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Autore: Christine Enjolras    21/05/2017    1 recensioni
Marius Pontmercy, sedici anni, ha perso il padre e, nel giro di tre mesi, è andato a vivere con il nonno materno, ora suo tutore, che lo ha iscritto alla scuola privata di Saint-Denis, a nord di Parigi. Ora Marius, oltre a dover superare il lutto, si trova a dover cambiare tutto: casa, scuola, amici... Ma non tutti i mali vengono per nuocere: nella residenza Musain, dove suo nonno ha affittato una stanza per lui dai signori Thénardier, Marius conoscerà un eccentrico gruppo di amici che sarà per lui come una strampalata, ma affettuosa famiglia e non solo loro...
"Les amis de la Saint-Denis" è una storia divisa in cinque libri che ripercorre alcune tappe fondamentali del romanzo e del musical, ma ambientate in epoca contemporanea lungo l'arco di tutto un anno scolastico. Ritroverete tutti i personaggi principali del musical e molti dei personaggi del romanzo, in una lunga successione di eventi divisa in cinque libri, con paragrafi scritti alla G.R.R. Martin, così da poter vivere il racconto dagli occhi di dodici giovanissimi personaggi diversi. questo primo libro è per lo più introduttivo, ma già si ritrovano alcuni fatti importanti per gli altri libri.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Feuilly

Era passata una settimana da quando i ragazzi avevano iniziato a progettare la manifestazione. L’idea di Combeferre e Enjolras si era rivelata ottima: nel giro di pochissimi giorni la maggior parte degli studenti aveva aderito all’iniziativa. Feuilly si era fermato più volte ad osservarli all’opera, orgoglioso di far parte di un gruppo di ragazzi così determinati e di buon cuore, e aveva notato che tutti si erano dati un gran da fare: ogni volta che lui alzava le tapparelle delle aule, li poteva vedere già sotto l’edificio ad aspettare gli altri studenti; mentre faceva da palo, ogni tanto si girava ad osservare come parlassero con questi ultimi della loro iniziativa e come cercassero di rassicurare i più incerti pur senza forzarli. Aveva constatato con molta gioia che anche Bahorel si era dato parecchio da fare per portare più gente possibile alla manifestazione: non si sarebbe mai aspettato di vederlo a scuola tanto presto e nemmeno di vederlo così operativo; Bahorel aveva avuto un approccio molto diretto, dicendo apertamente e senza mezzi termini come stavano le cose e come avevano intenzione di agire e aveva sempre cercato di convincere tutti, anche se più delicatamente del solito… ma del resto Combeferre, al primo passo falso, gli aveva suggerito un approccio più morbido. Anche Jehan aveva suscitato lo stupore di Feuilly: quel minuto ragazzino si accendeva sempre di un ardore indescrivibile quando si trattava di manifestare e, pur mantenendo i suoi modi dolci e delicati, sembrava aver del tutto accantonato la sua naturale timidezza. Bossuet aveva cercato di avere un approccio simpatico, occupandosi prevalentemente di quegli indecisi cronici che avevano voglia di partecipare, ma erano troppo spaventati dal possibile esito negativo per riuscire a decidersi: Feuilly aveva pensato che, essendo abituato a trattare con Joly, per lui doveva essere stata una passeggiata aiutare quei ragazzi. Tuttavia, Joly sembrava diverso in quella settimana: Feuilly lo aveva visto passare tranquillamente tra gli studenti e illustrare dettagliatamente il piano d’azione, senza mancare però di avvisare degli eventuali rischi; del resto, però, Joly aveva detto ad Enjolras che secondo lui era giusto che tutti fossero consapevoli di quello che poteva accadere e lui e Combeferre avevano compreso e appoggiato l’idea. Da Courfeyrac nessuna sorpresa: ogni giorno passava da una persona all’altra con il suo modo di fare simpatico e amichevole, tanto socievole e convincente che non aveva dovuto insistere quasi con nessuno. Anche Combeferre aveva mantenuto il suo solito stile, cercando l’approccio più analitico e dolce possibile: quando aveva dovuto trattare con gli incerti, aveva ascoltato con attenzione le ragioni dei dubbi che essi avevano a riguardo e aveva cercato di rassicurarli, invitandoli dolcemente a ragionarci con calma, pur lasciandoli liberissimi di dire di no. Tuttavia, l’attenzione di Feuilly era stata attirata maggiormente da Enjolras: il leader aveva pensato di agire assieme a Marius, in modo che il nuovo arrivato potesse capire come trattare con gli altri ragazzi in questi casi; a Feuilly era sembrato una specie di praticantato direttamente con il capo per istruire Marius alle loro abitudine rivoluzionarie, ma il lentigginoso ragazzo sembrava entusiasta di questa “nuova vita fuori dagli schemi del bravo ragazzo”, come l’aveva definita Courfeyrac la sera della prima riunione e, a Feuilly, Enjolras parve molto compiaciuto del suo entusiasmo. Inoltre, il biondino teneva le redini dell’iniziativa: si confrontava con gli altri membri del gruppo per controllare che fosse tutto in ordine, tutte le volte che essi portavano da lui i casi più indecisi egli riusciva a persuaderli senza fare pressioni, al termine delle lezioni si rendeva sempre disponibile per chi avesse bisogno di chiarimenti, passava personalmente da una classe all’altra prima che arrivassero gli insegnati per lasciare i volantini da distribuire e aveva anche tenuto un brevissimo discorso in biblioteca per dare a tutti gli studenti le ultime informazioni generali; Feuilly ricordava di aver visto gli altri ragazzi passare nelle aule ad avvisare del discorso generale alla fine della settimana passata. Si era anche offerto come capro espiatorio per Javert, proponendosi di assumersi la colpa delle iniziative più rumorose: aveva detto che non sarebbe cambiato nulla perché tanto era già nei guai per gli eventi precedenti. Combeferre, però, non aveva voluto sentire ragioni e aveva stretto un patto con gli altri ragazzi: se ci fossero stati guai, avrebbero fatto a turno ad assumersi la colpa di quanto accaduto, in modo da non rischiare l’espulsione per nessuno. Contro la maggioranza, leader o no, Enjolras aveva dovuto accettare, ma aveva confessato a Feuilly, una sera che lo aveva accompagnato a casa, che quel gesto gli aveva fatto davvero piacere, nonostante gli dispiacesse di non poter contare su Grantaire: non avevano più litigato dopo il giorno della prima riunione, ma non c’era comunque stato verso di fargli cambiare idea riguardo alla manifestazione. Tuttavia, Feuilly lo aveva sorpreso più volte a restare appoggiato al muro dietro al cancello d’ingresso ad osservare i suoi amici al lavoro, soprattutto Enjolras, quasi volesse essere certo che andasse tutto bene pur non condividendo la loro scelta.

