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Autore: Machaira    23/05/2017    2 recensioni
Dal secondo capitolo.
Rick si allungò, prese il fascicolo e cominciò a leggerlo. A Daryl bastò un'occhiata per riconoscere la foto di quel ragazzo con i capelli corti biondo cenere, le spalle larghe e la canottiera bianca.
“Che cazzo ci fai con quello?” chiese irruento.
“È il tuo fascicolo.” rispose imperturbabile l'uomo dall'altra parte della scrivania, senza alzare gli occhi.
[…] “Che cosa volete?” chiese secco.
“Lavora per noi.” rispose risoluto Rick.
(sempre) dal secondo capitolo.
Eugene si alzò in piedi, si portò le mani rigide lungo i fianchi e lo guardò. “A settembre comincia il periodo di praticantato degli stagisti e ne è stato assegnato uno anche al nostro distretto. Stavo aspettando che qualcuno, uno qualunque di voi, facesse un passo falso per scegliere a chi scaricare quella zavorra. Hai vinto.”
Rick rimase allibito e per un momento non riuscì a dire nulla. […] Con le spalle al muro si arrese all'idea che la sua sorte fosse già decisa. “Si sa chi è?”
“La figlia minore del Generale Greene, Beth.”
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Michonne, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13
 
La mattina dopo, tutti in centrale avevano capito che non era giornata. Appena i due Duke avevano fatto il loro ingresso, era calato un silenzio tombale. Non che avessero detto o fatto niente, ma solo il modo in cui erano entrati a passi pesanti e con il viso adombrato aveva mandato un messaggio forte e chiaro: tenersi lontani.
 
In realtà Rick non era realmente di malumore; in quei giorni aveva fatto qualche passo verso Michonne e nonostante non si fosse lasciata andare, sembrava per lo meno disposta a dargli l'opportunità di mostrare quanto lui tenesse a lei. Qualche giorno prima, dopo la sua confessione, le aveva detto cosa intendeva fare: dimostrarle che davvero avrebbe potuto fidarsi di lui, ma che comunque alla fine la scelta sarebbe stata solo sua. Si era costruito così uno strano equilibrio tra loro, in cui lui si muoveva piano verso la donna e lei partecipava e osservava come uno spettatore passivo.
 
Quello che lo faceva arrabbiare era il comportamento dell'amico. Sì, perché l'altro Duke era una testina di cazzo. Dopo essergli piombato in casa, era rimasto sveglio tutta la notte misurando a grandi passi il salotto, continuando a fare avanti e indietro come una tigre in gabbia.
 
Rick era rimasto a fargli compagnia, ma ad un certo punto era crollato sul divano, lasciandosi andare ad un sonno profondo. Quando si era risvegliato qualche ora dopo, aveva trovato Daryl che ancora camminava; era rimasto per un po' ad osservarlo finché questo non si era girato con un sorriso amaro in volto, parlando per la prima volta da quando aveva messo piede in casa sua: “Pensa di fottermi?” rise sarcastico. “Be, col cazzo!” enfatizzò puntandogli il dito contro, in una smorfia strafottente di rabbia e nervoso insieme.
 
Poi, senza aggiungere altro, era andato in bagno chiudendo la porta a chiave e dopo pochi istanti Rick aveva sentito l'acqua della doccia. Aveva scosso la testa, passandosi una mano sul volto e con un sospiro si era alzato per andare a svegliare i bambini. 
 
Anche se non gli aveva detto niente, era evidente che fosse successo qualcosa quella sera. Aspettava di vedere la reazione di Beth per capire se fosse stato in negativo o in positivo. Daryl avrebbe reagito male in qualsiasi caso, quindi non faceva testo, tanto più che sembrava deciso a non dire nulla.
 
Quando entrarono in ufficio lei era già lì e, come ogni mattina, li salutò con un sorriso gentile. Rick la salutò a sua volta, mentre Daryl rimase zitto, finché lui non gli diede una gomitata nel fianco mentre erano alle sue spalle per appendere i giubbotti. Così quando si era seduto accanto a lei si era sforzato di farle un cenno e poi era tornato a guardare il muro di fronte a sé. Aveva due bambini sia al lavoro che a casa, ormai si era rassegnato all'evidenza.
 
Per quello che poteva vedere, Beth era tranquillissima, non si comportava diversamente dal solito e a quel punto le opzioni erano due: o non era successo niente e Daryl si era sognato tutto, o lei fingeva per amor del quieto vivere. E temeva fosse la seconda.
 
