Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: badheadache    23/05/2017    3 recensioni
Dal primo capitolo.
"Non ricordava cosa aveva sognato, ma ormai era consapevole del fatto che la differenza tra realtà e incubo era davvero sottile, quasi inesistente. Perso completamente il sonno, decise di alzarsi per dirigersi nel refettorio. Quasi ogni notte andava lì, solitamente senza grandi motivi. Semplicemente adorava, quando non riusciva ad addormentarsi, osservare dalle grandi vetrate la luna, che quasi gli sorrideva come una madre. [...]
“Quindi è per questo che la mattina fai così schifo durante gli allenamenti, moccioso?” Eren sobbalzò e si congelò sul posto.
Il capitano Levi era l’ultima persona che voleva incontrare, e per giunta in un’occasione del genere. Non aveva pensato a cosa dirgli, sapeva solo che doveva, prima o poi, dirgli qualcosa."
(Long sulla coppia Eren e Levi, che seguirà il corso degli eventi dell'anime, cercando di approfondire le interazioni umane, che nella storia, giustamente, non sono troppo presenti).
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 4
 
Camminando verso l’ufficio di Erwin, Levi ripensò all’episodio del giorno precedente. Quel moccioso sporco che era Eren Jaeger sapeva sempre come metterlo in difficoltà: prima pensava fosse l’unico ad avere l’abitudine di farsi scampagnate notturne, poi eccolo lì, ad invadere i suoi spazi anche di notte. Non era la prima volta che Levi lo vedeva in giro per il fortino, ma lui, a differenza di Eren, era abituato a nascondersi nell’oscurità, non facendosi mai scoprire. In qualità di suo comandante e caposquadra, Levi avrebbe dovuto punirlo severamente più volte per il suo comportamento, ma capiva perché entrambi avevano il sonno tormentato. Infatti, era consapevole che il soldato più forte dell’umanità e il ragazzo-titano condividevano, grazie alle loro capacità uniche, la stessa mole di responsabilità verso l’intero genere umano.
Levi sapeva quindi di essere davvero l’unico che poteva capire lo stato d’animo notturno di quel ragazzo.
Questa particolarità lo spiazzava.
Non poteva considerarlo come un normale cadetto, ma di fatto lo era. Eppure perché si sentiva così in colpa per averlo picchiato ieri? Si era subito accorto che era stato un gesto avventato. Lui era un uomo a cui bastavano le parole per ferire, ma in quel caso voleva fare il contrario: pensò che fosse un controsenso, picchiare qualcuno per consolarlo. Inoltre aveva già pestato Eren e l’aveva fatto senza esitazione, come suo solito. C’era però qualcosa di differente da quell’episodio: picchiarlo fu una specie di compromesso, tutto il corpo di ricerca aveva le necessità di ottenere la custodia di Eren a qualsiasi costo. Ma ieri? Ieri non c’erano compromessi, non c’erano dietro responsabilità, c’erano solo loro due.
Levi si rese conto di non saper gestire le relazioni umane. Sospirando, entrò nell’ufficio di Erwin.
All’interno trovò anche Alert che dialogava col capitano, entrambi concentrati. “Eccoti Levi. Accomodati, prego. Io e Armin stavano mettendo a punto un piano segreto per cercare di catturare il titano dalle fattezze femminili in forma umana”.
Levi si sedette, accavallando le gambe fini e girandosi leggermente verso Armin, facendogli un cenno annoiato. Il biondo illustrò accuratamente il piano: “Se il titano dalle fattezze femminili fosse davvero Annie, dobbiamo sfruttare la convocazione nei territori interni come un’occasione. Lì, infatti, è dove si trova Annie Leonarht, cadetta del corpo di Guarnigione. Saremo io, Mikasa ed Eren ad attirarla, fingendo di fidarci ciecamente di lei, in nome dei vecchi tempi, e chiedendole di aiutarci a far fuggire Eren per salvarlo dal governo. Se lei non accetterà di aiutarci, tutti i dubbi crolleranno. Se al contrario, accetterà disobbedendo agli ordini, significherà che è davvero interessata ad Eren stesso, come aveva fatto il titano dalle fattezze femminili, aumentando le possibilità che lei possa esserlo davvero. Se il piano riuscirà ad andare avanti, la convinceremo ad entrare dentro a un tunnel, in modo che non possa trasformarsi. Fuori dalle imboccature ci saranno tutte le nostre forze per intrappolarla e fare in modo che non si trasformi. Lei che ne pensa, capitano?”
Levi dovette ammettere che era un buon piano, ma aveva una piccola pecca: “E io cosa dovrei fare?” chiese, leggermente frustrato. Non lo ammetteva mai a sé stesso, ma odiava essere dimenticato, soprattutto quando vi erano da svolgere compiti così delicati. Fu Erwin a rispondergli: “tu, assieme a me, starai vicino alla carrozza in cui verrà trasportato un sostituto di Eren. E’ fondamentale che gli altri corpi non sospettino di nulla, poiché il piano funzioni correttamente: se vedranno me, il capo della legione esplorativa e te, a cui hanno affidato Eren stesso, si convinceranno che dentro ci sarà proprio lui”.
Levi non trovava grandi pecche nel piano, eppure sentiva già di non riuscire ad accettare gli ordini, diversamente dal solito. Il suo rifiuto innato gli provò un blocco nello stomaco. Che gli stava succedendo? Lasciava sempre i suoi superiori elaborare piani del genere, e di solito lui eseguiva senza fiatare, senza essere né d’accordo né disaccordo. Si limitava ad agire.
 Sentiva un cambiamento, da qualche parte dentro sé.
“E’ tutto?” Le sue capacità di rimanere passivo erano comunque rimaste invariate. Tirò un immaginario sospiro di sollievo.
“Ovviamente deve restare segreto. Ne saremo informati noi tre e il caposquadra Hanji, mentre gli altri verranno a saperlo prima di partire, per non far trapelare informazioni. Conto su di te.”
“Bene”. Si alzò, congedandosi silenziosamente con il saluto da soldato. Chiuse la porta alle sue spalle e se  ne andò silenziosamente. Si sentiva frustrato. Forse perché nella missione non aveva un ruolo determinante? No, sentiva che non era questo il reale motivo, ma sicuramente era una fattore che aveva contribuito: il suo egocentrismo non aiutava. Decise di uscire dal fortino per fare un giro a cavallo, sperando che il vento gli schiarisse le idee. Disse a un cadetto casuale di non aspettare il suo ritorno al fortino e, mentre si addentrava nel bosco con il fidato animale, pensò alla differenza di questa missione dalle precedenti, in modo da trovare il perché alla sua immotivata inquietudine. In prima posizione sicuramente c’era il pericolo: non ci sarebbero stati titani nelle vicinanze, quindi non poteva provare ansia verso quel frangente. Sarebbe stato con Erwin, suo fidato compagno di avventure, e questo sicuramente non lo turbava. Non sarebbe passato all’azione con la sua squadra per le operazioni speciali, ma scacciò quel triste pensiero. Aveva altre persone a cui badare. Gli venne un lampo: non sarebbe stato con Eren.
Ormai era abituato alla sua presenza durante le missioni, poiché era stato affidato a Levi stesso per la sicurezza dell’umanità. Era davvero questa la ragione per cui non riusciva ad accettare le direttive della missione? Era davvero questa? Levi si rifiutava di crederci, ma più ci pensava e meno idee alternative gli venivano.
Era arrivato a un piccolo fiumiciattolo, così scese dal cavallo e si sedette alle radici di un albero. Spiazzato dalla verità che non riusciva ad accettare, Levi si abbandonò ai ricordi del giorno prima.

