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Autore: Duncneyforever    25/05/2017    0 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Finalmente riusciamo a farci largo - a spintoni data la poca pazienza dei signori - all'interno della piazza vaticana e Rüdiger tutto sembra fuorché rilassato: continua ad emettere un fracasso infernale con quel suo scrocchiare nervoso di nocche, brontola ogni tre per due lamentandosi per non si sa quale motivo e, se ciò ancora non fosse abbastanza, il continuo inspirare ed espirare, causato dalla troppa calura mediterranea, è a dir poco disturbante. Capisco benissimo che in Germania non faccia mai così caldo e che un tedesco dalla pelle così chiara soffra moltissimo l'esposizione al sole rovente, ma nemmeno un bambino di due anni farebbe tante storie! Che rompiscatole! Se non ci fosse stato neppure un soffio di vento allora che cosa avrebbe fatto? Sarebbe morto?

- Hör doch auf! - Tiro una gomitata al rosso, esasperata, facendo intendere di aver infastidito pressoché tutti con il suo comportamento infantile. Ricevo un'occhiattacia da lui, poi però riusciamo ad entrare nella grande basilica e il suo malumore è presto rimpiazzato da un nuovo senso di appagamento ed entusiasmo, esattamente com'era capitato alla vista della bellissima fontana. Schneider non è poi così barbaro come immaginavo... Già dai quadri ( trafugati ) appesi in casa sua avevo intuito un certo strano interesse nei confronti dell'arte, ma non avrei mai immaginato che potesse arrivare a tal punto; egli, infatti, si è già diretto a passi lenti e ritmati verso le pareti affrescate, assorto nei suoi pensieri, come se fosse in un'altra dimensione. Si è soffermato sul lato sinistro dell'atrio, davanti alla statua di Carlo Magno, poi a destra, davanti a quella di Costantino e, successivamente, ha attraversato la navata centrale - percorsa dai grandi archi a tutto sesto - a passo cadenzato, talvolta chinando il capo per ammirare il pregiato pavimento marmoreo e talvolta guardandosi intorno, soffermandosi sui numerosi mosaici e sulle varie cappelle laterali.

- Certo che Herr Schneider è proprio preso.. - Il tenente Blüme mi affianca e attacca discorso, sicuramente annoiato dal silenzio tombale del collega, ancora scosso dal brutto colpo e perennemente in assetto, sulla difensiva. L'uomo scorre lo sguardo dal rosso alla nota " Pietà " di Michelangelo, opera sulla quale lo stesso colonnello si è a lungo soffermato;

- state tranquillo voi! Dubito fortemente che qualcuno possa attentare alla vostra vita nella casa del Signore... Perciò rilassatevi! Mi mettete ansia! - Il tedesco in questione indugia un attimo, prima di accennare un " ok " col capo e ammorbidire la postura rittissima, quasi congelata in una marcia meccanica. Andrea, invece, passeggia per conto suo, incurante di Rüdiger, di August, del tedesco bruno, della sottoscritta e persino della guerra stessa, raccolto nei suoi pensieri e in un'apparente pace interiore. Purtroppo per lui, però, non ci siamo fermati molto nello stato del Vaticano, dato che, dopo aver visto i musei e la celebre " Cappella Sistina ", i crucchi hanno sentito il bisogno di interrompere il tour per placare i brontolii di stomaco che, per più di mezz'ora, hanno letteralmente rimbombato tra le pareti dell'edificio, nonostante fossero solo le sei e venti del pomeriggio. Sono trascorsi solo quindici minuti, ma stiamo già vagando in cerca di un locale che si sia adattato alla strana routine degli invasori germanici;

- com'è possibile che abbiate già fame? - Noto il sole ancora luminoso nel cielo e davvero mi chiedo come facciano, insomma! August è un uomo sulla trentacinquina, non molto in forma ma nemmeno tanto robusto, Kurt ( tedesco di cui finalmente ho conosciuto il nome ) è poco più giovane, snello e piuttosto asciutto, mentre Rüdiger è decisamente più interessato al fisico formoso delle ragazze locali che al cibo... Quali spiegazioni potrebbero avere?

