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Autore: lallipumbaa    25/05/2017    0 recensioni
Los Angeles, City of Angels. "Galeotto fu quel matrimonio" così scriveva Dante... più o meno. (Dante, perdonami)
Indovinello. Cos'hanno in comune una paleontologa e un batterista? Nulla. Se non Jared Leto in questo particolare caso, che messosi in testa il fatto di essere il cupido della situazione, farà entrare in contatto due persone e due mondi apparentemente inconciliabili.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
“Into your eyes/Hopeless and taken”


Cucina del MarsLab, un lunedì mattina di aprile.

La testa gli scoppiava.
Aveva fatto tardi ancora.
Una bionda conosciuta in un locale la sera prima che gli aveva fatto girare la testa, non ricordava nemmeno il suo nome. Kate? Chris? Jade? Non gli importava, gli aveva fatto fare nottata e molto probabilmente non l’avrebbe più rivista.
Si versò il caffè caldo, nero, non zuccherato nella tazza e iniziò a sorseggiarlo appoggiato al bancone dell’isola centrale nel silenzio e nella calma che, sapeva perfettamente, avrebbe preceduto la tempesta.
Non poteva immaginare che la calma sarebbe durata così poco.
Vide arrivare saltellando (letteralmente) suo fratello che, allegro e pimpante, sicuramente voleva qualcosa.
“Buongiorno Shan, come mai sei qui così presto?” gli chiese seriamente sconvolto.
“Mmmh.” Rispose con un leggero movimento della testa.
“Ok, oggi sei in modalità orso, quindi ti posso sfruttare senza beccarmi insulti: ho bisogno che tu mi vada a recuperare una cosa.”
“Ma non puoi mandare Shayla?” riuscì a rispondere.
“E’ impegnata, gliel’ho già chiesto! Poi ho pensato che potresti andarci tu dato che ami così tanto guidare…”
“Perché mi sa di sviolinata? E perché il principino non alza le terga e ci va da solo?” gli chiese alzando un sopracciglio guardandolo da sopra la tazza.
“Perché non ho voglia di muovermi da qui, sono in fase creativa e se proprio devo dirtelo non vedo l’ora di tornare di là!” gli rivelò incrociando le braccia e mettendo il muso. “E poi se non vado a ritirarli oggi Savannah mi ucciderà!”
Le antenne gi si drizzarono. Savannah? La mente fece un salto indietro di un paio di mesi.
Il vestito che ondeggiava mentre si allontanava, i morbidi capelli che le ondeggiavano sulla schiena, quegli occhi… dopo il matrimonio di Emma non si era più vista.
“Potevi dirmelo prima che si trattava di una donna!”
“Cazzo, appena fiuti feromoni scatti in piedi! Sei incredibile!!” scoppiò a ridere Jared mentre andava a prendere il filtro per farsi il the.
“Non sono io, è la Shanaconda.”
“Non voglio sapere cosa succede nei tuoi pantaloni. Grazie.” Rispose guardandolo sconvolto, aprendo le narici in segno di disgusto. “E comunque non è un’occasione per fartela. E’ al lavoro, quindi non puoi saltarle addosso!”
Shannon sospirò, appoggiò la tazza nel lavello e prese le chiavi della macchina. “E va bene. Terrò a freno i miei istinti! Forza, dammi l’indirizzo.”
“900 Exposition Blvd, Los Angeles”.

***

Un macello infernale. Ecco cosa aveva lasciato il suo collega prima di andare in vacanza per tre settimane: pigne su pigne di cartellette e documenti da catalogare e sistemare.
Sospirò, si tirò su le maniche del camice e iniziò a suddividerli. “Una pigna alla volta Sav… Una pigna alla volta…”
Passò le prime due ore in totale solitudine col mondo. Era da sola, il capo non sarebbe mai arrivato e, nella sola compagnia di June, il teschio di una tigre dai denti a sciabola che era in ufficio da una trentina d’anni, si collegò a Spotify, fece partire una delle sue compilation e si mise a cantare per passare il tempo. Non si accorse nemmeno che qualcuno la stesse chiamando.