Anche quella sera come quelle della settimana precedente, Feuilly si trovava nel parcheggio dietro alla scuola e aspettava che Enjolras uscisse dall’ufficio di Javert per accompagnarlo a casa in macchina: iniziava a far buio e non era consigliabile mandare in giro da solo un ragazzo giovane ed esile come Enjolras per le vie di Saint-Denis, le quali non erano sicuramente famose per la bella gente che vi girava dopo un certo orario. Finalmente, intorno alle sei di sera, Feuilly vide Enjolras uscire dal cancello secondario da cui l’apprendista del custode lo faceva passare quando lo accompagnava a casa: aveva un passo lento e sembrava davvero distrutto.

“Ehi…” disse dolcemente Feuilly quando il biondino aprì la portiera della sua Peugeot 107 e si sedette stanco sul sedile. “Ti ha massacrato oggi, eh?”

“No…” disse Enjolras debolmente chiudendo la portiera e appoggiandosi ad essa col gomito, in modo da potersi sostenere la testa con la mano. “No, è solo una leggerissima stanchezza per l’accumulo delle cose da fare.” Gli occhi nocciola di Feuilly si posarono sul viso di Enjolras: sembrava quasi sciupato tanto era segnato dalla stanchezza. Senza contare che come si era seduto, Enjolras aveva chiuso gli occhi, quasi stesse dormendo: Feuilly pensò che avesse bisogno di riposare gli occhi.

Feuilly immaginava già di conoscere la risposta, ma volle comunque provare a proporre ad Enjolras: “Forse dovresti prenderti una pausa…”

“No” disse Enjolras tirandosi su, quasi volesse dimostrare di essere in forma. “No, no: non mi serve.”

“Ne sei sicuro? A me sembri parecchio sconvolto…”

Enjolras si voltò verso di lui, si appoggiò al poggiatesta, gli sorrise e aggiunse: “Perché continuate a dirmi tutti che dovrei riposare? Non mi serve, davvero…” Feuilly non riuscì a rispondere al suo sorriso e restò a guardarlo serio, facendo così incupire anche Enjolras, il quale tornò a guardare davanti a sé. “E comunque non ho il tempo di riposare, quindi è fuori discussione che io lo faccia.”