- In Deutschland isst man früh. Tagesablauf, come dite voi.. - Cerca di farsi capire il povero Kurt, con il suo lessico ridotto che, per fortuna, inizia ad essere via via più comprensibile... Non è che io sia una cima in tedesco, però sono riuscita a capire il senso della frase e una sorta di risposta alla mia domanda sono riuscita ad ottenerla;

- noi al contrario, specialmente qui al centro-sud. - Il moro fa cenno di aver capito, mentre August indica un locale sulla sinistra che dà segni di " vita " nonostante l'orario: più che un rinomato ristorante oserei definirla una semplice osteria popolare, ma che cos'altro avrebbero potuto pretendere?

- Se proprio non volete aspettare, non sembra poi così male questo posto, non trovate? - Il rosso non protesta minimamente, troppo preso da un gruppetto di civettuole ragazze di sobborgo che, molto " gentilmente ", ha invitato a cena nel locale senza neppure il nostro consenso e, considerando il fatto che è quel ragazzetto viziato a comandare, non abbiamo poi tanta scelta; di conseguenza, ci accomodiamo nel tavolo centrale della sala, come voluto da Schneider, noi quattro, le tre amabili signorine e alcuni colleghi di Andrea che, dopo averlo riconosciuto, si sono presto aggregati all'allegra combriccolata di assassini fascisti e collaborazionisti vari, tedeschi inclusi, trovati nel locale e chiamati da August e Rudy al nostro tavolo. Ovviamente mi sono sentita un pesce fuor d'acqua: mi sono stretta al braccio di Andrea e gli sono stata vicina tutta la serata, protratta anche per parte della notte. È stato terribile, più di quanto mi aspettassi, e la cosa è degenerata a tal punto da costringermi a fuggire da un branco di alcolizzati in calore, aizzati da una ragazza che, dopo aver rifiutato le loro avances, ha preferito lanciarli contro di me, una ragazzina senza colpe capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Adesso sono asserragliata in un cantuccio, parzialmente nascosta a quelle bestie che, pur di stanarmi, stanno mettendo a soqquadro tutto il locale... Andrea è ubriaco perso; gli hanno cacciato un fiaschetto di vino in bocca e gli effetti dell'alcol hanno oltremodo iniziato a farsi sentire; Rudy è circondato da quelle giovinette, con il viso immerso tra i lunghi capelli biondi di una e il seno prosperoso di un'altra, fin troppo distratto per poter curarsi di me; Kurt ed August non sono messi nè meglio nè peggio di altri ed io sono rimasta sola, completamente sola. Cerco di non farmi notare, di sgattaiolare passando da sotto i tavoli per raggiungere la porta, ma vengo afferrata per le caviglie e trascinata fuori da un tedesco, troppo sobrio per i miei gusti; caccio un urlo, scalcio il più possibile, riuscendo a sferrare una pedata sull'addome dell'uomo che, per vendicarsi, mi agguanta i capelli in una morsa fortissima e mi strascica fuori dall'osteria come un sacco di patate... Se un mese fa vi era Friederick a frenare Sauer, ora non vi è più nessuno per me e le sue braccia gentili sono soltanto un ricordo, sfocato e lontano, come tutto il resto; mi fa solo male pensare a lui, il mio angelo custode, mentre mi divincolo come una disperata, urlando e graffiando i miei aguzzini con tutta la furia che ho in corpo. Questi porci vogliono portarmi via l'onore, la dignità, la purezza, le sole cose che possiedo in questo mondo... Non voglio. Non devono essere loro ad avermi. Non glielo permetterò mai.

- Che razza di uomini siete?! Bestie, siete delle bestie! - Strillo, trattenendo le lacrime, mentre il tedesco e il suo " amico " italiano mi tengono ferma, mordendo e leccando ogni anfratto di pelle esposta. La sola puzza di alcol è terrificante; ricercano le mie labbra accecati dalla lussuria ma, sopraffatta dai conati di vomito, le ritraggo disgustata, sferrando schiaffi e pugni praticamente alla cieca, nel buio del retro locale, lontano da tutto e da tutti. Il tedesco mi schiaccia contro il muro del vicolo e tasta le mie forme da sopra i vestiti: gli occhi verdi, le folte sopracciglia aggrottate in un'espressione estasiata... L'italiano appoggia le labbra viscide sul collo, succhiando avidamente e toccandomi ovunque;

- ma si può sapere che volete da me?! A casa non avete delle mogli che vi aspettano?! - Sgomito, divincolandomi, nella speranza che possano cambiare idea.

