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Autore: Kate_88    23/05/2017    0 recensioni
Affronta nella vita il liceo, perché poi finirà. Sono quattro anni, poi la vita vera ti aspetta.
Più o meno è quello che ti dicono ogni volta.
Ti dicono che il liceo finirà, che rimpiangerai quegli anni, che poi crescerai. Ma se al liceo ogni giorno è uno schifo, non vedi l'ora che finisca.
A distanza di quasi dieci anni dalla fine del liceo, Hannah ha terminato gli studi universitari e si appresta ad entrare nel mondo del lavoro. Hannah è cambiata, è diversa e nel cuore ha una forte rabbia, se poi il suo lavoro consiste nel tornare al liceo, tutto si complica. Soprattutto se qualcuno arriverà a mettere in discussione la sua indipendenza, la sua forza e il suo cuore.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Dlin Dlon! Eccomi qui! Finalmente torno ad aggiornare questa storia e soprattutto diamo il benvenuto a Blake, il nostro personaggio maschile. Ho deciso che anche con Blake avrei usato un po' di ironia, meno forte rispetto ad Hannah, ma comunque ironico, altrimenti mi annoio! Grazie alle persone che leggono, grazie ancora di più a chi recensisce. Io spero che con il tempo questa storia vi piaccia ancora di più e spero vi piaccia Blake, perché io lo immagino super figo, quindi devo cercare di far passare questa figaggine attraverso le parole. 
Buona lettura!
Kiss, Kate_88.

 

 

Dobbiamo parlare

Se una donna ti dice queste due parole, sei fritto. Questa è una po' una verità universale, un luogo comune certificato, una tesi confermata. Se una donna pronuncia queste due parole, devi smettere di fare qualunque cosa tu stia facendo in quel momento, devi guardarla, evitare espressioni contrariate o divertite. La devi guardare, mostrare uno sguardo un po' titubante e soprattutto molto, ma molto dispiaciuto. Questo è ciò che devi fare se una donna ti dice che deve parlare con te. Non è quello che ho fatto io. 

Guardo Elizabeth con espressione dubbiosa, mi mordo l'interno della guancia per non farle capire che preferirei andare a lavoro piuttosto che ascoltarla; lei mi guarda dall'isola della cucina che separa l'ambiente del cibo dal salotto, dove di solito in realtà mangio. Ho le chiavi in mano, le rigiro freneticamente tra le dita e alla fine mi decido.

«Che succede?»

«Hai pensato a quello che ti ho detto?»

Ci ho pensato? No. Non ho pensato alle sue parole, non ci voglio pensare e non ci penserò in futuro. Non so come dirglielo perché non conosco un modo carino per farle capire che mettere su famiglia con lei è l'ultima delle mie preoccupazioni. Pensavo che non saremmo mai arrivati a questa discussione, perché se una volta ti dico che devo pensarci e non affronto più quell'argomento, nel linguaggio maschile significa che non voglio figli, non al momento, e probabilmente non con te. Eppure Elizabeth adesso mi guarda, avvolta nella sua vestaglia rossa, semi aperta davanti in grado di farmi vedere le colline del suo seno generoso. Lei sa che effetto mi fa, sa che adoro quel corpo e gioca la carta della seduzione. Ecco perché rimane appoggiata all'isola dal piano in legno d'abete, con l'apertura generosa che mostra tutta la sua voglia di fare un bambino. 

Un punto a favore per Elizabeth: le sue tette crescerebbero ulteriormente.

«Non credo sia il momento adatto per mettere su famiglia. Ho iniziato a lavorare da poco, abbiamo un affitto da pagare e...»

«Io guadagno più di te. Ho due anni più di te, un lavoro in azienda e uno stipendio niente male. Contribuisco alle spese di questa casa, che sai bene mi piaccia poco, vivo in questa città con te quando mi piacerebbe spostarmi, andare verso New York e invece siamo qui, a Seattle e Dio solo sa quanta pioggia prendo ogni settimana!»