Levi gli porse la mano, ed Eren accettò il contatto: la trovò sorprendentemente calda, e toccarlo non gli fece ribrezzo come si aspettava. Lo tirò su gentilmente e senza sforzo, quasi volesse scusarsi a gesti per lo schiaffo di pochi secondi prima. Lo riposizionò sulla sedia, mentre lui ne prese un’altra per sederglisi accanto. “Eren.” Gli mise una mano sul ginocchio. Levi si accorse subito che il giovane era rimasto sorpreso dal suo gesto così cortese e intimo, anche se cercò di non farlo vedere. Quegli occhi però, pensò Levi, erano il suo specchio: un libro aperto e facilmente leggibile. Non si chiese da quando riusciva a capire il giovane solo guardandolo, non esitò nemmeno sul gesto; continuò solamente a parlare. “So come ti senti. Lo so davvero: siamo in due qui, ad avere grandi responsabilità. Anche io ho avuto momenti in cui scegliere tra la salvezza di tanti o di uno”.
“E cosa fece lei, come si sentì, signore?” Eren lo guardava insistentemente, come se i suoi occhi, per trovare una risposta, avessero bisogno di scavare all’interno di Levi. Sostenne lo sguardo, ma si accorse che a farlo l’attenzione gli calava leggermente, come se il mondo tutto attorno diventasse più sfocato, distraendolo dai pensieri originari. “E’ qualcosa che si supera solo col tempo. Bisogna anteporre il bene comune a ciò che è te il tuo bene, ed essere pronto ad accettare qualcosa di negativo per te, ma positivo per l’umanità.”
Parlava con la bocca della verità: nessuna ironia, nessuna frecciatina o tono tagliente nella voce. Era il Levi reduce dal lutto, non importa quale. Entrambi erano vivi nel suo cuore allo stesso modo: le lacrime aveva imparato a trattenerle da tempo.
“A lei è mai capitata una cosa del genere, capitano?”
Aveva colpito nel segno. Da troppo tempo Levi non si sentiva così. Si alzò forse con troppa irruenza, non corrispondendo lo sguardo di Eren ma guardando un punto indefinito sulla porta: “Più di una volta. L’ultima è stata circa una settimana fa”.

