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Autore: Stella Dark Star    22/05/2017    1 recensioni
Per Andrea Pazzi e Lucrezia Tornabuoni è amore a prima vista quando s’incontrano nella basilica di San Lorenzo durante il funerale di Giovanni de’ Medici. Il problema è che entrambi sono sposati e per di più le loro famiglie sono nemiche naturali. Ma questo non basterà a fermarli. Tra menzogne e segreti, l’esilio a Venezia cui lei prenderà parte e il ritorno in città della moglie e i figli di lui, sia Andrea che Lucrezia lotteranno con tutte le loro forze per cercare di tenere vivo il sentimento che li lega. Una lotta che riguarderà anche gli Albizzi, in particolar modo Ormanno il quale farà di tutto per dividerli a causa di una profonda gelosia, fino a quando un certo apprendista non entrerà nella sua vita e gli farà capire cos’è il vero amore.
Consiglio dell'autrice: leggete anche "Delfina de' Pazzi - La neve nel cuore", un'intensa e tormentata storia d'amore tra la mia Delfina e Rinaldo degli Albizzi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo venti
Fiume di parole
 
“Buondì Madonna Leona!” Salutò Ormanno, facendo una riverenza, quando gli fu aperta la porta.
La donna, una signora dall’aria gioviale ma con un viso tutt’altro che fresco, gli sorrise: “Messer Ormanno! Era da tempo che non venivate nella mia umile Casa. Prego, entrate.”
Si spostò per lasciargli libero l’ingresso e, appena lui fu entrato, richiuse la porta. L’interno era buio, a malapena illuminato da qualche candela alle pareti che però dava un tocco spettarle all’ambiente, nonostante la raffinata mobilia e i tendaggi dai colori caldi. D’altronde in quella casa le finestre non venivano mai aperte, anche se lui non ne capiva il motivo.
“Madonna, spero che tutte le vostre ragazze siano in salute. Avrei voluto passare prima ma, sapete del processo contro Medici…”
Lei fece un gesto vago con la mano: “Sì sì, ho saputo. Vostro padre si è dato un gran daffare per architettare tutto, immagino.” Gli lanciò uno sguardo malizioso che lo fece ridere, ma poi passò ad altro: “Rossella è nella sua stanza, se volete vederla. Anche se di fatto non è ora di apertura, per voi farò un’eccezione.”
Ormanno la ringraziò con un cenno del capo e si affrettò a salire le due rampe di scale che lo avrebbero portato dalla sua bella. Giunto alla porta giusta bussò.
Una voce dall’interno rispose acuta: “Prego, avanti.”
Una volta entrato, Ormanno trovò la ragazza intenta a ricamare in fondo alla stanza, seduta su uno scranno posizionato davanti alla finestra incredibilmente aperta di uno spiraglio per far entrare un po’ di luce solare. Nel rendersi conto che lei non aveva capito che si trattava di lui, le andò accanto e lasciò uno studiato colpo di tosse. Subito Rossella alzò lo sguardo e, nel vedere lui, si illuminò di gioia: “Ormanno!” Lasciò il ricamo e si gettò su di lui, regalandogli un intenso bacio.
Ormanno la tenne stretta a sé. Dopo il bacio, i loro sguardi s’incontrarono, gli occhi azzurri di lei ora luccicavano: “Mi siete mancato così tanto. Temevo che non vi avrei più rivisto.”
Ormanno ridacchiò: “Non essere sciocca! Dove la trovo un’altra rossa focosa in grado di soddisfarmi?”
“Oh, giusto, siete venuto per questo. Perdonatemi.” Con un pizzico di agitazione, lei si sciolse dall’abbraccio e cominciò a slacciarsi l’abito, ma Ormanno la fermò: “No, aspetta. Non voglio farlo subito. Non ci vendiamo da tempo, vorrei prima che mi raccontassi di te, di cosa hai fatto.”
Rossella sgranò gli occhi: “Siete serio?”
“Assolutamente!” Rispose divertito, per poi divorare le sue forme con lo sguardo e azzardare un’osservazione: “E’ la prima volta che ti vedo vestita. Voglio godermi la novità.”
Le guance di lei diventarono rosse come fragole: “Ormanno, cosa dite? E poi è falso, anche la prima volta che mi avete incontrata ero vestita.”
