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Amicizia
Il risveglio la mattina
seguente non fu poi così traumatico. Nemeria sapeva di aver
sognato qualcosa di importante, qualcosa che avrebbe dovuto ricordare,
ma a parte una sensazione di vuoto e malinconia, per quanto si
sforzasse, non le veniva in mente nulla. Provò a chiedere a
Noriko se avesse per caso parlato nel sonno, ma lei disse che aveva
dormito beata per tutta la notte. Mentre le metteva la crema, Nemeria
si domandò se il motivo per cui non si sentiva riposata
fosse dovuto al non ricordarsi cosa aveva sognato.
- Stai attenta oggi, guardati sempre le spalle. Dubito che quell'uomo
ti venga a cercare alla luce del giorno, però non abbassare
mai la guardia, per nessuna ragione al mondo. - le
raccomandò Noriko.
Nemeria fece un cenno con la testa per farle capire che l'aveva
ascoltata, anche se i suoi pensieri vagavano altrove, persi ancora tra
le nebbie oniriche e la febbrile ricerca di un ricordo, che era certa
essere fondamentale.
Era così distratta che nemmeno si accorse quando Noriko
uscì, o di essersi riaddormentata, finché Altea
non fece irruzione nella tenda con la sua solita, fastidiosa allegria
mattiniera.
- Buongiorno, scoiattolo! Spero tu abbia riposato abbastanza,
perché oggi ci aspetta una luuunga giornata. -
esclamò e le si piantò davanti con le mani sui
fianchi e il sorriso di una bambina il giorno del suo compleanno, -
Ehilà, ci sei? Non puoi continuare ad avere sonno a
quest'ora! -
Nemeria sollevò piano la testa e si asciugò il
rivolo di bava che le inumidiva il mento e il collo, dandosi della
stupida più di una dozzina di volte. Si mise svelta a sedere
e rovistò tra i vestiti in cerca di qualcosa da mettersi.
Non possedeva molti indumenti – quattro tuniche, tre
pantaloni e un paio di pezzi di biancheria spaiata – e
cercava sempre di non mettere le stesse cose per più di due
giorni. Ormai si era abituata alla puzza, praticamente le sue narici
erano diventate insensibili, così come allo sporco,
però ci teneva a conservare, almeno in parte, le sue buone
abitudini. Hediye era sempre stata inamovibile sull'igiene e la pulizia
personale: Etheram aveva sempre obbedito, non le piaceva sentire la
sensazione di sudore addosso, mentre con Nemeria e Rakhsaan era stata
una battaglia. Suo fratello faceva i capricci e, col suo pupazzo
stretto al petto, sgattaiolava fuori dall'acqua non appena Hediye si
distraeva; Nemeria, invece, si trasformava in una bambina diligente e
disponibile, smaniosa di aiutare i membri della tribù nelle
loro mansioni quotidiane. Una volta era persino andata fino alla tenda
dell'Alta Sacerdotessa per chiederle se avesse bisogno di una mano per
il rituale degli Spiriti. Ridacchiò ripensando alla faccia
di quell'odiosa di Ziba e delle sue amiche, quando avevano appreso che
Nemeria aveva davvero avuto il coraggio di fare una cosa del genere.
Lei si era sentita molto orgogliosa del suo impavido gesto.
All'improvviso ebbe una folgorazione e le mani si bloccarono, la
cinghia del sandalo infilata per metà nella fibbia.
- Nemeria? Qualcosa non va? -
Nemeria impallidì, gli occhi sgranati e la gola secca. Nella
sua mente si delineò il viso dell'Alta Sacerdotessa, i suoi
occhi perlacei appena celati delle lunghe ciglia bianche, e i suoi
sensi riprodussero l'intonazione della sua voce intenta a pronunciare
parole e frasi che, quasi a farlo apposta, le sfuggivano non appena
tentava di afferrarle.
- Tutto bene, sono solo mezza addormentata. Sai che la mattina prima di
una certa ora non sono molto reattiva. - mormorò
riscuotendosi e abbozzò un sorriso tirato.
- Ah, eccome se lo so! In questo non somigli a uno scoiattolo, loro
già alle prime luci sono scattanti e vitali. Forza, siamo
già in ritardo! Sappi che non ho mai conosciuto nessuno
lento come te. E io di persone ne ho conosciute, eh! Altro che
scoiattolo, sei una lumaca! - la risata argentina di Altea
trillò nell'aria mentre si accomodava sulla stuoia e le
cingeva le spalle, - Dai, dimmi che hai. Si vede che sei turbata. Hai
fatto qualche sogno strano? -
Nemeria sbuffò e prese l'altro sandalo. Non poteva dire di
averla sognata, della notte prima non ricordava nulla, eppure sentiva
nel profondo del suo essere che lo spirito dell'Alta Sacerdotessa era
venuta a farle visita.