Dopo un'oretta circa era suonato il telefono e la ragazza al bancone d'ingresso l'aveva chiamato, dicendogli di scendere. Negli ultimi giorni la centrale era in pieno delirio: a causa di una brutta influenza il personale era decimato, perciò i pochi superstiti cercavano di aiutarsi quanto più potevano. Erano andati al piano di sotto, tranne Beth che voleva prima passare da Maggie per sapere se avesse qualche novità. Appena arrivati trovarono un uomo ammanettato, seduto con gli occhi bassi su una delle seggioline ai lati dell'atrio d'ingresso.
 
“Buongiorno. Grimes, lei è?” gli chiese, presentandosi brevemente. Quello alzò il volto su di lui e sorrise mostrando i denti. Rick sollevò il sopracciglio per invitarlo a continuare e per tutta risposta quello si limitò a sbattere le ciglia, fingendo uno sguardo dolce.
 
“Juliet, chi è?” disse a quel punto Rick rivolto verso la ragazza.
 
“Merle Dixon, è qui per rissa. Non sembra niente di straordinario ma dovrà rimanere fino a domani mattina.” snocciolò rapidamente.
 
Rick si voltò cercando Daryl alle sue spalle, ma dell'uomo non c'era traccia. Fece il giro del bancone circolare, e lo trovò inginocchiato a terra, con il cappuccio della felpa calato sulla testa, che tentava di nascondersi. Quando nella visuale di Daryl comparvero un paio di stivali, alzò di scatto la testa e cominciando a scuoterla gli fece segno di non dire nulla.
 
“Cerchi i folletti, commissario?” gli chiese Merle dopo un po', provocandolo.
 
“Non sono un commissario.” rispose asciutto. “Forse sarebbe meglio andare in-”
 
Non riuscì a finire la frase che sentì una risata provenire dalle scale e subito dopo la voce di Jesus esclamare divertito: “Daryl, ma cosa stai facendo? Ti nascondi dagli sbirri?”
 
Risvegliato dal nome del fratello, Merle si raddrizzò sulla seggiolina facendo correre gli occhi chiari in lungo e in largo, setacciando la stanza con attenzione. “Daryl?” domandò, quasi come per chiamarlo. A quel punto, per il diretto interessato era inutile nascondersi e dopo aver lanciato un'occhiataccia a Jesus e avere fatto il gesto di tagliargli la gola, si era rialzato togliendo il cappuccio.
 
“Oh porca troia, fratellino! Che fai qui?” gli chiese sorpreso l'altro, non nascondendo una nota di scherno.
 
“Lavoro. Tu piuttosto, cosa ci fai ancora dentro?” ribatté, sollevando il mento e irrigidendo i muscoli nella solita posa difensiva che assumeva quando era teso.
 
“Lavori?!” scoppiò in una risata che gli aveva sempre ricordato troppo il verso di una iena e poi continuò “Ti pagano per essere la mascotte del gruppo? O sei la fidanzata del signorino qui, Darylina?” gli chiese indicando Rick con un gesto della testa, senza spegnere il sorriso.
 
“Sei il solito coglione.” rispose secco “Portalo tu in cella.” disse poi rivolgendosi all'amico prima di salire le scale. Ci mancava solo suo fratello per coronare quella giornata di merda.
 
Nel frattempo Beth era passata da sua sorella che però non le aveva detto niente di nuovo; anzi, da quando si era ridotto il personale a causa della malattia, Maggie si era trovata a dover fare il lavoro di due colleghi, oltre al suo. L'aveva aiutata per quello che poteva, consegnando qualche cartella medica e aiutandola a riordinare un laboratorio.
 
Quando era andata al piano terra, sperando di trovare Rick e Daryl, non aveva visto nessuno eccetto Juliet. Quella poverina stava impazzendo, il telefono continuava a squillare: dagli uffici la chiamavano per praticamente ogni cosa, il più delle volte per farsi dire dove si trovava questo o quello, con la scusa di non saperlo.
 
“Beth!” la chiamò appena la vide. “Ti prego, posso chiederti un favore?”
 
“Certo, dimmi.” le sorrise.
 
“Qualcuno ha camminato con le scarpe sporche di fango, e se lo becco...” disse nervosa con un sospiro “Ma l'impresa di pulizie è già andata via. Potresti andare a prendere secchio e spazzolone? Non posso proprio allontanarmi da qui.” le chiese quasi supplicandola.
 
“Dove li trovo?”
 
“Nei bagni del piano di sopra.” rispose mentre il telefono riprendeva a trillare insistente.
 
“Vado subito.” le fece un cenno d'assenso e si incamminò su per le scale.
 
“Sei un angelo, grazie!” urlò nella sua direzione un secondo prima di rispondere alla chiamata.
 
