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Autore: Sarija    21/05/2017    2 recensioni
Lei Angelica.
Lui Angelo della Morte.
Legati da un filo rosso, rosso come il sangue.
[Altair x Nuovo Personaggio. OOC --> Malik]
STORIA COMPLETA. PUBBLICAZIONE SETTIMANALE.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Al Mualim, Altaïr Ibn-La Ahad, Malik Al-Sayf, Nuovo personaggio, Roberto di Sable
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Amore e sangue'
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​Note: ricordo come sempre che si tratta di una ff otherverse e che il punto di vista della narrazione è di Altair ^^ Ho da aggiungere soltato questo: la parte completamente incorsivo e i pensieri in stile normale, è un flashback che spiega il lasso di tempo che divide il capitolo precdente con questo ;) Buona lettura!



CAPITOLO 3

 

 

Dolore. C'era soltanto dolore.
Una continua e lenta fitta di dolore intenso.
Partiva dai piedi, si arrampicava con i suoi piccoli artigli lungo le gambe, si faceva strada sulla schiena e colpiva con forza le membra stanche, distrutte.
Altaïr…”.
Aprii lentamente un occhio, ma vidi soltanto nebbia e sangue.
Ti prego! Devi rimanere sveglio…”.
Mi piaceva quella voce. Era chiara, leggera e forse senza quella nota di preoccupazione sarebbe stata ancora più splendida.
Resta con me…”.
L’oscurità vinse. 

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Una brezza leggera soffiava da occidente, portandosi con sé i profumi della campagna. Sfortunatamente la serenità del cielo non riusciva a penetrare lo spesso strato di rimorso che mi avvolgeva sin nelle ossa.
Era bastato vedere Malik per pochi secondi e quei momenti agghiaccianti erano tornati con il loro peso sulla mia anima.
Ridacchiai chiudendo gli occhi di fronte alla sfera infuocata che lentamente calava verso l'orizzonte: quale anima, Altaïr?
Inspirando profondamente riuscii a seppellire quelle immagini almeno per un momento senza che il volto di quel ragazzino, il fratellino di Malik cresciuto fin troppo in fretta, rimanessero impresse sulle palpebre.
Avevo consegnato la Mela ad Amani, sapendo bene che lei era a conoscenza di un nascondiglio più che perfetto, il quale non sarebbe potuto essere descritto dalla donna stessa, per ovvi motivi. In più ella non sapeva minimamente cosa avesse nascosto.
Una voce più che conosciuta mi destò dai miei pensieri.
“Siete stato molto gentile, ma non era necessario accompagnarmi”.
Mi sporsi leggermente e ciò che vidi mi fece aggrottare la fronte.
“È il tramonto… Dovevo assicurarmi che tornassi sana e salva, Angelica”.
La sua voce non mi era mai parsa così fastidiosa.
Perché Malik era con lei? Usciva raramente dalla Dimora e lo faceva sempre per delle emergenze o situazioni particolari.
Un vociare concitato e il clangore del ferro giunsero da una stradina laterale; appiattendomi contro il parapetto della terrazza dove mi trovavo, potei osservare quanto accadeva senza essere visto.
Quattro soldati templari avevano circondato i due e Angelica, spaventata, si nascose all'ombra di quel braccio che ormai non vi era più.
“Finalmente… È lei la donna dell'Assassino che state cercando. Se avete lei, avrete lui. Ve lo assicuro”.
Il mio cuore perse un battito e osservai sconcertato l'avvicinarsi dei soldati a quella figura tremante che tanto amavo.
Era talmente sorpresa e attonita dal gesto di Malik, che rimase a fissarlo per qualche secondo senza reagire.
Mi alzai di scatto udendo le sue grida disperate in cerca di una mano amica e mentre guardavo con astio il capo di quel traditore, egli si volse leggermente verso di me inclinando il volto.
“Occhio per occhio, Altaïr”.
 
