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Autore: Himenoshirotsuki    23/05/2017    3 recensioni
Le Jinian, un popolo, una leggenda. Dimenticate dagli umani e anche da tutte le altre razze, questa tribù di quasi solamente donne viaggia da una parte all'altra del mondo. Nascoste agli occhi di ogni mortale, sono le uniche ancora in grado di usare la magia elementale, senza che essa, a lungo andare, le corrompa. Nemeria è solo una delle tante bambine della tribù e non ha niente di speciale. Adora sua sorella Etheram e il suo dolce fratellino Rakhsaan, ama combinare guai e, come tutte le sue compagne, si è sempre esercitata nell'arte della magia e della manipolazione degli elementali che vivono in lei per poter un giorno diventare una Jinian. Ma tutto cambia all'improvviso quando la sua tribù viene attaccata da una banda di briganti, vestiti con un'armatura completamente nera e una maschera bianca a coprir loro il viso. Il destino mette Nemeria davanti a una scelta: diventare un vero guerriero e combattere per sopravvivere oppure vivere all'ombra di ciò che il fato ha scritto per lei.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Fuoco 2

8

Amicizia

"Per raro che sia il vero amore, è meno raro della vera amicizia."
François de La Rochefoucauld

Il risveglio la mattina seguente non fu poi così traumatico. Nemeria sapeva di aver sognato qualcosa di importante, qualcosa che avrebbe dovuto ricordare, ma a parte una sensazione di vuoto e malinconia, per quanto si sforzasse, non le veniva in mente nulla. Provò a chiedere a Noriko se avesse per caso parlato nel sonno, ma lei disse che aveva dormito beata per tutta la notte. Mentre le metteva la crema, Nemeria si domandò se il motivo per cui non si sentiva riposata fosse dovuto al non ricordarsi cosa aveva sognato.
- Stai attenta oggi, guardati sempre le spalle. Dubito che quell'uomo ti venga a cercare alla luce del giorno, però non abbassare mai la guardia, per nessuna ragione al mondo. - le raccomandò Noriko.
Nemeria fece un cenno con la testa per farle capire che l'aveva ascoltata, anche se i suoi pensieri vagavano altrove, persi ancora tra le nebbie oniriche e la febbrile ricerca di un ricordo, che era certa essere fondamentale.
Era così distratta che nemmeno si accorse quando Noriko uscì, o di essersi riaddormentata, finché Altea non fece irruzione nella tenda con la sua solita, fastidiosa allegria mattiniera.
- Buongiorno, scoiattolo! Spero tu abbia riposato abbastanza, perché oggi ci aspetta una luuunga giornata. - esclamò e le si piantò davanti con le mani sui fianchi e il sorriso di una bambina il giorno del suo compleanno, - Ehilà, ci sei? Non puoi continuare ad avere sonno a quest'ora! -
Nemeria sollevò piano la testa e si asciugò il rivolo di bava che le inumidiva il mento e il collo, dandosi della stupida più di una dozzina di volte. Si mise svelta a sedere e rovistò tra i vestiti in cerca di qualcosa da mettersi. Non possedeva molti indumenti – quattro tuniche, tre pantaloni e un paio di pezzi di biancheria spaiata – e cercava sempre di non mettere le stesse cose per più di due giorni. Ormai si era abituata alla puzza, praticamente le sue narici erano diventate insensibili, così come allo sporco, però ci teneva a conservare, almeno in parte, le sue buone abitudini. Hediye era sempre stata inamovibile sull'igiene e la pulizia personale: Etheram aveva sempre obbedito, non le piaceva sentire la sensazione di sudore addosso, mentre con Nemeria e Rakhsaan era stata una battaglia. Suo fratello faceva i capricci e, col suo pupazzo stretto al petto, sgattaiolava fuori dall'acqua non appena Hediye si distraeva; Nemeria, invece, si trasformava in una bambina diligente e disponibile, smaniosa di aiutare i membri della tribù nelle loro mansioni quotidiane. Una volta era persino andata fino alla tenda dell'Alta Sacerdotessa per chiederle se avesse bisogno di una mano per il rituale degli Spiriti. Ridacchiò ripensando alla faccia di quell'odiosa di Ziba e delle sue amiche, quando avevano appreso che Nemeria aveva davvero avuto il coraggio di fare una cosa del genere. Lei si era sentita molto orgogliosa del suo impavido gesto.
All'improvviso ebbe una folgorazione e le mani si bloccarono, la cinghia del sandalo infilata per metà nella fibbia.
- Nemeria? Qualcosa non va? -
Nemeria impallidì, gli occhi sgranati e la gola secca. Nella sua mente si delineò il viso dell'Alta Sacerdotessa, i suoi occhi perlacei appena celati delle lunghe ciglia bianche, e i suoi sensi riprodussero l'intonazione della sua voce intenta a pronunciare parole e frasi che, quasi a farlo apposta, le sfuggivano non appena tentava di afferrarle.
