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Autore: Tefnuth    22/05/2017    1 recensioni
Tricha non si è mai sentita veramente integrata nella città in cui è nata, e nemmeno in quella in cui è andata e vivere per studiare all'università. Si annoiava, per questo ha deciso di lasciare l'America per la Romania, dove il nonno, un brillante scienziato dell'Alaska, è a capo di un centro in cui si studiano persone molto speciali che sembrano discendere da antiche creature mitologiche. Era stato lui a chiamarla e lei aveva subito preso l'occasione, anche se all'inizio era scettica. Tuttavia il suo mondo di carta si brucia, quando conosce la verità dietro alla visite mediche cui lei non poteva mai assistere, cosi decide di far scappare le persone con cui ha stretto amicizia e di andare con loro. Ma nemmeno la lettera che lei lascia al nonno basterà a placare la pazzia latente in lui, e così la vita di Tricha subirà una brusca svolta che lei non aveva previsto.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Nonostante fosse già notte inoltrata quando arrivarono a Bucarest, le strade fremevano dei respiri degli abitanti e le luci degli edifici illuminavano un cielo senza stelle.
C’era odore di pioggia nell’aria.

A causa dell’ubicazione del laboratorio, Xander e gli altri non avrebbero mai potuto utilizzare unicamente i viottoli per arrivarci. L’unica soluzione era passare in mezzo alla folla.

“Ci spareranno a vista, appena metteremo il piede in strada” osservò Silex immediatamente, immaginandosi mentre trucidava gli umani nella fuga.

“Ci camufferemo, e cammineremo ai lati della strada” suggerì saggiamente Felis.

“Stai dicendo che dovremo rubare?” avanzò Abnoba, per nulla entusiasta dell’idea.

“Preferisci forse che ci vedano? - Le chiese Xander. – Dobbiamo entrare in quel laboratorio non visti, e onestamente non mi interessa di fracassare una vetrina” era visibilmente in ansia.

“Hai ragione, scusa” acconsentì la driade, comprendendo quale fosse la priorità.

Entrarono di soppiatto in un negozio di abbigliamento sportivo, sfondando la porta sul retro adibita alla ricezione delle merci. Dovettero fare molto in fretta, perché l’allarme scattò non appena la porta cadde giù, ma trovarono tutto ciò di cui avevano bisogno. Presero perlopiù pantaloni e giacche, oltre ad un’ampia cappa per coprire le grandi ali di Xander. Una volta pronti si incamminarono verso l’edificio, evitando con cura la polizia che si stava dirigendo verso il negozio e costeggiando le vetrine. Quando furono abbastanza vicini si nascosero in un angolo cieco, per costruire la seconda parte del piano.

“Dobbiamo disfarci dei due poliziotti all’entrata” affermò Xander, osservando gli uomini col fucile che stavano pattugliando la zona attorno alla porta principale del laboratorio.

“E mettere fuori gioco quelli nell’atrio” aggiunse Felis, che aveva visto delle ombre all’interno.

“Quelli potrei incantarli io” si propose Abnoba.

“Ma resta il problema dei poliziotti all’esterno”.

Al che Silex, stufa di aspettare e di sentire un mucchio di ipotesi, si alzò in piedi e andò verso i due uomini camminando come una donna in caccia commentando tra sé

“E’ ora di finirla con le gentilezze”.

Coperta dalla notte, e col cappuccio ben calato in testa per nascondere i capelli e il colore della pelle, la donna avanzò senza paura e disse ai due uomini

“Devono essere disperati, se hanno messo due mollaccioni come voi al servizio di sicurezza”.

“Tu non hai mai visto un vero uomo, piccola. – Rispose uno dei due poliziotti. – Possiamo fartelo vedere noi, anche adesso”.

Fingendo di civettare, Silex pose una mano sulla guancia di entrambi gli uomini

“Forse è vero. – Disse, poi fece cozzare le loro teste l’una contro l’altra. – Ma di certo non saranno due amebe come voi, a soddisfare le mie voglie”.

I corpi dei due uomini caddero a peso morto, trascinati dalla forza di gravità.

“Quella comincia a farmi paura” commentò Felis mentre lui e i compagni raggiungevano la donna gargoyle.

“Bella mossa” disse Xander, senza ricevere una risposta di ringraziamento (non che se l’aspettasse).