Adesso urla. Non troppo, quanto basta per darmi fastidio. Faccio un passo indietro, sia dentro la casa che nella mia testa. Conosco Elizabeth da quattro anni, quando da giovane laureato mi sono imbattuto in un'azienda che cercava un giovanotto tuttofare, con muscoli a sufficienza per spostare scatoloni e all'occorrenza fare fotocopie. Lei lavorava come assistente al reparto vendita, due anni più grande con più esperienza, una laurea in economia e due tette e un culo che quando l'ho vista la prima volta ho creduto d'impazzire. In seguito mi sono accorto che anche il viso non era niente male, con dei capelli neri lunghi da far paura, gli occhi credo azzurri e la pelle liscia. Di Elizabeth ho sempre guardato il corpo, ma lei ogni tanto ha bisogno di sentirsi dire che la amo, anche se ad essere onesti non è proprio vero.

«Blake mi sono stufata. Ho trent'anni e voglio mettere su famiglia! Stiamo insieme da tanto ormai. Non vuoi mettere su famiglia con me?»

Houston, abbiamo un problema. La mia testa adesso esplode. Sapevo che prima o poi sarei arrivato a questo punto, che avrebbe capito tutto, ma non pensavo ci arrivasse oggi e precisamente di mattina, quando sa che ho i ragazzi che mi aspettano per l'allenamento.

«Ma non potremmo parlarne, che ne so, tra qualche tempo?»

«Blake, rispondi.» Si tira su, si stringe la vestaglia e quindi si copre. Segno di guai. «Lo vuoi o no, un figlio da me?»

L'avevo detto che Dobbiamo parlare è una frase infima, bastarda e ti può mandare a puttane la giornata? Se una donna ti fa una domanda secca, così senza via d'uscita, puoi rispondere o nel peggiore dei casi...

«Blake ma tu mi ami?»

... aspetti che rincari la dose per fotterti totalmente. Lascio scivolare le chiavi nel cappotto, come a dimostrarle che ci sto pensando e che non ho fretta di andare a lavoro, anche se gli allenamenti iniziano tra cinque minuti, quindi mi lascio andare ad un profondo sospiro.

«Lo sapevo. Quella storia che tu mi avresti amata, che un giorno avresti dimenticato chi ti ha rifiutato, erano tutte puttanate. Sei solo un uomo che non vuole crescere, un bambino che non è in grado di decidere cosa fare della sua vita. Sei solo un coglione Blake. Al ritorno non mi troverai.»

Potrei parlare. Potrei dirle che sbaglia e che la amo ma non è vero; in verità io una decisione l'ho presa, solo che ho troppa paura di una donna incazzata, quindi mi limito a fare la faccia da cane bastonato, annuisco ed esco da casa. 

Ho lasciato Elizabeth dentro casa da sola, consapevole che al ritorno potrei trovare l'abitazione in fiamme o nel migliore dei casi, con tutti i miei vestiti stracciati e minacce di morte scritte allo specchio con il rossetto rosso, eppure mi sento rilassato. Da domani mattina non troverò al mio fianco una donna incazzata che vuole un figlio. Aspetto di guadagnare qualche metro da casa, poi mi metto a correre per raggiungere i campi dove sicuramente un gruppo di ragazzi mi sta aspettando per gli allenamenti. Io oggi ho preso la decisione di non risponderle, forse sono stato crudele o forse le ho evitato di sbatterle in faccia la triste realtà: non l'ho mai amata. Stavo bene con lei, ma quello che provavo non si avvicinava neanche lontanamente ai sentimenti provati anni prima, quando sono stato investito da un amore che mi ha distrutto. Ecco, se una persona riesce a vivere un amore intenso come quello da cui sono stato investito io, non può accontentarsi in futuro. Deve sempre cercare qualcuno che riesca a fargli provare quella stessa forza, che lo consumi d'amore e di sentimenti. Una persona che ti ferisce se litiga con te e che è in grado di guarire tutto con un bacio. Con Elizabeth ogni litigio era una scocciatura e da codardo non gliel'ho mai detto, questo perché io sono un concentrato di difetti e il peggiore è la mia codardia. Da una vita scappo, incapace di affrontare i problemi. Incapace di affrontare un no. Incapace di reagire di fronte ad una ragazza che, con tutta la sua forza, mi manda al diavolo.

Ho salvato Elizabeth da una vita con me e lei invece di ringraziarmi che fa? mi strilla contro. Valle a capire le donne.

   
 
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