“Chissà cosa voleva dirmi... ah, se solo sapessi
dominare l'aria come mia sorella, forse potrei provare a
richiamarla.”
Non sapeva come si sarebbe dovuta sentire, se eccitata
perché forse era riuscita a entrare in contatto con uno
spirito o triste perché quella era l'ennesima conferma che
della sua gente non era sopravvissuto quasi nessuno. Sospirò
e si legò la bandana sulla testa con aria afflitta. Poi
prese lo zaino e vi mise dentro il barattolino di crema.
Altea lasciò cadere l'argomento, intuendo che Nemeria non
voleva parlarne, e la incitò a sbrigarsi. Cercò
di non far trasparire la preoccupazione cominciando riempirla di
chiacchiere, senza accorgersi che la bambina non la stava ascoltando.
- Sono certa che Kimiya ti sarà simpatica. È una
ragazza particolare e magari all'inizio farai un po' fatica a
comunicare con lei, ma tu sei intelligente, imparerai presto. Inoltre,
anche lei è una gran testona, somiglia molto a Hirad, e
visto che ti sei trovata così bene con lui non potrete non
andare d'accordo. -
Nemeria curvò le labbra in un sorriso al momento giusto, in
modo da mascherare la sua totale ignoranza dell'argomento di
conversazione. Quindi si caricò lo zaino sulle spalle e
uscì dalla tenda a passo di marcia, seguita dalla Sha'ir.
Lasciarsi alle spalle i dubbi era diventato prioritario, prima che la
tristezza e il dolore della perdita potessero riaffiorare in superficie.
Il focolare era spento e i tizzoni della sera precedente erano solo dei
sassi fuligginosi sfregiati dalle fiamme, con vene annerite ad
avvolgerli come una rete di capillari. Chalipa stava lavando le
stoviglie sporche, il secchio tra le gambe e lo strofinaccio appoggiato
sulla sedia al suo fianco. Non appena le vide, le salutò con
un sorriso stiracchiato, ancora sonnolento. Subito dopo, Afareen venne
loro incontro con due fagotti.
- Cosa ci hai preparato di buono? - domandò Altea curiosa.
- Per stavolta dovrete accontentarvi del sau bireği, non c'era
granché nella dispensa e tutto l'oçma che avevamo
l'ho usato per fare dei panini per Dariush e gli altri. Spero che i sau
abbiano un buon sapore, la pasta non era fresca e senza uova non
è saporita come dovrebbe essere. -
- Saranno squisiti, riesci sempre... -
- “Riusciamo”, plurale! L'aiuto anch'io! -
protestò Chalipa.
- Riuscite sempre a tirare fuori il meglio anche da pochi ingredienti.
- si corresse Altea, - Piuttosto, perché solo due fagotti?
Viene anche Kimiya, ve ne siete dimenticate? -
- Guardate che è proprio qui. Vi ha anche salutate. Siete
voi a non esservi accorte di lei. -
Nemeria seguì con lo sguardo la direzione indicata dal dito
di Afareen e nel suo campo visivo entrò una ragazza della
sua età, forse poco più grande, tutta
rannicchiata contro il tronco rovesciato, il viso coperto da un libro
più grande di lei. Come se si fosse accorta di essere
osservata, Kimiya abbassò il tomo, lo ripose nel suo zaino e
si alzò con un sorriso timido che metteva in mostra i denti
rotti e quelli mancanti. Quando fu abbastanza vicina, Nemeria
valutò che dovesse avere la stessa età di Altea,
forse un anno meno, anche se l'eccessiva magrezza e i vestiti larghi
nascondevano le forme che, invece, nella Sha'ir era più che
accentuate.
- Allora, facciamo le presentazioni. Kimiya, lei è Nemeria.
Nemeria, lei è Kimiya, la versione femminile di Hirad. Sa un
sacco di cose, soprattutto se ne intende di erbe e medicine.
È il nostro medico, diciamo. -
Mentre parlava, Altea gesticolava velocemente, descrivendo delle figure
con entrambe le mani, seguite da tutta una serie di espressioni del
viso che agli occhi di Nemeria sembravano alquanto buffe. Non riusciva
a spiegarsi nemmeno perché sottolineasse così le
parole, talvolta sillabandole, quasi stesse intrattenendo un bambino
piccolo. Fu solo quando Kimiya rispose nello stesso modo, muovendo le
labbra senza che però uscisse alcun suono, che
capì che quello era il loro modo di comunicare.
- Dice che non servono le presentazioni, che è impossibile
non ricordarsi di te, persino con i capelli rasati. - prima di
continuare, si scambiarono un'occhiata che accese lo sguardo di Altea,
- Ci tiene a farti sapere che anche così stai molto bene, ma
ti preferiva quando avevi ancora i capelli lunghi. -
La ragazza corrugò le sopracciglia e scosse la testa,
intrecciando le braccia ossute sul petto con un'espressione bellicosa
che causò la ridarella nella Sha'ir.
