Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: FatSalad    24/05/2017    6 recensioni
Spartaco è giovane, bello, spiritoso, laureato, con un contratto a tempo indeterminato e con un “superpotere”: quello di far cadere ai suoi piedi qualsiasi donna senza fare assolutamente niente.
Il rovescio della medaglia di una capacità del genere, però, è che Spartaco è incapace di costruire rapporti di amicizia con le ragazze e, soprattutto, quando si scoprirà completamente e perdutamente innamorato si renderà conto di una cosa: non ha assolutamente idea di come si conquista una donna.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«Ecco lo Spartano!»
“Perché sono amico di un cretino del genere?” Si chiese Spartaco non appena fu entrato nel pub designato da Michele.
Alzò una mano in segno di saluto e contò i presenti. C'erano Michele con la sua nuova fiamma, tale Giada, il suo fedele compare Gabriele, l'amica originaria dell'Argentina Elena, e un paio di altri ragazzi che ogni tanto uscivano con il gruppetto, ma di cui non ricordava il nome.
«Ciao!» disse sedendosi accanto ad Elena.
«La tua ragazza?» chiese Elena, sibilando le “z” come solo un'argentina poteva fare.
«Arriva a momenti.»
«Non era con te?»
«No, le piace prendere la moto.» spiegò.
Non aveva finito di parlare che subito notò la porta del locale che si apriva e Barbara che si girava a destra e sinistra cercandolo con lo sguardo. Istintivamente si alzò in piedi e le andò incontro, salutandola con un bacio.
I litigi con lei non erano poi così male se dopo riuscivano a riaccendere in quel modo la loro passione. Si allontanò di poco da lei, con un sorriso trasognato, che gli si congelò sul volto appena udì una voce dietro di sé.
«Che porco!» disse distintamente e a voce alta una ragazza di statura medio-bassa, decisamente sovrappeso, con i capelli finissimi e chiari tagliati a caschetto.
«Camilla!» escalmò Spartaco salutando la sua amica, la commessa del suo negozio preferito di videogiochi. Non era sicuro del perché, ma lei non sembrava affatto contenta di vederlo.
«E così esci con questa?» chiese senza troppi convenevoli indicando con il capo Barbara.
«Io sono la sua ragazza, tu invece chi saresti?» chiese spazientita la ragazza, con la stessa rudezza.
«Lei è...» cominciò Spartaco con tono sempre allegro, cercando di dissimulare la tensione che sentiva spandersi a fiotti da quelle due donne.
«Il tuo ragazzo mi ha fatto il filo per mesi.» disse Camilla rivolta a Barbara, con sicurezza ed espressione sprezzante, come se non fosse più bassa di lei di una ventina di centimetri.
«Cosa?!» fece Spartaco.
«Non credo proprio.» disse Barbara divertita, nello stesso momento.
Incrociò le braccia al petto e passò in rassegna il corpo pieno della commessa, poi ripetè sicura:
«Non penso che Spartaco mentre sta con me abbia il tempo di guardare altre ragazze.» in un modo crudele che sembrava sottointendere “non quelle come te”.
Stizzita da quelle reazioni, Camilla se ne andò mandando a quel paese Spartaco.
«Cami!»
«Che fai la richiami? Vuoi che mi insulti di nuovo questa... Cami
Il tono di Barbara gli fece venire il dubbio che forse non l'aveva presa troppo sul ridere e lasciando perdere l'amica, Spartaco decise di tagliare corto e di dirigersi al tavolo dove gli altri li aspettavano.
Fu una serata tranquilla, Michele fece il buffone come al solito, con Elena intrattenne delle chiacchierate interessanti e Barbara fu come sempre la regina della situazione, o forse la dittatrice.
«Andiamo via!» gli disse ad un certo punto all'orecchio e lui non poteva dire che era ancora presto o che non aveva finito la birra, perché quel tono voleva dire “adesso andiamo via” punto e basta.
Salutarono ed uscirono e già Spartaco pregustava il dopo serata, ma Barbara lo sorprese.
«Volevi spogliarla sul posto?» chiese, seccata.
«Cos..?»
«Sì, sì, è inutile che fai quello sguardo da cucciolo smarrito, lo sai benissimo di chi parlo. Quell'argentina con due metri di gambe e una quarta di tette al vento!»
«Barbie... - Le disse con un sorriso bastardo, prendendola per la vita. - Lo sai che ho occhi solo per le tue di gambe...»
«E io lo so che hai un debole per le tettone, - continuò Barbara senza sciogliersi minimamente - anche la cicciona di prima era ben fornita!»
Quella donna doveva proprio essere complessata per la sua scarsa dotazione in fatto di seno.