“Non dovresti affaticarti.” Feuilly sentì Enjolras sospirare, quasi fosse stufo di sentirsi dire sempre le stesse cose. Poi si tirò in avanti verso di lui, portando la mano sul suo sedile e aggiunse, visibilmente agitato: “Non fare così: lo dico per te! Hai troppi impegni, Enjolras, tra la scuola, la manifestazione, con me, ora la punizione... Soffri anche di insonnia, accidenti! Se fatichi a dormire la notte, a maggior ragione…”

“Feuilly” lo interruppe Enjolras senza voltarsi. Seguì qualche istante di silenzio, durante il quale Enjolras si girò verso di lui di nuovo e disse: “Smettila anche tu di preoccuparti per me, ok? Io sto bene. Quando avremo fatto la manifestazione avrò meno da fare e riposerò un po’, dopodiché attenderò che finiscano anche i giorni di punizione con Javert per ricominciare tutto con i miei soliti ritmi. Ma adesso non posso fermarmi: è stata un’idea mia e devo seguirla fino in fondo… ok?”

Feuilly non sapeva cosa rispondere: avrebbe preferito continuare a dargli contro, ma il tono che Enjolras aveva usato, oltre a tradire la sua stanchezza, aveva anche fatto capire che Enjolras non avrebbe ammesso replica.

“Adesso andiamo a casa, per favore” disse Enjolras più dolcemente, quasi stesse cercando di calmarsi. “I ragazzi ci aspettano per fare il punto della situazione.” Il ragazzo dagli occhi nocciola non replicò: restò a fissare Enjolras preoccupato e irritato allo stesso tempo per non essere riuscito a farlo ragionare; poi portò lo sguardo sulla strada davanti a sé, emise un leggero sospiro rassegnato e avviò il motore della piccola vettura pronto a far rotta verso il Musain.

 

“Scusate il ritardo!” disse subito Enjolras avanzando verso il tavolo rotondo a cui stavano seduti gli altri membri del gruppo, mentre Feuilly restò indietro per appendere la giacca all’attaccapanni. Il biondino non era nemmeno passato dalla stanza a lasciare giù lo zaino o a darsi una sistemata: aveva salito le scale in fretta ed era corso immediatamente dagli altri ragazzi, lasciando cadere lo zaino accanto alla sua sedia e mettendo la giacca sullo schienale. “Dov’è Bossuet?” chiese sedendosi.

“A farsi una doccia” disse Joly tranquillamente. “Ha avuto la sua solita sfortuna.”

“Che è successo?” gli chiese Enjolras, guardandolo dritto negli occhi. Distolse lo sguardo dal ragazzo dai capelli castani solo per un attimo, quando sentì Feuilly sedersi al suo solito posto salutando Combeferre e Jehan.

“In pausa pranzo, mentre voi due non c’eravate,” iniziò Joly indicando lui e Feuilly, “siamo usciti in cortile per vedere se ancora non avevamo parlato con qualcuno. Solo che alcuni ragazzi hanno fatto un po’ di casino, quindi Javert è uscito e ci ha sorpresi: Bossuet si è offerto di prendersi la colpa…”

“… e la disdetta ha deciso che oggi Javert avrebbe preso provvedimenti più incisivi di una nota disciplinare, quindi sono finito a sistemare il magazzino pieno di polvere della biblioteca” terminò Bossuet, avvicinandosi al suo ragazzo da dietro e mettendogli entrambe le mani sulle spalle. “Ero pieno di polvere e Joly ha deciso che avrei dovuto farmi una doccia prima che tornassi o avrebbe sofferto delle sue finte allergie tutta la sera standomi accanto” aggiunse scherzando e dando a Joly un bacio sulla testa.

Joly alzò lo sguardo verso di lui, lo fulminò e disse: “Guarda che, allergico o no, non fa comunque bene respirare tutta quella polvere.”

“Ma tu dici di esserne allergico, no?” gli chiese il ragazzo pelato sedendosi.

“Certo, perché lo sono” disse Joly prendendo un sorso di tè dalla sua tazza. Feuilly notò che i ragazzi dovevano aver pensato di prendere un tè con biscotti durante la riunione, forse per scaldarsi un po’ in quella fredda giornata uggiosa. Bossuet si lasciò scappare un risolino leggero e scosse la testa rassegnato e divertito assieme, alzando poi lo sguardo verso la cucina. Feuilly si girò per vedere cosa avesse attirato la sua attenzione e vide Grantaire avanzare verso di loro con una tazza per lui e con quella rossa di Enjolras, portando loro anche le scatole dei vari tipi di tè che suo padre da anni gli portava regolarmente: era da quando si erano conosciuti che ogni tanto, nel tardo pomeriggio, Grantaire metteva a completa disposizione la selezione di tè di suo padre per l’orario della merenda, almeno finché per l’inverno non gli arrivavano anche le cioccolate.