- Va bene, l'ultima parte l'ho aggiunta io, ma lo pensa anche lei, solo
che è troppo timida per dirtelo. E tu non guardarmi
così, Kimiya, è la verità! Comunque,
Nemeria, non preoccuparti: imparerai facilmente a parlare con lei,
basta che ci guardi e ti sarà tutto chiaro. -
- Se lo dici tu...-
- Fidati. Io sono stupida, ci ho messo un sacco di tempo a capire e...
ahia! - si ritrasse massaggiandosi il fianco e lanciò
un'occhiata torva a Kimiya, che la fissava con disappunto, - Non
serviva una gomitata per dirmi che non eri d'accordo. Accidenti, sei
tutta pelle e ossa, ma quando vuoi sai picchiare. -
La ragazza arricciò le labbra in un sorrisetto di chi la sa
lunga e indicò l'uscita con un cenno del capo.
- Sì, hai ragione, andiamo, siamo già in ritardo.
Scoiattolo, come si dice in questi casi? -
- Chi ha tempo non aspetti tempo? -
- No! Col tempo e con la paglia non si maturan le sorbe. Dai, dai, in
marcia, tutte e due! Il Quartiere del Ghiaccio si trova a nord-ovest
rispetto e noi e dobbiamo attraversare mezza città per
arrivarci. -
- Non useremo le catacombe? -
- Sì, ma dobbiamo prima fare una sosta in un certo posto. -
Le fece l'occhiolino e Nemeria, dopo un momento di disorientamento,
capì a cosa si riferisse: quella sera Hirad sarebbe tornato
a sorridere.
Si inoltrarono nei tunnel che si diramavano verso nord, un intrico di
gallerie che Nemeria aveva visto solo di passaggio quando ancora girava
con Hirad. Altea si muoveva con la solita naturalezza, e
sorprendentemente anche Kimiya era a suo agio, come se avesse battuto
quelle strade innumerevoli volte; sembrava quasi conoscerle a memoria,
tant'è che alcune volte fu lei stessa a indirizzarle verso
la galleria corretta, richiamando la loro attenzione con un semplice
gesto della mano o un colpo di tosse.
Ad accoglierle, quando misero fuori la testa dalla grata, fu un'aria
quieta e tersa, interrotta solo da un leggero e piacevole cicaleccio
che proveniva dalla strada. Altea esaminò circospetta i
dintorni, poi diede il via libera e si issarono all'aperto.
- Questo è il famoso Quartiere del Ghiaccio. Lo puoi
riconoscere grazie ai colori delle botteghe che, come puoi ben vedere,
sono di varie tonalità di blu. Se ti aspetti un vero e
proprio mercato come nel resto della città, qui non lo
troverai, però ci sono varie botteghe di erboristi,
alchimisti e anche medici molto importanti. Talvolta persino la moglie
del governatore manda le sue ancelle a rifornirsi qui, Jamal o meno. -
- Chi sarebbe questo Jamal? -
- È il medico personale del governatore, ovviamente. Viveva
qui prima che venisse chiamato a palazzo per esercitare la sua
professione nella cerchia ristretta della famiglia Evezyan. Ha avuto
davvero una grande fortuna e se l'è meritata: per studiare
ha quasi perso la vista, poveretto. -
- Ne parli come se lo conoscessi. -
La Sha'ir ammutolì e Kimiya le passò una mano
sulla spalla, lo sguardo perso e la bocca atteggiata in una smorfia di
disgusto e amarezza.
- Diciamo che quando... lavoravo nel Quartiere del Fuoco era uno dei
tanti a occuparsi di noi. Unguenti, pozioni, medicine di ogni tipo, la
sua bottega si occupava di rifornirci di tutto ciò che ci
serviva per non rimanere incinte o contrarre brutte malattie. -
Nemeria maledisse di nuovo la propria stupidità. Da quando
si era svegliata non ne combinava una giusta.
- Non ti intristire, è tutto a posto, la tua era una domanda
più che lecita. L'avrei fatta anch'io. - la
consolò Altea, le stropicciò le guance e gliele
tirò cercando di farla sorridere, - Togliti quel broncio,
non sei per niente carina quando hai l'espressione da cane bastonato.
Anche Kimiya lo pensa, guarda come si è indignata. Se
proprio ci tieni a scusarti, torna allegra e sorridi, chiaro? -
Nemeria guardò l'altra ragazza, che aveva abbandonato la
spalla di Altea per incrociare le braccia sul petto, simulando una posa
altezzosa e autoritaria che in pochi istanti sortì l'effetto
sperato: le labbra di Nemeria si piegarono in un sorriso divertito e
presto scoppiò in una sincera risata.
