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Autore: ShioriKitsune    22/05/2017    0 recensioni
Buon compleanno, amore mio.
ChanBaek
"Perché?
Perché vuoi partire?
Perché non ti basta quello che hai?
O meglio... perché non ti basto io?"
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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II.


 

A volte dubitare di tutto diventa estremamente facile.

A volte basta un gesto, una parola, per far crollare anche la più salda tra le convinzioni.

Un singolo momento può cambiare ogni cosa, trasformarla fino a renderla irriconoscibile. Fino a estirpare la sua stessa essenza.

I ricordi sono spesso infidi, e agiscono nell’ombra. È quando si crede di averli affrontati e sconfitti che essi tornano, come demoni dall’inferno personale di ognuno, come scheletri che nell’armadio non vogliono più starci. Tornano e distruggono e divorano, niente viene salvato.

Forse quel piccolo pezzo di cuore che aveva giurato di restare impassibile a tutto.

O forse no, neanche lui.

 

Il battito cardiaco di Chanyeol sembra essersi fermato, così come il suo corpo. Le mani allungate verso l’altro, gli occhi sgranati.Suho avvicina una mano alle sue labbra per assicurarsi che respiri ancora.

Grazie al cielo, pensa.

D’altra parte, colui che gli sta di fronte lo guarda senza vederlo e Chanyeol pensa che certe abitudini sono dure a morire, nonostante tutto.

Poi ci riesce, si sblocca. Si sblocca e fa un passo indietro.

«Un tossicodipendente senza identità, uhm? Non avete letto i giornali da otto anni a questa parte?».

È davvero Park Chanyeol quello che sta parlando?

Lo pensano tutti. In effetti, quel tono freddo, di rimprovero e con una nota amara non è proprio da lui. Guarda i dottori, uno alla volta, poi si sofferma su Suho. «La sua faccia era ovunque, diamine! Suo fratello l’ha cercato ovunque e disperatamente!».

 

Possibile che nessuno se ne sia accorto? Possibile che sia passato inosservato fino a questo punto?

 

L’attimo di silenzio seguente pesa quasi quanto uno schiaffo. Chanyeol sente quasi ogni cervello di quella stanza mettersi in moto. «Quindi lui…»

«Già, lui è-».

Si blocca, abbassa gli occhi.

 

Non riesco a dirlo.

Non ce la faccio.

 

Per otto lunghi anni aveva buttato via ogni pezzo di carta con sopra il suo volto e il suo nome, cambiato canale ogni volta che Sehun faceva un appello in televisione. Aveva cercato di convincere se stesso che non esistesse, che non fosse mai esistito.

E ora eccolo, davanti a lui, e non riesce neanche a chiamarlo per nome.

Poi alza lo sguardo ed eccolo lì, quel sorriso di scherno, quello che aveva popolato i suoi più crudeli incubi.

Il sangue sembra ghiacciarglisi nelle vene.

«Ehi, tu… eri innamorato di me? Te lo leggo negli occhi. Tu mi conoscevi bene, vero?».

Nessuno osa proferir parola, ma tutti gli sguardi sono puntati su Baekhyun.

Anche quello di Chanyeol.

«…è la prima volta che pronuncia una frase tanto lunga», sussurra uno dei dottori.

Poco appropriato, pensa Suho, imbambolato come gli altri.

Se quello è davvero Byun Baekhyun, è stato uno stupido a non riconoscerlo. In fondo, la sua famiglia è la più famosa e ricca di Seoul, perfino un’ala di quell’ospedale porta quel nome.

Chanyeol non riesce a proferir parola. Serra i pugni, gli occhi pizzicano e sa che deve uscire di lì prima che lacrime calde comincino a rigargli le guance.

«Che c’è, il gatto ti ha morso la lingua?».

 

Sta’ zitto.

Sta’ zitto.

 

«Sta’ zitto!».

Lo urla e scappa via. Forse qualcuno lo segue, forse se lo immagina e basta. Esce da quella porta e un singhiozzo gli squarcia il petto: sta per crollare, lo sente. Deve solo arrivare a casa prima che gli altri possano accorgersene.

