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Autore: Tec6    23/05/2017    0 recensioni
“Io sono Reman, un allenatore mediocre che cerca di vivere al giorno; mi è stato portato via tutto, i beni materiali, la mia vecchia vita e persino la mia dignità; ma per quanto possa essere ardua la mia vita, c’è una cosa che non potranno mai togliermi: la volontà… La volontà di sopravvivere!”
Questa è la prima storia che scrivo, quindi siate clementi. Comunque ogni critica è ben accetta, se costruttiva
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Era passata appena una settimana da quando avevo iniziato a viaggiare assieme a Yvonne e avevo già imparato molte cose, anche se ero ancora lontano dal suo livello.
Eravamo in procinto di rientrare a Luminopoli dopo che eravamo tornati da Castel Vanità. Anche degli allenatori di pokemon come noi meritano di fare una pausa.
“Yvonne, a te è piaciuto visitare il maniero Sottotono?” le chiesi timido. “Certo Reman; anche se a volte sembravi esserti distratto” rispose ridacchiando. Ciò di solito mi avrebbe disturbato ma questa volta non lo fece, anzi fece sorridere anche me. Per un istante la sua risata mi parse il suono più rasserenante del mondo.
Rientrati in città ci aspettammo il solito caos costituito da rumori di ogni genere, voci indistinte di persone che si sovrapponevano facendo sentire solo una brodaglia di suoni confusi. Adoravo quella città per questo, perché era proprio quel caos che la rendeva perfetta ai miei occhi, tante persone con idee diverse che in un modo o nell’altro riuscivano a coesistere; non avevo mai guardata da questo punto di vista, stare vicino a Yvonne aveva decisamente aperto la mia mente a nuovi orizzonti.
Luminopoli era passata dall’essere la prigione della mia vita alla sua alcova, perché da lì sarei potuto arrivare ovunque in quanto allenatore.
“Reman visto che siamo qui vicino io andrei a fare una visita al professor Platan” mi disse “tu nel frattempo arrangiati”. Andò in direzione del laboratorio senza neanche lasciarmi dire nulla; in fondo non sarebbe stata lei se non fosse stata cinica e sfacciata con me. Una volta arrivata si avvicinò alla porta del laboratorio che fungeva anche da casa del professor Platan ma, bussando alla porta, notò che essa era aperta. Nel bussare aveva aperto la porta notando che l’interno del laboratorio era sottosopra.
“Cosa?!” mormorò un lamento soffocato per poi entrare nell’edificio aspettandosi il peggio. Non fu tanto quello che trovò, quanto quello che non trovò a preoccuparla. Il professor Platan era sparito. Sembrava essere molto in pensiero per Platan, doveva conoscerlo meglio di quanto credessi. Diedi un’occhiata intorno. Era tutto sottosopra, qualcuno doveva aver fatto irruzione nel laboratorio. Ma perché? Cosa avrebbe voluto rubare?
Notai qualcosa che destò la mia attenzione.
“Yvonne ma quella” le dissi indicando il lampadario. A causa della poca luce non si vedeva bene ma illuminandolo riuscimmo a vederlo bene e avremmo voluto non farlo. Ciò che vedemmo fece perdere un battito a entrambi. Un cadavere era stato appeso al lampadario.
“O mio dio!” emise un lamento soffocato “Zatla!”. “La conosci?” “È… era l’assistente del professor Platan, lei …” emise altri lamenti soffocati. Non ce la facevo a vederla in quello stato, per quanto fosse cinica e sfacciata era pur sempre umana e si vedeva che soffriva molto. Forse lo facevo per empatia ma anch’io stavo malissimo, sapevo meglio di chiunque altro cosa significasse perdere una persona cara. Le misi una mano sulla spalla e la guardai con fare comprensivo.
“Reman” richiamò la mia attenzione “il responsabile, devo trovarlo e fargliela pagare”. Ancora una volta la capivo perfettamente, se io avessi avuto l’opportunità di indagare sulla morte di mia madre, non avrei esitato un attimo e l’avrei fatto. L’avrei aiutata.
“Yvonne tu controlla le entrate e cerca di capire da dove è entrato l’assalitore, nel frattempo io controllerò questa stanza per capire cos’altro stessero cercando” le dissi. “Come fai a sapere che l’assalitore ha agito da solo?” “Doveva muoversi rapidamente senza dare nell’occhio quindi era necessario agire in pochi, al massimo una persona e un pokemon di piccola taglia”.
Guardai un attimo il corpo morto di Zatla, non sembrava riportare ferite o graffi nel camice; non era morta per un urto o un taglio subito. Forse era stata avvelenata, ma come?