- Oh, così va meglio! Dunque, torniamo a noi. Ci servono un
po' di unguenti, giusto? Anche delle bende? - gesticolò in
direzione di Kimiya, - Dimmi che hai fatto tu l'elenco di cosa dobbiamo
prendere, ieri sera me ne sono completamente scordata. -
Kimiya scosse la testa e tamburellò l'indice sulla tempia.
- Insomma, dobbiamo affidarci alla tua memoria? Non per cattiveria, ma
tra me e te non so chi sia più smemorata... -
L'amica le scoccò un'occhiata risentita, sbattendo un piede
per terra. La Sha'ir aprì le braccia, dissimulando un
sorrisetto.
- Non ti offendere, sai che mi piace prenderti in giro. Hai la mia
età, ma ti comporti come Nemeria. -
- Ho dodici anni, solo due meno di te! - protestò Nemeria.
- Ciò non toglie che tu sia piccola e che Kimiya a volte sia
infantile. - dichiarò e, ridendo, si scansò prima
che la sua amica le piantasse un gomito tra le costole.
C'era una notevole complicità tra loro, una sofferenza
simile che si annidava negli occhi e le legava a doppio filo,
intaccando solo parzialmente la loro indole frizzante e spensierata.
Nemeria le invidiava. Le sarebbe piaciuto avere una persona con cui
condividere il dolore, le gioie e i pensieri, qualcuno le cui braccia
la sostenessero se si fosse lasciata cadere. Qualcuno come Etheram.
“Beh, ho Noriko. Anche se non è la stessa
cosa.”
- Dove andiamo? - si affrettò a chiedere per distrarsi.
- Ci guida Kimiya, conosce questo quartiere meglio di me. Se un giorno
avessi bisogno, rivolgiti a lei. - rispose Altea.
Si addentrarono nelle vie claustrofobiche del Quartiere in silenzio,
Kimiya davanti a tutti, poi Altea e infine Nemeria. Di tanto in tanto,
quando le sue compagne si fermavano per perlustrare la zona,
quest'ultima si soffermava a osservare questa o quell'altra insegna.
Non c'era granché da vedere. A differenza degli altri
quartieri che aveva visitato, non erano presenti statue o costruzioni
che attirassero l'occhio, però quelle case delle varie
tonalità del blu e i tetti spioventi addossate le une alle
altre avevano il loro fascino. Nemeria le trovava molto graziose,
sebbene schermassero con la loro altezza i raggi del sole, abbassando
la visibilità già scarsa. Più di una
volta, se non fosse stato per il tempestivo intervento di Altea,
Nemeria sarebbe rovinata vergognosamente a terra, ma la Sha'ir era
sempre sull'attenti, preparata a tutto, persino alla sua goffaggine.
Proprio perché era molto meno agile di loro, le due ragazze
non la coinvolsero troppo nei loro furti, chiedendole al massimo di
rimanere a fare il palo quando sgattaiolavano nelle botteghe. Quando le
vedeva entrare e rimaneva da sola in quelle strade quasi senza luce,
dove persino l'aria era satura dell'odore di erbe, zolfo e la Madre
solo sa cos'altro, Nemeria doveva racimolare tutto il coraggio e la
forza che aveva per non sobbalzare a ogni minimo rumore, a ogni ombra
che entrava nel suo campo visivo. Spesso dovette reprimere l'istinto di
fuggire o di chiamare aiuto, o semplicemente di seguire le sue compagne
all'interno della bottega e rifugiarsi tra le braccia di Altea. Si
sentiva una codarda a tremare per così poco, ma le pareva di
scorgere gli occhi del predone dappertutto, di sentirne il peso sulla
schiena anche quando si appoggiava a un muro. Lui era ovunque,
acquattato in ogni ombra, nei passi che riecheggiavano per la via, nel
luccichio di gioielli o forbici, così simile a quello della
sua lama. Durante quelle lunghe attese, il tempo sembrava non passare
mai. Tornava a fluire solo nel momento in cui Altea e Kimiya uscivano
con aria trionfante. Allora il pensiero ossessivo di essere in pericolo
smetteva di tormentarla e riusciva di nuovo a respirare.
Circa un'ora dopo pranzo, Kimiya le condusse in una piccola piazza
antistante il laboratorio di un alchimista. Al centro troneggiava una
fontana a forma di barca semisommersa, che brillava sotto il sole come
se fosse fatta di luce. L'acqua, che fuoriusciva da due sculture a
forma di sole e luna, compiva una parabola perfetta, per poi ricadere
nell'imbarcazione e tracimare dai bordi laterali e svasati nel bacino
sottostante. Intorno alla fontana, disposti a raggiera, ai piedi dei
bassi e tozzi palazzi, osterie e taverne di lusso offrivano riparo ai
viaggiatori sotto le loro tende e richiamavano l'attenzione declamando
i piatti del giorno e le loro presunte specialità. Una in
particolare dal nome bizzarro, “Il Naso del
Pescespada”, aveva quasi tutti i tavoli occupati da uomini e
donne vestiti elegantemente, coinvolti in animate e frizzanti
conversazioni. Nemeria guardò i camerieri affaccendarsi tra
i clienti come zelanti api operaie, affinché i loro
bicchieri non fossero mai vuoti e i loro piatti sempre pieni.