Ma ha dimenticato Kyungsoo, in piedi accanto alle macchinette. Sorseggia un caffè, lo sguardo perso nel vuoto che si solleva appena sente quei passi frenetici avvicinarsi. E la sua espressione si tramuta da serena ad allarmata.

Chanyeol però non può fermarsi a parlare con lui, non può fingere che tutto vada bene, fargli un sorriso e andare avanti. La distruzione incombe e non gli permette nessun tipo di finzione. Così non alza la testa, lo urta per sbaglio e il caffè gli si versa sulla camicia.

Ma a lui non importa, perché non si sta arrabbiando e non lo sta seguendo. Resta semplicemente lì, fermo, gli occhi di chi vede i demoni di qualcun altro ed è pronto a farli propri. Si volta, può vedere Suho in lontananza. Penserà dopo alla macchia di caffè.

Tutto quello che vuole adesso è sapere.

 

Camminare tra la gente non è un’opzione, non in quelle condizioni. Neanche guidare lo è.

Così s’infila nel primo stanzino che trova, quelli al piano terra nei quali nessuno va, quelli che servono per lo più a conservare scatole di scorta di medicinali.

Medicinali?

Si gira e vede le scatole, i nomi così familiari per chi ha avuto un passato con la droga. Qualche tempo fa avrebbe pagato per finire in un posto del genere con Baekhyun.

Baekhyun.

Il cuore fa così male che gli fa venire voglia di strapparselo.

Allora allunga la mano, apre una scatola e non gli importa cosa sia, si versa quattro capsule sulla mano e butta giù con la sola saliva.

Inspira e poi espira.

Inspira e poi espira.

Inspira e poi espira.

Dormi Chanyeol, sei al sicuro adesso.

 

 

 

La discesa nella follia da parte di Chanyeol, il suo lento soccombere all’apatia, non è iniziato quella famosa sera di otto anni fa, quando Baekhyun partì e lui non fu in grado di raggiungerlo. Quello… quello fu il danno minore.

Ciò che davvero conta, ciò che lo perseguita, accadde un anno e mezzo dopo, la sera prima del suo effettivo rilascio.

 

 

Chanyeol dormiva nella parte inferiore di uno scomodo letto a castello, stringendosi nelle spalle a causa del freddo. Non c’era la finestra nella sua cella, ma in mensa aveva sentito qualcuno lamentarsi della pioggia. Dicevano che piovesse da tre settimane, ininterrottamente.

A lui sarebbe piaciuto uscire e bagnarsi il viso con quella pioggia, accoglierla senza preoccuparsi di null’altro. Sospirò, chiuse gli occhi e si girò dall’altro lato: il fianco gli faceva male perché il legno era duro, non respirava bene e tutto ciò di cui aveva bisogno era un letto accogliente e un brodo caldo, il tepore di una casa e magari qualcuno ad aspettarlo a braccia aperte. In fondo era solo un ragazzino di nemmeno diciotto anni, che si era cacciato in un guaio più grande di lui.

E lì, a metà tra il sonno che bramava le sue membra e la fredda e dura realtà che lo teneva imprigionato, avvertì una voce fin troppo familiare per un posto come quello.

Si ridestò in men che non si dica, scalciando via le coperte e avvinghiandosi alle sbarre.

«Chi è la?». La sua voce rimbombò nel silenzio. «C’è qualcuno?».

Si guardò intorno, confuso, le nocche che iniziavano a fargli male e la disperazione, il bisogno, erano vivi nei suoi occhi.

Stava per dirlo, il suo nome. Ma, pensandoci, era razionalmente impossibile che lui fosse lì. Quindi si morse le labbra, continuando a scrutare il buio.

Fin quando una figura, a braccia conserte, s'avvicino fino a rendere possibile per Chanyeol scrutarne il viso. E serrò le labbra così forte da avvertire quasi dolore.

L'altro lo studiava con freddezza, la solita compostezza che lo caratterizzava, anche se così giovane, non accennava a smuoversi. In fondo, era lui il pupillo della famiglia.

«Park», lo apostrofò, senza preoccuparsi di nascondere quella punta di sdegno nella voce. «Ho qualche domanda per te».

Chanyeol tremò, anche se solo internamente.

E quando Sehun fece segno alle guardie di aprire la cella, il maggiore capì che le cose stavano per complicarsi ancora di più.

 
   
 
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