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Autore: CHAOSevangeline    23/05/2017    5 recensioni
{ Viktuuri | Circus!AU }
Londra, diciannovesimo secolo.
Ogni anno un circo, il Veles Circus, incanta per quattro serate con le esibizioni dei propri artisti.
Assistere non è un privilegio per tutti: solo chi riceve l'invito può godersi lo spettacolo.
Ma chi ha la possibilità di partecipare non è poi così fortunato come si potrebbe credere.
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« Viktor, ti posso parlare? »
La voce di Mila, proverbialmente squillante e canzonatoria, gli sembrava venata di serietà. Troppa serietà.
« Che succede? »
« Si tratta di Yuri. »
Nessun vezzeggiativo: il problema era il suo Yuri.
« Ieri sono andata ad annunciare il nostro arrivo in città. Per questo Yuri è venuto qui subito: ci ha viste. » La donna osservò l’espressione confusa del russo. « Dovresti controllare gli inviti allo spettacolo, Viktor. Penso che lo riceverà di nuovo. »
Il sangue di Viktor gli si raggelò nelle vene.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Capitolo nove

 

“Help me out of this hell
Your love lifts me up like helium”


 
 
Il porto era una zona che Yuri raramente frequentava. Paradossale, considerando che aveva ereditato l’azienda mercantile di suo padre.
Peccato che la sua infanzia fosse stata popolata non solo da storie riguardanti quanto abominevoli potessero essere gli attori di un circo, ma anche da racconti sulla disonestà dei marinai, su quanto fossero interessati solo a sbronzarsi nelle bettole stanziate lungo il Tamigi, cambiandone una ogni volta che scatenavano una rissa e venivano cacciati.
Considerando che l’unica relazione d’amore della sua vita era con un circense, aveva anche senso che Yuri infrangesse ogni raccomandazione fatta in forma fiabesca durante la sua infanzia e si infilasse in uno dei locali più umidi e malsani di tutta Londra.
Doveva ammettere che un po’ di farfalle stavano iniziando a popolare il suo stomaco, però, e non tanto perché stava trasgredendo: era perché parte degli uomini che si erano voltati a fissarlo, quando era entrato, rispondevano alla descrizione grottesca che gli era stata fornita da piccolo ed essere lì da solo, senza nemmeno una presenza amica come magari quella di Phichit, lo stava davvero mettendo in soggezione.
Si ricordò il motivo per cui aveva smosso mari e monti pur di arrivare a quel punto, si ricordò che ormai era ad un soffio dal raggiungere il proprio obiettivo e si fece forza.
Lo stesso giorno in cui aveva accompagnato Viktor a farsi leggere la mano con sommo dispiace del russo, Yuri era tornato lì per scoprire cosa effettivamente Leo avesse visto.
Non si era mosso in quel modo per scarsa fiducia nei confronti di Viktor, quanto più per timore: da quando aveva scoperto perché per tanti anni Viktor avesse tentato di tenerlo lontano da quel tendone si era chiesto se anche il russo stesso, così come i suoi compagni, non fosse in pericolo.
E se l’assassino fosse stato proprio uno di loro?
A quanto Viktor gli aveva spiegato poche notti prima, l’identità del carnefice era sconosciuta. Sempre ammesso che il segreto di cui aveva parlato Leo non riguardasse proprio il nome e il volto di quella persona. Non che Yuri potesse biasimare Viktor: con ogni probabilità sia lui che il resto dei circensi erano tenuti sotto scacco.
Più e più volte Yuri aveva ripassato mentalmente l’identità di ogni membro della compagnia e più e più volte si era reso conto che nessuno gli sembrava capace di fare qualcosa di brutale come uccidere.
Non li conosceva così tanto, ma era una sensazione che provava a pelle.
Che l’assassino fosse qualcuno del pubblico?
Giunto a quella conclusione, aveva ripensato all’assenza di segni di qualsivoglia tipo sul corpo delle vittime. Della vittima, sarebbe stato meglio dire: aveva provato a chiedere a Viktor in che condizioni versasse il corpo di Isabella, ma il russo non aveva saputo – o forse voluto – riferirgliele. Le uniche informazioni che aveva riguardavano suo padre.
Non riusciva davvero a trovare una spiegazione.
Con tutte quelle domande per la testa, anche in quel momento sull’uscio della locanda, Yuri si chiese se stesse seguendo la direzione giusta. Era l’unica pista a sua disposizione, però. Si sentiva in colpa per non aver parlato a Viktor delle proprie intenzioni, tanto era abituato a pianificare e condividere con lui qualsiasi cosa, ma era abbastanza sicuro che conoscendo le sue intenzioni, il russo l’avrebbe ostacolato.
