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Autore: JacquelineKeller01    22/05/2017    1 recensioni
[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Lea ha diciassette anni quando torna nella sua città natale in seguito ad alcuni problemi familiari. Tutto ciò che vuole, dopo un anno intero passato a guardarsi le spalle, è recuperare il rapporto con suo padre e un po' di sano relax. Ma sin da subito il destino sembra prendere un'altra piega.
Isaac è l'essere più irritante che Lea abbia mai incontrato nella sua vita, con quella sua arroganza e i repentini cambiamenti di umore, porterà novità e scompiglio nella vita della giovane.
Tra un rapporto che fatica ad instaurarsi, vecchie ferite non ancora del tutto sanate ed un patrigno che sembra darle la caccia, Lea si ritroverà ad affrontare sentimenti che non sapeva essere in grado di provare, specialmente non per uno come Isaac Hall.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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«Piccola, sei già in piedi?» Domandò Marìa Elèna, facendo capolino dalla porta accostata.
Dal quel giorno, sedute contro il pavimento del bagno, in cui Lea aveva deciso di dare alla matrigna una chance, le cose tra loro erano solo andate migliorando, tanto che, la giovane, si era quasi sentita in dovere di rivolgersi a lei, quando aveva sentito il bisogno di gettare fuori tutto il suo passato.
Non aveva idea di come fosse possibile che, in meno di un mese, quella donna si fosse guadagnata la sua fiducia, il suo rispetto ed il suo amore. Ma, ad essere sincera, non era nemmeno particolarmente interessata alla risposta. Sapeva di aver trovato in lei la figura materna che cercava e le andava bene così.
«Si, avevo voglia di disegnare.» Esclamò la giovane in risposta, senza, però, distogliere lo sguardo dal blocco da disegno che aveva davanti agli occhi.
Arrivati alla metà di Novembre, la questione Gabe era finalmente tornata in secondo piano e la vita, ad Harpool Bay, sembrava essere tornata a scorrere normalmente, se non, avrebbe osato dire, in modo migliore.
L'idea di avere finalmente le spalle coperte da qualcuno di competente la faceva sentire bene, tanto che Lea si era praticamente sentita costretta a riprendere in mano le redini della sua vita del suo futuro.
Aveva ripreso a praticare le sue vecchie passioni, come il disegno, la pittura e l'arte in generale, ma aveva anche sfidato se stessa e si era prodigata in qualcosa di totalmente nuovo e diverso da lei. Ad esempio aveva compilato e spedito diverse domande per il college, una delle quali alla NYU.
Chi lo avrebbe mai detto? Lei, di sicuro, no, ma era piacevolmente sorpresa dalla piega positiva che stava prendendo la sua vita.
«Cosa stai disegnando?»
Lea coprì con le braccia il foglio, non appena sentì i passi di Marìà Elèna farsi più vicini a lei.
«Non è ancora finito.» Mormorò, in imbarazzo, rivolgendole un sorrisetto di scuse.
A dire la verità era molto più che finito, Lea stava solamente aggiungendo le ultime sfumature e poi sarebbe stato archiviato nella sua cartellina. Lontano dagli occhi di tutti. Per sempre.
«Oh, beh, allora voglio essere una delle prime a vederlo quando lo sarà.» Esclamò la donna, stampadole un bacio tra i capelli, prima di allontanarsi. «La colazione è tra dieci minuti.»
Giusto, un'altra novità, a cui si era piacevolmente adattata era la colazione in famiglia.
Prima di allora capitava di rado che lei e suo padre riuscissero ad alzarsi allo stesso orario e mangiare assieme, mentre adesso che era Marìà Elèna a gestire la casa, quella dei pasti, era una tradizione che nessuno aveva il diritto di rompere.
Solo quando sentì la porta chiudersi e i passi della donna giù per le scale, si permise di allontanare la braccia.
Sul foglio, nero e colori, su bianco era impresso il viso di Isaac. 