“Ehi biondo” disse Grantaire con un grande sorriso, mettendo la tazza di fronte ad Enjolras.

“Non credevo avresti partecipato…” disse Enjolras con un’espressione strana in volto, forse un po’ confusa, quasi volesse sorridere ma non fosse sicuro che avrebbe dovuto farlo.

Grantaire fece spallucce, restò a guardarlo sorridendo e disse: “Sai che non voglio prendere parte alla manifestazione, ma non mi andava di chiudermi in camera e stare solo soletto.” Enjolras sembrò allarmarsi dalla risposta di Grantaire, quindi il ragazzo dai riccioli scuri lo rassicurò: “Tranquillo: non darò fastidio, hai la mia parola.” Poi mise una bustina di tè verde alla menta forte, il solito che prendeva Enjolras, nella sua tazza e vi versò dell’acqua calda. “Adesso pensa a scaldarti un po’: avrai preso freddo lì fuori.” Effettivamente la giornata era davvero gelida in quella sera di inizio ottobre, tanto che, mentre sceglieva un gusto per sé, Feuilly vide Enjolras mettere entrambi le mani sulla sua tazza per riscaldarle, mentre Combeferre gli chiedeva se voleva che gli andasse a prendere un maglione più pesante o una coperta in camera, ma il biondino rifiutò, ringraziandolo comunque per il pensiero. Combeferre chiese la stessa cosa a Feuilly, ma lui non sentiva particolarmente il freddo, quindi la sua risposta non fu differente da quella del leader.

“Dunque:” riprese Enjolras, “facciamo il punto della situazione. Combeferre…”

“Ho tutto segnato qui” disse Combeferre aprendo una piccola agenda con la copertina in cuoio marrone con la chiusura a bottone: quando l’aprì, Feuilly vide che all’interno aveva una seconda copertina con disegnata una cartina antica e alcune scritte in inglese, quindi pensò che fosse un piccolo souvenir che il ragazzo aveva preso a Londra.

“Allora: il volantino ha fatto il giro di tutte le classi?” chiese Enjolras guardando le pagine dell’agenda.

“Da quello che ho scritto io sì.”

“Adesioni?”

“Alcune le ho tenute io” disse Joly porgendogli un piccolo plico di fogli. “Ma mi sembrano poche per coprire tutte le classi dell’istituto… hai fatto un giro anche oggi, per caso?”

“Ah, le ultime le ho io” disse Feuilly recuperando un plico di fogli dalla borsa del suo computer che aveva appeso alla sedia. Poi, cercando nella borsa i fogli con le adesioni, precisò: “Sono passato oggi a terminare il giro delle classi che mi avevi detto seguendo l’orario.”  Quando finì di rovistare nella borsa porse i fogli ad Enjolras, il quale li prese e iniziò a guardarli assieme a Combeferre e Courfeyrac. “I ragazzi hanno fatto come avevi detto: hanno lasciato il foglio nel cassetto della scrivania al termine della lezione con scritto anno e sezione della classe.”

Enjolras studiò i fogli con molta attenzione confrontandosi con il solo sguardo con Combeferre e Courfeyrac. “A me sembrano degli ottimi numeri” disse Courfeyrac dando un’occhiata al plico di fogli direttamente dalle mani di Enjolras.

“Sono d’accordo” disse Combeferre prendendo in mano i fogli. “Vedo che la maggior parte dei rinunciatari sono i primini, ma non fatico a crederlo e, sinceramente, nemmeno li biasimo: in fin dei conti è giusto che non se la sentano tutti di rischiare durante i primi giorni.”

“Certo, certo: avevamo deciso di lasciare a tutti libera scelta, quindi è giusto così” disse Enjolras con lo sguardo fisso di fronte e sé, quasi stesse riflettendo. “Novità dal fronte esterno?”

“Oggi abbiamo raccolto alcune adesioni da parte di ragazzi che ci hanno detto di non aver firmato prima o perché erano assenti o perché volevano rifletterci” disse Bossuet passandogli alcuni fogli ed Enjolras si mise ad esaminare anche quelli.