Arrivata al piano di sopra, Beth andò nel bagno delle donne; di solito quel genere di cose erano tenute lì. In centrale non sapeva che abitudini avessero, quindi tentò un po' a caso sperando di avere fortuna. Dopo qualche minuto passato ad aprire le porte e a cercare dietro gli angoli, non aveva ancora trovato nulla. Forse erano in quello degli uomini; le sembrava strano ma tanto valeva provare.
 
Così varcò la porta affianco, continuando a cercare. Si era appena abbassata sui talloni per vedere sotto le ante chiuse dei bagni se ci fosse qualcosa, quando la porta dietro di lei si spalancò di botto. Sorpresa, si alzò di scatto e girandosi si trovò di fronte a Daryl. Stava per chiedergli se lui sapesse dove potessero trovarsi secchio e spazzolone, quando lui cominciò ad urlarle addosso.
 
“Cristo, ormai sei dappertutto! hai intenzione di diventare la mia fottuta ombra e non mollarmi neanche al cesso?!” la voce era sempre più alta, il viso sempre più paonazzo. “Mi sono rotto di trovarti ovunque. Scollati, capito?! Sei solo una ragazzina per me, nient'altro!”  la guardò negli occhi furibondo, inspirando ed espirando forte, agitato come un toro, per recuperare il fiato.
 
Beth era rimasta immobile e lo fissava con gli occhi spalancati. Per un momento non riuscì a reagire; non capiva proprio cosa volesse dire, era stata una doccia fredda. Sapeva di essersi sempre spinta vicina al limite con lui, ma in quel momento non stava cercando di fare nulla. Però se era questo che lui sentiva, benissimo. Lei aveva una dignità e un orgoglio da mantenere. Ovviamente ci era rimasta male, ma non glielo avrebbe mai mostrato.
 
Si diresse lentamente verso di lui e lo vide retrocedere automaticamente di un passo. Lo guardò intensamente, con la rabbia negli occhi e le labbra sottili strette l'una contro l'altra. “Fottiti.” gli disse, rafforzando il concetto con tanto di gesto. E uscì, sbattendo la porta con un colpo secco.
 
Sentiva la rabbia montarle nel petto e quel nodo allo stomaco, che aveva trattenuto, sciogliersi fino a farla sussultare. Stava tremando e aveva gli occhi lucidi per il nervoso. Nell'atrio del primo piano quasi si scontrò con Rick; lo sentì dirle qualcosa, ma non lo ascoltò nemmeno. Si fiondò giù per le scale, cercando di scendere i gradini il più rapidamente possibile. Voleva solo uscire di lì e stare da sola. Anche Juliet la chiamò, ma non le diede nemmeno il tempo di finire la frase che era già in strada.
 
Cominciò ad accelerare il passo fino a che non si ritrovò a correre. Tutto attorno a lei era ovattato, lontano. Sentiva il rumore dei battiti del cuore tamburellarle nelle tempie e il suo corpo tremare, non solo per il freddo. L'aria le sferzava il viso e le ghiacciava le lacrime che scendevano lente e copiose. Rischiò persino di essere investita quando attraversò la strada senza pensare; aveva la vista annebbiata e non si era nemmeno accorta dell'auto che stava girando l'angolo. Il guidatore suonò il clacson, riportandola alla realtà. Non capiva dov'era e non le importava, ma doveva fermarsi: sentiva il fiato corto e la milza dolorante. Si portò le mani sulle ginocchia e respirò a pieni polmoni. Le gambe tremavano per il nervoso e quella sensazione di pesantezza che aveva nel petto non si era ancora placata.
 
Dopo aver recuperato un po' il fiato cominciò a camminare, stringendosi nelle braccia per cercare di riscaldarsi; quando era uscita dalla centrale non aveva nemmeno pensato di prendere il cappotto. L'unica cosa che voleva era allontanarsi il più possibile. Nella sua mente si affollavano così tanti pensieri che non riusciva nemmeno a carpirli tutti, ma uno predominava sugli altri: Daryl. Quanto era stata stupida? Lui aveva ragione, non sarebbero mai potuti stare insieme. Eppure la sera prima aveva sperato che la loro vicinanza potesse portare a qualcosa di più. Non si era mai sbagliata tanto. Lei era rimasta una ragazzina ai suoi occhi. Quella volta a casa sua, lui le aveva detto che non pensava lo fosse e lei ci aveva persino creduto, ma davanti ai fatti si era ovviamente smentito. Si sentì triste come non mai. La rabbia era passata e tutto quello che le rimaneva era solo un grande lago di tristezza. Si sentiva disillusa, come quando ti svegli da un bel sogno e ti accorgi che in realtà non è successo niente.
 