Lea non aveva idea del perché avesse scelto proprio lui come suo primo soggetto ma era felice di averlo fatto. Aveva ricreato una foto che gli aveva scattato a tradimento qualche giorno prima, durante una passeggiata sulla spiaggia tra amici. In quella foto il giovane Hall aveva gli occhi ridotti a due fessure, delle adorabili rughette li contornavano e la bocca era allargata in un bellissimo sorriso che andava a mettere in evidenza le sue adorabili fossette. I riccioli biondo cenere gli ricadevano sulla fronte imperlata di sudore, sprigionando riflessi oro e platino. In quella foto era talmente bello che alla giovane veniva quasi quasi il batticuore...
Red continuava imperterrita a sostenere la sua tesi, affermando che certe reazioni erano dovute al sentimento che stava lentamente crescendo dentro di lei. Inutile dire, che Lea aveva cercato un'altra ragione, decisamente più razionale. 
Probabilmente tutte le torte che aveva mangiato in quel periodo dovevano averle causato un picco al colesterolo che le aveva, sicuramente, attappato le arterie. Non era amore, ma solo un principio di infarto...
Diede un ultimo spruzzo di colore agli occhi, prima di riporre la matita a terra e rivolgere lo sguardo fuori dalla finestra.
Isaac era sul vialetto, piegato sulla vecchia auto che il signor Dale gli aveva gentilmente chiesto di riparare. Poco distante da lui, seduta a terra, tra l'erba umida, c'era Rebecca Montgomery.
Lei ed il giovane Hall uscivano da un paio di settimane e già erano una delle ''coppie'' più chiacchierate di tutta la baia di Harpool Bay. In primo luogo perché le loro origini così diverse avevano da subito fatto scalpore ed in secondo luogo perché il loro aspetto li faceva assomigliare ad un live action di Barbie e Ken, provvisti di genitali.
A Lea, Rebecca, stava tremendamente antipatica. 
Le era bastato darle uno sguardo veloce per farsela stare sullo stomaco a pelle e, quando poi l'aveva conosciuta ed aveva scoperto persino quanto in realtà fosse amabile, la situazione non aveva fatto altro che peggiorare.
Non augurava il male a nessuno, ma sperava davvero che qualcuno decidesse di darle un batticinque. In faccia. Con una sedia.
Prese un profondo respiro, ripose il blocco nella tracolla e scese le scale.
L'ultima cosa che voleva era rovinarsi la mattinata guardando quei due e lasciando trasparire in superficie quel diavoletto maligno che, ogni volta, non faceva altro che chiederle che cosa le importasse di quei due.
Non le importava niente. Solamente non voleva che il suo vicino ne restasse ferito, anche se era praticamente impossibile, dal momento che, tra i due, era lei quella ad aver perso la testa.
«Quella bambina è un mostro.» Esclamò Aiden, scendendo come una furia le scale. «Potrebbe essere usata come arma di distruzione di massa dalla CIA.»
Lui e Carmensa, sin da subito, non erano andati particolarmente d'accordo.
Lei, che aveva preso possesso della stanza del ragazzo, non voleva più lasciarla e lui, che invece ne rivendicava il diritto per nascita, non era disposto a cederla. La situazione li aveva portati a condividere la stessa stanza. Si contendevano il letto, una notte per uno, sebbene, molto spesso, fosse Aiden quello destinato a dormire sulla brandina sotto la finestra.
La situazione metteva Lea particolarmente di buon umore, che si vedeva, finalmente, lasciata in pace.
«Che cosa ha fatto oggi?» Domandò la giovane, prendendo posto sulla sedia, alla sinistra di quella del padre.
«Che cosa ha fatto? CHE COSA HA FATTO? HA INTASATO IL TUBO DELLA DOCCIA, CON QUEI SUOI DANNATISSIMI CAPELLI E QUANDO L'HO COSTRETTA A PRENDERSI LE SUE RESPONSABILITA' E PULIRLO, SI E' VENDICATA FACENDOMELI TROVARE NELLA TASCA DEL CHIODO.