Girò i tacchi e se ne andò dal suo stesso ufficio, senza voltarsi. Era la cosa più stupida che potesse fare, poiché aveva in programma di rimanerci tutto il fine mattinata, ma sapeva che in quel momento non sarebbe riuscito a reggere una parola in più.  

Pensò di essere stato un gran vigliacco ad andarsene in quel modo. Dopo aver partorito l’idea di provare a riaffrontare quel discorso con Eren, in modo da dimostrare a lui ma soprattutto a sé stesso di riuscire a non tirarsi indietro alle difficoltà, si addormentò in un sonno profondo.
 
*
 
Era sera inoltrata: Levi se ne accorse subito, perché si svegliò intorpidito dal freddo. Svelto, si rimise a cavallo per tornare nel fortino, chiedendosi come e perché si era addormentato in quella maniera. Non gli era mai successo: iniziava a preoccuparsi.
Al fortino c’era più vita del previsto: luci di camere e uffici erano ancora in funzione. Levi si accorse subito che qualcosa non andava, in quanto non era normale che le luci delle camere fossero ancora accese, così decise di andare a controllare. Salito fino al corridoio incriminato, si bloccò di colpo. La risata che aveva sentito era inconfondibile: che cazzo ci faceva Eren fuori dai sotterranei a quell’ora?
Assieme alla sua risata vi erano altre voci ugualmente vivaci. Riconobbe quella di Armin, unica sobria, che supplicava gli amici di andare a dormire: era l’unico intelligente, a quanto pare. Si preparò alla soglia in modo da far ricordare alla gente dentro il panico che avrebbero provato tra pochi secondi. Levi ghignò nella penombra: provava un certo piacere sadico a cogliere i cadetti in piena infrazione delle regole. E che regole: fare un festino poco prima di una spedizione superava anche la sua immaginazione. Si chiese con che coraggio gli fosse venuta un’idea del genere, dato l’umore generale del corpo dopo la 57esima spedizione all’esterno.
Entrò nella camera aprendo la porta lentamente, ma in modo solenne. Venne inondato dalla luce e dallo stupore generale. La scena che si ritrovò davanti era patetica e ridicola: vide Reiner, Berthold, Sasha, Connie, Jean, Eren, Christa ed Ymir giocare a quello che pensò fosse il gioco della bottiglia. Notò che l’attenzione era rivolta alle ultime due, che probabilmente erano state scelte per un bacio. Spostò lo sguardo, andando oltre: Armin era sbiancato, e in un attimo si mise nella posizione di saluto. Mikasa era rannicchiata sul letto, in un angolo, con una bottiglia di vino e la testa rivolta verso la finestra, a guardare il nulla. Probabilmente neanche si era accorta che era entrato. Odiava essere ignorato: gliel’avrebbe sicuramente fatta pagare. Notò che tutti gli altri, a differenza di Armin, avevano riflessi lentissimi. Gli ci volle un po’ a realizzare chi avevano davanti, e altrettanto ad alzarsi a salutarlo. Levi lasciò che tutto questo avvenisse nel silenzio più assoluto: adorava l’ansia che sentiva arrivare dalle persone davanti a lui.
Erano paurosamente ubriachi, l’aveva capito in un attimo.
“Vi rendete conto di quanto siete schifosamente stupidi ad aver fatto una cosa del genere?” aveva un tono irato, ma al contempo calmo. Dalle loro espressioni, sapeva di star facendo bene il suo dovere. “Ovviamente riceverete una punizione esemplare, ma ora è troppo tardi per parlarne. Lens, Freckles, Blouse e Ackerman, filate nelle vostre camere. Jaeger, tu vieni con me nei sotterranei. Non vorrei trovarti ancora a vagare come un deficiente nel refettorio. Muovetevi! Dopo aver accompagnato lui ripasserò da qui. Voglio sentire un silenzio di tomba”.