L’unica cosa che Yuri aveva saputo da Leo era che una persona del passato di Viktor era ancora viva. E Yuri sapeva che del passato di Viktor nessuno era in vita, almeno secondo i racconti del russo. Non credeva che avrebbe mai potuto mentirgli, non riguardo a qualcosa di simile, perciò si convinse che fosse completamente all’oscuro di dove fosse quella persona.
Per un istante Yuri si era chiesto se non fosse Leo a prenderlo in giro, ma quando gli aveva detto che l’uomo in questione si chiamava Yakov aveva capito che non si trattava di una beffa: Yakov era, per quanto stupefacente e inspiegabile, ancora vivo.
Era stato proprio Leo a combinare quell’incontro. Gli aveva detto che l’uomo si trovava a Londra e aveva fatto in modo di dare appuntamento ad entrambi lì, dove nessuno li avrebbe ascoltati.
L’unica condizione che Yakov aveva posto era che andasse lì da solo e che non rivelasse assolutamente nulla a Viktor.
Yuri sperava gli spiegasse il perché.
Fece scorrere lentamente lo sguardo sui presenti. Leo gli aveva detto di cercare un uomo visibilmente sfregiato sul lato destro del viso.
Considerando il numero di presenti non fu facile riuscire ad ispezionare il volto di ognuno di loro, soprattutto se fissarli per più di una manciata di secondi significava guadagnarsi occhiate innervosite. Dopo qualche attimo di ricerca individuò una notevole cicatrice e non ebbe dubbi: aveva trovato la persona che stava cercando. Il volto dell’uomo non corrispondeva esattamente alla descrizione che Viktor gli aveva fornito anni prima, però.
Iniziò a camminare verso il tavolo, leggermente in disparte rispetto agli altri.
L’angolo in cui era sistemato era buio, quasi sotto le scale che conducevano al piano superiore. Sopra di esso pendeva una rete da pesca che in passato doveva essere stata un ornamento, segregata lì essendo ormai sbrindellata e consunta.
« Voi siete Yakov…? »
L’uomo alzò lo sguardo dalla propria pinta di birra e lo fissò.
« Il ragazzino che mi è venuto a parlare ha detto che ti avrebbe fatto capire come riconoscermi e credo sia ricorso alla cicatrice », rispose, spiazzando Yuri. « Dunque, vedi qualcun altro sfregiato allo stesso modo? »
Yuri rimase in silenzio e si strinse nelle spalle, senza sapere come rispondere. Optò per presentarsi.
« Ad ogni modo, io sono… »
« Sì, tu sei Yuri e io sono Yakov », disse, annoiato. « Adesso siediti: dai nell’occhio stando in piedi. »
Era davvero scostante come Viktor gli aveva raccontato.
Ubbidì rapidamente e si sedette di fronte a lui.
« Londra viene dipinta come la capitale del lusso, onestamente mi domando come facciate a bere roba così scadente », si lamentò. « Non ha nulla a che vedere con la vodka. »
Yuri osservò l’uomo. Viktor gliel’aveva descritto una volta: era riuscito davvero a dipingerlo in maniera accurata, tralasciando l’aspetto del suo viso.
Sicuramente quello che aveva indosso non era lo stesso giaccone sgualcito di cui gli aveva parlato Viktor, ma l’aspetto trasandato che si era figurato con le sue parole permaneva. Così come permaneva il cappello dei racconti di Viktor, che Yakov aveva calcato sul viso anche in quel momento.
« Temo che quello che state bevendo valga ciò che lo avete pagato, signore. »
Il volto burbero di Yakov cambiò prima in un’espressione sorpresa, per poi permettere alle labbra di incresparsi in quella che parve l’ombra di un sorriso divertito.
« Ad ogni modo non sono qui per chiacchierare », disse l’uomo. « Hai qualcosa da chiedermi, o sbaglio? »
Yuri annuì rapidamente, come per timore che l’uomo potesse scegliere di alzarsi e lasciarlo lì con tutti i suoi dubbi.
Aveva davvero molte cose da domandargli, anche perché avesse voluto vedere Viktor, ma decise di dare una rigida priorità a tutte le spiegazioni che voleva richiedere.
« Leo ha letto la mano di Viktor, qualche giorno fa. So che forse vi sembrerà sciocco, ma… »
« Una persona che mi trova e dice di sapere come mi chiamo, chi sono e che dovrei essere morto, senza che l’abbia mai vista prima, o è una brava spia o è davvero veggente. »
Yuri sentì i nervi tendersi.
« Potreste lasciarmi finire di parlare, per cortesia? »
L’uomo guardò Yuri in silenzio e alzò le spalle.
« Sapete che Viktor lavora in un circo, giusto? »
L’uomo rispose con un cenno, anche se parve sul punto di rispondere con un nuovo commento scostante.
« Bene. Ne sapete qualcosa? Anche i dettagli più insignificanti andranno bene », cominciò. « Stanno capitando delle cose strane, ci sono stati degli incidenti e Viktor mi ha parlato di un assassino… »
Ancora una volta Yuri venne interrotto, ora da una risata sommessa.