Si sedette su una panchina e cominciò a guardare la strada senza vederla veramente. Rimase lì sola per molto tempo, finché una mano le si posò sulla spalla.
 
“Ehi, tutto bene?”
 
Si voltò di scatto verso il suo interlocutore, pronta a dirgli in malo modo di lasciarla in pace, chiunque egli fosse. Ma quando incontrò gli occhi scuri del ragazzo che le stava di fronte, rimase per un momento paralizzata.
 
“Va tutto bene?” le domandò di nuovo, sedendosi accanto a lei.
 
Beth si ricompose immediatamente, cercando di nascondere il nervosismo di poco prima e con un sorriso dolce appena accennato gli rispose: “Certo, grazie. Ehm... non credo ci conosciamo.” disse invitandolo a presentarsi, mantenendo la voce morbida.
 
“Nico, piacere.” rispose, porgendole la mano.
 
“Daisy.” disse allargando un po' il sorriso e ricambiando la stretta.
 
§§§
 
Glenn era appena rientrato in pizzeria e uno dei camerieri lo aveva già avvisato che di lì a poco sarebbe dovuto uscire per un altro giro. Era seduto su uno degli sgabelli alti vicino al bancone, ad aspettare che le pizze venissero pronte, quando sentì il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni. Lo prese e vide che il contatto non era salvato in rubrica.
 
“Pronto?” rispose.
 
“Glenn, sono Beth.” lui allontanò il telefono dall'orecchio e guardò lo schermo confuso; strano, non era il suo numero.
 
“Ma da dove stai chiamando?” le domandò confuso.
 
“Non importa. Ho bisogno di un favore. Vai in centrale a portare una pizza e passami Rick.” disse velocemente.
 
“Aspetta.” allontanò di nuovo il telefono e si rivolse a uno dei cuochi. “Josh, per caso ti hanno chiesto una pizza dalla centrale?”
 
“No, oggi non ancora.” rispose quello concentrato mentre tirava la pasta.
 
Glenn tornò a parlare con Beth. “Ma nessuno l'ha ordinata.” ribatté stranito.
 
“Non importa, devi solo portare una pizza a Rick e passarmelo, te la pago io appena ci vediamo. Ah, e ricordati di chiamarmi con il tuo telefono su questo numero, ok?” disse con urgenza.
 
“Certo...” mormorò stranito “Ma tutto bene?” le chiese poco convinto.
 
“Sì, ma devo andare. A dopo.” E senza stare un secondo di più, gli attaccò il telefono in faccia.
 
Quella telefonata lo aveva sorpreso e non poco; tralasciando il fatto che lui e Beth non si erano mai sentiti se non per quanto riguardava qualche ordine, il tono febbrile e agitato della ragazza lo aveva preoccupato. Comunque fece come gli era stato detto; aspettò che tutto fosse pronto e poi si rimise in moto. Portò a termine le consegne e infine si diresse in centrale con una pizza margherita fumante nel portaoggetti.
 
Appena entrò si avvicinò al bancone e vide Juliet, la ragazza che stava sempre al centralino, alzare gli occhi su di lui.
 
“Ti chiamo Daryl?” chiese sbrigativa ma con gentilezza, sollevando la cornetta del telefono.
 
“No, non c'è problema, ci penso io.” sorrise, cercando di risultare il più tranquillo possibile.
 
“Va bene allora, è nell'ufficio di Rick.” lo salutò con un cenno per poi tornare con lo sguardo fisso sul computer accanto a lei.
 
Quando entrò nella stanza, la tensione era talmente densa che si poteva tagliare con un coltello. Rick aveva i gomiti appoggiati sulla scrivania, le mani intrecciate davanti alla bocca e guardava intensamente Daryl con sguardo truce; l'altro gli stava di fronte, seduto malamente come al solito ma con la testa bassa, nemmeno si trovasse davanti al Tribunale della Santa Inquisizione.
 
“Ehm... devo fare una consegna.” disse schiarendosi la voce per attirare la loro attenzione. Rick lo guardò sorpreso e scosse la testa leggermente. “È da parte di Beth.” aggiunse.
 
“Cosa? Quando l'hai sentita?” chiese l'agente con impazienza.
 
“Circa una mezz'oretta fa, perché?” rispose stupito.
 
“È sparita da almeno cinque ore! Pensavamo le fosse successo qualcosa!” spiegò.
 
“Mi ha chiesto di portarti una pizza e di chiamarla a questo numero.” disse Glenn mostrandogli il cellulare. Frettolosamente, Rick prese il telefono dalla scrivania e cominciò a comporre il numero finché l'altro non lo fermò. “Ha detto di non usare il tuo; chiama con questo.”
 