Girò i tacchi pretendendo che tutti eseguissero gli ordini precisamente, anche se non aveva molte speranze verso loro. Fece due passi, aspettò che Eren si ponesse dietro di lui, e ricominciò a camminare.
Il rumore dei suoi passi gli dava fastidio. Erano sconnessi, molte volte Eren inciampava su sé stesso, sfiorando la caduta. Almeno questa volta Levi sapeva che il ragazzo stava dietro lui non perché era il suo caporale, ma perché non era fisicamente in grado di andare al suo passo. “C-capitano…” Eren non si reggeva in piedi; Levi, pur zoppicando, si vide costretto a rallentare.
“Capitano…”
“Cosa c’è ora moccioso?!” Sbraitò. Era arrabbiato per quello che avevano fatto. Un festino in quella situazione rasentava l’insulto, l’offesa. Levi si sentiva preso in giro da quella felicità passeggera, mentre lui doveva lottare ogni ora di ogni giorno per essere ed apparire forte, mentre dentro, pian piano, il suo cuore si sgretolava, lasciando spazio alla fredda razionalità.
Vide Eren abbassare lo sguardo: “M-mi dispiace per quello che è successo… Noi, noi volevamo ecco, dimenticarci di tutto questo” fece un gesto indeciso, indicando le pareti del corridoio “e siamo finiti così. Mi dispiace, mi dispiace capitano, io, io non sono all’altez-“
“Non autocommiserarti ora, moccioso”. Si girò per continuare a zoppicare, ma sentì un singhiozzo sommesso. Si irrigidì all’istante: Eren stava ancora piangendo? Di nuovo? Che cazzo doveva fare? Sentì un panico crescente, ma i suoi nervi di soldato lo aiutarono a pensare lucidamente: capì che sicuramente non doveva picchiarlo.
Non era un grande pensiero, ma un buon inizio.
Eren si era fermato, e dovette fermarsi anche lui. Sentiva che non poteva assolutamente lasciarlo da solo, chissà cosa avrebbe combinato: sapeva che Eren si arrabbiava subito, e se non ci fosse stato qualcuno che riuscisse a fermarlo, avrebbe potuto anche trasformarsi in titano. Il ragazzo aveva bisogno di qualcuno a cui affidarsi e calmarsi. Si accorse che era lui, quel qualcuno.  
Improvvisamente il ragazzo alzò il volto, colpendolo in faccia con i suoi luminosi occhi verdi. “Io voglio essere più sicuro di me stesso, non ce la faccio più ad essere un peso per gli altri, non voglio che le persone diano la vita per me e perché proprio a me cazzo, perché proprio io devo essere un cristo di gigante che non capisce un cazzo quando si tr-“
“Eren”. L’aveva interrotto  una seconda volta, ma di questo non gli importava. “Ti ho già detto che non muoiono solo per te”. Eren fece per ribattere, ma Levi lo bloccò all’istante: “tu sei importante Eren, sei più importante di tutti noi, persino di me. E’ una grande responsabilità che non ti sei scelto, ma perché, invece di utilizzarla come mezzo per realizzare le tue grandi ambizioni, stai qui a piangerti addosso?”
Si avvicinò di un passo. “Senti,” disse, guardandolo dall’alto della sua sicurezza “se ti chiedessi cosa ti rende più forte, cosa risponderesti?” Prima che Eren avesse il tempo di capire il senso della domanda –era ancora visibilmente ubriaco – Levi continuò a parlare: “E’ il tuo potere a renderti forte? Fisicamente si, ma per il resto, io penso proprio di no. Devi difenderti da te stesso, Eren, e devi farlo assieme ai tuoi amici. Il cuore della tua forza risiede in loro, e devi sfruttarli al massimo finché sono assieme a te”. Stava davvero dicendo questo? Che ne era di tutti i suoi pensieri sul fatto che lui, Levi, bastava a sé stesso e non aveva bisogno di altre persone al suo fianco?
Il ragazzo ebbe bisogno di qualche attimo per realizzare e comprendere ciò che gli aveva detto. Levi attese pazientemente: non era un tipo che amava infrangere i silenzi, ma spezzare discorsi.
“Lei capitano, anche lei mi rende forte”.
Lo fissò, corrucciando lo sguardo. Non ci credeva, non capiva perché Eren potesse aver detto una cosa così stupida. Al suo sguardo, il ragazzo continuò a parlare, come se avesse intuito i suoi pensieri: “Lei mi scuote capitano. Ogni volta che penso a qualcosa lei, lei se ne esce fuori con qualcosa di contrario, incasinandomi tutti i pensieri. Poi capisco che le cose che mi dice sono molto più sensate di quello che penso io, quindi mi sento un cretino, un semplice cadetto che ha bisogno del suo capitano. Lei è il mio capitano, Levi”.
“Credo che ogni capitano con un minimo di cervello possa dirti le stesse cose che ti dico io, Jaeger”. Era scettico, molto scettico. “Si ma lei a differenza degli altri capitano, lei mi lascia decidere. Mi lascia capire da solo la scelta giusta da quella sbagliata. Lei è l’unico che mi fa aprire gli occhi e pensare lucidamente, anche adesso, vede, sono ubriaco perso ma riesco a pensare e a darle del lei! E’ paurosamente difficile lo sa?”
Levi sentì un calore dentro sé. L’aveva represso dal primo istante in cui Eren aveva risposto alla sua domanda, ma ora poteva percepirlo forte e chiaro. Era qualcosa di simile alla felicità. Si dimenticò completamente del discorso che voleva affrontare con lui riguardo il giorno prima. Ora esistevano soltanto Levi ed Eren, slegati dai vincoli dello spazio e del tempo.
Preso da un senso di responsabilità e quasi tenerezza, si avvicinò a lui e gli avvolse la spalla col braccio. Eren era evidentemente sconvolto dal suo atteggiamento, ma Levi non ci badò. Si avviarono in silenzio nei sotterranei, vicini, sostenendosi a vicenda. Erano vicini, vicini così.
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Vi chiedo perdono in ginocchio. Ho avuto un fine settimana disastroso, tra lavoro, cresime e chi più ne ha più ne metta. Nel mentre cercavo di trovare buchi  per andare avanti col capitolo, e avendolo scritto passo dopo passo e non tutto di getto mi è risultato più difficile finirlo. Chiedo pietà.
Avevo l’intenzione di farlo più lungo, ma amavo l’idea di chiuderlo con le figure unite dei nostri Levi ed Eren, che pian piano ma inevitabilmente si stanno avvicinando sempre più.
Vi regalo un piccolo spoiler sul prossimo capitolo: ricordatevi che Eren deve ancora scontare delle doppie pulizie con Levi!
Infine, alcune precisazioni. Prima di tutto, il cognome di Ymir: non è stato rivelato né dall’anime né dal manga, ma cercando in siti oscuri su internet ho trovato che “nell'anime, poiché nella prima stagione non viene detto il suo nome, ella viene indicata nei titoli con "Freckles" (そばかす Sobakasu?), che vuol dire "Lentiggini"”. Avrà quindi questo cognome nella mia storia.