- Tutto bene, sono solo mezza addormentata. Sai che la mattina prima di una certa ora non sono molto reattiva. - mormorò riscuotendosi e abbozzò un sorriso tirato.
- Ah, eccome se lo so! In questo non somigli a uno scoiattolo, loro già alle prime luci sono scattanti e vitali. Forza, siamo già in ritardo! Sappi che non ho mai conosciuto nessuno lento come te. E io di persone ne ho conosciute, eh! Altro che scoiattolo, sei una lumaca! - la risata argentina di Altea trillò nell'aria mentre si accomodava sulla stuoia e le cingeva le spalle, - Dai, dimmi che hai. Si vede che sei turbata. Hai fatto qualche sogno strano? -
Nemeria sbuffò e prese l'altro sandalo. Non poteva dire di averla sognata, della notte prima non ricordava nulla, eppure sentiva nel profondo del suo essere che lo spirito dell'Alta Sacerdotessa era venuta a farle visita.
“Chissà cosa voleva dirmi... ah, se solo sapessi dominare l'aria come mia sorella, forse potrei provare a richiamarla.”
Non sapeva come si sarebbe dovuta sentire, se eccitata perché forse era riuscita a entrare in contatto con uno spirito o triste perché quella era l'ennesima conferma che della sua gente non era sopravvissuto quasi nessuno. Sospirò e si legò la bandana sulla testa con aria afflitta. Poi prese lo zaino e vi mise dentro il barattolino di crema.
Altea lasciò cadere l'argomento, intuendo che Nemeria non voleva parlarne, e la incitò a sbrigarsi. Cercò di non far trasparire la preoccupazione cominciando riempirla di chiacchiere, senza accorgersi che la bambina non la stava ascoltando.
- Sono certa che Kimiya ti sarà simpatica. È una ragazza particolare e magari all'inizio farai un po' fatica a comunicare con lei, ma tu sei intelligente, imparerai presto. Inoltre, anche lei è una gran testona, somiglia molto a Hirad, e visto che ti sei trovata così bene con lui non potrete non andare d'accordo. -
Nemeria curvò le labbra in un sorriso al momento giusto, in modo da mascherare la sua totale ignoranza dell'argomento di conversazione. Quindi si caricò lo zaino sulle spalle e uscì dalla tenda a passo di marcia, seguita dalla Sha'ir. Lasciarsi alle spalle i dubbi era diventato prioritario, prima che la tristezza e il dolore della perdita potessero riaffiorare in superficie.
Il focolare era spento e i tizzoni della sera precedente erano solo dei sassi fuligginosi sfregiati dalle fiamme, con vene annerite ad avvolgerli come una rete di capillari. Chalipa stava lavando le stoviglie sporche, il secchio tra le gambe e lo strofinaccio appoggiato sulla sedia al suo fianco. Non appena le vide, le salutò con un sorriso stiracchiato, ancora sonnolento. Subito dopo, Afareen venne loro incontro con due fagotti.
- Cosa ci hai preparato di buono? - domandò Altea curiosa.
- Per stavolta dovrete accontentarvi del sau bireği, non c'era granché nella dispensa e tutto l'oçma che avevamo l'ho usato per fare dei panini per Dariush e gli altri. Spero che i sau abbiano un buon sapore, la pasta non era fresca e senza uova non è saporita come dovrebbe essere. -
- Saranno squisiti, riesci sempre... -
- “Riusciamo”, plurale! L'aiuto anch'io! - protestò Chalipa.
- Riuscite sempre a tirare fuori il meglio anche da pochi ingredienti. - si corresse Altea, - Piuttosto, perché solo due fagotti? Viene anche Kimiya, ve ne siete dimenticate? -
- Guardate che è proprio qui. Vi ha anche salutate. Siete voi a non esservi accorte di lei. -
Nemeria seguì con lo sguardo la direzione indicata dal dito di Afareen e nel suo campo visivo entrò una ragazza della sua età, forse poco più grande, tutta rannicchiata contro il tronco rovesciato, il viso coperto da un libro più grande di lei. Come se si fosse accorta di essere osservata, Kimiya abbassò il tomo, lo ripose nel suo zaino e si alzò con un sorriso timido che metteva in mostra i denti rotti e quelli mancanti. Quando fu abbastanza vicina, Nemeria valutò che dovesse avere la stessa età di Altea, forse un anno meno, anche se l'eccessiva magrezza e i vestiti larghi nascondevano le forme che, invece, nella Sha'ir era più che accentuate.