Mentre mangiava i sau bireği, dei panini ripieni con carne speziata e
verdura non fresca, Nemeria non riusciva a staccare gli occhi da tutto
quel ben di dio. Il profumo invitante, che le sollecitava in
continuazione le narici, non faceva altro che alimentare la sua fame e
togliere sapore a quello che stava mangiando. Alla fine, stomacata da
quei panini, che al suo palato sembravano a ogni morso più
insipidi, ripose il tutto nel suo fagotto e si volse verso la fontana,
nella speranza che i suoi giochi d'acqua bastassero a distoglierla da
quelle prelibatezze che non avrebbe mai assaggiato.
- Bella, vero? L'ha costruita un architetto del governatore quattro
anni fa. La cosa più sorprendente è che sia
riuscito a ricavare questa bellezza da un blocco di ghiaccio. -
commentò Altea.
Nemeria corrugò le sopracciglia e assottigliò lo
sguardo. No, non era fatta di marmo come aveva pensato all'inizio. Ora
che osservava meglio, era troppo traslucida e la vasca era leggermente
trasparente.
- Non te n'eri accorta? Ma scusa, ci sarà pure un motivo per
cui si chiama Quartiere del Ghiaccio, no? - la derise la Sha'ir.
- S-sì, ma credevo che fosse per altro... -
- Altro cosa? Kalaspirit è una città semplice, se
una cosa ha un certo nome è perché c'è
qualcosa che glielo ha procurato. Non siamo certo come la capitale,
piena di filosofi e oratori. Lì sì che non si
capisce il perché di certe cose! -
- Io credevo che i Dominatori venissero cacciati e buttati nell'arena,
che questo fosse il loro unico destino. -
- È un po' più complicato di così. Le
persone come noi, se sono nate con questa maledizione, quando vengono
catturate finiscono per essere vendute e poi mandate nell'arena a
combattere. C'è una possibilità di riscatto, ma
sono davvero pochissimi coloro che abbandonano quel mondo, e ancor meno
sono coloro che riescono ad allontanarsi prima di impazzire. Insomma,
lo sai cosa succede ai Dominatori dopo un po', no? Gli uomini e le
donne che sono riusciti a uscirne si contano sulla punta delle dita,
per questo sono una leggenda, tutti li conoscono. Alcuni sono entrati
nel settore edile. Conosci Tyrron Occhi di Lince? -
- Chi? -
- No, non ci credo! Davvero non sai chi è? È il
lanista più famoso di Kalaspirit, persino i muri hanno
sentito parlare di lui! -
Altea tacque, probabilmente nella speranza che Nemeria esordisse con un
“ma sì, certo”, che non
arrivò mai. Con un sospiro teatrale poggiò la
testa sulla spalla di Kimiya, bofonchiando tra sé e
sé un mezzo rimprovero a Hirad.
- Ha una villa nel Quartiere del Sole e molte altre sparse in ogni
città, anche alla capitale. È uno di quelli che
guadagna sulla vita degli schiavi: se sei un Dominatore e finisci nella
sua scuderia, non ne esci più, fidati. È anche
una delle ragioni per cui ci teniamo ben lontani dalle zone troppo
malfamate della città, dato che pullulano di agenti alle
dipendenze dei mercanti di schiavi. Per esempio, un Dominatore della
terra come Dariush sarebbe un'ottima merce di scambio. Se invece sei un
rampollo di una famiglia nobile, o se la tua famiglia ha abbastanza
soldi, è tutt'altra questione. Vero, Kimiya? -
La ragazza annuì risoluta e cominciò a
gesticolare, gli occhi fissi in quelli di Nemeria. Altea, vedendola un
attimo stranita, si affrettò a dar voce alle parole della
sua compagna.