Un lampo di preoccupazione attraversò il volto di Rick che si affrettò a far partire la chiamata. Dopo tre squilli finalmente rispose.
 
“Pronto?”
 
“Beth!” esclamò “Dove sei? Tutto bene? Che è successo?” le chiese a raffica.
 
“Rick, zitto!” lo fermò. Era stata un po' brusca, ma non c'era tempo da perdere. “Ascoltami bene, d'accordo?” Lui rimase come paralizzato. Il tono della ragazza era frettoloso e urgente; non l'aveva mai sentita così rigida e seria.
 
“Dimmi.” disse mettendo in vivavoce.
 
“Quando sono uscita ho incontrato Nico Russo. Ricordi? Il cugino di Mark, il braccio destro di Chacòn; il ragazzo col negozio di fiori. Ecco, si è seduto accanto a me, abbiamo chiacchierato un po' e mi ha invitata ad uscire con lui domani.” spiegò velocemente, tralasciando i dettagli e cercando di essere il più concisa possibile.
 
“Cosa?!” domandò allarmato. “Ma tu non hai accettato, vero?”
 
Beth non gli prestò attenzione e continuò. “Ho bisogno di documenti falsi e di un altro telefono. Gli ho detto di chiamarmi Daisy, il resto sceglilo tu, va bene tutto. Dì a Maggie che per il momento non tornerò a casa, e come indirizzo segna King Street 37; è dove abita una mia amica, io sono già da lei. Portami tutto qui, d'accordo?”
 
L'uomo era rimasto come imbambolato a fissare lo schermo illuminato del telefono da cui proveniva la voce della ragazza. “Rick? Rick, stai segnando?” gli domandò quando non lo sentì rispondere.
 
“Come?” chiese frastornato.
 
“L'indirizzo! Prendi carta e penna, e segnalo!” lo spronò.
 
“No Beth, scordatelo, non puoi.” le disse contrariato.
 
“Non sono una bambina.” sottolineò l'ultima parola. “E poi mi sembra che non ci sia tanta scelta ormai; io andrò da lui che tu mi appoggi oppure no. Certo il tuo aiuto mi farebbe comodo...” ribatté furbescamente. Quando sentì Rick sbuffare capì di averlo convinto e ripeté: “Daisy, King Street 37. Aspetto le cose entro stasera.” e con questo chiuse la chiamata.
 
L'ufficio rimase immerso nel silenzio; nessuno si mosse né disse una parola. Non si guardarono nemmeno in faccia. Restarono con lo sguardo fisso sul telefono ormai spento per qualche minuto, finché Rick non parlò.
 
“Oh mio Dio!” esclamò cominciando a camminare per l'ufficio e mettendosi le mani nei capelli in un gesto disperato. “È completamente pazza! Che le è saltato in testa?! Suo padre l'ha affidata a me per non farle correre pericoli, ed ora è persino il perno dell'operazione! Non è possibile! Quell'uomo mi licenzierà e i miei figli dovranno vendere frutta lungo la strada*1!” disse affranto.
 
Dopo un po' si voltò verso Daryl e lo trovò ancora seduto con le mani strette a pugno, tanto che le nocche erano bianche, e con un'espressione che non gli aveva mai visto prima. Quando Glenn era entrato, Rick lo stava costringendo a una sorta di terzo grado per scoprire dove fosse finita Beth. Non gli aveva detto niente, nemmeno uno dei suoi soliti grugniti sconclusionati. Era rimasto con lo sguardo basso, i capelli scuri a coprirgli la fronte e gli occhi, e le labbra sigillate. Non che in quel momento si stesse lasciando andare a un monologo, ma i suoi occhi comunicavano più di quanto non volesse.
 
Si impose di darsi un contegno e sospirò, passandosi la mano sugli occhi stanchi. “Bene. Prepariamo tutto.” disse dando una leggera pacca sulla spalla all'amico, per poi dirigersi verso l'atrio. “Ah, Glenn?” lo chiamò mentre stava uscendo “Ho bisogno anche di te.” I due uomini lasciarono Daryl solo, chiudendosi la porta alle spalle.
 
Era colpa sua, solo colpa sua, se lei adesso si trovava in quella situazione.
 
Dopo quella discussione nel bagno, stava tornando in ufficio quando Rick gli aveva chiesto se sapesse dove stava andando Beth tanto di fretta. Aveva glissato, come al solito, ed era andato al piano di sotto per farsi un caffè. Tra la ragazza e suo fratello, quella giornata stava procedendo malissimo, ma non pensava sarebbe potuta andare anche peggio. Quanto si sbagliava. 
 