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Una frustata di dolore mi percosse fino a svegliarmi boccheggiando, in cerca di aria che a stento mi riempiva il petto.
Mi lasciai cadere a peso morto e sentii il clangore delle catene che mi bloccavano braccia e gambe in una completa sottomissione.
Aprii lentamente gli occhi e combattendo contro una fitta nebbia grigia riuscii a vedere il suo volto angelico sfigurato dal dolore e dal terrore mentre veniva trascinata con forza fuori da quelle quattro mura spoglie e grigie.
Non ero riuscito a fare molto per salvarla e contro quattro Templari ben addestrati nel combattimento ravvicinato non avevo potuto fare alcunché
Ero una continua delusione.
Il Templare, che saldamente teneva in mano una frusta in cuoio nero, mi osservò attentamente mentre, con lentezza calcolata, girò attorno al mio corpo martoriato fermandosi alle mie spalle.
“La tua donna ha fatto un ottimo lavoro. Non morirai… non oggi” e l'aria sibilò.
 
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Il dolore e le mani tremanti di Angelica si alternavano in modo regolare in una altalena corrosiva.
All'inizio non avevano neanche posto domande. Si erano semplicemente divertiti a martoriare la mia carne con il caldo cuoio delle fruste e il freddo ferro delle lame più affilate.
“Mi fa male vederti così, Altaïr…”.
La sua voce fu quasi un sospiro, un singhiozzo, un ansito del reale dolore che portava in quel corpo minuto.
La guardai in volto con tutta la forza che in quel momento possedevo e con la gola in fiamme e le labbra più secche del deserto stesso riuscii a dire la più grande bugia del mondo: “Va tutto bene”.
Dovevo essere forte per me stesso. Per lei.
Per noi.
 
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“DOV’È LA MELA ASSASSINO!?”.
Un altro squarcio si aprì sull'addome e un urlo agghiacciante, soffocato da un rantolio gutturale, riverberò per la stanza e a stento riconobbi quello strazio come mio.
Mentre il cuore batteva con forza contro la pelle ormai completamente rossa per il sangue, mi dimenai cercando di combattere la costrizione delle catene, ma esse si strinsero con più forza attorno ai polsi e alle caviglie, fino a che la spossatezza dei muscoli non ebbe la meglio.
L'uomo che fino a quel momento era rimasto in silenzio e in disparte, si avvicinò veloce al mio torturatore e con un manrovescio ben assestato lo fece barcollare. Mentre urlava qualcosa in una lingua straniera lo osservai attentamente.
Era completamente calvo, con un abbigliamento leggermente diverso da quello degli altri e quando si volse nella mia direzione potei vedere i suoi occhi.
Occhi di ghiaccio. Occhi di serpe.
Non era affatto cambiato.
“Scusalo, non conosce le buone maniere”.
Tentai di ridere a quelle parole, ma la sola cosa che uscì dalle mie labbra fu un rantolio gracchiante.
A quanto pareva ero davvero l'unico modo per conoscere la posizione della Mela.
Peccato che non lo sapessi nemmeno io.
“Il mio nome è Robert de Sable e per qualche tempo sarai mio… ospite
Oh, sapevo bene il suo nome. Come dimenticarlo? Probabilmente non mi aveva riconosciuto con tutto quel sangue in faccia.
Infine disse qualcosa all'altro uomo e in quel groviglio di parole straniere percepii Angelica.
Ma ancora una volta l'oblio mi richiamò a sé.
 
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Una mano gentile e delicata era posata sul mio ventre e leggera come una piuma seguiva il percorso delle ferite che mi erano state inferte.
Pochi secondi dopo capii di essere sdraiato e… libero dalle catene.
Aprii lentamente gli occhi e a stento riconobbi il suo volto: aveva lo sguardo corrucciato, concentrata su quanto stava facendo, mentre le pupille erano esageratamente dilatate dalla paura. Alle sue spalle un Templare mi stava osservando attentamente e notando fossi cosciente, parve stupirsi. Era piuttosto giovane, forse non aveva neanche la stessa età di Angelica.
I suoi occhi, dal colore del ciel sereno, guardarono con circospezione il proprio compagno, il quale osservava annoiato il soffitto di quella prigione. Spostò lo sguardo su di me e poi su un punto preciso del fianco dell'altro soldato alternativamente e dopo qualche secondo finalmente notai ciò che i suoi occhi mi indicavano: un mazzo di chiavi.
 