- Liebe Emma... - Sussurra il biondo, staccandosi un attimo dal corpo bianco e livido, che ha quasi spezzato con la sua prepotenza - ... Diesmal will ich Frischfleisch abschmecken! - Esclama, spalancando gli occhi lucidi e infilando le mani grandi e tozze sotto la mia maglietta, soffermandosi sui fianchi e poi sempre più su... Capisco di essere spacciata, quindi grido più e più volte fino a farmi mancare il respiro e con le ultime forze rimaste provo a calciar via i due uomini con due colpi ben assestati nelle parti basse: l'inatteso, però, si rivela essere proprio dietro l'angolo e si manifesta nel momento clou dell'aggressione, nel momento di più bisogno;

- Samuè, muoviti! Non abbiamo molto tempo! - Alcuni schiamazzi riescono a destare me, ma non i fascisti che mi sono addosso, troppo brilli e distratti per sentire. Emetto un grido più lancinante degli altri, sicura di poter essere sentita e, nel migliore dei casi, aiutata.

- Sei impazzito?! Non possiamo lasciarla lì! - Un uomo, anzi no, un ragazzo, appoggia qualcosa a terra, prima di avvicinarsi cautamente e poi, in un lampo, afferrare uno dei miei aggressori per il collo e buttarlo all'indietro, dandomi tempo di riprendere fiato e realizzare l'intervento di qualcuno in mio soccorso.

- Federì, damme na' mano, presto! - Sbraita il mio giovane salvatore, lottando contro i due brutti ceffi: per atterrare l'italiano, molto meno lucido dell'altro, gli basta sferrare un pugno in pieno viso e una ginocchiata nello stomaco del suo avversario ma, per quanto riguarda il tedesco, urge l'intervento del suo compagno che, liberandolo dalla presa ferrea del biondo, riesce a tramortire il gigante crucco con una gomitata sulla mandibola e un altro colpo sulla nuca. I miei aguzzini cadono inermi al suolo, alla mia mercé;

- spero sentiate tanto male al vostro risveglio, porci! - Sputo sui loro corpi con disprezzo e copro il mio con le mani, dispiacendomi per la t-shirt preferita, ridotta ad una pezza da piedi per colpa loro. 

- Certo che te la sei proprio vista brutta... - Il ragazzo dai grandi occhi cioccolato si rivolge a me con estrema gentilezza, asciugandosi il labbro spaccato con il dorso della mano. Sono così mortificata per lui, un povero innocente passato di qui per caso! Ringrazio i due per avermi aiutata e porgo le mie scuse per i danni riportati durante lo scontro; 

- perché lo avete fatto? - Chiedo, abbassando gli occhi per la vergogna. 

- Non stare lì impalato, Sam! Hai fatto la tua opera di bene, ora andiamo via da qui! Sbrigati! - L'altro ragazzo lo acchiappa per il bavero della giacca e lo sprona a camminare, ma lui non demorde e pianta i piedi per terra, continuando a ripetere quanto sia inutile e immorale lasciarmi da sola in un vicolo buio, in balia di tutto e di tutti. I due si mettono a discutere, fino a quando un clangore di ferri e pentole varie non ci costringe a rifugiarci dietro ad un cassonetto della spazzatura, immersi nell'oscurità della notte. Restiamo immobili a guardare, mentre dalla baraonda del locale, dalle sue luci soffuse e dal suo puzzo di fumo, alcol e stomachevoli profumi dolciastri, ne escono due ochette starnazzanti, ubriache e allupate come se non ci fosse un domani, seguite a ruota da un colonnello sempre più accaldato e scomposto, come mai lo avevo visto. In silenzio, però, esprimo tutto il mio odio nei suoi confronti, la rabbia e la delusione nel vederlo vivere a pieno la sua vita, ma anche solo nel vederlo vivere estraneo al senso di colpa che, invece, dovrebbe provare in ogni singolo istante... Non ho dimenticato il volto sciupato di quel giovane, il cui ultimo sguardo è stato volto a me, non ho dimenticato le costole sporgenti, i lividi e i tagli di Ariel, non ho scordato l'orrore che provai quando vidi per la prima volta quel drappo di pelle cucita; non ho scordato nulla, seppur mi faccia male ricordare, ma ancora non riesco ad avere un quadro completo e definito della sua personalità, a capire se sia lui a tenere il coltello dalla parte del manico o se sia più schiavo lui degli " esseri " che considera inferiori. 