- Dice che nel secondo caso, di solito vieni spedito al Consorzio, che
valuta le tue abilità e decide se sei abbastanza degno per
studiare l'arte della magia in una delle loro prestigiose scuole. Un
suo lontano cugino di sesto o settimo grado era riuscito a entrare,
anche se proveniva da una famiglia povera come la loro,
perché aveva trovato un mecenate che gli aveva pagato poi
gli studi. -
- Quindi c'è un modo per non diventare Jin? Per contrastare
l'avvelenamento del corpo e dell'anima causato dalla magia? -
- Ah, questo non lo sa. Trapelano davvero poche informazioni, ma dubito
davvero. Insomma, anche se fosse, sarebbe davvero crudele non rivelarlo
al mondo. Comunque, il Consorzio conta tra le sue schiere anche
Dominatori che hanno deciso di dedicare la loro vita all'arte, i quali
sono molto rispettati e godono della protezione del governatore. La
persona che ha disegnato questa fontana è probabile fosse
uno di questi. -
Nemeria, in attesa che le sue compagne finissero il loro pranzo,
rifletté su quello che le avevano detto. Non aveva mai
sentito parlare né del Consorzio né di Tyrron, ma
per qualche ragione provava un'avversione istintiva: per quanto odiasse
Dariush, non avrebbe mai desiderato che finisse tra le grinfie di un
uomo così crudele e spregiudicato. Il Consorzio le ispirava
un poco più di fiducia, ma i membri della sua
tribù, in particolare Arsalan, l'avevano sempre messa in
guardia dalla generosità dei mortali. Non facevano mai
niente per niente e quelli che si affannavano per aiutare gli altri
erano destinati a una vita di sofferenze e stenti.
“Gli uomini sono consumati dall'avidità e
l'avidità non ama altro all'infuori del denaro”
ripeteva spesso. Nemeria non aveva mai dubitato che avesse ragione.
Arsalan era stato un mercante di stoffe, aveva girato il mondo,
perciò chi poteva saperne più di lui?
Incassò la testa nelle spalle e si strinse le ginocchia al
petto. Un brivido le si insinuò nella spina dorsale,
accapponandole la pelle nonostante il caldo.
“Questo mondo è freddo.”
Quando anche Kimiya finì di mangiare, si diressero al primo
vicolo dove c'era una grata e si lasciarono scivolare dentro. Anche
quella, come molte altre, introduceva in un tunnel che Nemeria non
aveva mai visitato. La irritava essere così dipendente dalla
conoscenza altrui, che fosse Altea, Hirad o qualsiasi altro membro
della famiglia. Si ripromise che si sarebbe sforzata di imparare, in
modo da non avere più bisogno di loro. Se i predoni
l'avessero trovata, sarebbe dovuta scappare il più lontano
possibile per non mettere in pericolo coloro che amava, e per questo
era necessario apprendere quali fossero tutte le vie di fuga.
Forte di quella decisione, con grande sorpresa di Altea, la prese
sottobraccio e cominciò a farle domande, chiedendole dove
stessero andando, quali erano i punti di riferimento su cui basarsi per
capire quale fosse la direzione giusta e come orientarsi ai bivi. La
Sha'ir ascoltava e rispondeva prontamente, contenta che Nemeria
dimostrasse interesse. Talvolta interveniva persino Kimiya, aggiungendo
altre informazioni o correggendo la compagna, e grazie
all'intercessione di Altea, Nemeria imparò a dialogare con
lei. A tratti sembrava afferrare quello che diceva dal solo movimento
delle sue labbra. Era strano vederla muovere le mani per dare forma
alle parole, tanto che Nemeria ebbe spesso l'impressione di essere
dinanzi a una maga in procinto di lanciare un incantesimo. Nello
sguardo di Kimiya non c'era altro che il forte desiderio di farsi
capire e lo esprimeva non solo attraverso le dita, ma con tutto il
corpo, come le Anziane più giovani quando invocavano la
benevolenza della Madre nelle loro danze sfrenate.
“Imparerò anche la tua danza, Kimiya.”
Parlarono fino a quando Altea non indicò in lontananza una
grata. Il sole filtrava attraverso le fessure disegnando il profilo di
una scala, che, diversamente da quelle solite, non era costituita da
pioli di legno smangiati dall'umidità e dalle intemperie,
bensì da una rampa scavata direttamente nella pietra del
tunnel. Come le pareti della loro tana, gli scalini erano perfettamente
levigati, scolpiti da una mano esperta e, molto probabilmente, non
umana.
“Allora Hirad aveva ragione: gli uomini che tentarono di
assassinare il governatore erano davvero dei Dominatori.”
- Stiamo andando a fare quello che penso? -
- Esatto. - sghignazzò Altea.
Anche se non avesse saputo dove fossero, a Nemeria sarebbe bastata
un'occhiata per riconoscere il Quartiere della Pergamena, non tanto per
i libri e le pergamene che ingombravano gli scaffali delle botteghe e
delle bancarelle, quanto per l'intenso profumo di carta che permeava
l'aria, sopraffacendo persino quello di urina ed escrementi, che, come
un miasma velenifero, si alzava dalle strade in terra battuta dei
vicoli quando il sole aveva da poco abbandonato lo zenit.