- Allora, facciamo le presentazioni. Kimiya, lei è Nemeria. Nemeria, lei è Kimiya, la versione femminile di Hirad. Sa un sacco di cose, soprattutto se ne intende di erbe e medicine. È il nostro medico, diciamo. -
Mentre parlava, Altea gesticolava velocemente, descrivendo delle figure con entrambe le mani, seguite da tutta una serie di espressioni del viso che agli occhi di Nemeria sembravano alquanto buffe. Non riusciva a spiegarsi nemmeno perché sottolineasse così le parole, talvolta sillabandole, quasi stesse intrattenendo un bambino piccolo. Fu solo quando Kimiya rispose nello stesso modo, muovendo le labbra senza che però uscisse alcun suono, che capì che quello era il loro modo di comunicare.
- Dice che non servono le presentazioni, che è impossibile non ricordarsi di te, persino con i capelli rasati. - prima di continuare, si scambiarono un'occhiata che accese lo sguardo di Altea, - Ci tiene a farti sapere che anche così stai molto bene, ma ti preferiva quando avevi ancora i capelli lunghi. -
La ragazza corrugò le sopracciglia e scosse la testa, intrecciando le braccia ossute sul petto con un'espressione bellicosa che causò la ridarella nella Sha'ir.
- Va bene, l'ultima parte l'ho aggiunta io, ma lo pensa anche lei, solo che è troppo timida per dirtelo. E tu non guardarmi così, Kimiya, è la verità! Comunque, Nemeria, non preoccuparti: imparerai facilmente a parlare con lei, basta che ci guardi e ti sarà tutto chiaro. -
- Se lo dici tu...-
- Fidati. Io sono stupida, ci ho messo un sacco di tempo a capire e... ahia! - si ritrasse massaggiandosi il fianco e lanciò un'occhiata torva a Kimiya, che la fissava con disappunto, - Non serviva una gomitata per dirmi che non eri d'accordo. Accidenti, sei tutta pelle e ossa, ma quando vuoi sai picchiare. -
La ragazza arricciò le labbra in un sorrisetto di chi la sa lunga e indicò l'uscita con un cenno del capo.
- Sì, hai ragione, andiamo, siamo già in ritardo. Scoiattolo, come si dice in questi casi? -
- Chi ha tempo non aspetti tempo? -
- No! Col tempo e con la paglia non si maturan le sorbe. Dai, dai, in marcia, tutte e due! Il Quartiere del Ghiaccio si trova a nord-ovest rispetto e noi e dobbiamo attraversare mezza città per arrivarci. -
- Non useremo le catacombe? -
- Sì, ma dobbiamo prima fare una sosta in un certo posto. -
Le fece l'occhiolino e Nemeria, dopo un momento di disorientamento, capì a cosa si riferisse: quella sera Hirad sarebbe tornato a sorridere.
Si inoltrarono nei tunnel che si diramavano verso nord, un intrico di gallerie che Nemeria aveva visto solo di passaggio quando ancora girava con Hirad. Altea si muoveva con la solita naturalezza, e sorprendentemente anche Kimiya era a suo agio, come se avesse battuto quelle strade innumerevoli volte; sembrava quasi conoscerle a memoria, tant'è che alcune volte fu lei stessa a indirizzarle verso la galleria corretta, richiamando la loro attenzione con un semplice gesto della mano o un colpo di tosse.
Ad accoglierle, quando misero fuori la testa dalla grata, fu un'aria quieta e tersa, interrotta solo da un leggero e piacevole cicaleccio che proveniva dalla strada. Altea esaminò circospetta i dintorni, poi diede il via libera e si issarono all'aperto.
- Questo è il famoso Quartiere del Ghiaccio. Lo puoi riconoscere grazie ai colori delle botteghe che, come puoi ben vedere, sono di varie tonalità di blu. Se ti aspetti un vero e proprio mercato come nel resto della città, qui non lo troverai, però ci sono varie botteghe di erboristi, alchimisti e anche medici molto importanti. Talvolta persino la moglie del governatore manda le sue ancelle a rifornirsi qui, Jamal o meno. -
- Chi sarebbe questo Jamal? -
- È il medico personale del governatore, ovviamente. Viveva qui prima che venisse chiamato a palazzo per esercitare la sua professione nella cerchia ristretta della famiglia Evezyan. Ha avuto davvero una grande fortuna e se l'è meritata: per studiare ha quasi perso la vista, poveretto. -
- Ne parli come se lo conoscessi. -
La Sha'ir ammutolì e Kimiya le passò una mano sulla spalla, lo sguardo perso e la bocca atteggiata in una smorfia di disgusto e amarezza.
- Diciamo che quando... lavoravo nel Quartiere del Fuoco era uno dei tanti a occuparsi di noi. Unguenti, pozioni, medicine di ogni tipo, la sua bottega si occupava di rifornirci di tutto ciò che ci serviva per non rimanere incinte o contrarre brutte malattie. -
Nemeria maledisse di nuovo la propria stupidità. Da quando si era svegliata non ne combinava una giusta.