- È andato - sussurro, dopo averlo visto scomparire, sicuramente alla volta della camera d'albergo. Nel frattempo, ancora acquattata tra i due, sfrego le mani sulle braccia scoperte, cerco di scaldarmi il più possibile e, solo dopo aver accertato la sicurezza del posto, faccio segno di uscire dal nascondiglio, umido e sporco. 

- Dobbiamo portarla con noi. - 

- Certo! E perché non ci facciamo anche ammazzare adesso che ci siamo?! Le strade pullulano di nazisti, non hai visto? Non possiamo scarrozzarci appresso una bambina mezza svestita, specialmente nelle nostre condizioni - risponde l'altro, serissimo in volto - torniamo indietro, evidentemente non è il momento giusto. - 

- Io non la lascio andare così - mi guarda compassionevole, mentre tossisco per via del freddo e della polvere accumulata sui cassonetti. Io stessa provo pena per me stessa: non so dove andare, sono stanca e debole e, se solo non fosse così lercia, mi stenderei sulla stradina cubettata per riposare cinque minuti. Senza volerlo, mi appoggio al ragazzo dagli occhi color cioccolato che, vedendomi distrutta dal sonno e dalla giornataccia trascorsa, non mi spinge via disgustato, ma fa spazio nella sua giacca per coprirmi almeno le spalle, a costo di scoprire, pur non intenzionalmente, ciò che nascondeva: la stella, quella stella, fin troppo sgargiante per non essere vista. Riapro a poco a poco gli occhietti ridotti a due fessure e rasento il contorno della cucitura, facendo sussultare lui e l'altro ragazzo che, preso dal panico, prende a ringhiare insulti contro il corvino; 

- vi prego, non spaventatevi, perché non ho niente contro di voi, ve lo giuro! Ho conosciuto un ragazzo al campo di lavoro, un bravo ragazzo che porta la stella gialla come voi e dei bambini, bambini francesi con cui ho giocato e un tedesco, ho conosciuto un tedesco mezzo-sangue... Così li chiamano i crucchi, i figli di relazioni miste tra ebrei e non - cerco di convincerli, facendo meno rumore possibile, per evitare di farci scoprire. Evidentemente sono riusciti in qualche modo a scappare, ad eludere la sorveglianza e ad arrivare fin qui, passando per qualche retrovia e approfittando della scarsa visibilità notturna per non farsi beccare in flagrante; la fuga dal ghetto ( che proprio ghetto non è più ) è un avvenimento più raro che unico e ritornarci potrebbe anche rivelarsi una missione suicida. 

- Abbiamo poco tempo ragazzina - mi interrompe il più grande, dando una veloce occhiata intorno - ti abbiamo aiutata, ci fidiamo di te... Non tradirci - sembra quasi pregarmi, mentre lo scorrere del tempo rende l'aria via via più pesante. Appoggio una mano sulla guancia del ragazzo, coperta da una barba corta e leggermente incolta e giuro di mantenere il segreto, continuando a guardarlo negli occhi blu, senza distogliere un attimo lo sguardo, per dimostrare di essere una ragazza sincera; poi, con uno scatto, mi metto in piedi, raccatto il mio straccetto mezzo strappato e sprono i due a far presto. Federico e Samuele, dopo un attimo di perplessità, mi fanno strada attraverso dei vicoletti pressoché sconosciuti, sentieri e sottopassaggi imboscati tra i palazzi romani, di quelli che nessuno noterebbe per via del cattivo odore proveniente dal reticolo fognario, dello squallore generale o di entrambi, nella peggiore delle ipotesi. La visibilità è scarsissima e non ci sono locali ad illuminare la stradicciola deserta, ma ci sono dei topi giganteschi, grandi quasi quanto gatti, che si aggirano indisturbati, come fossero padroni di queste vie; 

- qui le chiamiamo " zoccole " - mi dice Sam, calciando via uno di quei rattacci dalle scarpe.