« Un assassino? È questa la scusa che ti ha rifilato? » chiese. « Non che il termine sia sbagliato, ma direi che è riduttivo. »
« Pensate che Viktor sappia chi è? »
« Oh, non solo sa chi è, ma sa anche come uccide le sue vittime. E questo non vale solo per lui, ma anche per il resto dei suoi colleghi. »
Yuri schiuse le labbra, sorpreso.
« E voi lo sapete? »
« Il direttore. »
« Il direttore? Ma non… »
« Ragazzino, se pensi di saperne di più di me allora perché sei venuto a cercarmi? »
Yuri si morse il labbro e scosse rapidamente la testa.
« Anche mio padre è morto lì, io credevo che… »
Si interruppe, consapevole di non avere idea di come concludere la frase.
Yakov parve ammorbidirsi a quella notizia, ma nascose ogni mutamento nel proprio sguardo dietro il boccale di birra, bevendone un sorso.
« Prima ti ho detto che non ho reputato sciocco che il tuo amico, Leo mi pare, mi avesse trovato dicendo di essere un veggente », cominciò, scrutando il viso di Yuri. « Se ti dicessi che è perché esiste qualcosa di ben più strano del suo potere, mi crederesti? »
Qualche anno prima Yuri avrebbe scosso la testa, forse si sarebbe alzato per andarsene, convinto di parlare con un folle. Quella sera gli venne spontaneo annuire, trattenendosi dal tentare di sciogliere il nodo che aveva in gola.
Era come se avesse respirato qualcosa, intorno a Viktor e a quel circo, che lo aveva reso inconsciamente consapevole che c’era qualcosa di davvero strano.
« Conosci Viktor da… cinque anni giusto? »
Yuri lo guardò sorpreso e al contempo confuso, ma decise di domandargli successivamente come lo sapesse, se davvero non aveva più avuto a che fare con il russo.
Annuì.
« E il direttore ti è mai sembrato invecchiato? »
Yuri ci rifletté per un attimo. Quando l’aveva conosciuto, il primo anno che Viktor aveva trascorso a Londra, Yuri aveva pensato che quell’uomo fosse piuttosto in là con gli anni, incartapecorito dall’età. Cinque anni dopo sarebbe dovuto sembrargli quantomeno più ingobbito sotto il peso del tempo, non identico.
Scosse la testa.
« E dimmi, ti ricorda qualcuno in particolare? »
Yuri si chiese se anche Yakov non fosse una sorta di veggente, capace di fargli le domande giuste, su cose su cui già aveva riflettuto.
« Ogni volta che lo vedo noto qualche somiglianza con mio padre, ma… »
Sgranò gli occhi. Forse iniziava a capire.
« Viktor lo ha visto, prima dell’incendio che c’è stato al nostro circo », spiegò. « Mi ha detto che mi assomigliava. »
Yuri lo ricordava: Viktor aveva detto una cosa del genere anche a lui, quando gli aveva descritto l’aspetto di Yakov. Quel paragone lo aveva portato a credere che  Yakov sarebbe stato piuttosto simile a suo padre, allora, ma quando l’aveva visto, entrando nel locale, non aveva riscontrato poi chissà quali somiglianze né con il direttore, né con suo padre. Aveva dato la colpa alla cicatrice.
« Viktor me lo ha detto. »
« Sono sicuro che se chiedessi a qualcun altro gli ricorderebbe una persone diversa. A me, ad esempio, ricordava il mio, di padre. »
Yuri serrò le labbra in una linea. Non aveva davvero idea di dove quella spiegazione sarebbe potuta arrivare e la cosa terribile era che in quel momento, con quelle prove, qualsiasi possibilità gli sembrava ragionevole.
« Ma come può un uomo così anziano uccidere tutte quelle persone senza nemmeno un aiuto…? » domandò. « Mio padre non aveva nemmeno un segno sul corpo, quando l’hanno trovato. Hanno parlato di un malore. »
Immaginò una risposta e gli fece accapponare la pelle.
« Quell’uomo non invecchia e le sue vittime non muoiono per ferite fisiche. »
Yuri sgranò gli occhi.
« Un… mostro? »
Yakov rispose con un piccolo cenno del capo.
« Ma allora perché Viktor è vivo? Perché tutti i ragazzi che lavorano lì stanno bene? »
« Perché per ora stanno bene, vorrai dire », rispose, il tono grave.
Pensare che Viktor fosse in pericolo doveva intimorire anche lui.
« Quell’uomo, o mostro, direi che è più adatto, deve seguire delle regole », spiegò. « Può mietere vittime solo tra gli spettatori e non può sperare di averne senza degli attori. »
« Ma perché gli inviti, a questo punto? »
« Perché ci sono persone più appetitose di altre, suppongo, o più portate a cedere. Questo dovresti chiederlo a lui. »
Yuri scosse la testa. Sentì le mani tremare e le tenne accuratamente nascoste sotto il tavolo.