L'HO PAGATO SESSANTA DOLLARI QUEL CHIODO E ADESSO E' ROVINATO.»
Le sarebbe piaciuto replicare che lo aveva pagato lei quel chiodo, ma restò zitta, limitandosi a fare un'espressione schifata, prima di scoppiare in una risatina sommessa.
Per quanto potessero odiarsi, la presenza di Carmensa aveva tremendamente aiutato Aiden che aveva trovato il modo di distrarsi.
Era l'unico a non essersi ancora perdonato per tutta la storia di Gabe, non importava quante volte la sorella cercasse di convincerlo del cotrario...
«Te l'avevo detto che non l'avresti passata liscia, Demence.» Esclamò la piccola, sedendosi a sua volta.
A quel punto Lea fu incapace di trattenersi e si lasciò scappare una risata sguaiata. 
Da quando aveva scoperto che il secondo nome del giovane Wilson era Clarence, non era passato giorno in cui non l'avesse chiamato in quel modo. Cattivo ma originale. Doveva ammetterlo.
«Tu piccolo mostro, la pagherai cara.»

«Ti strappo un assegno, al momento non ho contanti.»
Era incredibile pensare come e quanto la sua vita si fosse trasformata in soli cinque mesi. 
A New York non aveva amici, non aveva una famiglia, non viveva serenamente e soprattutto non sorrideva... forse la vita ad Harpool Bay non era come se l'era immaginata, sicuramente più disordinata e caotica di quanto si fosse aspettata, ma se c'era un qualcosa di cui era certa e che non l'avrebbe scambiata nemmeno per tutto l'oro del mondo.


«Secondo me per il progetto di Biologia, dovremmo parlare del sesso.» Esclamò Red, passandosi una mano tra i capelli. «Nessuno dei nostri compagni ne parlerà, perché è troppo imbarazzante piazzarsi davanti ad una commissione ed esporre i motivi per il cui il sesso è importante, di conseguenza guadagneremo qualche punto anche solamente per l'originalità e poi potremmo mettere in luce i suoi aspetti positivi, nel senso che non è solo un meccanismo di riproduzione, ma anche un bisogno fisiologico ed un antistress, in utilmo, ma non per importanza, il sesso fa perdere peso...»
Lea aveva spento il cervello ed aveva smesso di ascoltare dal primo momento in cui avevano messo piede fuori dall'aula di Biologia.
Il professor Reynolds, subito dopo pranzo, aveva chiesto loro di scegliersi un compagno ed un argomento, che individualmente avremmo trattato per l'intero semestre, e che avremmo esposto davanti ad una commissione in periodo d'esame.
Red non le aveva neanche dato il tempo di razionalizzare le informazioni che subito le si era appiccicata addosso, pregandola di accettarla come sua partner, aiutandola così ad aumentare la media. La giovane Wilson non aveva potuto nulla davanti a quegli adorabili occhi verdi da cucciolo, erano irresistibili. Quindi adesso si ritrovava a dover assecondare i continui sproloqui della sua migliore amica, fingendo di starla ascoltando.
Non spegneva il cervello per cattiveria, ma davvero non riusciva a stare dietro al fiume di parole che trabordavano dalla bocca di Red. Era davvero incredibile il fatto che non le si seccasse mai la bocca o che, più semplicemente, non le si addormentasse la mascella. Qualcosa di totalmente inumano.
«Tu cosa ne pensi?» Domandò la rossa, quando oramai avevano raggiunto la casetta color talpa dei Wilson.
«E' una bellissima idea.»
«Non hai sentito nulla di quello che ho detto fin ora, vero?»
«Nemmeno una parola.»
«Perfetto così.»
Mentre percorrevano il giardino per raggiungere la porta sul retro, Lea si rese conto che Isaac era ancora impegnato, come quella mattina, nell'aggiustare l'utilitaria dei Dale. Rebecca però non c'era più e si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo nel constatare la cosa.