“Inoltre” attirò la sua attenzione Courfeyrac, mentre Combeferre recuperava dalle mani di Enjolras tutti i fogli, “mentre ti aspettavamo abbiamo fatto un veloce calcolo di quanti avevano aderito sul totale degli studenti: occhio e croce, parteciperanno quasi tutti.”

“Adesso basta capire quando scenderemo nel piazzale no?” chiese Bahorel sporgendosi verso Enjolras: al solito sembrava impaziente di agire.

“Abbiamo un numero più preciso?” chiese Enjolras.

“Poco meno di quattro quinti, aggiungendo anche le firme raccolte oggi” disse Combeferre guardando la sua agendina prima di prendere un sorso di tè: Feuilly notò che mentre gli altri parlavano, Combeferre aveva calcolato il numero dei partecipanti aggiungendo ai vecchi dati quelli nuovi. “Mi sembra ottimo: si direbbe che Javert non stia simpatico a molti.”

“Oppure che negli anni la tua popolarità è aumentata, biondino!” disse con un sorriso compiaciuto Bahorel, alzando la tazza che aveva in mano quasi come segno di brindisi al leader.

 “Abbiamo solo centrato il bersaglio con un argomento che sta a cuore a molti” constatò Enjolras imbarazzato, quasi volesse cercare di farlo ragionare. “Ma comunque non è questo il punto.” Detto questo, si alzò in piedi e guardò uno ad uno gli altri ragazzi negli occhi. “Javert ha il giorno libero tra due giorni, quindi approfitteremo della sua assenza per fare un ultimo giro nelle aule e avvisare che la manifestazione sarà lunedì prossimo: entreremo in aula regolarmente e usciremo tutti fuori al suono della campanella della seconda ora.”

“Verrà fuori un bel putiferio, eh?” chiese Bahorel, visibilmente emozionato all’idea. “Sarà interessante!”

“Non sarebbe meglio farla prima dell’inizio delle lezioni?” provò a proporre Jehan. “Come organizzazione, se non altro…”

“Forse, ma non possiamo dare a Javert il tempo di scendere per cercare di riportarci in aula. Dobbiamo agire tempestivamente e in modo del tutto inaspettato” disse Combeferre con molta dolcezza: Feuilly capì che lui, Enjolras e Courfeyrac dovevano aver già parlato tra di loro sul da farsi.

“Marius” lo chiamò Enjolras. “Te la senti di arrivare fino in fondo?”

“Certo” rispose senza esitazione Marius, tenendo tra le mani la sua tazza. “Stiamo facendo la cosa giusta, quindi voglio essere dei vostri fino alla fine.”

“Feuilly” attirò la sua attenzione Enjolras. “Pensi di poter aprire il cancello senza essere visto? Sai che non voglio farti rischiare il lavoro…”

Feuilly guardò il biondino in silenzio per qualche secondo, gli sorrise dolcemente, annuì con la testa e finalmente rispose: “Non ti preoccupare per me: ci starò attento!”

Enjolras rispose subito al suo sorriso, guardò gli altri e disse: “Allora domani passeremo in tutte le aule ai cambi dell’ora per avvisare tutti del piano d’azione. Domani ci divideremo con calma i compiti quando avremo in mano l’orario. Per ora, la riunione è finita qui.”

 

Il lunedì successivo, la giornata iniziò come tutte la altre: Feuilly aveva aperto le porte delle aule, alzato tutte le tapparelle, aperto il cancello del parcheggio sul retro per l’arrivo dei professori e si era messo a sorvegliare il cancello d’ingresso. All’apparenza era tutto regolare, ma Feuilly sapeva che di lì ad un’ora sarebbe scoppiato un finimondo. La settimana prima, il giorno dopo la riunione, Feuilly aveva aspettato che Fauchelevent uscisse dalla bidelleria, preso la tabella degli orari appesa sull’armadio, la aveva fotocopiata e aveva consegnato la copia ad Enjolras, in modo che lui e gli altri ragazzi potessero fare il giro delle diverse classi sapendo esattamente dove trovare gli altri studenti. Mentre sorvegliava il cancello, vide arrivare il resto del gruppo: avanzavano normalmente, come se nulla fosse, passarono accanto a Feuilly salutandolo ed entrarono in aula; solo Enjolras e Marius si fermarono a parlare un attimo con lui, visto che il biondo leader doveva definire le ultime cose con Feuilly. Quando tutti gli studenti furono entrati, Feuilly chiuse il cancello e si avviò verso la bidelleria ad occuparsi delle solite faccende, ma sempre attento all’avvicinarsi dell’ora X.