« Continua pure… » disse, troppo scosso per ricordare le buone maniere.
« I suoi attori sono dei bonus. Ci stringe dei patti, un desiderio in cambio di un certo periodo passato a lavorare per lui. Le condizioni cambiano in base alla richiesta, in base a come gli sembra più divertente gestire la cosa. Quando il patto scade, o se l’altro contraente non rispetta le regole, allora lo uccide. »
L’idea che Viktor avesse chiesto qualcosa, qualcosa che Yuri non sapeva a chissà quali condizioni, lo fece precorrere interamente da un brivido. Che anche JJ fosse arrivato al capolinea del proprio contratto? O forse era parso inutile al direttore, che l’aveva ucciso?
« C’era un uomo che lavorava al circo. Viktor mi ha detto che era stato sfregiato, ma non ho mai visto nessuna ferita », spiegò Yuri. « Viktor ha parlato di trucco e altre sciocchezze, ma… potrebbe essere stato il direttore? »
« Ah, avrei qualcosa da chiedergli allora », scherzò. « Sì, potrebbe essere stato lui. »
Yuri si passò una mano sul volto pallido di preoccupazione e paura.
« Sai che cosa ha chiesto Viktor? »
« Non gli ho più parlato dopo l’incendio, o non penserebbe che io sia morto », rispose.
Viktor non gli avrebbe mai parlato della propria richiesta. Yuri si sentì tanto spaventato da credere che avrebbe anche potuto piangere lì, di fronte a quel perfetto sconosciuto.
« Non ti ha davvero mai parlato di nulla? » insistette Yakov.
« È sempre stato piuttosto misterioso in merito », mormorò Yuri. « Ogni volta che era sul punto di rivelarmi qualcosa si fermava sempre, insistere non è servito. »
« Se conosco Viktor, nonostante gli anni passati, avrà pensato sicuramente di poter gestire la cosa da solo », lo giustificò. « Probabilmente avrà temuto anche che tu potessi reputarlo un mostro per ciò che la gente subisce con il suo aiuto. »
Yuri digrignò i denti. Viktor gli aveva mentito, aveva omesso tantissime cose e ancora si chiedeva se non avesse altri segreti, ma Yuri si fidava di lui: con quelle scoperte non lo riteneva responsabile della morte di suo padre, non lo incolpava.
Gli era solo terribilmente grato per averlo sempre protetto.
« Viktor è entrato in quel circo quando vi ha persi, non è un assassino. »
Tra di loro calò in silenzio.
Yuri si sarebbe scusato per il proprio scatto, in condizioni normali, ma in quel momento nemmeno ci pensò.
« Come sai tutte queste cose? » domandò.
Yakov approfittò di quel cambio di argomento per allontanarsi dalla situazione di stallo in cui si era trovata la loro discussione dopo lo sfogo di Yuri.
« Dei patti mi ha parlato il direttore stesso. È venuto da me, una volta. Sai è lui ad offrirsi di aiutarti, dato che nessuno dovrebbe essere a conoscenza di come funzionano le cose. Per questo Viktor l’ha visto. Cerca di farti credere che sia tu ad aver disperatamente bisogno di lui, quando invece è anche il contrario », spiegò. « Per il resto posso dirti che le leggende russe sono piuttosto fantasiose e a quanto pare anche fondate, in certi casi. »
« Parlano di un modo per fermarlo? »
Yakov scosse la testa.
« Potrebbe anche esserci, però. »
Se esisteva un metodo l’avrebbe trovato, ma prima doveva parlarne con Viktor.
« Solo un’ultima cosa », mormorò. « Perché non hai voluto incontrare Viktor? »
« Alle volte è meglio che i morti rimangano tali », rispose, cupo. « Ho pensato che sarebbe stato più al sicuro lì, ma nonostante tutto ho preso a spostarmi seguendo il circo, come per tenerlo d’occhio a distanza. Quel ragazzo è sempre stato capace di fare le scelte peggiori. Davvero, non fidarti di tutto ciò che ti dice: spesso si obbliga pur di fare quello che gli sembra giusto per far star meglio tutti, anche quando magari non lo è. » Yakov sbuffò. « E poi avrei dovuto rivangare troppe cose, cose che lo avrebbero fatto sentire in colpa. »
Yuri lo fissò negli occhi. Le sue iridi castane brillarono di risolutezza.
« Quelle cose », cominciò. « Può dirle almeno a me? »
 
*
 
« Viktor, dobbiamo parlare. »
Yuri era l’ultima persona che Viktor voleva vedere, in quel momento. Non perché non desiderasse averlo davanti, ma perché sapeva di non poterlo avere davanti, perché non voleva parlare di nulla.