“Vero.” Mosse lo sguardo, inseguendo il ricordo: “Indossavi un bell’abito rosso che risaltava i tuoi capelli. Ti stringeva i seni così tanto che ero certo sarebbe esploso. Ma a colpirmi davvero fu il tuo viso pulito, i tuoi occhi grandi e luminosi.” Tornò a guardare lei: “Eri meravigliosa.”
Dopo simili parole, Rossella era tentata di saltargli addosso e ringraziarlo a dovere ma, se lui voleva prima parlare allora lo avrebbe assecondato, perciò lo invitò a sedersi sul bordo del letto e si premurò di riempire due coppe di vino da brava ospite. Gliene porse una e si sedette accanto a lui: “Potrei raccontarvi di me, ma… Non c’è molto da dire. A causa della peste il bordello è rimasto chiuso. Madonna Leona ci ha rinchiuse tutte a chiave nelle nostre singole stanze per timore che ci ammalassimo. Io la vedevo solo quando mi portava da mangiare o veniva a prendere la biancheria per far fare il bucato. Il mio unico svago è stato il ricamo.”
Ormanno scherzò: “Meglio annoiata che morta! Nemmeno io ho molto da dire, in verità. Io e mio padre siamo rimasti in città e ci siamo occupati di politica per tutto il tempo. E tutt’ora lo stiamo facendo.” Si portò la coppa alle labbra e bevve un lungo sorso. All’improvviso gli venne in mente qualcosa, emise un gemito e si affrettò a deglutire: “Non ti ho parlato di Tommaso!”
“Un vostro nuovo amico?” Chiese con curiosità lei.
“Molto di più, credimi. L’ho preso a servizio dopo il nostro ultimo incontro. Lui lavorava per lo speziale così, dopo che questi è stato assassinato, gli ho offerto la possibilità di lavorare per me. E’ un ragazzo eccellente, non manca mai di sorprendermi. E poi se lo vedessi ne rimarresti affascinata, ha una bellezza sublime.”
“Potrei vederlo se voi lo portaste qui.” Propose maliziosa lei.
Ormanno divenne pensieroso: “Lui…non è adatto ad un luogo come questo.”
Rossella scoppiò a ridere: “Quale purezza d’animo! Forse dovrebbe farsi monaco, allora!”
Lui rimase serio, era come se ad un tratto non fosse più lì con la mente anche se le sue labbra continuavano a parlare a lei: “Non dico che non sia interessato alle fanciulle, anzi so che lo è, viste le occhiate maliziose che lancia a tutte le serve del mio palazzo. Però…se lo portassi qui infangherei la sua anima.” Quindi terminò con tono cupo: “E poi non potrei sopportare di saperlo avvinghiato a quelle spregevoli donnacce senza pudore che tu chiami amiche.”
Rossella si portò una mano alle labbra per coprire un’altra risata e poi gli rispose: “Oh cielo, sembrate quasi un amante geloso!” Quel che vide nei suoi occhi però non le piacque. Non solo era rimasto serio mentre lei rideva, ma qualcosa in lui era cambiato. Se non avessero parlato di un ragazzo avrebbe giurato che si trattasse davvero di pura e fredda gelosia. Ma di certo non era possibile. Gli prese la coppa dalla mano e le ripose entrambe accanto al letto.
“Direi che abbiamo parlato abbastanza.” Disse, intrecciandogli le braccia attorno al collo prima di baciarlo con ardore. Si impose di togliersi dalla testa quelle strane idee. Ormanno era un vero uomo e gli piacevano cose che solo lei poteva dargli.
*
Un nuovo giorno era cominciato e lei non aveva la forza di alzarsi dal letto. Non aveva quasi fatto in tempo ad assaporare una piccola vittoria che subito la situazione era drasticamente precipitata. Non aveva idea che Maria Tarugi sarebbe stata così spietata da tradire la sua fiducia, come non aveva idea che Contessina fosse andata personalmente da Sandro per chiedergli fedeltà. Pover’uomo, alla fine era stato lui a pagare il prezzo di quel gioco oscuro. Però…
Lucrezia scosse il capo e sussurrò a se stessa: “Non è giusto che Piero sia in collera con me. Io non ho fatto nulla di male.”