- Da noi " pantegane " - ribatto, increspando le labbra per il disgusto, dopo aver visto una " zoccola " morta stecchita, divorata dai vermi. Il ragazzo, tuttavia, non riesce ad esprimersi, poiché veniamo messi tacere da un verso sfastidiato dell'altro, intento a coprirci le spalle e a guidarci verso la comunità. Il tragitto non è poi tanto lungo, ma il percorso tortuoso e travagliato è a dir poco impegnativo: ad ogni scricchiolio di porta Federico sobbalza, ci trascina via, ci tappa la bocca come se temesse il nostro respiro; è tardi, molto tardi, persino la grande città dorme, le luci spente, le persiane chiuse, solo qualche locale ancora popolato da ubriaconi e soldati di ronda notturna. Strisciamo nell'ombra fino alla via del " Portico d'Ottavia ", la zona in cui è maggiormente concentrata la minoranza ebraica, nei pressi dell'isola Tiberina a ridosso del Tevere e ci imbattiamo in una pattuglia di camicie nere, appostata proprio davanti ad un agglomerato di case a poche centinaia di metri dalla sinagoga e dalle rive del fiume; 

- cosa facciamo adesso? - Gli occhi oceano del ragazzo guizzano da tutte le parti, in cerca di una via di fuga, il chiaro di luna irradia il viso bianco e allungato, pallido d'angoscia, nella disperazione, nel fremere vistoso degli arti, lo stesso Federico calpesta una lastra di ferro, appoggiata instabilmente al terreno. Panico. Lo spostamento dell'oggetto causa un tintinnio metallico, abbastanza acuto da poter esser udito anche dagli uomini in uniforme. Sam arretra spaventato, sbattendo la schiena contro il muro; 

- malachìmme, salta su, coraggio - lo incita il moro, soffocando il più possibile le parole, per farlo sbrigare: il muro non è altissimo e presenta un appiglio creatosi tra un mattone e l'altro, stratagemma sfruttato per arrampicarsi e saltare giù, dall'altra parte del cortile. Sono io la seconda a salire e quasi rovino a terra per la fretta, buttandomi nel buio alla cieca e, fortunatamente, atterrando incolume a terra. Federico si lancia subito dopo, scavalcando il muricciolo con la maestria di un atleta e pregandoci di far silenzio e attendere,  rintanati in mezzo a delle casse di legno vecchio e macilento, abbandonate in un angoletto del piccolo patio. Aspettiamo che i fascisti facciano retro front ( convinti dal fatto che fosse stato il gatto di una certa bambina ebrea ad aver fatto rumore ) per uscire nuovamente allo " scoperto ". 

- C'è mancato un soffio, accidenti! - Riprende fiato Samuele, che per poco non si era lussato la caviglia durante il salto - da questa parte ragazzina, dobbiamo passare per il sottotetto - e mi indica una scala pericolante ( eclissata forse dall'unico albero di medie dimensioni della zona ) appena appoggiata ad una specie di capannone di pietra e cemento, sicuramente collegato ad uno dei tanti edifici della via.