L’incedere del ragazzo normalmente lo avrebbe incuriosito, ma era così stanco, ricurvo sotto il peso di tutti i pensieri che lo stavano accompagnando che tentò di non farci caso per non dover rimuginare su altro.
Gli occhi del giapponese lo notarono subito e parvero scrutarlo allarmati per un secondo, lasciando subito posto, di nuovo, ad una fiammeggiante risolutezza.
Che fosse arrabbiato?
« Anche io ti devo parlare, Yuri. »
Il ragazzo parve sorpreso, ma non si scompose troppo, o almeno tentò di non farlo. Quel ruolo non era il suo, ma a parere di Viktor stava riuscendo ad interpretarlo alla perfezione.
Gli fece un piccolo cenno del capo, per farlo proseguire.
« Ci ho pensato tanto », cominciò il russo.
era impossibile fare in modo che la sua voce non tremasse almeno un poco.
« Perciò è una mia decisione, non la cambierò. »
Yuri lo fissò dritto negli occhi.
Sapeva cosa Viktor voleva dirgli. Sapeva ormai qual era il suo grande segreto, proprio per questo era lì.
Dopo anni aveva deciso finalmente di aprirsi e Yuri non avrebbe potuto esserne più felice.
Non gli interessava che i suoi sforzi per scoprire tutto fossero stati vani, ora che sarebbe stato il russo a dirgli tutto.
Avevano la possibilità di affrontare ogni cosa insieme.
Yuri già si vedeva, con le mani sul viso di Viktor a ringraziarlo per ciò che gli aveva rivelato, a baciarlo dicendogli che insieme ce l’avrebbero fatta, che dovevano farcela. Che non era solo, che lui ci sarebbe sempre stato.
« Finiamola qui, Yuri. »
La mente di Yuri si svuotò. Il suo cuore, tutto. Fu quasi come se l’ossigeno fosse sparito, perché gli parve di soffocare.
Il terreno franò sotto i suoi piedi, le vertigini lo fecero barcollare.
Mosse un passo indietro per recuperare l’equilibrio, o forse per allontanarsi da Viktor.
No, no, no.
Viktor non lo stava lasciando, giusto?
Le labbra schiuse, secche, non lasciavano uscire alcun suono. Yuri pensò di essersi scordato come articolare le parole e ancor prima di quelle un qualsiasi pensiero, anche il più semplice.
« Cosa…? »
Viktor si sentì morire. Quegli occhi smarriti di solito guardavano gli altri e si aggrappavano ai suoi perché lo difendesse. Non era lui la causa di tutto quel dolore, di quella solitudine. Non era lui a far soffrire Yuri.
« È meglio finirla », ripeté. « Tra due giorni ci sarà il mio ultimo spettacolo, partirò e tu sarai solo un’altra volta. Non è stato facile farla durare per cinque anni, ma questa relazione sta diventando… »
Yuri sperò che non la definisse, che si fermasse, che non parlasse dell’amore che aveva coltivato tanto gelosamente in modo negativo. Non lui, non Viktor.
« Sta diventando un peso morto. »
Un singhiozzo. Yuri non era riuscito a trattenerlo, nemmeno portandosi una mano alle labbra. Le lacrime iniziarono a scorrere rapidamente lungo le sue guance, scivolando tra le dita, bagnando le labbra e arrivando al mento.
« Perché, Viktor? »
Il russo si voltò, muovendo qualche passo. Avrebbe voluto stringere Yuri e spiegargli il perché delle proprie parole. Avrebbe voluto asciugargli il viso e spiegargli che non era un mostro, che voleva solo il suo bene, che non l’avrebbe mai lasciato. Si sarebbe rimangiato tutto.
« Guardami! » gridò, tra i singhiozzi.
Viktor non riuscì a non voltarsi. Yuri stava crollando, ed era tutta colpa sua.
« Calmati. »
Stava cercando di essere il più freddo possibile perché lo odiasse ancora di più.
« Calmarmi?! Come potrei calmarmi?! » Si passò una mano sul volto, strofinando il palmo sulla pelle arrossata dal pianto. « È per il circo, vero? È per questo, sì… »
Il russo aggrottò le sopracciglia, senza capire.
« È perché me ne andrò di nuovo, te l’ho già dett-… »
« Smettila di prendermi in giro, non sono un’idiota! » urlò, furioso. « So tutto ormai, so cosa succede qui! So perché ci lavori, so ogni cosa… »
Viktor si bloccò. Non sapeva come, non sapeva chi. Pensò a Phichit, ma decise che in quel momento l’identità di chiunque avesse parlato con Yuri non gli importava.
« Cosa sai, Yuri? » domandò, avvicinandosi di un passo.
Doveva capire quanto ciò che aveva scoperto potesse metterlo a rischio.
Vedendo che il ragazzo non si ritirava azzardò a portare le mani sulle sue spalle.
