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Autore: Little Redbird    24/05/2017    3 recensioni
Raphael vorrebbe che tutto questo avesse un senso. Che i suoi sentimenti non fossero così improvvisamente vividi, così dannatamente sbagliati. Vorrebbe che Simon avesse un senso. Che la smettesse di essere sempre così diverso, così sbagliato come vampiro. Così luminoso e caldo e accecante. Come un fottuto sole in una stanza.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Clary Fairchild, Raphael Santiago, Simon Lewis
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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You were the sun
and I was crashing into you

 

Guadalupe Santiago aveva sempre raccomandato ai suoi figli di non essere invidiosi. Quando vivevano a Zacatecas, in una casa con un solo bagno per otto persone, diceva loro di non badare ai compagni di scuola con le scarpe nuove, di non lamentarsi se a colazione non mangiavano pancetta, ma solo uova. Raphael aveva sempre fatto del suo meglio per rendere orgogliosa sua madre. Aveva cercato di non invidiare gli amici che raccontavano delle loro prime esperienze con il sesso, aveva tentato di pensare alla propria mancanza di desiderio come il segnale che Dio lo volesse immune al peccato originale. Poi si era reso conto che, sebbene mai fisicamente, anche i ragazzi lo attraevano. E poi il colpo di grazia: la trasformazione in vampiro. Dio non lo riteneva speciale, aveva capito allora. Dio forse non sapeva nemmeno che esistesse. Allora, anche se solo una volta, aveva invidiato i Suoi figli prediletti.
Anche da morto, da mostro, da nascosto, aveva cercato di seguire i consigli di sua madre. Dopotutto, erano tutto ciò che gli restava di lei. Non aveva mai invidiato gli Shadowhunters, mai le Seelie, mai gli Stregoni – né tantomeno quelli di Brooklyn con gli occhi da gatto, con somma delusione di Magnus. Aveva invidiato gli umani per un po’. Ma forse non poteva definire davvero invidia l’odio che provava verso il loro modo di prendere tutto per scontato, la loro capacità di non accorgersi del mondo che viveva parallelo al loro, che li uccideva e li proteggeva. Per lo più aveva invidiato il loro potersi stendere al sole, scaldarsi nei giorni freddi d’inverno semplicemente alzando il viso verso cielo limpido. Eppure, alla fine si era abituato all’oscurità, al freddo, alla morte. Alla fine, pensava, ci si abitua a tutto quando non si ha nulla da perdere.
Ma la verità è che qualcosa da perdere la si ha sempre. Che sia un amico, la famiglia, un amore o il potere, poco importa. Allora ci si rende conto di aver fatto solo finta di essersi abituati. Ed è precisamente questo che pensa Raphael quando Simon gli racconta di aver passato giorni e giorni sotto il sole tiepido d’autunno, a fissare le foglie sugli alberi del colore dei capelli di Clary, ad assorbire tutto il calore e la luce che gli erano stati portati via troppo in fretta. Era rinato, si era innamorato di nuovo di quella vita che aveva pensato di non poter più riavere. Si era perfino scaldato, aveva detto. Poco, aveva ammesso poi. Sempre più del solito gelo da vampiro, però.
Raphael ce lo vedeva proprio Simon sotto il sole, nel mezzo della strada con le braccia aperte, steso su una coperta in un grande prato, seduto alla fermata dell’autobus, braccia e gambe aperte a stella, le guance arrossate dal caldo.
Non aveva le guance rosse adesso. I suoi zigomi erano pallidi come l’ultima volta che l’aveva visto, quando era ancora un vampiro normale, un vampiro senza speranza di rivedere il giorno. Un vampiro come lui.
Il Diurno, lo chiamavano adesso. Si vociferava che avesse acquisito poteri speciali. Non era vero, ovviamente. Se lo fosse stato, Raphael l’avrebbe trovato con indosso un costume dai colori sgargianti e una S cucita sul petto. Super Vampire, si sarebbe fatto chiamare. Altro che Diurno. E Magnus l’avrebbe chiamato da tempo per poter ridere a crepapelle e prenderlo in giro per il resto dei suoi giorni – pardon, delle sue notti – per essersi preso una cotta per un individuo del genere. Raphael non l’avrebbe biasimato. Prima o poi riderà con lui. Solo non adesso.
Adesso vorrebbe soltanto piangere, macchiare la giacca nuova con le sue lacrime dense e rosse.
“Cosa hai provato?” domanda.
Simon è troppo preso dalla sua nuova situazione per potersi accorgere della sua voce che si spezza. O forse è tanto gentile da non farvi cenno. Ma Raphael ha i suoi dubbi. Se Simon avesse un minimo di pietà per lui, non gli starebbe raccontando di quanto sia felice ora che ha tutto: l’eternità, il sole, Clary.
Sospira, allargando le braccia in un gesto impotente. “Non c’è modo di descriverlo. Non esistono parole.” Il suo sorriso vacilla un po’. “Vorrei potertelo mostrare.”