«Ma se non ci ho fatto nemmeno caso!» si difese Spartaco.
«Vuoi farmi credere di non esserti accorto che la latin lover ti si è strusciata addosso per tutta la sera, arrotando tutte le “r” possibili e immaginabili?»
Ora stava diventando esasperante. Spartaco sospirò.
«Barbie, sono stanco, ho avuto la partita oggi, non ho voglia di litigare.» disse, arrendendosi.
Barbara incrociò le braccia e girò la testa mettendo quasi il broncio come una bambina.
«E le tue tette mi piacciono così come sono.» le sussurrò all'orecchio prima di cercare le sue labbra e sperare in un bacio pacificatore. Lo fu, ma pieno di denti e morsi, come voleva Barbara.
Forse quei continui litigi con la sua ragazza cominciavano a stancarlo, voleva solo andare a casa e sfogarsi con Kilowatt.


Era giusto: i suoi colleghi lavoravano da tempo, erano padri di famiglia, mariti con una moglie ad aspettarli a casa, lui invece era stato appena assunto, era un cosiddetto scapolo che vedeva mamma e papà ogni fine settimana. Chi doveva rimanere in ufficio per la festa della Repubblica? Lui ovviamente. Ormai rassegnato si mise alla scrivania, sedendosi con un tonfo. Stette un attimo in silenzio, senza nemmeno accendere il computer, ad ascoltare l'insolita calma che aleggiava nell'aria. Solo pochi indistinti rumori raggiunsero le sue orecchie da lontano, qualche fruscio e rumore di parole battute sulla tastiera da qualche collega che condivideva quel giorno la sua sorte.
«Buona festa anche a voi, colleghi giovani e sfigati!»
Mormorò tra sé e sé Spartaco, stupendosi l'attimo dopo di essersi dato dello sfigato. Nessuno aveva mai osato definirlo con un tale epiteto, eppure ultimamente si sentiva sempre stanco, sempre annoiato e sempre meno in sintonia con la sua ragazza, con la quale litigava di continuo per i motivi più assurdi.
Accese il computer e mentre aspettava che lo schermo si illuminasse fissò la piccola action figure che aveva sistemato sulla scrivania. Anche se non era ancora venerdì, l'indomani doveva passare assolutamente al negozio di videogiochi per chiarire con Camilla, se lo impose ricordando la scenata che aveva fatto la ragazza al pub. Il giorno dopo, infatti, gli era concesso di prendersi una feria e Spartaco non voleva perdere tempo per chiedere spiegazioni alla commessa, perché nonostante tutto ci teneva a lei.
La mattina passò lentamente e come se non bastasse durante la pausa pranzo litigò al telefono con Barbara. Rientrò in ufficio che ancora non era finita la pausa, con un umore ancora più nero, dopo aver mangiato un panino striminzito che l'avrebbe lasciato con un sapore strano in bocca e con la fame per niente placata.
Appena ebbe chiuso il cellulare e la porta alzò lo sguardo e per istinto fece un salto indietro, prima di mettersi a ridere e precipitarsi sulle due figure che aveva trovato ad attenderlo.
C'era Michele, lo spensierato compagno di squadra, e c'era un ragazzo poco più basso di Spartaco. Aveva un bel viso con la linea della mascella che terminava in un mentino appuntito, un neo a sottolineare la fossetta che si creava quando sorrideva candido, i capelli di un castano che si confondeva facilmente col biondo e un fisico asciutto. Un paio di occhiali, che non portava ancora quando andava a scuola con Spartaco, coprivano due occhi chiari e luminosi.
«Giova! Michele!»
Che amici cretini che aveva! E quanto era contento di averli!
Si precipitò sul compagno di squadra, gli bloccò la testa con un braccio e gli scompigliò i capelli con un gesto vigoroso, intenzionato a fargli male. Michele si lamentò sonoramente finchè Spartaco non lo lasciò andare e rivolse la sua attenzione a Giovanni, lo guardò negli occhi e lo abbracciò dandogli una pacca sulla schiena.
«Come stai, bomber?»
«Non c'è male.» rispose Giovanni scrollando le spalle e passandosi una mano tra i capelli.
«Non ti è ancora passato quel vizio? Tra poco ti ritroverai calvo!» lo punzecchiò Spartaco facendo riferimento alla sua chioma non più folta come alle superiori.
«Non diventerò mai calvo, sarò solo un quarantenne con una stempiatura sexy... brutto stronzo peloso!» rispose dandogli un cazzotto nello stomaco, che Spartaco incassò ridendo, prima di mettersi a massaggiare la zona colpita.
«Non sono peloso!» si lamentò poi con la vocetta da bambino permaloso.