Pochi minuti prima del suono della campanella, Feuilly si trovava in bidelleria a segnalare gli assenti per la segreteria basandosi sui fogli su cui i professori segnavano le assenze nella classe che avevano in custodia per quella lezione, quando sentì un passo leggero avanzare velocemente verso di lui. Alzò lo sguardo e vide arrivare verso di sé Enjolras: fingere di sentirsi male per avere il permesso di uscire doveva aver funzionato. Il suo arrivo voleva dire solo una cosa: era giunto il momento di entrare in azione. I due ragazzi si assicurarono che non passasse nessuno, quindi Feuilly prese le chiavi del cancello e le diede ad Enjolras, dopo di che si allontanò dalla bidelleria per portare i fogli in segreteria, come stabilito. ‘Dovrai allontanarti dalla bidelleria, così penseranno che le chiavi le abbia prese da solo’ gli aveva detto quella stessa mattina Enjolras. Quando arrivò al primo piano, anche se Enjolras gli aveva chiesto di non farlo, Feuilly guardò giù dalla finestra, per assicurarsi che tutto fosse a posto. Come immaginava, il piano del biondino era andato a buon fine: Enjolras andava e veniva indisturbato nella strada tra la scuola e la chiesa e stava portando fuori i manifesti e gli striscioni che il resto del gruppo aveva preparato e nascosto nel capanno del custode accanto all’ingresso. Poco dopo tempo, Feuilly vide arrivare Courfeyrac e Combeferre, i quali iniziarono subito ad aiutarlo a portar fuori tutto il necessario per la manifestazione.

Feuilly aveva appena lasciato i fogli in segreteria quando la sentì: la campanella che segnava l’inizio della seconda ora, nota in quel giorno come il segnale convenuto per l’inizio della rivolta! Non fece in tempo a smettere di suonare che subito al suo suono si aggiunsero gli schiamazzi e il rumore dei passi dei ragazzi che correvano fuori dalle loro aule. Feuilly vide correre nei corridoi tantissimi ragazzi, tutti diretti verso l’esterno: tra questi riconobbe Jehan, che correva verso l’esterno in testa ai suoi compagni di classe, e sentì distintamente la voce di Bahorel che incitava i ragazzi ad uscire. Quando il corridoio si fu liberato, alcuni insegnati uscirono dalle aule lentamente, confusi, con gli occhi persi nel corridoio che cercavano sguardi amici con cui confrontarsi, probabilmente sperando in una risposta, che comunque non arrivò. A Feuilly venne da ridere nel vedere la scena, ma si costrinse a fingersi altrettanto confuso, in modo da non destare sospetti, e ai professori che lo guardavano con occhi interrogatori, rispondeva con un’alzata di spalle e uno sguardo perso. Ad un certo punto, il professor Valjean passò davanti alla segreteria, probabilmente all’inseguimento dei suoi studenti, ma nel vedere Feuilly si fermò e avanzò verso di lui.

“I-io non capisco…” sentì dire al povero professor Mabeuf con un filo di voce confusa, appoggiandosi allo stipite della porta per non svenire.

“Feuilly!” richiamò subito la sua attenzione l’insegnante di filosofia. “Che cosa sta succedendo?”

Feuilly si sentì colto in fallo. “P-perché crede che io lo sappia… professor Valjean?”

“Perché ho visto chiaramente Bahorel correre fuori come un pazzo e dare direttive” gli spiegò Valjean indicando la direzione in cui erano corsi gli studenti. “Lui fa parte del tuo gruppo di amici e scommetto che tutto questo è stato organizzato da più persone. Feuilly: l’ho capito che sono stati loro, e so bene che sono tuoi amici: devono averti messo al corrente di tutto questo.”

Beccato: ora Feuilly avrebbe dovuto confessare e sperare che il professore non gli facesse perdere il posto di lavoro… o addio soldi per la scuola! “Vede… professore, io…”

“NON TOGLIETECI LE NOSTRE ATTIVITÀ!” si sentì una voce proveniente da fuori. Valjean e Feuilly si girarono d’istinto verso il corridoio che conduceva alla grande balconata occupante il centro della facciata che dava sulla strada: era la voce di Enjolras, Feuilly la riconobbe immediatamente. “NON TOGLIETECI LE NOSTRE ATTIVITÀ!” ripeté accompagnata da altre poche voci che Feuilly conosceva bene: ora c’erano anche i suoi amici ad incitare gli studenti insieme a lui. Non servì che lo urlassero un’altra volta prima che si aggiungessero anche le voci degli altri studenti, fino a creare un motto corale ritmico e ben scandito.