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Non avevo idea di quanto tempo fosse passato, ma fu abbastanza da creare una sorta di routine. Avevo memorizzato i cambi di guardia e i volti dei Templari che creavano un via vai in quella prigione: il ragazzino era di turno ogni 3.
Ringhiai a denti stretti all'ennesimo colpo di frusta sulla schiena, ormai un groviglio di solo dolore pungente.
“Te lo chiedo di nuovo: dov’è la Mela?”.
Tentai di sorridere e fallendo miseramente mi ritrovai con una smorfia deforme sul viso “Non. Lo. So”.
In quel momento la porta della prigione si aprì cigolando e una giovane voce scambiò un breve dialogo con il mio torturatore nella lingua che avevo finalmente capito essere francese.
“Sei fortunato, Assassino. Per ora abbiamo finito” e con uno sguardo sadico mi sorrise, deridendomi.
Come previsto, il ragazzino entrò seguito da Angelica e dal soldato che portava con sé la mia unica via di fuga.
“Questa volta dovrai accontentarti, donna. È cosciente… non te lo libererò”.
Il giovane intervenne ridacchiando: “Perché? Cosa potrà mai fare ridotto così? Secondo me persino un bambino potrebbe batterlo” e la sua risata risuonò falsa alle mie orecchie mentre mi lanciò uno sguardo di intesa. Gli altri due soldati si unirono alla risata di scherno e facendo tintinnare le chiavi contro le catene che mi mantenevano immobile, venni liberato.
Angelica mi prese fra le sue braccia e arrancando mi fece sdraiare  prono su un tavolo di legno ormai annerito a causa del mio sangue che nei giorni lo aveva impregnato.
Sentii le sue lacrime calde e salate sulla pelle martoriata e sospirai piacevolmente quando mi accarezzò delicata una guancia, ormai completamente ricoperta dalla barba infoltitasi nei giorni di prigionia.
Sentii a mala pena l'ago preciso e veloce ricucirmi la carne, ormai abituato a ben altro dolore e con piacere notai che il soldato addetto al mio Jahannam2 non era più presente.
Con uno sguardo veloce vidi il ragazzino che fissava con impazienza le dita di Angelica, con la mano sull'elsa della spada, pronto ad agire.
Perché mi voleva aiutare?
Appena sentii quelle mani amorevoli terminare il lavoro, feci un cenno con la testa e lui estrasse lesto la spada colpendo con forza la tempia del secondo soldato, tramortendolo.
Angelica si guardò attorno spaesata e il Templare le intimò di tacere appoggiando l'indice sulle proprie labbra mentre si impossessava del mazzo di chiavi. Mi sedetti a fatica e con l'aiuto di entrambi mi alzai riuscendo a stento a rimanere in piedi e accettai di buon grado la Bastarda3 che il ragazzino mi aveva porto.
“Perché ci stai aiutando?” chiese Angelica anticipandomi.
“Perché vi ho riconosciuti” corrugammo entrambi la fronte e lui proseguì spiegandosi meglio “Tu mi risparmiai… mentre tu ricucii una ferita che avevo riportato alla gamba giorni prima”.
Sospirò profondamente “Ho un debito di vita con entrambi”.
Veloce aprì la porta della prigione e con un gesto delle mano ci fece segno di seguirlo, ma ad ogni passo una stilettata di dolore si aggiungeva a quell'agonia di sottofondo che ormai era diventata una compagna fedele.
Stringendo i denti per non emettere alcun suono, raggiungemmo una scala a chiocciola molto stretta e dai gradini piuttosto angolati.
“Saliamo sulla torre?” chiese Angelica in un bisbiglio.
Il ragazzino annuì con forza e prima che potessimo iniziare quella salita, una voce rabbiosa echeggiò per tutta la lunghezza del corridoio in pietra.
TRAÎTE!4”.
“Muoviamoci!” esortandoci, iniziammo a salire quei gradini costruiti apposta per far affaticare gli eventuali invasori.