Nessuno badava loro e le poche guardie che intravedevano dall'altro
lato della strada si limitavano a squadrarle con indifferenza, prima di
tornare al giro di ronda. Ad accompagnare la loro passeggiata c'era un
piacevole chiacchiericcio, che spesso si interrompeva per lasciare
spazio a un silenzio assordante, dove l'unico suono appena udibile era
quello prodotto da una pergamena srotolata o dal fruscio delle pagine.
Persino il vento, gradito in quelle ore così calde, pareva
soffiare in punta di piedi con refoli delicati che allietavano la pelle
e ne asciugavano il sudore, senza però disturbare i clienti
assorti nella lettura o occupati negli acquisti. Era come se ogni cosa,
in quel lembo di terra, si affannasse per non disturbare la bolla di
quiete che lo avvolgeva.
- Questo posto è strano... - bisbigliò Nemeria ad
Altea.
- Strano bello o strano brutto? -
- Solo... strano. Non mi viene nemmeno da parlare ad alta voce. -
- È normale. Qui c'è gente come Hirad,
intelligentissima e coltissima. Anche i mercanti più ottusi,
volenti o nolenti, diventano così stando sempre qui. - si
coprì la bocca per soffocare una risata, - Secondo me anche
tu ti ammaleresti di intelligenza se venissi più spesso. -
- Mi stai dando della stupida, per caso? -
- Esponevo solo un dato oggettivo. Hirad bighellonava per questo
quartiere quasi tutti i giorni e adesso guarda com'è
diventato! -
- Davvero? Ma mi hai detto che non usciva spesso... -
- Spesso non significa mai. Diciamo che nella maggior parte dei casi,
quando usciva a fare la spesa con me, ero io a procurargli il
necessario per scrivere e disegnare le mappe. A volte è
capitato che non solo fosse lui ad andare in prima linea, ma che
riuscisse addirittura a prendere qualche libro. -
Si guardò intorno e le indicò una bancarella,
dietro la quale sedeva un ometto basso con un turbante blu cobalto
sulla testa e un libro aperto sulle gambe.
- Penso li abbia presi da lui: è un mercante poco attento,
mi chiedo come faccia a campare con tutti i libri che Hirad gli ha
rubat... -
La gomitata di Kimiya troncò la frase. Prima che Altea
potesse prenderla a male parole, la ragazza le indicò un
vicolo alle spalle dell'uomo. All'inizio Nemeria non vide nulla, poi
pian piano, tra le ombre dei gatti e dei vari randagi che vagabondavano
in quel triangolo scuro, distinse delle figure umane. Erano tre, o
almeno così le parve. In un batter d'occhio, queste si
infilarono in una stradina laterale, sparendo alla vista.
- Li avete visti anche voi? - domandò incerta.
Altea deglutì e arretrò: - Se sono i Falchi,
siamo fottute. Ma erano troppo bassi. -
Kimiya gesticolò, gli occhioni grandi spalancati, allarmati
come quelli di un gatto accerchiato da un branco di lupi affamati.
- Dice che potrebbero essere i Cani, l'età è
quella. Ma che diamine ci fanno qui? Che interesse hanno in questo
quartiere? - scosse la testa e trasse un profondo respiro, - Sarebbe
meglio tornare a casa, prenderemo le pergamene un'altra volta. -
- No, non possiamo. Mi hai detto tu che volevi far tornare Hirad a
sorridere, non possiamo tirarci indietro proprio ora. -
ribatté decisa Nemeria.
- Siamo in tre e non siamo esattamente delle lottatrici. In
più, loro girano sempre con Zahra. Quella è una
Dominatrice e contro di lei, senza Dariush, verremmo fatte a pezzi. -
“Io posso difendervi!” avrebbe voluto urlare
Nemeria, ma si morse la lingua. Non poteva rivelare il suo segreto,
c'erano già troppe persone che lo sapevano ed era meglio non
rischiare.
- Proviamoci! Se non i pastelli, almeno le pergamene. -
- Nemeria... -
- Altea, per favore. Le prendo io se vuoi. - la pregò e le
strinse perché sentisse la sua determinazione, - Questa
è un'occasione d'oro, non possiamo lasciarcela sfuggire,
soprattutto quando Hirad ha bisogno di noi. -
La Sha'ir e Kimiya si scambiarono un'occhiata indecisa. Nemeria
notò l'incertezza e la tensione nelle loro posture, ma
sperò con tutta se stessa che la paura non cancellasse i
loro buoni propositi. Non avrebbe sopportato di incontrare di nuovo lo
sguardo vacuo di Hirad sapendo di aver avuto l'occasione per ridargli
la luce.
Alla fine Altea sospirò e si massaggiò
l'attaccatura del naso con le dita. Il cuore divenne un blocco di
ghiaccio nel petto di Nemeria.