«Tu sali!» Disse a Red, porgendola anche la sua tracolla. «Ti raggiungo in cinque minuti.»
La rossa obbedì, ma non prima di averle rivolto un sorriso sghembo dei suoi.
Lea roteò gli occhi, prima di avvicinarsi al divisorio bianco e poggiarci le braccia conserte sopra. 
Piccina come era ci arrivava a malapena e rischiava di sbattere il mentro contro il legno ogni volta che muoveva di un solo millimetro la gamba. Sicuramente la posizione più scomoda che avesse mai assunto, ma era anche l'unico modo per poter avere una conversazione con il giovane Hall senza che lui vedesse solamente la sua nuca.
«Sai che ti è permesso anche riposarti nel tuo giorno libero, vero?»
Isaac alzò lo sguardo dal motore e le sorrise.
Da quando usciva con Rebecca i loro incontri si erano un po' diradati, ma un po' era dovuto anche dal fatto che Aiden gli ringhiava addosso ogni volta che provava anche solo ad avvicinarsi al perimetro della loro proprietà o a Lea in generale. Sembrava un cane da guardia. Mancava solamente che si mettesse a farle pipì addosso per marcare il territorio...
Un po' gli era mancata, doveva ammetterlo. Infondo quella tra loro era ben presto passata dall'essere una serie di incontri sporadici ad una quotidinità vera e propria, quindi mantenere certe distanze era decisamente strano ed inusuale.
«Non avrò un giorno libero fin quando non riuscirò a rimettere in piedi questo vecchio catorcio.» Ammise, poggiando la chiave inglese a terra. Si avvicinò alla ragazza, pulendosi le mani sporche di grasso sulla canotta bianca. «Mi sta dando del filo da torcere.»
«Hai provato a controllare il motore?» Azzardò Lea.
«Perché non ci ho pensato prima? Ah, va beh, infondo non sono mica un meccanico.» La schernì lui, con un sorriso, e lei si sentì in dovere di piazzargli uno scherzoso pugno sul petto.
«Non prenderti gioco di me, Isaac Hall!» Brontolò, grattandosi il naso.
Per quanto fosse incredibile anche solo pensarlo, era lì e non sapeva cosa dire. 
Avrebbe voluto chiedergli di Rebecca, ma allo stesso tempo aveva paura di conoscere le risposte. Sapeva, inoltre, di non poter tirar fuori l'argomento di suo padre, tanto meno dei suoi amici o della sua vita. 
Dall'altra parte Isaac si trovava nella medesima situazione. 
Chi lo avrebbe mai detto che sarebbero mai arrivati a quel punto?
«La nostra vita sta andando alla grande.» Esclamò, infatti, il ragazzo, pentendosene subito dopo. Che cosa diavolo stava a significare quella frase?
«Già.» Mormorò Lea, distogliendo lo sguardo. «Pensi che durerà?»
«Francamente ne dubito.»
«Ma andiamo, non dovresti avere l'ottimismo che caratterizza qualsiasi ragazzo innamorato?»
Gli occhi ed il viso del giovane si fecero improvvisamente seri. «Non sono innamorato.» Chiarì con una freddezza che non gli aveva mai sentito usare prima di allora.
Sembrava tutta un'altra persona.
«Beh, però mi sembri molto preso da Rebecca.» Azzardò, sporgendo le braccia oltre la steccionata così da potersi mantenere meglio in equilibrio. «Anche perché non mi sembri il tipo da passare il tempo con qualcuno che non gli piace...» Bastava prendere in esempio Patrick. Da quando Isaac aveva scaricato su di lui la sua furia omicida, non passava più neanche per sbaglio in quel quartiere.
«Mi piace passare del tempo con lei, ma non ne sono innamorato.»
«E lei lo sa?»
Il ragazzo si strise nelle spalle, passandosi una mano sul mento, dove si intravedeva un accenno di barba della sera precedente. 
«Sa che penso che l'amore sia sopravvalutato.»