Era questo il piano: sfiancare in partenza i soldati che ci avrebbero seguito e costringerli a rimanere uno in coda all'altro, così da attaccarli singolarmente una volta raggiunto il termine della scalinata. Il ragazzino sapeva il fatto suo.
Raggiunta la cima per poco non caddi a terra e reggendomi con la spada indicai ad Angelica di allontanarsi il più possibile dalla tromba delle scale.
Cercai di reintegrare l'aria nei polmoni e posizionandomi alle spalle del Templare, guardai attentamente attraverso le feritoie in cerca di una via di fuga.
“Come ti chiami, ragazzo?”.
Lui si volse leggermente nella mia direzione senza perdere di vista l’imboccatura delle scale “Antoine… Antoine de la Roche”. Annuii lievemente e cercai di tenere a mente quel nome dal suono così particolare.
Il clangore del ferro e il rumore di passi pesanti si avvicinarono sempre più,  finché non dovetti parare il primo fendente di quello che sarebbe stato un vero e proprio massacro.
La lama della mia spada diventò presto lenta e imprecisa e Antoine mi si avvicinò cercando di aiutarmi.
Lanciai nuovamente uno sguardo al di fuori della torre e in pochi secondi trovai finalmente un percorso che avrebbe potuto fare persino Angelica, senza rischiare. Girandomi verso di lei attirai la sua attenzione e le spiegai velocemente il tragitto per scendere dalla torre in modo dettagliato, per non rischiare in un passo falso.
Un grido strozzato mi fece voltare di scatto e incredulo guardai il corpo esanime di Antoine cadere a terra, in tonfo sordo seguito dal clangore del suo ferro.
Con uno scatto, abbastanza veloce per le mie condizioni, trafissi il ventre del Templare che aveva porto fine alla vita di quel ragazzino, troppo, troppo giovane.
Mi avvicinai al suo corpo e guardai quel volto così simile a quello di… Kamar e la sua immagine si impresse a fuoco nella mia mente, gravando ulteriormente su quel piccolo rimasuglio della mia anima martoriata.
La colpa era mia. Attorno a me non poteva che esistere Morte e sofferenza.
Angelica”.
Mi volsi a guardarla e dal suo sguardo percepii che aveva compreso quanto le stavo per dire.
“Devi fare ciò che ho detto. Passo per passo. Non riuscirò a trattenerli a lungo” la mia voce era spenta, il tono piatto.
Lei represse un singhiozzo e mi guardò disperata, in cerca di un'altra soluzione, la quale purtroppo non esisteva.
“Non… non pensi a nostro figlio?” la sua voce rotta aggiunse dolore al mio cuore già dilaniato.
Certo che ci pensavo. Ma non dissi nulla.
Guardai assente il sangue che colava copioso dalla lama della spada che impugnavo “Crescerà meglio senza di me”.
Lo sgomento si fece strada sul suo volto e asciugandosi una lacrima nervosamente, riversò su di me tutto il dolore che provava “COSÌ MI VUOI ABBANDONARE!?”.
Sospirai. Forse era un bene che mi odiasse. Sarebbe stato tutto più facile.
“Ora va’”.
Non controllai se mi avesse dato ascolto e mentre una lacrima traditrice si faceva strada sul mio volto, salii a fatica sul muretto che faceva da parapetto e allargai le braccia al vento nel mio forse ultimo salto della fede.
 
Jahannam2: Inferno per la religione islamica.
Bastarda3: spada dalla lama più corta rispetto alla tradizionale spada medievale.
TRAÎTE!4: traditore in francese.
 
​Nota dell'autrice (cattiva):
*si nasconde dietro ad uno scudo* Sì, scusate... in questo capitolo sono stata piuttosto sadica e.e ma mi farò perdonare nel prossimo capitolo...che purtroppo concluderà questa storia travagliata. Ma... ho intenzione di scrivere alcune one shot come approfondimenti per quanto riguarda i eprsonaggi da me inventati :) scrivetemi nelle recensioni ciò che desiderate sapere su Angelica, Amani etc ^^ Forse così mi farò perdonare x3
Alla prossima,
Sari :*
 
   
 
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