Dopo che Maria aveva fatto irruzione per sputare veleno su Contessina e accusarla dell’arresto del marito Sandro, Piero era stato molto severo con entrambe. Non solo avevano avuto un irruento litigio, ma addirittura lui si era ritirato a dormire nelle stanze di Cosimo, disertando così il talamo nuziale. Era la prima volta dal matrimonio che dormivano in stanze separate. Aveva sperato che venisse a dirle qualche parola di riappacificazione prima di recarsi a Palazzo della Signoria per la sentenza, ma invano. Lui non si era fatto vedere e lei era rimasta a letto a rimuginare sulla situazione. Aimè non aveva fortuna con gli uomini! Sia Andrea che Piero erano testardi e fermi nelle loro decisioni e lei ne pagava le conseguenze. Non si era mai illusa sulle gioie matrimoniali, in fondo Piero più che un marito era un caro amico con cui trascorrere le giornate. Ma che dire delle gioie proibite? Da quel che sapeva, un amante dovrebbe essere un balsamo per le ferite dell’anima, una consolazione per la tristezza della vita. E allora perché il suo non faceva che aumentarle il carico di preoccupazioni?
Bussarono alla porta. Era la sua serva personale. Anche se controvoglia, Lucrezia si alzò dal letto e lasciò che la donna svolgesse il proprio dovere. A volte non era così noioso farsi vestire e acconciare, senza dover muovere un dito. E lei quella mattina non voleva muoverlo per nessuna ragione. Se nessuno voleva il suo aiuto e nessuno voleva concederglielo, tanto meglio!
Stava giusto recandosi alla sala da giorno quando udì la voce di Piero all’ingresso. Era impossibile che la sentenza fosse già stata emessa, cosa ci faceva a casa?
“E’ un’ottima mossa, almeno questo rende certo che mio padre sarà liberato!”  
“No, invece! E’ una decisione sciocca e sconsiderata!” Ribatté Contessina con furore, stringendo i pugni. Fu in quello stato che la vide Lucrezia.
“Perché gridate? E’ accaduto qualcosa?”
Piero rispose per primo: “Mio zio ha preso un accordo con Francesco Sforza. Se mio padre non sarà dichiarato innocente e liberato e gli Albizzi non andranno in esilio, l’esercito attaccherà Firenze.”
“Ma è terribile.” Disse d’istinto, portandosi una mano al petto.
Contessina confermò: “E’ quel che penso anch’io. Perché mettere a repentaglio le vite di tutti i cittadini? Gli Albizzi non cederanno mai e anzi, saranno i primi a fuggire e a restare illesi.”
“Ma almeno mio padre sarà salvo.” Gridò Piero, gli occhi spalancati.
“Lo uccideranno prima!” Ribatté sua madre, gridando ancora più forte.
Lucrezia si sentì in dovere di dividerli prima che si mettessero le mani addosso: “Gridare non è una soluzione al problema. Datevi un po’ di contegno.” Intimò loro severamente.
Madre e figlio rimasero fermi a squadrarsi ancora alcuni istanti, poi Piero cedette: “Io torno alla Signoria, voglio essere presente quando verrà presa una decisione sul da farsi. Stare qui con voi è solo uno strazio.” E lo sguardo rivolto prima a Contessina e poi a lei non fu per niente lusinghiero. Ora stava davvero esagerando.
Lucrezia lo apostrofò: “E’ così che hai rispetto di me? Sono tua moglie e non ho fatto nulla per meritarmi questo trattamento.”
Piero si morse un labbro, forse per non essere ancora più sgarbato, ma poi la tentazione fu più forte: “Impara a non darmi torto e a non agire alle mie spalle, se vuoi il mio rispetto.” Voltò le spalle e uscì dalla porta dell’ingresso.
Lucrezia batté un piede a terra, infuriata: “Perché gli uomini sono tutti così arroganti? Noi diamo il sangue e l’anima per loro e questo è il ringraziamento.” Guardò Contessina, credendo che la suocera avrebbe confermato le sue parole, invece nei suoi occhi di smeraldo vide solo sospetto.
“Non credevo che alla tua giovane età potessi conoscere così bene gli uomini. Eppure oltre quelli della nostra famiglia non ne conosci altri in intimità.” Sollevò un sopracciglio per dare enfasi alle parole: “O sbaglio?”
Lucrezia scostò lo sguardo e strinse le labbra per non rispondere, o quella conversazione avrebbe avuto una fine tragica. Si sentiva in trappola tra le mura di quel palazzo, attorniata da quelle persone che troppo spesso non la capivano e la giudicavano a caldo. Non c’era proprio nessuno al mondo che potesse darle un po’ di conforto?
  
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