Il solo tocco delle mani di Viktor parve rincuorarlo, ma Yuri non riuscì a non tremare.
« Prima dimmi se è per questo che mi vuoi lasciare o… se è perché non mi ami », sussurrò.
Viktor sospirò appena.
« Yuri… »
« Rispondi e basta! »
Calò il silenzio. Viktor si rese conto di aver combinato un disastro che probabilmente non poteva riparare.
« Viktor, fermo, non ci provare! »
Entrambi si voltarono in direzione di Yuri Plisetsky, che correva verso il casolare dove erano soliti incontrarsi.
Osservò il volto di Yuri e anche il suo parve incupirsi.
« Lo hai già fatto?! »
« Non so di cosa stai parlando », lo liquidò Viktor. « Comunque sono cose che non ti riguardano. »
« Mi riguardano invece, cazzo! » ringhiò il ragazzino, voltandosi verso il giapponese. « Questo idiota non vuole lasciarti, se lo ha già fatto. E se non l’ha fatto, beh, pensava di arrivarci. » Tornò a fissare Viktor. « Christophe se lo è lasciato sfuggire. »
Yuri, ancora con le mani di Viktor sulle proprie spalle, alzò lo sguardo verso gli occhi glaciali dell’uomo. Viktor non riuscì a guardarli a lungo.
Quanto poteva essere debole?
« È vero », confermò, distogliendo lo sguardo. « Perdonami, io… credevo che fosse la cosa migliore. »
Si sarebbe dovuto arrabbiare o meglio, avrebbe potuto farlo. Voltarsi e far spaventare Viktor, farsi inseguire, ma non era da lui.
Riusciva solo a pensare al fatto che grazie al ragazzo che tentava con tutto se stesso di mostrarsi menefreghista davanti a tutti, la minaccia che lui e Viktor si lasciassero era stata sventata.
Yuri scosse la testa e gli accarezzò una guancia. Il cuore gli martellava ancora con forza nel petto, per il terrore.
« Che cos’è successo davvero? » domandò con voce tremolante.
Viktor si trattenne dal tirare un sospiro di sollievo.
« Ci sono stati degli incidenti. Sai già di Isabella e JJ, ma poi anche Otabek si è ferito. Hanno iniziato tutti a dire che stavo mettendo a repentaglio la sicurezza di tutti per proteggere solo te e… Dio, continuerei a farlo per tutta la vita, Yuri. Ma non sei davvero al sicuro, non lo sei. »
Yuri si passò una mano sul viso, tentando di calmarsi.
« Digli tutto, Viktor. Mi sono stufato di questi segreti, ti stanno uccidendo. »
Viktor scosse la testa.
« Yuri lo ha scoperto », rispose.
Osservò il volto del ragazzo e portò una mano sul suo viso. Lo accarezzò con la punta delle dita, raccogliendo le lacrime. Yuri spinse il viso contro la sua mano.
Avrebbe dovuto essere arrabbiato, ma Yakov lo aveva avvisato: gli aveva detto cosa Viktor sarebbe stato in grado di fare pur di gestire tutto da solo.
« Cosa vuol dire che lo ha scoperto? »
Viktor cercò con più attenzione gli occhi del giapponese.
« Quando mi hai portato a leggere la mano, vero? »
« Ho scoperto con chi parlare così, sì », rispose.
Accennò un piccolo sorriso di scuse e Viktor capì che forse la loro situazione si era salvata, il tutto grazie al piccolo biondino arrabbiato con il mondo che diceva di infischiarsene degli altri.
« Dio, sei diabolico… » sussurrò, prima di stringerlo per schioccargli un bacio sulla fronte.
Le uniche persone che pensava potessero riferirgli qualcosa erano Yura e Christophe, però. Nemmeno Phichit sapeva abbastanza.
Chi era stato?
« Lo ammetto, Katsuki. Non ti facevo così… »
Parve cercare il termine giusto.
« Sta cercando di farti un complimento, credo », scherzò Viktor.
Yuri si lasciò andare ad una piccola risata, un po’ tirata, ma comunque sincera.
« Grazie, Yuri. »
Non era solo per quel complimento, era per tutto. Il biondo borbottò qualcosa, voltandosi. Farfugliò anche qualcosa circa quanto fosse stato fondamentale affinché la loro melensa storia d’amore non si concludesse.
A quel punto il sorriso sul volto di Yuri si spense. Batté Viktor sul tempo, prima che gli chiedesse qualsiasi cosa.
« Ti devo raccontare un po’ di cose, Viktor », mormorò. « Ma è meglio se ti siedi. »
 
*
 
Erano riusciti a rimanere soli dopo non poche proteste da parte di Yura. Non si stava semplicemente facendo gli affari loro, era indubbio che volesse aiutare, ma Yuri per primo aveva suggerito che sarebbe stato meglio non renderlo partecipe.