“Che sta succedendo qui?!” chiese una voce maschile profonda e furibonda: il professor Javert uscì arrabbiato nero dal suo ufficio, camminando spedito verso la balconata. Indossava dei pantaloni scuri e una camicia bianca, segno evidente che doveva essere uscito subito dopo essersi ripreso leggermente dallo shock dei rumori dei passi, dato che non aveva nemmeno preso la giacca. Non perse tempo e corse subito verso la balconata per osservare cosa stesse accadendo. Valjean incrociò lo sguardo di Feuilly e il ragazzo vide i suoi occhi allarmarsi.

“Salverò il salvabile!” disse Valjean mettendogli una mano sulla spalla, quasi volesse rassicurarlo. “Vieni con me!” L’apprendista custode e il professore di filosofia si avviarono velocemente verso la balconata, mentre fuori i motti dei ragazzi ancora rimbalzavano contro le pareti della cattedrale direttamente nell’istituto. Quando arrivarono a destinazione, Javert si trovava leggermente a destra rispetto al centro del balcone e stava appoggiato alla ringhiera in marmo, osservando verso il basso con occhi pieni di severa ira. Valjean andò immediatamente ad occupare il punto a sinistra rispetto al centro e si appoggiò alla ringhiera coi gomiti, osservò giù, dopodiché emise un leggero risolino divertito, ottenendo in risposta un sorriso compiaciuto di Feuilly, che però non vide, e uno sguardo fulminante da parte di Javert.

“Monsieur Feuilly!” disse Javert voltandosi verso di lui, facendo sussultare leggermente il ragazzo, che sentì il bisogno di deglutire la saliva. “Saprebbe spiegarmi tutto questo?!” chiese severamente il professore indicando con la mano ciò che stava accadendo sotto di loro. Feuilly prese coraggio e si avvicinò, sporgendosi dalla balconata alla destra di Javert. Da lì vide chiaramente che i ragazzi avevano usato alcune vecchie casse in legno per creare un podio su tre livelli: sul gradino più basso, Jehan e Marius stavano incitando la folla di studenti a scandire bene le parole del loro motto, ritmicamente accompagnati dal suono provocato da una percussione con cui Bahorel scandiva il ritmo, mentre Joly e Bossuet sollevavano uno striscione con scritto ‘NO ALLA CANCELLAZIONE DELLE ATTIVITÀ EXTRASCOLASTICHE’; immediatamente sopra, Courfeyrac e Combeferre agitavano in aria i pugni a tempo con il ritmo scandito da Bahorel e aiutavano gli altri ragazzi ad incitare i cori della manifestazione; in cima al podio improvvisato, Enjolras sventolava un’altrettanta improvvisata bandiera e urlava quanto più forte poteva il motto della loro causa. Feuilly vide anche il povero Fauchelevent che camminava accanto alla folla cercando di riportare gli studenti all’interno dell’edificio e Grantaire fermo accanto al cancello a godersi la scena con uno strano sorriso in volto. I ragazzi stavano anche attirando l’attenzione dei cittadini che passavano per il piazzale della cattedrale senza capire cosa accadesse.

“Non saprei dirle, professore…” disse timidamente Feuilly, cercando di nascondere il suo orgoglio nel vedere quanti ragazzi erano là sotto a sostegno dei suoi amici.

“Lui era in segreteria, Javert” lo difese Valjean con grande sorpresa di Feuilly. “Evidentemente qualcuno ha approfittato della sua assenza per prendere le chiavi, altrimenti non si spiega.”

L’attenzione dei tre uomini tornò sulla manifestazione, quando i cori diminuirono e sopra ad essi si alzò una sola voce. “IL VICEPRESIDE VUOLE TOGLIERCI LE ATTIVITÀ EXTRASCOLASTICHE!” urlò Enjolras appoggiando la bandiera, mentre altri ragazzi urlavano risposte in suo sostegno. “QUESTO VI SEMBRA GIUSTO PER NOI?!”

“NO!” rispose l’intera folla.

“GLI PERMETTEREMO DI FARCI QUESTO?!”

“NO!”

“NON TOGLIETECI LE NOSTRE ATTIVITÀ!”

“NON TOGLIETECI LE NOSTRE ATTIVITÀ! NON TOGLIETECI LE NOSTRE ATTIVITÀ!”

“MONSIEUR ENJOLRAS!” urlò irato Javert. “CHE COSA CREDE DI DIMOSTRARE?!”