Sentendosi escluso per troppo tempo, Michele si inserì nella conversazione e come al solito Spartaco lo prese bonariamente in giro. Poi si appoggiò alla scrivania e chiese spiegazioni, ma era scontanto che i suoi amici fossero lì per tirargli un po' su il morale, mentre gran parte della popolazione italiana era a casa o a godersi una gita di piacere.
Giovanni doveva lavorare in pizzeria quella sera, quindi non aveva potuto andarsene in spiaggia con un gruppo di amici, Michele semplicemente era un compagno troppo leale per potersi divertire senza Spartaco.
Si scambiarono battute e aneddoti per qualche minuto, poi furono interrotti da un leggero bussare alla porta.
«Avanti!» disse Spartaco con tono deciso, sollevandosi dalla scrivania.
Aprendo lentamente la porta si fece avanti la novellina. Doveva immaginarlo che anche lei sarebbe stata tra i fortunati lavoratori del 2 Giugno e a giudicare dalla sua espressione doveva esserne entusiasta quanto lui. Ah, già, quella era solo la sua solita faccia.
«Oh. - Fece la ragazza con piattezza, appena ebbe visualizzato lui e il crocchio di amici venuti a disturbare o allietare la sua giornata di lavoro - Pensavo ci fosse Sergio.» continuò, nominando il collega di ufficio di Spartaco, un uomo di mezz'età affidabile e simpatico, come a spiegare la sua presenza e forse la sua delusione.
«Invece ci sono io.» rispose cercando di usare un tono sarcastico, ancora sorridendo per i discorsi con gli amici.
«Fa niente.» disse lei senza che la sua espressione mutasse di una virgola, poi si scusò e tornò al suo lavoro chiudendosi la porta alle spalle.
«Chi è la ragazzina?» chiese Michele dopo un fischio di apprezzamento, che rese Spartaco consapevole del fatto che l'ingresso della ragazza aveva ammutolito i suoi amici.
«Carli, possibile che tu riesca ad andare in calore per qualsiasi persona di sesso vagamente femminile che vedi?» disse Spartaco massaggiandosi la fronte, come a dire “Non c'è speranza”.
«Lascia fare, la tipa non è male...» si intromise Giovanni.
«Ma chi? Irene? - chiese Spartaco sempre più sconvolto - Quella sottospecie di zombie con gli occhiali e il culone?»
«Ehi, che hai contro gli occhiali?» fece Giovanni, piccato.
«Non sai che ci farei con un culo del genere...» commentò nel mentre Michele.
«Ok, va bene, de gustibus... com'era? - chiese Spartaco cercando negli anfratti della memoria - In ogni caso c'ha la verve di una sogliola, questo è innegabile.»
«Anni?»
«Non lo so di preciso, però non ha finito di laurearsi che già l'avevano assunta. Pare sia una di quelle ragazze prodigio che pensa solo al lavoro, insomma, inadatta alla vita sociale.» disse per scoraggiare gli amici ripensando a tutte le volte che la collega aveva inciampato sull'ultimo scalino, fatto cadere risme di documenti e rovesciato un caffè bollente addosso a lui.
«La cosa positiva è che da quando c'è lei non sono più io il novellino!» concluse.
«Non è che mi combineresti un appuntamento?» chiese Michele ridacchiando.
«E quella Giada con cui stavi uscendo?» fece Spartaco dopo aver roteato gli occhi.
Michele cominciò a borbottare, perdendo la sua solita parlantina e Spartaco immaginò che, come al solito, la storia avesse avuto poco seguito.
«A me, invece? La presenteresti?» chiese Giovanni speranzoso.
«Oh, ma che vi è preso, oggi? È la calura estiva? - escalmò Spartaco – E va bene, ma non ci contare troppo: non siamo così in buoni termini.»
«Che amico inutile!» sentenziò Michele scuotendo il capo con aria greve e beccandosi così una pacca dolorosa da parte di Spartaco.
Senza dubbio fu la festa della Repubblica più memorabile che Spartaco potesse ricordare: pizza portata in ufficio dai suoi ospiti era la migliore sorpresa che degli amici potessero fargli.


Il giorno dopo, come aveva stabilito, passò dal negozio di elettronica per parlare con Camilla, ma perdeva sicurezza ad ogni passo che lo avvicinava alla meta e prima di entrare sperò che la ragazza avesse il giorno libero.
Controllò furtivamente dall'esterno e poi decise di comportarsi nel modo più naturale possibile. Entrò, seguì la moquette dai colori squillanti e percorse il tratto abituale che lo portò a superare i telefoni cellulari e gli impianti stereo. Prima di svoltare nella corsia dei videogiochi fece un'impercettibile pausa e gli parve di girare quella curva a rallentatore.