“Forza Abnoba. – Esclamò l’uomo-tigre, posando una mano sulla porta. - Incantaci”.

E mentre la voce della driade trasportava coloro che erano nell’atrio in uno stato di semi-incoscienza, gli occhi di Tricha si erano nuovamente aperti al mondo. Non provava più dolore, e i muscoli non tremavano più, eppure la ragazza percepiva il proprio corpo come qualcosa di estraneo alla parte conscia della sua mente. Era come se fosse un’altra parte del suo cervello, un lato che era rimasto sopito da sempre, a controllare il suo corpo. Un’altra persona sarebbe caduta nel panico, sapendo di non potersi più controllare, invece Tricha (almeno, la parte conscia di lei) rimase impassibile. Quel suo nuovo Io, benché sconosciuto, le sembrava uno spirito benevolo che l’avrebbe salvata.

“Si è svegliata. – Affermò una voce ovattata, lontana ma non troppo. – I parametri vitali sembrano buoni”.

“Qualche cambiamento particolare?” domandò qualcun altro, forse Joseph a giudicare dal tono.

“Nessuno, dovremmo fare dei test” suggerì l’altra voce.

“Allora cominciate subito! Fate tutto quello che è necessario”

Allarmata per quello che sarebbe successo, Tricha (anzi, il suo alter ego) cominciò a strattonare forte le cinghie che la tenevano ferma riuscendo a romperle con estrema facilità.

“Si è liberata! – Gridò Joseph. – Com’è possibile?”.

Continuando ad assistere alla scena, Tricha vide il proprio corpo sollevare il tavolino e spaccare il vetro di sicurezza che separava la sala delle torture da quella in cui il nonno e i suoi due assistenti.

“Ci rivediamo” disse la ragazza, con una furia omicida nel petto.

“Salve straniera” disse Joseph a tradimento, indietreggiando poco a poco.

“Ferma lì dolcezza. – Le disse uno dei due assistenti, che si era avvicinato a pochi centimetri da lei, imbracciando un fucile caricato con dei sonniferi. – Se ti muovi, ti scarico il caricatore in testa”.

Tricha sentì la propria lingua schioccare contro il palato, poi i muscoli del suo braccio sinistro scattarono e spinsero lateralmente l’arma che, dopo aver scaricato un colpo accidentale, cadde a terra. Gli stessi muscoli, con l’aiuto del braccio destro, afferrarono la testa dell’aggressore e gli fecero fare due giri rompendo pelle, muscoli e ossa. In seguito la ragazza afferrò il cranio, lo staccò definitivamente dal corpo, e lo lanciò contro Joseph che, assieme all’altro assistente, erano rimasti fermi a guardare.

“ASSASSINA!” la accusò il giovane, spinto da una botta di adrenalina sfumato in una banalità.

Tricha non colse la provocazione, ne sembrò aver alcun interesse per l’assistente. Al contrario i suoi occhi verdi, cui ora si era aggiunto un tono indaco, erano piantati fissi su Joseph.

“Divina” sussurrò l’uomo, ammirando la terribilità di quello sguardo.

Tricha restò muta, limitandosi a sottolineare il proprio odio con un respiro più marcato. Tuttavia il filo dei loro sguardi venne interrotto da un forte rumore di spari che, avendo attirato l’attenzione della ragazza, le fece istintivamente voltare la testa. I due scienziati ne approfittarono per uscire, non visti ma sentiti.

“TORNA QUI!” ringhiò la ragazza, che con un balzo coprì la distanza che la divideva dalla porta e, con una spallata, sfondò la porta blindata che dava sul corridoio.
Ad attenderla c’erano una dozzina di guardie armate di fucile, eppure nonostante il pericolo il nuovo istinto primordiale la spinse a disfarsene il più in fretta possibile. Inseguendo quel piccolo sussurro, fondendo il suo vecchio Io con quello nuovo, Tricha si abbassò di colpo cosicché due cecchini non troppo esperti, presi alla sprovvista, spararono ai loro compagni. A chi le capitò per primo sottomano, Tricha falciò le gambe spezzandogli i femori. A un altro invece, dopo che le sue spalle funsero come appoggio per una ruota in aria (che terminò con un calcio a un soldato), fu crudelmente spezzato il collo.

Non c’erano più nemici, e nessuno si sarebbe rialzato.

 

  
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