- Non ti intristire, è tutto a posto, la tua era una domanda più che lecita. L'avrei fatta anch'io. - la consolò Altea, le stropicciò le guance e gliele tirò cercando di farla sorridere, - Togliti quel broncio, non sei per niente carina quando hai l'espressione da cane bastonato. Anche Kimiya lo pensa, guarda come si è indignata. Se proprio ci tieni a scusarti, torna allegra e sorridi, chiaro? -
Nemeria guardò l'altra ragazza, che aveva abbandonato la spalla di Altea per incrociare le braccia sul petto, simulando una posa altezzosa e autoritaria che in pochi istanti sortì l'effetto sperato: le labbra di Nemeria si piegarono in un sorriso divertito e presto scoppiò in una sincera risata.
- Oh, così va meglio! Dunque, torniamo a noi. Ci servono un po' di unguenti, giusto? Anche delle bende? - gesticolò in direzione di Kimiya, - Dimmi che hai fatto tu l'elenco di cosa dobbiamo prendere, ieri sera me ne sono completamente scordata. -
Kimiya scosse la testa e tamburellò l'indice sulla tempia.
- Insomma, dobbiamo affidarci alla tua memoria? Non per cattiveria, ma tra me e te non so chi sia più smemorata... -
L'amica le scoccò un'occhiata risentita, sbattendo un piede per terra. La Sha'ir aprì le braccia, dissimulando un sorrisetto.
- Non ti offendere, sai che mi piace prenderti in giro. Hai la mia età, ma ti comporti come Nemeria. -
- Ho dodici anni, solo due meno di te! - protestò Nemeria.
- Ciò non toglie che tu sia piccola e che Kimiya a volte sia infantile. - dichiarò e, ridendo, si scansò prima che la sua amica le piantasse un gomito tra le costole.
C'era una notevole complicità tra loro, una sofferenza simile che si annidava negli occhi e le legava a doppio filo, intaccando solo parzialmente la loro indole frizzante e spensierata. Nemeria le invidiava. Le sarebbe piaciuto avere una persona con cui condividere il dolore, le gioie e i pensieri, qualcuno le cui braccia la sostenessero se si fosse lasciata cadere. Qualcuno come Etheram.
“Beh, ho Noriko. Anche se non è la stessa cosa.”
- Dove andiamo? - si affrettò a chiedere per distrarsi.
- Ci guida Kimiya, conosce questo quartiere meglio di me. Se un giorno avessi bisogno, rivolgiti a lei. - rispose Altea.
Si addentrarono nelle vie claustrofobiche del Quartiere in silenzio, Kimiya davanti a tutti, poi Altea e infine Nemeria. Di tanto in tanto, quando le sue compagne si fermavano per perlustrare la zona, quest'ultima si soffermava a osservare questa o quell'altra insegna. Non c'era granché da vedere. A differenza degli altri quartieri che aveva visitato, non erano presenti statue o costruzioni che attirassero l'occhio, però quelle case delle varie tonalità del blu e i tetti spioventi addossate le une alle altre avevano il loro fascino. Nemeria le trovava molto graziose, sebbene schermassero con la loro altezza i raggi del sole, abbassando la visibilità già scarsa. Più di una volta, se non fosse stato per il tempestivo intervento di Altea, Nemeria sarebbe rovinata vergognosamente a terra, ma la Sha'ir era sempre sull'attenti, preparata a tutto, persino alla sua goffaggine.
Proprio perché era molto meno agile di loro, le due ragazze non la coinvolsero troppo nei loro furti, chiedendole al massimo di rimanere a fare il palo quando sgattaiolavano nelle botteghe. Quando le vedeva entrare e rimaneva da sola in quelle strade quasi senza luce, dove persino l'aria era satura dell'odore di erbe, zolfo e la Madre solo sa cos'altro, Nemeria doveva racimolare tutto il coraggio e la forza che aveva per non sobbalzare a ogni minimo rumore, a ogni ombra che entrava nel suo campo visivo. Spesso dovette reprimere l'istinto di fuggire o di chiamare aiuto, o semplicemente di seguire le sue compagne all'interno della bottega e rifugiarsi tra le braccia di Altea. Si sentiva una codarda a tremare per così poco, ma le pareva di scorgere gli occhi del predone dappertutto, di sentirne il peso sulla schiena anche quando si appoggiava a un muro. Lui era ovunque, acquattato in ogni ombra, nei passi che riecheggiavano per la via, nel luccichio di gioielli o forbici, così simile a quello della sua lama. Durante quelle lunghe attese, il tempo sembrava non passare mai. Tornava a fluire solo nel momento in cui Altea e Kimiya uscivano con aria trionfante. Allora il pensiero ossessivo di essere in pericolo smetteva di tormentarla e riusciva di nuovo a respirare.