- La bottega è in fondo alla strada. Prendiamo lo stretto
necessario e poi torniamo immediatamente alla tana, senza fare tappe
intermedie. Kimiya, tu verrai dentro con me e cercherai una scatola di
pastelli, mentre io mi occuperò delle pergamene. Nemeria, tu
farai il palo. Se vedi una ragazza con i capelli lisci e neri e gli
occhi da lupo, urla. Non fare niente di sconsiderato, ci siamo intese? -
- Sissignora! -
Camminarono a ridosso dei muri delle case e si infilarono in una strada
laterale ombreggiata, dove il passo di marcia divenne una rapida corsa
fino al retrobottega. La porta era di legno e, a giudicare dalla
maniglia arrugginita, dovevano essere mesi, se non anni, che non veniva
sottoposta a una manutenzione.
Altea si avvicinò, estrasse due aghi spessi dalle tasche
della tunica e cominciò ad armeggiare con la serratura.
Kimiya era acquattata vicino a lei, mentre Nemeria si era posizionata
all'angolo tra la strada dalla quale erano venute e quella che si
aggettava sulla via principale. Il cuore le galoppava nello sterno e il
respiro usciva spezzato dalle sue labbra, ma sapeva che era a causa
dell'adrenalina e del senso di responsabilità che le gravava
sulle spalle: stavolta non poteva permettersi errori, ne andava della
sicurezza delle sue compagne e della felicità di Hirad. Per
rivedere quel sorriso avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Il “clack”, seguito dallo scricchiolio della porta
che si apriva, la avvisarono che Altea e Kimiya erano dentro. Strinse
forte la pietra di luna e regolò la respirazione
finché non riuscì a decomprimere i polmoni e ad
allentare la stretta alla viscere. Tremò e
sobbalzò ad ogni rumore, la paura che serpeggiava nelle ossa
ricoprendo la pelle con un velo umido di sudore. Ciononostante,
piantò saldamente i piedi a terra e si impose di non fare un
passo, anche quando la sua mente le giocava brutti scherzi. Il terrore
che le suscitavano il predone e gli occhi accusatori della sua
tribù nella danza di ombre e luci provocata dal sole
scoloriva davanti alla prospettiva di Hirad di nuovo allegro e
sorridente. Si ripeté che doveva farcela ad ogni costo,
anche se l'ansia le rendeva le gambe pesanti.
Un guizzo alla sua sinistra le bloccò il fiato e il cuore
perse un battito. Fece aderire la schiena al muro e la tunica sudata le
si appiccicò addosso.
- Tranquilla, è solo un gatto. Non c'è niente di
spaventoso a parte randagi e ratti affamati. L'unico pericolo
è Zahra e la sua banda, ma loro non verranno, non hanno
motivo di seguirci né di attaccarci. - bisbigliò
tra sé e sé.
- Lo penso anch'io. -
Prima che potesse urlare, Kimiya le tappò la bocca con la
mano. Altea le sorrise trionfante, mostrandole un plico di pergamene
arrotolate e una scatola anonima di semplice legno nero.
- Sei stata bravissima, il miglior palo del mondo. Siamo una squadra,
ragazze! Il magico trio! - si complimentò con lei la Sha'ir
e Kimiya la liberò per darle un buffetto sul naso.
Nemeria sorrise timida. Tremava ancora, sia per la paura che per
l'euforia, e non riusciva a pensare in modo coerente, ma quando le
amiche l'abbracciarono stretta si rasserenò: per la prima
volta dopo tanto tempo era stata utile, si sentiva parte di un gruppo
e, soprattutto, aveva delle compagne su cui contare.
- Niente smancerie, su, non abbiamo tempo. Il coprifuoco è
tra meno di due ore, non possiamo tardare troppo, non con Dariush che
ci attende nella tana e i Cani in giro. Facciamo un'altra strada, se ci
hanno viste arrivare potrebbero intercettarci alla grata da cui siamo
uscite. Kimiya, guidaci. -
Kimiya si batté fiera una mano sul petto, poi
assestò una pacca sul fondoschiena di Nemeria per incitarla
a muoversi.
Svoltarono a destra, in un vicolo angusto tra due case, poi a sinistra
in una strada lastricata a metà e poi di nuovo a destra,
fino a quando la via non si allargò in un piccolo spiazzo
delimitato da una cornice di immondizia, dove un piccolo stormo di
corvi stava banchettando. Quando giunsero al traguardo, tuttavia,
avvertirono il sangue defluire dai loro visi e un brivido gelido
risalire lungo la spina dorsale.
Davanti alla grata c'erano due ragazzi e una ragazza, in piedi, a gambe
divaricate e braccia conserte, come se le stessero aspettando. La
ragazza aveva i capelli neri, lunghi e lisci, e gli occhi gialli come
quelli di un lupo.
Nemeria ravvisò in lei la descrizione fisica fattale dianzi
da Altea e capì immediatamente chi avevano di fronte, ben
prima che la Sha'ir pronunciasse con voce stentorea il suo nome.
- Zahra... -