava una camicia da notte color oliva, da cui uscivano fuori le mani, affusolate, e i piedi piccoli, nascosti in delle pantofole verdi.

“Francis, mi hai chiamato?” Chiese Corsica. Francia si voltò verso la sorellina, e annuì sorridendo inconsciamente alla ragazza.

“Oui, ti ho chiamato per dirti di prendere questo.” Francis le porse il documento firmato.

“Consegnalo al presidente in mattinata.”

La ragazza prese il foglio sospirando sconsolata e si rivolse al fratello con aria di biasimo.

“Mon ami, non stai bene, non dovresti fumare. Piuttosto vieni a dormire, è molto tardi.”

“Non, rimarrò qua ancora un po’. Devo pensare… anzi, già che ci sei, portami un cognac.”

Corsica si avvicinò ad un comodino dove c’erano vari liquori, prese la bottiglia di cognac e riversò il contenuto in un bicchiere di vetro, che porse a Francia.

“Ecco, ma non andare a dormire troppo tardi, o ti sentirai troppo debole.”

La ragazza fece per andarsene, ma Francis la fermò posando la sua mano sulla spalla di lei.

“Aspetta, c’è un’altra cosa.” Le diede in mano la lettera.

“Quando scoppierà la guerra civile, in caso di sconfitta della Repubblica, organizza un referendum al più presto per far entrare la Corsica, Nizza e la Savoia in Italia. E consegna questa lettera a chi guiderà il governo in esilio.”

Corsica prese la lettera sconcertata, senza staccare gli occhi da Francis, che aveva un sorrisetto in volto oscurato dai capelli biondi.

“Cosa dici? Non ci sarà alcuna rivoluzione, la guerra è finita e-“

“Fa come ti dico. Questa è l’unica speranza della Repubblica, tradita dal Regno e sconfitta dall’Impero. Bonne nuit, mon amie.13

Corsica uscì dalla stanza un po’ inquietata, ma non diede subito molto peso alle parole del fratello, dando la colpa al suo stato di salute cagionevole. Davanti alla finestra, Francia continuava a ripetere:

“La Repubblica, tradita dal Regno e sconfitta dall’Impero.”

 

 

Note:

1 La BEF, ovvero the British Expeditionary Force, la Forza di Spedizione Britannica, era il nome dell’armata composta dalle divisioni britanniche e del Commonwealth, operante in Francia.

2 Esattamente come lo stile vittoriano, anche lo stile Napoleone III è uno stile architettonico in voga nel continente europeo intorno alla metà dell’ottocento. Entrambi gli stili sono molto raffinati ed ideati per edifici pubblici o appartenenti alla ricca borghesia o alla nobiltà.

3 Belle si riferisce al trattato di Londra, che sancì l’indipendenza del Belgio, garantita dai britannici. L’invasione del Belgio attuata dai tedeschi per il piano Schlieffen, secondo cui passando attraverso Belgio e Lussemburgo le forze tedesche sarebbero state in grado di prendere Parigi, scatenò infatti l’entrata in guerra della Gran Bretagna.

4 Inghilterra si riferisce ai bombardamenti che, tra 1915 e 1917, colpirono le principali città del Regno Unito. I bombardamenti tedeschi avvenivano grazie agli zeppelin, ma la vulnerabilità di questi contro i caccia fece diminuire lo sfruttamento di questa strategia.

5 Il fratello di Belgio è Lussemburgo, fratello minore che è un personaggio ufficiale dell’opera, in quanto ritratto da Himaruya.

6 “Capito, puttana? Bacia le mie fottute mani!”

7 Le banlieau sono le periferie francesi, molto diverse dalle normali periferie delle città europee sotto un punto di vista social-culturale.

8 A Parigi, nel 1871, fu celebrato il trionfo prussiano nella guerra Franco-Prussiana sugli Champs-Elysées. Sempre a Parigi, Guglielmo I fu proclamato primo imperatore del Secondo Reich tedesco.

9 Il MkIV (leggasi mark 4), è stato il primo carro armato della Storia. Inglese, fu utilizzato per la prima volta nel 1916 durante la battaglia della Somme, con l’intenzione di sfondare le trincee tedesche. Vennero adoperati due carri, di cui uno si impantanò subito, mentre l’altro arrivò alla prima linea di trincee, terrorizzando i soldati tedeschi. Nonostante l’utilizzo del carro, la battaglia, che durò per mesi, risultò in un sanguinosissimo pareggio costato in totale 1 milione e mezzo di vittime in totale.

10 Lo Schneider CA1 M16 era un carro pesante di produzione francese.

11 “Vinca l’Impero!” in tedesco.

12 Il Terrore fu un periodo molto sanguinoso e caotico per la Francia, che subito dopo la Rivoluzione era impegnata a difendersi dagli imperi stranieri e dal disordine interno. Durante questo periodo, che durò tra 1790 e il 1795, Robespierre, leader del partito giacobino, fu un dittatore che mandò alla ghigliottina oltre 30.000 persone.

13 “Buona notte, amica mia.” In francese.

 

 

Rieccomi! Non preoccupatevi, non sono fuggito, ma tra vari impegni non sono riuscito a pubblicare questo capitolo la scorsa settimana, decidendo dunque di avvantaggiarmi il prossimo capitolo. Beh, spero che non me ne vogliate. Parlando di questo capitolo, la Francia è caduta, ed una rivoluzione è alle porte. La guerra in Europa è ufficialmente finita, ma dovremo aspettare ancora un po’ di capitoli prima del trattato di pace definitivo, che secondo la timeline di Kaiserreich avvenne l’11 Novembre 1921. Quindi, ecco le domande di fine capitolo: cosa c’è scritto nella lettera di Francia? E a chi è indirizzata? Beh, bisognerà aspettare per scoprirlo. Detto questo, il biplano rosso è quello del celeberrimo Barone, che in realtà morì in combattimento nel 1916. Possiamo chiamarla una licenza letteraria ;). Beh, non ho altro da aggiungere, e non mi rimane che invitarvi a recensire, ringraziarvi per la lettura e ricordarvi che, se vi foste annoiati, non s’è fatto apposta.

   
 
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