Appena arrivato al piano terra aveva trovato Juliet disperata e arrabbiata insieme.
 
“Daryl, sai dov'è andata Beth?” gli domandò. Ma perché lo chiedevano tutti a lui?! In risposta aveva dissimulato il solito menefreghismo e aveva alzato le spalle con espressione annoiata. “Le avevo chiesto di andare nel bagno di sopra a prendermi lo spazzolone perché qualche buzzurro ha insozzato il pavimento e ad un certo punto l'ho vista scendere come una furia e andare via!”
 
La centralinista aveva continuato a blaterare per un po' qualcosa riguardo a quanto cafona fosse la gente e quanto quel pavimento sembrasse un porcile, tanto che alla fine era andato lui stesso a cercare quel maledettissimo spazzolone, purché smettesse di lamentarsi.
 
Non che la stesse ascoltando più di tanto; aveva la testa persa nei suoi pensieri. Si era sentito un completo idiota. Beth non era andata in bagno per fargli un altro dei suoi scherzi, stava solo facendo un favore a Juliet. E lui l'aveva attaccata senza motivo. Aveva visto nei suoi occhi quanto fosse rimasta spiazzata dalla sua uscita. Ma quando si sentiva messo alle strette la sua miglior difesa era l'attacco. Ferisci gli altri prima che gli altri feriscano te, lui era fatto così. Non che questo lo giustificasse, certo.
 
Si sentiva già abbastanza di merda dopo aver scoperto che lei era assolutamente innocente, e per quello non aveva detto nemmeno una parola per ore, quando poi lei li aveva chiamati - anzi, aveva chiamato Rick e aveva parlato sempre e solo a lui pur sapendo che probabilmente altri ascoltavano - e gli aveva detto che l'indomani sarebbe uscita con quel moccioso... Si era arrabbiato, sì. Con sé stesso.
 
Oltre alla rabbia però, era rimasto come bloccato dalla preoccupazione. Non potevano permettere che si lanciasse nella tana del lupo come niente fosse! E non avrebbe detto niente, però era stato sollevato quando Rick aveva provato a fermarla. Ma lei era un osso duro e non dubitava che quella matta si sarebbe lanciata all'azione anche se l'avessero lasciata sola.
 
L'unica cosa che poteva fare ormai era cercare di aiutarla il più possibile e sperare che quella storia si chiudesse il prima possibile.
 
Quando arrivò al piano terra, lo trovò in subbuglio; quei pochi agenti che erano rimasti andavano su e giù per la centrale senza fermarsi nemmeno un attimo. Non pensava che così poche persone potessero fare tutto quel casino. Chiese a Juliet dove si trovava Rick e questa gli indicò l'ufficio di Porter senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Accanto a lei, ammanettato al bancone, c'era Merle che guardava tutto e tutti con il suo solito sorriso malizioso. Essendo che nessuno poteva rimanere a fargli da guardia, era stato spostato lì in modo che potessero tenerlo sotto controllo.
 
Senza nemmeno guardarlo andò verso l'ufficio e fuori dalla porta trovò Rick al cellulare.
 
“So che è meglio non sentirci, ma Eugene non vuole firmare il permesso; puoi pensarci tu?” chiese piuttosto imbarazzato. Daryl sentì la voce della ragazza dall'altra parte del telefono, e immaginò fosse una risposta affermativa a giudicare dall'espressione sollevata dell'uomo di fronte a sé.
 
Rientrarono insieme e vide che c'erano anche Jesus e Abraham ad aspettarli; Rick passò il telefono a Eugene che, solo dopo aver sentito la voce di Beth, mise in pausa il gioco e le prestò attenzione.
 
“Sì? ... Sì, capisco. ... Certo, non c'è nessun problema. ... Per lei questo ed altro. ... Buona serata.” passò il telefono a Rick e firmò subito i moduli che aveva di fronte.
 
Abraham intanto aveva scosso la testa e mormorato: “Ma come fa? Gliel'ha data, per forza. Ecco perché non ascolta noi uomini.” Jesus accanto a lui aveva sorriso divertito.
 
“Al contrario, Ford. La signorina Greene si è dimostrata da subito una giovane donna forte e ben educata; molto più intelligente di tanti in questa stanza. E per quanto riguarda il fatto di non ascoltarvi... be' siete così noiosi, lei sì che invece ha qualcosa da dire.” concluse come se tutto ciò che stava dicendo fosse più che ovvio.
 
“Bene.” disse Rick, tralasciando le critiche che il capo aveva appena lanciato a tutti “Ora ci rimane solo da decidere come recapitarglieli; di certo non posso essere io, tutta la città sa che sono il vicecapitano.” disse osservando gli altri nella speranza che avessero qualche idea.
 