Circa un'ora dopo pranzo, Kimiya le condusse in una piccola piazza antistante il laboratorio di un alchimista. Al centro troneggiava una fontana a forma di barca semisommersa, che brillava sotto il sole come se fosse fatta di luce. L'acqua, che fuoriusciva da due sculture a forma di sole e luna, compiva una parabola perfetta, per poi ricadere nell'imbarcazione e tracimare dai bordi laterali e svasati nel bacino sottostante. Intorno alla fontana, disposti a raggiera, ai piedi dei bassi e tozzi palazzi, osterie e taverne di lusso offrivano riparo ai viaggiatori sotto le loro tende e richiamavano l'attenzione declamando i piatti del giorno e le loro presunte specialità. Una in particolare dal nome bizzarro, “Il Naso del Pescespada”, aveva quasi tutti i tavoli occupati da uomini e donne vestiti elegantemente, coinvolti in animate e frizzanti conversazioni. Nemeria guardò i camerieri affaccendarsi tra i clienti come zelanti api operaie, affinché i loro bicchieri non fossero mai vuoti e i loro piatti sempre pieni.
Mentre mangiava i sau bireği, dei panini ripieni con carne speziata e verdura non fresca, Nemeria non riusciva a staccare gli occhi da tutto quel ben di dio. Il profumo invitante, che le sollecitava in continuazione le narici, non faceva altro che alimentare la sua fame e togliere sapore a quello che stava mangiando. Alla fine, stomacata da quei panini, che al suo palato sembravano a ogni morso più insipidi, ripose il tutto nel suo fagotto e si volse verso la fontana, nella speranza che i suoi giochi d'acqua bastassero a distoglierla da quelle prelibatezze che non avrebbe mai assaggiato.
- Bella, vero? L'ha costruita un architetto del governatore quattro anni fa. La cosa più sorprendente è che sia riuscito a ricavare questa bellezza da un blocco di ghiaccio. - commentò Altea.
Nemeria corrugò le sopracciglia e assottigliò lo sguardo. No, non era fatta di marmo come aveva pensato all'inizio. Ora che osservava meglio, era troppo traslucida e la vasca era leggermente trasparente.
- Non te n'eri accorta? Ma scusa, ci sarà pure un motivo per cui si chiama Quartiere del Ghiaccio, no? - la derise la Sha'ir.
- S-sì, ma credevo che fosse per altro... -
- Altro cosa? Kalaspirit è una città semplice, se una cosa ha un certo nome è perché c'è qualcosa che glielo ha procurato. Non siamo certo come la capitale, piena di filosofi e oratori. Lì sì che non si capisce il perché di certe cose! -
- Io credevo che i Dominatori venissero cacciati e buttati nell'arena, che questo fosse il loro unico destino. -
- È un po' più complicato di così. Le persone come noi, se sono nate con questa maledizione, quando vengono catturate finiscono per essere vendute e poi mandate nell'arena a combattere. C'è una possibilità di riscatto, ma sono davvero pochissimi coloro che abbandonano quel mondo, e ancor meno sono coloro che riescono ad allontanarsi prima di impazzire. Insomma, lo sai cosa succede ai Dominatori dopo un po', no? Gli uomini e le donne che sono riusciti a uscirne si contano sulla punta delle dita, per questo sono una leggenda, tutti li conoscono. Alcuni sono entrati nel settore edile. Conosci Tyrron Occhi di Lince? -
- Chi? -
- No, non ci credo! Davvero non sai chi è? È il lanista più famoso di Kalaspirit, persino i muri hanno sentito parlare di lui! -
Altea tacque, probabilmente nella speranza che Nemeria esordisse con un “ma sì, certo”, che non arrivò mai. Con un sospiro teatrale poggiò la testa sulla spalla di Kimiya, bofonchiando tra sé e sé un mezzo rimprovero a Hirad.
- Ha una villa nel Quartiere del Sole e molte altre sparse in ogni città, anche alla capitale. È uno di quelli che guadagna sulla vita degli schiavi: se sei un Dominatore e finisci nella sua scuderia, non ne esci più, fidati. È anche una delle ragioni per cui ci teniamo ben lontani dalle zone troppo malfamate della città, dato che pullulano di agenti alle dipendenze dei mercanti di schiavi. Per esempio, un Dominatore della terra come Dariush sarebbe un'ottima merce di scambio. Se invece sei un rampollo di una famiglia nobile, o se la tua famiglia ha abbastanza soldi, è tutt'altra questione. Vero, Kimiya? -
La ragazza annuì risoluta e cominciò a gesticolare, gli occhi fissi in quelli di Nemeria. Altea, vedendola un attimo stranita, si affrettò a dar voce alle parole della sua compagna.