Notò subito una ragazza, ma non si trattava della commessa che stava cercando o cercando di evitare.
La prima cosa che gli saltò all'occhio furono le scarpe, di pelle nera, logore, con le stringhe sciolte, sembravano di almeno un paio di numeri più grandi, come quelle dei clown. Sopra indossava dei jeans e una maglietta extralarge dai colori accesi. L'insieme creava un'accozzaglia strana, ma non sgradevole. Quando era a lavoro si vestiva in modo anonimo, con colori che oscillavano dal grigio al marrone o di un colore indistinguibile tra i due. A vederla fuori dal lavoro sembrava una persona completamente diversa, con una personalità, stramba, ma pur sempre una personalità.
“Irene?! Che ci fa qui vestita in quel modo?” pensò sulle prime, poi gli venne in mente che aveva promesso a Giovanni di rimediargli un appuntamento con la collega e considerò la situazione come un'occasione perfetta, che gli fece gonfiare il petto di sicurezza.
Per il suo amico Giovanni, che era un bel ragazzo, ma era sempre stato un po' sfortunato con le donne, poteva ben fare uno sforzo. Era successo altre volte in passato, che Spartaco invitasse una ragazza ad uscire con il suo amico, ma di solito a sua insaputa. Si avvicinava ad una ragazza che gli sembrava papabile e le chiedeva “Sei libera?” sfoderando tutte le sue migliori doti seduttive. Di solito la ragazza in questione diceva sì, se si mostrava molto contenta e disponibile o al contrario stava sulle sue non importava, Spartaco aveva imparato a riconoscere in entrambi gli atteggiamenti una risposta positiva. “Perfetto! Perché al mio amico manca una compagna per ballare!” diceva da copione, beandosi della delusione che di solito passava nello sguardo della malcapitata. Quando però indicava chi fosse il suo amico, nella maggior parte dei casi vedeva lo sguardo dell'interlocutrice riaccendersi di nuova curiosità, qualcuna rispondeva per ripicca “È proprio il mio tipo!” o anche “Ho sempre preferito i biondi!” e a lui andava benissimo, gli bastava la certezza che avrebbero detto di sì anche a lui e che Giovanni avrebbe passato una bella serata.
A pensarci era strano come non si facesse problemi ad avvicinare una ragazza per il bene del suo migliore amico, mentre fosse incapace di farlo per sé. Di solito gli bastava ammiccare o sorridere in direzione della persona che suscitava il suo interesse e poi aspettare che fossero le ragazze a cercarlo, forse per pigrizia, forse perché lo faceva sentire desiderato, importante, o forse perché poteva accusare un rifiuto rivolto ad un altro ragazzo, ma non a se stesso.
«Ciao!» disse sorridendo all'indirizzo della collega.
Irene alzò lo sguardo e parve registrare la faccia del collega come parte di un edificio o di un paesaggio.
«'Giorno.» rispose senza dargli ulteriore confidenza e tornando a studiare il retro di un paio di videogiochi.
Non che si fosse aspettato un abbraccio fraterno, ma insomma poteva almeno fingere un “Che sorpresa trovarci qui!” o cose del genere. Non era nella natura di Spartaco mollare, per cui tentò di nuovo di attaccare bottone.
«Quello è una ciofega, te lo sconsiglio.» disse indicando in direzione del videogioco che Irene aveva in mano.
«Dici?» fece lei, poco convinta, lo sgardo ancora occupato a scandagliare le informazioni sulla custodia.
«Sì, è così facile che sembra per bambini, nonostante il limite di età. Fidati, io ho provato praticamente tutto il reparto e ne ho comprata una buona metà. Se non lo conosci ti consiglierei...»
«Per caso lavori qui?» chiese a quel punto la ragazza, evidentemente scocciata.
«No, ma...»
«Penso sia la sua strategia per rimorchiare.» disse una voce annoiata alle sue spalle.




2 giugno, ore 22:16
- Kilo, so che non vuoi rivelare info personali, ma se hai detto che non sei un'undicenne e non vai più a scuola cosa fai nella vita? Lavori? Stai mandando il curriculum a giro? Stai...
- Perché all'improvviso sei diventato così curioso?
- Perché d'un tratto sei diventata più reale

 




Il mio angolino:
Per le vecchie lettrici di Whatsapp Love: se non l'aveste ancora capito, questa storia è nata esclusivamente per smontare il mito di Spartaco. Perché? Perché sono crudele! Muahahahah!!
Ehi, ma nessuno si è accorto che Giovanni era già apparso in Whatsapp Love?! La dura vita del cameo...
FatSalad
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: FatSalad