Inoltre, dove avranno preso l’alcol i nostri eroi? Direi di lasciarlo come “segreto” letterario: la serata è ambientata in un sabato sera, quindi ho ritenuto che fosse più semplice trovare dell’alcol in quel preciso giorno. Inoltre, anche nell’anime si vede che alcuni membri del corpo di Gendarmeria e di Guarnigione si ubriacano anche in giornata, quindi ho pensato che fosse abbastanza facile reperire alcol in generale. Perché avrebbero dovuto fare una cosa del genere? Ho pensato che, come noi, sono dei ragazzi che hanno bisogno di divertissement, termine coniato da quel simpaticone di Pascal. Per chi non lo sapesse, il divertissement (che significa deviazione, allontanamento) è la ricerca, da parte dell’uomo, di ogni forma di divertimento, distrazione o diversivo che lo riesca a sottrarsi a ciò che genera infelicità nella sua vita. Dato che questi ragazzi hanno anche troppa infelicità, ho pensato sia logico che anche loro abbiano bisogno di una distrazione che li allontani dalle sofferenze. In questo caso, l’alcol.
Per il resto, non ho molto da aggiungere. Siamo ancora entrati nella testa di Levi, in modo da farvi capire i ragionamenti e il modo di comportarsi, molto più difficili da capire rispetto a quelli di Eren, ma tranquilli, anche lui verrà messo a nudo! Abbiamo molto da farci spiegare da quella testolina bacata, a partire da ciò che pensa veramente del nostro amato capitano sotto effetto dell’alcol. In vino veritas!


Scusate per essermi dilungata e alla prossima! (Che arriverà presto, giuro).

 
  
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