- Dice che nel secondo caso, di solito vieni spedito al Consorzio, che valuta le tue abilità e decide se sei abbastanza degno per studiare l'arte della magia in una delle loro prestigiose scuole. Un suo lontano cugino di sesto o settimo grado era riuscito a entrare, anche se proveniva da una famiglia povera come la loro, perché aveva trovato un mecenate che gli aveva pagato poi gli studi. -
- Quindi c'è un modo per non diventare Jin? Per contrastare l'avvelenamento del corpo e dell'anima causato dalla magia? -
- Ah, questo non lo sa. Trapelano davvero poche informazioni, ma dubito davvero. Insomma, anche se fosse, sarebbe davvero crudele non rivelarlo al mondo. Comunque, il Consorzio conta tra le sue schiere anche Dominatori che hanno deciso di dedicare la loro vita all'arte, i quali sono molto rispettati e godono della protezione del governatore. La persona che ha disegnato questa fontana è probabile fosse uno di questi. -
Nemeria, in attesa che le sue compagne finissero il loro pranzo, rifletté su quello che le avevano detto. Non aveva mai sentito parlare né del Consorzio né di Tyrron, ma per qualche ragione provava un'avversione istintiva: per quanto odiasse Dariush, non avrebbe mai desiderato che finisse tra le grinfie di un uomo così crudele e spregiudicato. Il Consorzio le ispirava un poco più di fiducia, ma i membri della sua tribù, in particolare Arsalan, l'avevano sempre messa in guardia dalla generosità dei mortali. Non facevano mai niente per niente e quelli che si affannavano per aiutare gli altri erano destinati a una vita di sofferenze e stenti.
“Gli uomini sono consumati dall'avidità e l'avidità non ama altro all'infuori del denaro” ripeteva spesso. Nemeria non aveva mai dubitato che avesse ragione. Arsalan era stato un mercante di stoffe, aveva girato il mondo, perciò chi poteva saperne più di lui?
Incassò la testa nelle spalle e si strinse le ginocchia al petto. Un brivido le si insinuò nella spina dorsale, accapponandole la pelle nonostante il caldo.
“Questo mondo è freddo.”
Quando anche Kimiya finì di mangiare, si diressero al primo vicolo dove c'era una grata e si lasciarono scivolare dentro. Anche quella, come molte altre, introduceva in un tunnel che Nemeria non aveva mai visitato. La irritava essere così dipendente dalla conoscenza altrui, che fosse Altea, Hirad o qualsiasi altro membro della famiglia. Si ripromise che si sarebbe sforzata di imparare, in modo da non avere più bisogno di loro. Se i predoni l'avessero trovata, sarebbe dovuta scappare il più lontano possibile per non mettere in pericolo coloro che amava, e per questo era necessario apprendere quali fossero tutte le vie di fuga.
Forte di quella decisione, con grande sorpresa di Altea, la prese sottobraccio e cominciò a farle domande, chiedendole dove stessero andando, quali erano i punti di riferimento su cui basarsi per capire quale fosse la direzione giusta e come orientarsi ai bivi. La Sha'ir ascoltava e rispondeva prontamente, contenta che Nemeria dimostrasse interesse. Talvolta interveniva persino Kimiya, aggiungendo altre informazioni o correggendo la compagna, e grazie all'intercessione di Altea, Nemeria imparò a dialogare con lei. A tratti sembrava afferrare quello che diceva dal solo movimento delle sue labbra. Era strano vederla muovere le mani per dare forma alle parole, tanto che Nemeria ebbe spesso l'impressione di essere dinanzi a una maga in procinto di lanciare un incantesimo. Nello sguardo di Kimiya non c'era altro che il forte desiderio di farsi capire e lo esprimeva non solo attraverso le dita, ma con tutto il corpo, come le Anziane più giovani quando invocavano la benevolenza della Madre nelle loro danze sfrenate.
“Imparerò anche la tua danza, Kimiya.”
Parlarono fino a quando Altea non indicò in lontananza una grata. Il sole filtrava attraverso le fessure disegnando il profilo di una scala, che, diversamente da quelle solite, non era costituita da pioli di legno smangiati dall'umidità e dalle intemperie, bensì da una rampa scavata direttamente nella pietra del tunnel. Come le pareti della loro tana, gli scalini erano perfettamente levigati, scolpiti da una mano esperta e, molto probabilmente, non umana.
“Allora Hirad aveva ragione: gli uomini che tentarono di assassinare il governatore erano davvero dei Dominatori.”
- Stiamo andando a fare quello che penso? -
- Esatto. - sghignazzò Altea.
Anche se non avesse saputo dove fossero, a Nemeria sarebbe bastata un'occhiata per riconoscere il Quartiere della Pergamena, non tanto per i libri e le pergamene che ingombravano gli scaffali delle botteghe e delle bancarelle, quanto per l'intenso profumo di carta che permeava l'aria, sopraffacendo persino quello di urina ed escrementi, che, come un miasma velenifero, si alzava dalle strade in terra battuta dei vicoli quando il sole aveva da poco abbandonato lo zenit.