Enjolras alzò lo sguardo verso il professore, consegnò la bandiera a Combeferre e gridò: “LEI HA DECISO DI CANCELLARE UNA COSA CHE ERA IMPORTANTE PER TUTTI NOI! LEI DEVE PENSARE AL BENE DELLA SCUOLA E DI TUTTI I SUOI STUDENTI, FINANZIANDO LE ATTIVITÀ CHE INTERESSANO LORO, NON È COSÌ?!” Enjolras fece una pausa nella quale Javert sembrò non sapere cosa rispondere. Allora Enjolras si lasciò sfuggire un sorriso di sfida: “BEH: SI GUARDI ATTORNO!” Indicò con le braccia tutta la folla attorno a sé, guardando tutti gli studenti, poi tornò a fissare il vicepreside e riprese: “NON PUÒ CANCELLARE QUALCOSA CHE È IMPORTANTE PER TUTTI QUESTI STUDENTI! NON TOGLIETECI LE NOSTRE ATTIVITÀ!” Ricominciarono così i cori che alimentarono ancora di più lo sdegno e l’ira di Javert.

“MONSIEUR ENJOLRAS!” Feuilly notò che Enjolras continuò ad urlare, mentre Combeferre si voltò a guardare il professore. “SE QUESTA STORIA NON FINISCE IMMEDIATAMENTE, PUÒ STAR PUR CERTO CHE VERRÀ SOSPESO O FORSE ANCHE ESPULSO, SONO STATO CHIARO?!” Combeferre sembrò trasalire e cercò di avvisare Enjolras, che sembrava non essersi accorto dell’avvertimento del vicepreside, anche se forse non se ne stava proprio curando. Feuilly avrebbe voluto chiamarlo e fermarlo, ma non ne ebbe il tempo.

“Che cos’è tutto questo baccano, professor Javert?!” disse ad alta voce qualcuno proveniente da dietro i tre uomini sulla balconata: il preside, monseigneur Myriel, avanzò con passo deciso verso di loro, fino a posizionarsi tra Valjean e Javert da dove guardò la scena assieme a loro. “Jean, si può sapere che cosa succede?” chiese il vecchio ex vescovo a Valjean.

“Una manifestazione, monseigneur!” rispose Valjean. “E anche in grande stile, oserei dire.”

“Signor preside, non possiamo tollerare un comportamento del genere!” suggerì irato Javert. “Monsieur Enjolras ha passato nettamente il limite con questa trovata!”

“Non perdiamo la calma!” consigliò sorridente il vecchio preside. “Ha detto monsieur Enjolras, professore?”

“Sì, signor preside.”

“ALEXANDRE!” chiamò Myriel. “ALEXANDRE, ASCOLTAMI!” Enjolras si voltò e restò a fissare il vescovo. “DIMMI, FIGLIOLO: CONTRO COSA TI STAI RIBELLANDO, QUESTA VOLTA?”

“VOLETE TOGLIERCI LE ATTIVITÀ EXTRASCOLASTICHE SENZA CERCARE UNA SOLUZIONE MIGLIORE PER NOI!” gridò Enjolras visibilmente arrabbiato. “SIAMO QUI PERCHÈ NON VOGLIAMO PERMETTERLO! RESTEREMO QUI SOTTO FINCHÈ NON SI CERCHERÀ UNA SOLUZIONE EFFICACE PER SALVARE I FONDI E LE NOSTRE ATTIVITÀ! SONO NOSTRE DI DIRITTO!”

“Capisco…” sembrò fermarsi a riflettere Myriel serio.

“Signor preside,” cominciò Javert con elegante impazienza e evidente rispetto, “lasci che me ne occupi io.”

“Non servirà, professore, ma la ringrazio” gli rispose Myriel con un dolce sorriso e un gesto della mano, come per tenerlo buono. “VIENI SU, CHE NE PARLIAMO DAVANTI AD UN BUON CAFFÈ!”

Enjolras si immobilizzò, impietrito dallo stupore, mentre Combeferre e Courfeyrac, aiutati dagli altri ragazzi cercavano di calmare la folla. Anche Javert sembrò sorprendersi: “Ma signor preside…”

“Niente ‘ma’, amico mio” lo fermò immediatamente il preside pur con una certa dolcezza. “Voglio sentire quello che ha da dire. Gabriel!” chiamò infine Myriel. Feuilly, tanto sorpreso quanto il professore, ma anche molto contento dell’iniziativa, si avvicinò silenzioso. “Assicurati che Alexandre Enjolras venga nel mio ufficio e che gli altri studenti tornino nelle loro aule.” Fu così che Feuilly si congedò dai tre professori, correndo entusiasta dai suoi amici.

   
 
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