“Reman hai scoperto qualcosa?” mi chiamò Yvonne. Non le risposi, ero troppo concentrato per sentirla. “Reman sei sordo?!”. “Cosa? Ah.. no niente” le risposi impacciato. Notai un particolare che catturò la mia attenzione. Un telefono per terra. “Quel telefono…” mi presi un attimo per riflettere, doveva appartenere a Zatla, forse l’aveva fatto cadere quando era stata aggredita ma allora non era stata avvelenata? Controllai meglio le tracce li attorno e notai dei graffi su uno scaffale vicino, accompagnati da alcuni mobili distrutti li intorno. Ma certo!
“Credo di aver capito” affermai convinto. “Quindi?” chiese Yvonne con fare apprensivo. “Zatla si trovava vicino allo scaffale quando è stata aggredita e aveva in mano il telefono, poi a un certo punto si è sentita soffocare, probabilmente a causa di un veleno o un’altra sostanza versata di nascosto in un bicchiere che ha usato, ciò l’ha portata ad aggrapparsi allo scaffale e questo spiega il perché dei graffi. Poi quando il professor Platan è tornato, colto di sorpresa, è stato stordito e rapito” spiegai tutto di un fiato. “Perché pensi che sia stato rapito” mi chiese con fare inquisitore. “Perché cos’altro si potrebbe volere da uno scienziato come lui se non le sue ricerche? L’avranno rapito per estorcergli informazioni” le spiegai con una fermezza che sorprese pure me. “Quindi Zatla è morta solo perché tornava comodo a quel bastardo” mormorò. Yvonne raccolse il telefono di Zatla e controllò i messaggi. “Impossibile” mormorò. “Il professor Platan stava facendo delle ricerche sulla megaevoluzione” affermò “è stato rapito per questo”. “Il team Flare, l’ultima volta che ho avuto la sfortuna di avere a che fare con loro, stava cercando informazioni proprio su quello” le risposi.
Mantenendo la sua espressione pensierosa Yvonne mormorò alcune cose che non compresi ma capii comunque che era preoccupata.
La caccia era aperta: avremmo cercato il team Flare e avremmo salvato il professor Platan, l’unico problema era il come visto che non sapevo nemmeno da dove iniziare.
“Il professore non sarebbe tornato qui senza aver preso un minimo di precauzioni, deve aver lasciato un indizio” affermò Yvonne come se avesse percepito il mio dubbio. “Ecco” disse indicando il terreno. C’erano solo dei segni incomprensibili. “È un linguaggio criptato che usa il professore quando vuole parlarmi in privato, e vuole dire: Romantopoli”.
Romantopoli era una città che si trovava a nord della regione di Kalos, esattamente sopra a Luminopoli, dove ci trovavamo.
“Quindi si trova a Romantopoli. In tal caso dobbiamo dirigerci lì” affermai convinto. “Hai così fretta di farti massacrare? Non sei ancora così bravo da permetterti di caricare così a testa bassa” ironizzò. Lei che avrebbe dovuto essere la più scossa.
Partimmo solo al calar delle tenebre, periodo dove non avremmo avuto problemi per quanto riguarda la mobilità, ciononostante dovemmo accamparci a metà strada.
Eravamo seduti intorno a un fuoco improvvisato mantenendo un certa distanza tra di noi, non eravamo proprio buoni amici…  cos’eravamo veramente noi due?
“Yvonne quando hai raccolto il cellulare hai fatto un espressione strana, cosa hai letto?” le chiesi. “Niente: devi smetterla di immaginarti le cose” rispose mettendosi sulla difensiva. Era un tasto dolente a quanto sembrava. “Che persona era Zatla?”. La mia domanda la trafisse come una lancia. Respirò affannosamente per un secondo e poi rispose: “Lei era una donna fantastica, la cosa più simile a una madre che abbia mai avuto, molto più di.. di quanto..” si fermò in un singhiozzo simile a un pianto. Stavolta fui io a sentirmi come trafitto da una lancia: la mia curiosità aveva rifilato il coltello nella piaga, abituato com’ero a pensare solo a me stesso. “Scusa, ho parlato senza pensare” “Non importa”. Rise, vedermi mettere da parte l’orgoglio le aveva fatto capire quanto mi importasse. “Adesso vado a dormire nella mia tenda” disse alzandosi “tu non sbirciare eh, so di essere una ragazza bellissima ma cerca di mantenere un minimo di contegno”. Quanto mi dava sui nervi quando faceva così ma se non altro non era più triste. Ripensandoci non aveva tutti i torti: era cinica ed arrogante ma era molto bella. Scacciai quei pensieri, non mi volevo affezionare così tanto. Cominciai a sentire la stanchezza e andai a riposarmi
   
 
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