- Q-quella è casa vostra? - 

- No, per questo passiamo dal tetto - mi risponde, come fosse la cosa più ovvia di questo mondo - e, sempre per questo, non parlare fin quando non saremo noi a dirti di poterlo fare... I proprietari hanno il sonno delicato e potrebbero anche esserci altri soldati nei paraggi. - E, poco dopo, i due iniziano ad inerpicarsi cautamente alla volta dello stabile, a brevi intervalli di tempo, cosicché uno guardi le spalle all'altro e viceversa. Dopo aver seguito attentamente i loro movimenti, ecco che arriva anche il mio turno: cerco di fare il più in fretta possibile, mi arrampico senza troppi intoppi e riesco ad arrivare in cima sana e salva ( stranamente ). Mi viene, poi, indicata una finestrella semi aperta, raggiungibile senza troppi sforzi, dato che l'edificio centrale è comunicante a questa costruzione più piccola e il tetto di quest'ultima le fa praticamente da balcone; 

- abbiamo una frazione di secondi - mormora Federico, inginocchiandosi e avvicinando le mani al petto - dai, qua sopra!- 

- Un poco più in su! - Mi spingo in alto con le braccia e le gambe, appoggiandomi un po' sulle sue spalle, un po' sulla sua schiena, un po' sulle sue cosce, riuscendo finalmente ad entrare nella stanza;

- dobbiamo ancora scendere al secondo piano, solo questo... - Miracolo voglia, che il sottotetto sia una proprietà comune a tutti i residenti del palazzo e che i due ragazzi abbiano la chiave per aprire la porta.

- Siamo arrivati - dopo aver sudato le dodici fatiche di Ercole, posso finalmente metter piede a casa loro ma, non appena il bruno chiude la porta dietro di sé, un bel gruppetto di persone a dir poco preoccupate piombano a ridosso del corridoio come avvoltoi, alcune decisamente più accigliate e sorprese di altre: una donna sulla quarantina, dagli occhi cioccolato come quelli di Sam, si accorge per prima della mia presenza e mi guarda con orrore, portandosi le mani alla bocca, come a voler gridare. 

- Digraziati! Che avete fatto! Che cosa avete fatto! - La signora vacilla visibilmente, alché mi posiziono dietro alle spalle larghe di Federico per evitare che, alla mia vista, possa cadere a terra svenuta. 

- Sparite nel cuore della notte, infrangete il coprifuoco e ve ne tornate a casa con una ragazzina praticamente nuda che avete adescato chissà dove?! Non è nemmeno ebrea! - Esclama esasperata, non trovando da nessuna parte la stella gialla sui miei vestiti ( o su ciò che ne rimane ); Samuele prova a spiegare l'accaduto alla famiglia, ma viene interrotto dal pianto della madre, che non vede affatto di buon occhio la mia presenza, ritenuta fonte di grande pericolo per tutti gli ebrei del ghetto.

- Non è come credete - mi intrometto nella discussione, rivolgendomi timorosamente a tutti presenti: - sarei stata stuprata se non fosse stato per loro - difatti, è stata proprio la mia " gente " a non aiutarmi, a non tutelarmi, a non impedire che quel fatto avvenisse; sono stati loro, gli " ariani ", coloro che sono stati prescelti per essere il più nobile di tutti i popoli, a gettarmi in pasto ai cani senza traccia di rimpianto; non sono stati gli ebrei, né gli zingari, né i comunisti, né gli omosessuali, né gli slavi, non è stato nessuno di loro a farmi questo; è stata quella massa egoistica di gentaglia che si autoproclama superiore, è stata l'indifferenza di Rüdiger, è stato lo scarso interesse della società " civile ", è stato chiunque e qualsiasi cosa, ma di certo non Samuele e Federico, i miei eroi. 

- Chi ti ha ridotta così? - Mi domanda una ragazza dai lunghi capelli neri, con un velo di tristezza negli occhi, altrettanto scuri. 

- Una camicia nera e un'SS tedesca, nel retro di una locanda - 

- ci porterà un sacco di guai - sbotta un signore barbuto, facendosi avanti con accortezza e squadrando malamente i due giovani. 

- Ma, padre... È notte fonda! Come potevamo lasciarla lì da sola? Quei fascisti hanno bevuto così tanto che domani non si ricorderanno nemmeno quello è successo! Siamo stati prudenti, come al solito - Sam lo rassicura, mettendo avanti le mani per tranquillizzare la famiglia anche se, come previsto, è praticamente inconcepibile. In casa scoppia una violenta discussione, che vede schierati i membri più giovani ( i due ragazzi e la sorella di Sam ) contro i più anziani ( i genitori del moro e un'altra donna, con un'età avanzata rispetto ai primi ); 

- ora basta! Insomma... Abbiate un po' di cuore! La ragazzina non ha nessuno disposto a sguinzagliare tutti i reparti di polizia per venirla a cercare, non è così per caso? Potrebbe benissimo passare la notte qui e andar via, al più presto, domani mattina... - Propone la ragazza, provando a placare i bollenti spiriti dei famigliari. Io sbatto le palpebre stralunata, troppo assonnata per aver seguito tutte le battute del discorso: non era mia intenzione metter a scompiglio i rapporti di un'intera famiglia per un affar mio, nella maniera più assoluta. 