Dio solo sapeva quante volte gli aveva sentito pronunciare quella frase, specialmente nell'ultimo periodo. Dopo averle raccontato di Isabella sembrava molto più propenso a parlare d'amore, sebbene i termini che usava non erano certamente carini come quelli che riservava lei.
''L'amor che move il sole e l'altre stelle'' citava spesso lei e lui le rispondeva sempre con battutine acide o con un semplice: ''Dante è l'ultima persona al mondo a poter parlare d'amore. Non l'ha mai neanche conosciuta questa Beatrice, è solo un coglione a cui piace fantasticare su qualcosa che non conosce''.
«Ma così le hai lasciato una porta aperta, sicuramente starà pensando a come farti cambiare idea.» Esclamò Lea, mordendosi l'iterno guancia. Si trovava in quella scomoda posizione di chi sta per dare un consiglio, ma spera vivamente che l'altro non lo segua. «Forse dovresti provare a darle una possibilità. Chissà davvero che tu non riesca ad innamorarti di lei.»
Isaac scosse semplicemente il capo, prima di puntare quegli occhi azzurri, gelidi come il ghiaccio, nei suoi. «La base di una relazione amorosa stabile è la fiducia, questo implica rivelare all'altro tutti i segreti, anche quelli più oscuri, che gli si tengono nascosti ed io non me la sento di rivelarle questa parte di me.» Fece una breve pausa, sospirando sonoramente. «Con lei sto bene. Quando siamo insieme mi fa dimenticare del mondo all'esterno. Non me la sento di trascinarla in tutta questa merda. Poi tra due settimane tornerà a Baltimora e chissà quando ci rivedremo, quindi va più che bene così.»
Lea però non lo stava più ascoltando, non riusciva a smettere di pensare al fatto che avesse deciso di trascinare lei nella sua vita, ma non Rebecca. 
''Veramente sei stata tu ad infilartici come il peggio parassita. Non dare la colpa a lui, se sei troppo orgogliosa per ammettere che ti da tremendamente fastidio il modo in cui parla di lei''.
Con sconforto crescente, per aver constatato che la vocina nella sua testa aveva tremendamente ragione, si morse il labbro inferore.
«Mi chiedo come tu faccia ad essere così perfetto Isaac Hall.»
«Non sono perfetto.» 
«Ma sei sicuramente il prototipo di uomo di cui ogni donna sogna di innamorarsi.» Ammise, forse più a se stessa che all'altro.
Isaac rise, avvicinandosi nuovamente a quell'auto che sembrava intenzionata a tutto tranne che tornare a funzionare. «Già, ma sono sicuro che quando sarò io ad innamorarmi, verrò brutalmente scartato.» E no, un pensiero tale non era dovuto alla brutta esperienza con Isabella, quanto alla sua incapacità di amare qualcosa di umanamente raggiungibile.
«Non essere così ottimista, non vorrei mi contagiassi.» Risero entrambi. «Senti mi chiedevo se stasera ti andasse di...» Ad interromperla fu il suono del cellulare del ragazzo. Il nome di Rebecca appariva a caratteri cubitali sullo schermo, proprio sopra una foto di loro due sulla spiaggia, mentre si scambiavano un tenero bacio sulle labbra.
Lo stomaco di Lea si attorcigliò e sentì l'impellente bisogno di ritirarsi altrove.
Senza neanche preoccuparsi di salutare, imboccò la porta di casa e sparì su per le scale fino alla sua stanza, lasciandosi alle spalle un Isaac confuso e stranito. Red, nel frattempo, si era comodamente messa a frugare nel suo armadio.
Infondo una ragazza doveva pur occupare il tempo o per lo meno fingere di non aver spiato la migliore amica fino a quel momento.
«Che cosa succede?» Domandò la rossa, notando la sua faccia sconvolta.
La giovane si portò le mani sul viso, ritrovandosi davanti ad una situazione che mai e poi mai avrebbe voluto trovarsi ad affrontare. «Cristo! Sono fottuta.»
   
 
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