Ciò che aveva da dire a Viktor avrebbe decisamente potuto scuoterlo e temeva la sua reazione al punto tale da voler essere l’unico a vederla.
Erano entrati nella solita catapecchia, Viktor seduto sul bordo del materasso logoro e Yuri di fronte a lui, su una sedia.
Aveva ancora gli occhi arrossati e gonfi per il pianto e ogni volta che il russo ricordava il perché sentiva una tremenda pugnalata al petto.
Era tutta colpa sua, solo perché non aveva voluto essere sincero.
Il giapponese si chinò in avanti, prendendo le sue mani tra le proprie.
« Anche di quello che sto per dirti mi ha parlato la persona che mi ha dato le informazioni sul circo », sussurrò. « La conosci, Viktor. Ti dirò chi è, se vuoi, ma non posso fartela incontrare. Mi aveva chiesto di non dirti nulla, ma non lo trovo giusto. »
Viktor avrebbe voluto poter dire che la sua era solamente curiosità, ma non era vero. Era preoccupato, timoroso di scoprire chi avesse parlato a Yuri, perché nessuna idea razionale o indolore per lui si stava facendo strada nella sua mente.
Si limitò ad annuire e Yuri prese un respiro.
« Ho incontrato Yakov, Viktor. »
Per quanto poco Viktor amasse parlare del proprio passato, quasi tutti sapevano che ruolo avesse avuto nella sua vita quell’uomo. Yuri comprese perfettamente perché gli occhi del russo si fossero sgranati e fossero rimasti puntati nei suoi come se avesse visto un fantasma.
Rimase imbambolato per qualche attimo.
« Viktor? » lo chiamò infine Yuri.
Senza ricevere risposta, il giapponese portò una mano sulla guancia dell’uomo.
« Viktor, tesoro… »
Solo a quel punto le iridi glaciali del russo parvero riprendere vita, farsi smarrite, confuse.
« È morto, Yuri, non puoi averlo visto… »
Yuri aveva temuto fino a quel momento che Viktor potesse arrabbiarsi, sentendosi preso in giro. L’avrebbe capito, sarebbe stato giustificato. Fu grato nel rendersi conto che non stesse accadendo nulla di tutto ciò.
« Lui no, Viktor. Credimi. » Parlava piano, come per non urtare l’instabile tranquillità di Viktor. « Mi ha spiegato ogni cosa, del perché il tuo circo è scomparso. Dell’incidente. » Mosse un pollice lungo la sua guancia, spostandosi al suo fianco, sul letto. « Vuoi che te lo racconti? »
Il russo annuì, lentamente. Non riusciva davvero ad esprimersi con qualcosa che non fossero gesti.
Prima che Yuri potesse parlare Viktor afferrò la sua mano. La strinse nella propria, come a cercare una forza che sentiva di non avere. Aveva davvero cercato di allontanare la sua fonte di energia? Era stato un pazzo.
« Non è stato un incidente », premise, dopo aver riordinato le idee per rendere quella tortura più rapida possibile.
Sapeva già che non sarebbe stata anche indolore.
« L’incendio di quella notte, intendo. Yakov aveva ricevuto un’offerta dal signor Veselov. Per questo sapeva come funzionano le cose, qui. Sapeva dei patti, delle richieste e di come ripagare il direttore. »
Allora Yuri aveva davvero scoperto ogni cosa.
« Però si è rifiutato e gli ha detto di andare al diavolo, di lasciare in pace lui e chiunque lavorasse nel suo circo. »
Yuri controllò l’espressione di Viktor. Era sempre più cupa. Passò le dita tra i suoi capelli, attirandolo a sé lentamente.
« Quindi Veselov ha appiccato quell’incendio. » Dovette deglutire prima di continuare. « Ma Yakov si è salvato. »
« E anche io », sussurrò Viktor, abbassando il capo.
Yuri gli prese il viso tra le mani per farlo voltare. Sapeva cosa stava pensando, ne era sicuro.
« Ti ha raccolto come trofeo, Viktor. Non ha progettato tutto solo per te, non devi sentirti in colpa o responsabile. »
Il colorito normalmente pallido del russo era se possibile più cadaverico. Le labbra erano serrate in una linea e l’unica mano libera stretta a pugno.
« Tutte le volte che sento di quell’incidente ringrazio che tu ti sia salvato e non ho smesso di farlo nemmeno quando ho saputo questo », tentò di rincuorarlo Yuri. « Anche Yakov. Avrebbe voluto dirti lui tutte queste cose, ma temeva che potessi subire delle ripercussioni, per anni ha seguito il circo senza farsi vedere. »
Viktor si alzò rapidamente. Yuri credette di averlo visto barcollare, ma quando il russo iniziò a camminare per la stanza capì che sarebbe stato meglio lasciarlo libero di muoversi.