- Va bene - sentenzia il capo famiglia, dopo un'attenta riflessione - datele un posto in cui dormire, per una notte soltanto. - L'uomo si volge verso di me, impassibile, poi si ritira in una delle stanze con il passo cadenzato di chi, pieno d'incertezza e paura, si affaccia al domani, pregando Dio che possa essere un giorno migliore di oggi.

- Grazie -  e ringrazio tutti, uno ad uno, sperando di poter alzare i tacchi il giorno seguente e non disturbare più. Successivamente, seguo Samuele in quella che si rivela essere la sua camera: una stanzetta senza fronzoli, dalle pareti bianche e sobrie, con un letto singolo in un cantuccio, un comodino e un armadio in legno, decisamente poco ingombrante rispetto al mio. Il ragazzo apre le sue ante, prende una leggera coperta in cotone e fa per mettersi a terra;

- non c'è bisogno, davvero, poi non ho mica vergogna, sai? Ti faccio un po' di posto... - In fondo, non posso permettere che dorma scomodamente sul tappeto per colpa mia: è pur sempre il mio " angelo custode " ! Certo, un po' mi imbarazza... Però è anche vero che ha messo a repentaglio la sua vita per salvarmi da quei due ubriaconi e dovrei, quantomeno, dimostrarmi grata per questo. 

- Non so ancora come ti chiami - mi dice, mettendosi sotto le lenzuola e cercando il più possibile di non urtarmi, anche se finisce per farmi " piedino " 

- scusa - tartaglia, imbarazzato, ripiegandosi a palla come se avesse commesso chissà quale peccato. 

- Sara - immergo la testa nel cuscino e chiudo stancamente gli occhi, stremata in un modo in cui non sono mai stata. Dovrebbe essere una vacanza questa? Ero così entusiasta di tornare nella mia amata Italia ma, se potessi davvero tornare indietro, sicuramente non commetterei lo stesso errore; accettare la proposta di quel nazista, lasciare solo Ariel, i miei bambini in balia di quei mostri, proprio no... Sarei rimasta là, in quel'inferno terreno, lontana da Schneider e dalla sua cattiveria, avrei mantenuto la promessa fatta al giovane cuoco ebreo, avrei passato ogni attimo in compagnia di Friederick e del suo amico dagli occhi arancio, lo avrei accompagnato alla stazione e gli avrei confessato quanto lui fosse importante per me. Rimpianti, sono questi i miei rimpianti. Ariel ha dato tutto ciò che ancora non gli avevano portato via per rendermi felice anche solo per un istante e non ha mai preteso nulla se non sapere se suo fratello fosse ancora vivo o fosse morto di una morte piena di sofferenza, come tutti gli altri, del resto. Io, invece, sono andata appresso a Rüdiger, che prometteva un entusiasmante ritorno a casa, due settimane di svago in cambio della mia compagnia. Mi detesto, vorrei soffocarci nel cuscino. 

- Come hai detto? - 

- Mi chiamo Sara - ma, per quanto mi riguarda, mi chiamavo Sara.

Sono cambiata... Non so cosa sono diventata. 

 

 

 

 

ANGOLO NOTICINE: 

1) Hör doch auf = smettila ( in tedesco ) 2) In Deutschland isst man früh = In Germania si mangia presto 3) Tagesablauf = routine 4) Liebe Emma... Diesmal will ich frischfleisch abschmecken = Mia amata Emma... Questa volta voglio assaggiare carne fresca ( all'incirca ) 

5) malachìmme = Buon Dio ( in dialetto ebraico-romanesco ) 

 

 

 

 

  
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