Raphael si costringe a fare un sorriso sarcastico. “Che sciocchezza. Che razza di leader dei vampiri sarei, a quel punto?”
Simon sembra più ferito del dovuto da quelle parole. È inutile negare la logica: agli occhi degli altri sarà ancora più strambo, ancora di più un reietto, un esperimento sociale, la mascotte dei Cacciatori.
“Un leader dei vampiri caldo” risponde allora, pungente.
Raphael lo fissa senza espressione. O almeno spera di non lasciar trapelare il dolore, la malinconia e l’invidia che quell’aggettivo è riuscito a rimescolargli dentro. A quanto pare, Simon può prendere tutto il sole che vuole, ma resta comunque freddo quanto lui, dentro.
A questo punto non resta che andarsene, Raphael lo sa. Se non se ne va adesso c’è il rischio che risponda qualcosa di ancora più cattivo, qualcosa che li terrebbe sul piede di guerra per chissà quanti giorni, qualcosa per cui non varrebbe la pena subire la ramanzina di Magnus. Ma i suoi piedi non si muovono. Buffo come nemmeno un paio di costose scarpe italiane possa costringerti ad allontanarti dalla persona che più ti fa soffrire al mondo con il suo farti sentire vivo.
Raphael vorrebbe che tutto questo avesse un senso. Che i suoi sentimenti non fossero così improvvisamente vividi, così dannatamente sbagliati. Vorrebbe che Simon avesse un senso. Che la smettesse di essere sempre così diverso, così sbagliato come vampiro. Così luminoso e caldo e accecante. Come un fottuto sole in una stanza.
Fissarlo troppo a lungo gli fa sempre male, sebbene non agli occhi. Toccarlo non lo brucerebbe soltanto, lo ridurrebbe in cenere. Ma alla sua mano nessuno sembra averlo detto. A sfiorare la sua guancia per primo è l’anulare. Il polpastrello scivola senza attrito sulla pelle cerea di Simon, subito seguito dagli altri, che si fermano solo quando trovano i capelli corti sulla sua nuca. Raphael cerca di tenere fermo il pollice, di impedirsi di mostrarsi ancora più debole e stupido di quanto già non stia facendo.
“Sei caldo davvero” ammette sottovoce.
Se Simon fosse ancora il vampiro incapace di qualche mese fa, non l’avrebbe sentito.
“Te l’ho detto” dice. Sorride trionfante.
Per una volta non stanno litigando e una vittoria forse lo è davvero. Poi il sorriso di Simon tramonta. Sta per dirlo di nuovo, Raphael può leggerglielo negli occhi, sulle labbra, nel collo teso in avanti, nella guancia che affonda impercettibilmente nella sua mano. Vorrei potertelo mostrare.
Non può mostrarglielo, tanto quanto Raphael non può baciarlo in questo momento. Entrambe le cose porterebbero alla sua fine per incenerimento, lo sa. Non potrebbe sopportare di sentire le labbra calde di Simon sotto le proprie. Non potrebbe sopportare di desiderare di sentirle ancora e ancora.
Raphael distende le dita. Ora è solo il suo palmo ad essere in contatto con il viso di Simon. Sperava che in questo modo fosse più facile allontanare la mano. Si sbagliava, chiaramente. Si sbagliava su tante cose.
Prima su tutte: sì, c’è uno Shadowhunter che invidia. È quello che finalmente lo riporta alla realtà chiudendo la porta della rimessa in cui Simon si ostina a vivere. Ha lunghi capelli rossi, come il sole al tramonto, e l’ottimismo di chi ha una sola vita davanti e cerca di viverla al meglio.
“Raphael” lo saluta Clary, chiaramente sorpresa di vederlo lì. Come se Simon non fosse ancora come lui. Più o meno. “Mi dispiace per le perdite che ha subito il clan.” La sua voce è sincera. Lo è sempre in questo genere di situazioni.
Raphael la invidia per la sua visione del mondo, per essere rimasta buona nonostante tutto, e per il bacio che lascia sulle labbra tiepide di Simon subito dopo, in segno di saluto, che è quello che anche lui vorrebbe fare. Ma a lui tocca salutare rigido e dileguarsi.
Può quasi sentire la voce di sua madre. Essere invidioso non ti darà quello che desideri.
Nemmeno non esserlo, risponderebbe Magnus.
Nulla gli darà quello che desidera, né l’invidia, né il tempo e né tantomeno Dio. Ma si ostina a desiderare. E questa, più dell’eterna oscurità, è la sua dannazione.
 
 
 
 


 
AN:
*si trattiene dal postare e scappare per mostrare almeno un briciolo di coraggio*
La lascio qui prima che mi venga voglia di cestinarla. Non scrivevo fan fiction da mesi. Cominciavo a non sentirmi più una fangirl. Grazie a Dio c’è Chara che mi manda le uniche still Saphael dai prossimi episodi. (Faremo finta di non sapere che lo fai perché vuoi costringermi a riprendere la mano con questi due così posso scrivere la OS per The corpse.)
Bene. Non ho detto nulla di utile. Ci rivediamo se quando mi daranno un po’ di Saphael.
Titolo spudoratamente scopiazzato da una delle mie frasi preferite di Carry On. E non me ne pento nemmeno un po’.
Grazie se siete ancora qui a leggere le mie menate.

Red.
   
 
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