Era scosso, come avrebbe potuto non esserlo? Era arrabbiato, furioso. Quella ferita non si sarebbe mai rimarginata, avrebbe continuato ad essere aperta e a far male, ma in quel momento fu come essersene procurata un’altra esattamente nello stesso punto.
Quando Viktor si voltò verso Yuri, una lacrima aveva rigato la sua guancia. Yuri schiuse le labbra e si alzò.
« Dov’è lui adesso? Lo voglio incontrare. »
« È partito, Viktor. Per l’America. Gli mancavano dei soldi per il viaggio. Ha detto che sarebbe partito quando avrebbe trovato qualcuno capace di occuparsi di te e… dopo avergli parlato ha deciso di partire. Ho aggiunto io quello che gli serviva », spiegò. « Ho pensato che sarebbe stato più al sicuro, lì. »
Yuri avrebbe dovuto consultarlo anche per quello. Non sarebbe stato giusto nei confronti di Yakov, ma aveva appena permesso che una parte del passato di Viktor se ne andasse.
Si aspettò una sfuriata, si chiese se sarebbero stati in grado di gestire qualcosa di simile in un momento come quello.
Viktor annuì e si avvicinò. Con enorme sorpresa di Yuri, lo strinse. Avrebbe potuto dirgli di avvisarlo, chiedergli perché si fosse immischiato in questioni che non lo riguardavano.
Invece Viktor lo strinse e poggiò le labbra sulla sua fronte.
« Grazie. »
Yuri oppose resistenza alla sua presa solo per poter alzare lo sguardo. Viktor gli sorrise appena.
Sapeva che vedere Yakov lo avrebbe devastato, perché comunque non sarebbero rimasti insieme Poteva almeno sperare di incontrarlo in futuro, di risolvere le cose e di parlargli una volta al sicuro.
« Ho già coinvolto te in questa faccenda, non avrei sopportato che anche lui morisse… per questo. » Baciò a stampo le labbra di Yuri. « Grazie per averlo salvato. »
Il giapponese scosse lentamente la testa, asciugando le nuove lacrime che si stavano formando agli angoli degli occhi di Viktor. La sua voce non tremava, il suo viso non sembrava più così sconvolto, ma era la prima volta che abbassava le sue difese in quel modo.
« Yuri? » domandò, affondando il viso nella sua spalla. « Voglio uccidere quel figlio di puttana. Ci deve essere un modo, lo voglio trovare. »
Yuri si lasciò sfuggire uno sbuffo di risata per il modo in cui Viktor si era concesso di essere rude, perché non credeva che si sarebbe ripreso tanto in fretta. La vendetta non era qualcosa a cui aveva mai pensato, non la contemplava, pensava fosse sbagliata.
Non voleva uccidere quel mostro solo per vendicare suo padre. Voleva farlo per difendere chi ancora era in vita.
« Non sei da solo, Viktor. Forse lo sei stato, ma non questa volta », disse. « Hai passato gli ultimi anni a proteggermi, voglio fare lo stesso. Ti aiuterò. » Esitò per un attimo. « Devi lasciare che io ti aiuti, non è una richiesta. »
Viktor alzò lo sguardo. Tutte le volte che aveva tentato di proteggere Yuri, di tenerlo all’oscuro, di fare in modo che fosse al sicuro gli passarono davanti agli occhi. Era giusto vanificare anni di sforzi acconsentendo?
Tutti quei dubbi vennero scacciati dal ricordo del sorriso caloroso del ragazzo, lo stesso che gli stava rivolgendo in quel momento, che gli rivolgeva ogni volta che tornava a Londra.
Lo aveva perdonato nonostante il suo grossolano tentativo di risolvere le cose, gli aveva reso le cose più difficili e poi grazie a Yura non si era concluso nulla. Grazie a Dio.
Yuri era l’unica ragione per cui Viktor aveva smesso di trascinarsi lungo il proprio percorso, si era scordato dei rimorsi e dei sensi di colpa.
Aveva sempre saputo che era forte, forse lo era addirittura più di lui. Lo aveva visto più volte nei suoi occhi e lo vedeva anche in quel momento. C’era in gioco la vita, ma Yuri non sembrava spaventato.
Da solo Viktor si sentiva debole, ma con lui accanto le cose potevano cambiare.
« Come posso oppormi se hai già deciso, moya lyubov’? Sai che odio farti arrabbiare », tentò di scherzare.
« Davvero? Perché i miei nervi sono stati messi a dura prova, poco fa. »
Rise anche Viktor, solo perché per un momento tentò di convincersi che tutto poteva andare bene. Era solo una nuova situazione a cui entrambi dovevano abituarsi.
Viktor glielo doveva. Doveva rispettare quella sua volontà.
« Ci serve un piano, l’ultimo spettacolo è domani », mormorò. « Ma è meglio che prima ti parli del mio patto. »
   
 
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