Nessuno badava loro e le poche guardie che intravedevano dall'altro lato della strada si limitavano a squadrarle con indifferenza, prima di tornare al giro di ronda. Ad accompagnare la loro passeggiata c'era un piacevole chiacchiericcio, che spesso si interrompeva per lasciare spazio a un silenzio assordante, dove l'unico suono appena udibile era quello prodotto da una pergamena srotolata o dal fruscio delle pagine. Persino il vento, gradito in quelle ore così calde, pareva soffiare in punta di piedi con refoli delicati che allietavano la pelle e ne asciugavano il sudore, senza però disturbare i clienti assorti nella lettura o occupati negli acquisti. Era come se ogni cosa, in quel lembo di terra, si affannasse per non disturbare la bolla di quiete che lo avvolgeva.
- Questo posto è strano... - bisbigliò Nemeria ad Altea.
- Strano bello o strano brutto? -
- Solo... strano. Non mi viene nemmeno da parlare ad alta voce. -
- È normale. Qui c'è gente come Hirad, intelligentissima e coltissima. Anche i mercanti più ottusi, volenti o nolenti, diventano così stando sempre qui. - si coprì la bocca per soffocare una risata, - Secondo me anche tu ti ammaleresti di intelligenza se venissi più spesso. -
- Mi stai dando della stupida, per caso? -
- Esponevo solo un dato oggettivo. Hirad bighellonava per questo quartiere quasi tutti i giorni e adesso guarda com'è diventato! -
- Davvero? Ma mi hai detto che non usciva spesso... -
- Spesso non significa mai. Diciamo che nella maggior parte dei casi, quando usciva a fare la spesa con me, ero io a procurargli il necessario per scrivere e disegnare le mappe. A volte è capitato che non solo fosse lui ad andare in prima linea, ma che riuscisse addirittura a prendere qualche libro. -
Si guardò intorno e le indicò una bancarella, dietro la quale sedeva un ometto basso con un turbante blu cobalto sulla testa e un libro aperto sulle gambe.
- Penso li abbia presi da lui: è un mercante poco attento, mi chiedo come faccia a campare con tutti i libri che Hirad gli ha rubat... -
La gomitata di Kimiya troncò la frase. Prima che Altea potesse prenderla a male parole, la ragazza le indicò un vicolo alle spalle dell'uomo. All'inizio Nemeria non vide nulla, poi pian piano, tra le ombre dei gatti e dei vari randagi che vagabondavano in quel triangolo scuro, distinse delle figure umane. Erano tre, o almeno così le parve. In un batter d'occhio, queste si infilarono in una stradina laterale, sparendo alla vista.
- Li avete visti anche voi? - domandò incerta.
Altea deglutì e arretrò: - Se sono i Falchi, siamo fottute. Ma erano troppo bassi. -
Kimiya gesticolò, gli occhioni grandi spalancati, allarmati come quelli di un gatto accerchiato da un branco di lupi affamati.
- Dice che potrebbero essere i Cani, l'età è quella. Ma che diamine ci fanno qui? Che interesse hanno in questo quartiere? - scosse la testa e trasse un profondo respiro, - Sarebbe meglio tornare a casa, prenderemo le pergamene un'altra volta. -
- No, non possiamo. Mi hai detto tu che volevi far tornare Hirad a sorridere, non possiamo tirarci indietro proprio ora. - ribatté decisa Nemeria.
- Siamo in tre e non siamo esattamente delle lottatrici. In più, loro girano sempre con Zahra. Quella è una Dominatrice e contro di lei, senza Dariush, verremmo fatte a pezzi. -
“Io posso difendervi!” avrebbe voluto urlare Nemeria, ma si morse la lingua. Non poteva rivelare il suo segreto, c'erano già troppe persone che lo sapevano ed era meglio non rischiare.
- Proviamoci! Se non i pastelli, almeno le pergamene. -
- Nemeria... -
- Altea, per favore. Le prendo io se vuoi. - la pregò e le strinse perché sentisse la sua determinazione, - Questa è un'occasione d'oro, non possiamo lasciarcela sfuggire, soprattutto quando Hirad ha bisogno di noi. -
La Sha'ir e Kimiya si scambiarono un'occhiata indecisa. Nemeria notò l'incertezza e la tensione nelle loro posture, ma sperò con tutta se stessa che la paura non cancellasse i loro buoni propositi. Non avrebbe sopportato di incontrare di nuovo lo sguardo vacuo di Hirad sapendo di aver avuto l'occasione per ridargli la luce.
Alla fine Altea sospirò e si massaggiò l'attaccatura del naso con le dita. Il cuore divenne un blocco di ghiaccio nel petto di Nemeria.