“Il tipo mi ha visto; io non posso.” rispose Daryl secco.
 
“Anche io e Abraham siamo conosciuti. Insomma, da quando Abe ha quasi ammazzato di botte il tipo che gli ha dato del coglione è famoso. E io sono stato sotto copertura in questa zona troppo tempo per passare inosservato.” spiegò Jesus.
 
Rimasero qualche minuto in silenzio, pensando a una possibile soluzione, quando il capitano Porter sollevò la testa e esclamò: “Ho io la soluzione!” Tutti si voltarono verso di lui stralunati, increduli che davvero gli fosse venuto in mente qualcosa o anche solo che ci avesse pensato. “Il signor Dixon!”
 
Daryl lo guardò innervosito; questo tipo ascoltava mai? Come era finito a fare il capitano? Ma prima che potesse dire qualcosa, Rick lo precedette. “Il ragazzo l'ha visto in faccia, Daryl non può andare.” cercò di spiegare paziente.
 
“Non questo signor Dixon. Quel signor Dixon.” chiarì, indicando al di là della parete vetrata l'uomo che in quel momento stava facendo gli occhi dolci a Juliet. Daryl seguì la traiettoria del dito di Eugene, finché i suoi occhi incontrarono la sagoma di suo fratello, mezza sdraiata sul bancone.
 
“Sei completamente mat-!” Rick gli tirò una gomitata nel fianco per farlo stare zitto e cominciò a parlare per attirare l'attenzione su di sé.
 
“Con tutto il rispetto capitano; non credo sia una saggia idea mandare proprio lui.” ribatté cauto.
 
“E perché mai? Da quando è stato scarcerato, Merle Dixon non ha avuto grossi problemi. In più non lavora in polizia e se qualcuno dovesse riconoscerlo non sospetterebbe mai che stia agendo per conto nostro. E poi che vi piaccia o no sono io il capitano, quindi si fa come decido io. Su forza, all'opera, fuori di qui. Lasciatemi in pace.” E dopo averli praticamente sbattuti fuori dall'ufficio si richiuse la porta alle spalle con un tonfo sordo.
 
“Ci si può fidare di lui?” gli chiese Rick, guardando Merle.
 
“No... ma sì.” rispose enigmatico. All'espressione incerta dell'altro, spiegò. “È il più cazzuto degli stronzi, mio fratello. Fagli mangiare un martello e cacherà chiodi.*2 Mandalo.” disse sicuro. Sperava di non pentirsene. Rick annuì. Intanto erano arrivati di fronte al bancone, pronti a dare il via al piano.
 
“Allora, ci sarebbero da mandare questi moduli, Juliet potresti...?”
 
“BASTA!” urlò questa, ammutolendo tutti, persino Merle. “Col cazzo che lo farò! Mi avete rotto i coglioni! Sono cinque giorni che non mi lasciate in pace un attimo! Mi chiamate per ogni stronzata; Juliet di qua, Juliet di là, ma che cazzo volete ancora?! Devo insegnarvi a pulirvi il naso e ad allacciarvi le scarpe?! Vaffanculo!” disse dopo essersi tolta con un gesto di stizza le cuffie e il microfono, andando a passo di marcia verso l'ingresso come una furia e sbattendo la porta.
 
Rimasero tutti allibiti osservando attoniti la sua uscita, poi lentamente si guardarono l'un l'altro ancora troppo stupiti per dire qualcosa.
 
“Wow... qualcuno ha il suo numero?” chiese Merle con un sorrisino malizioso, mentre osservava ancora il punto in cui la ragazza era sparita. Al di là dei vetri smerigliati potevano ancora vedere la sua sagoma, i suoi capelli lisci e castani, il completo blu e le gambe magre e chiare lasciate scoperte dalla gonna al ginocchio.
 
“Scordatelo, ha appena 25 anni.” disse Rick piccato. 
 
L'altro stava già per rispondere a tono quando Jesus attirò l'attenzione su di sé. Mise una mano nella tasca dei pantaloni e dopo aver tirato fuori uno spinello strizzò l'occhio agli altri quattro e disse: “Ci penso io.”
 
Il vicecapitano aprì la bocca per contestare, ma l'altro lo fermò ancora prima che parlasse: “È chiaramente a scopo terapeutico.” disse alzando le mani, con un sorriso furbo per poi uscire a sua volta.
 
“Va bene, stringiamo o non ce la caviamo più.” li richiamò Abraham, riportandoli coi piedi per terra. “Ci pensate voi a spiegargli tutto? Io mando la richiesta per i documenti.” Prese i fogli che Eugene aveva firmato e dirigendosi verso il suo ufficio, li lasciò soli. 
 