- La bottega è in fondo alla strada. Prendiamo lo stretto necessario e poi torniamo immediatamente alla tana, senza fare tappe intermedie. Kimiya, tu verrai dentro con me e cercherai una scatola di pastelli, mentre io mi occuperò delle pergamene. Nemeria, tu farai il palo. Se vedi una ragazza con i capelli lisci e neri e gli occhi da lupo, urla. Non fare niente di sconsiderato, ci siamo intese? -
- Sissignora! -
Camminarono a ridosso dei muri delle case e si infilarono in una strada laterale ombreggiata, dove il passo di marcia divenne una rapida corsa fino al retrobottega. La porta era di legno e, a giudicare dalla maniglia arrugginita, dovevano essere mesi, se non anni, che non veniva sottoposta a una manutenzione.
Altea si avvicinò, estrasse due aghi spessi dalle tasche della tunica e cominciò ad armeggiare con la serratura. Kimiya era acquattata vicino a lei, mentre Nemeria si era posizionata all'angolo tra la strada dalla quale erano venute e quella che si aggettava sulla via principale. Il cuore le galoppava nello sterno e il respiro usciva spezzato dalle sue labbra, ma sapeva che era a causa dell'adrenalina e del senso di responsabilità che le gravava sulle spalle: stavolta non poteva permettersi errori, ne andava della sicurezza delle sue compagne e della felicità di Hirad. Per rivedere quel sorriso avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Il “clack”, seguito dallo scricchiolio della porta che si apriva, la avvisarono che Altea e Kimiya erano dentro. Strinse forte la pietra di luna e regolò la respirazione finché non riuscì a decomprimere i polmoni e ad allentare la stretta alla viscere. Tremò e sobbalzò ad ogni rumore, la paura che serpeggiava nelle ossa ricoprendo la pelle con un velo umido di sudore. Ciononostante, piantò saldamente i piedi a terra e si impose di non fare un passo, anche quando la sua mente le giocava brutti scherzi. Il terrore che le suscitavano il predone e gli occhi accusatori della sua tribù nella danza di ombre e luci provocata dal sole scoloriva davanti alla prospettiva di Hirad di nuovo allegro e sorridente. Si ripeté che doveva farcela ad ogni costo, anche se l'ansia le rendeva le gambe pesanti.
Un guizzo alla sua sinistra le bloccò il fiato e il cuore perse un battito. Fece aderire la schiena al muro e la tunica sudata le si appiccicò addosso.
- Tranquilla, è solo un gatto. Non c'è niente di spaventoso a parte randagi e ratti affamati. L'unico pericolo è Zahra e la sua banda, ma loro non verranno, non hanno motivo di seguirci né di attaccarci. - bisbigliò tra sé e sé.
- Lo penso anch'io. -
Prima che potesse urlare, Kimiya le tappò la bocca con la mano. Altea le sorrise trionfante, mostrandole un plico di pergamene arrotolate e una scatola anonima di semplice legno nero.
- Sei stata bravissima, il miglior palo del mondo. Siamo una squadra, ragazze! Il magico trio! - si complimentò con lei la Sha'ir e Kimiya la liberò per darle un buffetto sul naso.
Nemeria sorrise timida. Tremava ancora, sia per la paura che per l'euforia, e non riusciva a pensare in modo coerente, ma quando le amiche l'abbracciarono stretta si rasserenò: per la prima volta dopo tanto tempo era stata utile, si sentiva parte di un gruppo e, soprattutto, aveva delle compagne su cui contare.
- Niente smancerie, su, non abbiamo tempo. Il coprifuoco è tra meno di due ore, non possiamo tardare troppo, non con Dariush che ci attende nella tana e i Cani in giro. Facciamo un'altra strada, se ci hanno viste arrivare potrebbero intercettarci alla grata da cui siamo uscite. Kimiya, guidaci. -
Kimiya si batté fiera una mano sul petto, poi assestò una pacca sul fondoschiena di Nemeria per incitarla a muoversi.
Svoltarono a destra, in un vicolo angusto tra due case, poi a sinistra in una strada lastricata a metà e poi di nuovo a destra, fino a quando la via non si allargò in un piccolo spiazzo delimitato da una cornice di immondizia, dove un piccolo stormo di corvi stava banchettando. Quando giunsero al traguardo, tuttavia, avvertirono il sangue defluire dai loro visi e un brivido gelido risalire lungo la spina dorsale.
Davanti alla grata c'erano due ragazzi e una ragazza, in piedi, a gambe divaricate e braccia conserte, come se le stessero aspettando. La ragazza aveva i capelli neri, lunghi e lisci, e gli occhi gialli come quelli di un lupo.
Nemeria ravvisò in lei la descrizione fisica fattale dianzi da Altea e capì immediatamente chi avevano di fronte, ben prima che la Sha'ir pronunciasse con voce stentorea il suo nome.
- Zahra... -

  
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