“Abbiamo bisogno che tu faccia una cosa.” disse Rick all'uomo ammanettato di fronte a lui.
 
“E per chi mi hai preso, la cameriera?” chiese retorico l'altro, con un sorriso provocatorio.
 
“Ovviamente dietro compenso.” ribatté Rick asciutto.
 
“Guarda un po', adesso la polizia di Atlanta vuole stipendiare tutti i Dixon della città? È una sorta di... progetto sociale? Alla fine vi danno la fascia come ai boyscout?” domandò sarcastico.
 
“Smettila di fare il coglione, ci servi seriamente.” lo interruppe Daryl. Suo fratello era sempre stato così; cazzeggiava e prendeva tutto sottogamba. Ma loro non avevano tempo. “Devi andare a questo indirizzo e consegnare quello che ti daremo. Poi io e te ci vedremo per parlare di quello che vi sarete detti tu e Beth. In cambio sei libero, da subito.” spiegò conciso.
 
“Beth?” disse lentamente l'altro, guardando suo fratello dritto negli occhi, con uno sguardo malizioso e indagatore.
 
“Allora?” chiese Daryl, tralasciando volutamente il modo in cui aveva pronunciato il suo nome. “Accetti?”
 
C'era qualcosa di strano negli occhi di suo fratello mentre parlava, e Merle se ne era accorto subito. Era un qualcosa di completamente nuovo ed estraneo e non riusciva a riconoscere cosa fosse. Quel che era certo è che avrebbe fatto di tutto per scoprirlo. Finse di pensarci per un momento e poi con un sorrisino furbo rispose: “Ma sì, vediamo com'è questa tipa per cui tanto vi sbattete.” calcò leggermente sull'ultima parola, mostrando i polsi a Rick perché gli togliesse le manette.
 
§§§
 
Quando Beth sentì suonare il campanello, quasi saltò dallo spavento. Sapeva che non poteva essere nessuno di pericoloso, aveva fatto le cose per bene: non aveva più messo piede in centrale, aveva chiamato subito Kelly chiedendole se avesse potuto ospitarla per qualche giorno, aveva cercato di contattare gli altri il meno possibile ed era rimasta zitta e buona in casa ad aspettare.
 
Erano le sette di sera, il cielo era blu scuro già da un pezzo, ma il vento aveva diradato le nuvole che ingombravano l'aria il giorno prima, lasciando intravedere le stelle.
 
Si avvicinò al citofono e rispose.
 
“Chi è?” domandò in tono chiaro.
 
“L'idraulico.” rispose una voce roca e graffiante.
 
Kelly non le aveva detto che sarebbe dovuto passare, ma comunque scese i cinque scalini che c'erano nell'ingresso e poi socchiuse la porta quel tanto che bastava per vedere chi stava dall'altra parte.
 
Era un uomo sulla quarantina, con i capelli cortissimi che cominciavano a schiarirsi e gli occhi azzurri illuminati dalla luce del lampione sopra di loro. Indossava una tuta blu da lavoro aperta fin sopra l'ombelico che lasciava intravvedere il petto ricoperto da una peluria rada, e aveva in mano una valigetta in metallo dall'aria pesante che doveva contenere gli attrezzi da lavoro.
 
Quando la vide, l'uomo mormorò: “Ah... capisco.” con un sorrisino furbo e l'aria di chi la sa lunga.
 
“Sì?” domandò lei per invitarlo a parlare.
 
“Tu sei... Daisy?” chiese con un tono che sembrava volesse sottintendere tanto altro. Le tese la mano e Beth la strinse automaticamente. Quando si lasciarono lei trovò nella sua mano un piccolo foglietto ripiegato. Lo aprì e vi lesse poche parole.
 
Lascialo entrare.
                    -D
 
“Mi scusi, lei è...?” chiese piuttosto confusa.
 
Lui le sorrise a trentadue denti guardandola dall'alto in basso. “Merle Dixon, dolcezza.”




Angolo autrice:
 
*1 Vita da camper, 2006. Bob Munro.
*2 The Walking Dead, 2010. Daryl Dixon.
 
Ebbene sì, la mia fantasia non ha limiti: Daryl Dixon che cita Daryl Dixon; tutto ciò a del filosofico. Freud sarebbe fiero di me. A parte gli scherzi, questa frase è troppo bella e credo che non ci sia modo più azzeccato per descrivere Merle (che, se non si fosse ancora capito, io adoro!). Ci stiamo dirigendo verso la fine, i fili cominciano a intrecciare una trama più precisa e presto si tireranno. Ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi recensisce^^
·Machaira·
   
 
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