***

“La signorina Jones? Ah, sì! Mi aveva avvisato che stava aspettando qualcuno! Lei deve essere Jared!” esclamò l’uomo sulla settantina alla reception.
Era al Museo di Storia Naturale. Non riusciva a collegare la Savannah del matrimonio a quel posto. E se fosse stato solo uno scherzo di Jared? E se non si fosse trattato della stessa Savannah?! Lo sospettava. Sicuramente poteva essere. La ragazza era un topo di biblioteca ed era una di quelle che gli sarebbero saltate addosso solo per usarlo come un pezzo di carne. Avrebbe ammazzato suo fratello.
“No, sono suo fratello, Shannon, piacere. Potrebbe dirmi dove lavora? Così recupero al volo quello che gli serve e tolgo il disturbo.”
“Non si preoccupi, la accompagno io!”. Il vecchietto in divisa gli diede un badge visitatore, lo accompagnò oltre la zona visitatori e salirono le scale al fino al secondo piano entrando poi in un corridoio dove giravano perlopiù persone in camice bianco.
“Mi sembra di essere in ospedale.” Commentò l’uomo guardandosi in giro.
“Bè, qui arriva davvero di tutto: dal fossile in ottime condizioni che ha bisogno di un checkup leggero a quelli veramente antichi con tutto da sistemare… tipo le cariatidi come me!!” esclamò la guardia ridacchiando, facendolo ridere a sua volta.
“Signor…” “Kent. Ma chiamami Matt, altrimenti mi sento vecchio!” “Matt, lei non è affatto una cariatide!”
“Si fidi, Shannon! I miei acciacchi da settantacinquenne non me li leva nessuno! Ah, eccoci. La signorina Jones lavora qui! La devo aspettare?”
“Non si preoccupi, trovo da solo la strada del ritorno. Grazie mille!”
“Allora arrivederci! È stata una piacevole chiacchierata!”.
La guardia si allontanò e lo lasciò davanti alla porta. La aprì e venne investito dall’odore della carta, un leggero profumo di fiori e una voce cristallina che stava cantando, ci avrebbe scommesso l’osso del collo, “Kings and Queens”.
Quella voce gli ricordava qualcosa… o qualcuno.
Svoltò l’angolo del ripiano in metallo ed ebbe una visione: la donna in questione era in piedi in bilico su una sedia, indossava un camice bianco, dei jeans attillati e una maglietta nera con scritto “Who ya gonna call?” che alla penombra dell’angolo in cui era si illuminava leggermente di verde. I capelli chiari erano legati in una treccia spettinata.

Into your eyes
Hopeless and taken
We stole our new lives

DING! DING! DING!!!
Era lei. Era la Savannah del matrimonio. Vestita diversamente, ovviamente, ma era lei. La Shanaconda non mentiva.
“Ehm... Savannah?” la provò a chiamare.

Through blood and name
In defense of our dreams

“Savannah?”

We were the kings and queens of promise
We were the victims of our selves
” finì di sistemare il documento e spalancò le braccia per cantare il suo verso preferito
Maybe the children of a lesser God
Between Heaven and Hell!”

“Savannah!” la chiamò nuovamente, stavolta ridacchiando assistendo ad un concerto in diretta.
La ragazza si sentì chiamare, si girò di scatto e, spalancati gli occhi riuscì a dire un “Porca putt-” prima di perdere l’equilibrio.
Shannon corse in avanti preoccupato e riuscì ad afferrarla in tempo. “Salve signorina.” La salutò sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.
Oh sì. Anche più casual era lo stesso una gran bella gnoc- ehm ragazza. Abbassò leggermente lo sguardo notando che la maglietta sulla scritta tirava leggermente.

Dal canto suo, Savannah, non sembrava molto contenta dell’avvenimento. Si svincolò dalla sua presa, si ricompose e, dopo aver passato le mani sul camice disse “A quanto pare il signorino alla fine ce l’ha fatta a farci rincontrare. Sei qui per recuperare le cose per Jared?”
“Sì, esatto… no, aspetta… in che senso?” chiese sbattendo le palpebre.
“Nel senso che tuo fratello continua a insistere dal matrimonio di Emma a farci rivedere, ma puntualmente gli do buca.”
Si sentì punto sul vivo. Normalmente era lui che diceva di no. Nessuna ragazza gli aveva mai dato buca.
La cosa stava diventando sempre più divertente.
“E immagino che ora ti sia pentita di aver detto di no tutte quelle volte…” disse abbassando di qualche tono la voce. Ok, era un cliché, ma ora si trattava di una questione di orgoglio.
“Assolumente no. Sempre più convinta!” gli rispose facendogli l’occhiolino. Eccola la Savannah che si ricordava.
Si abbassò e prese una borsa di tela che aveva l’aria di essere pesante.
L’uomo piegò la testa, prendendo le misure. “Sai, mi ricordavo fossi più alta!”
“Ah ah ah. Ha parlato il gigante Golia. Ecco! Questi sono da dare a tuo fratello! E che me li riporti!” sottolineò minacciosa.
“Giuro! Al matrimonio di Emma eravamo quasi alti uguali! Vuoi lui di persona o ti vado bene anche io come fattorino?”
La ragazza sorrise “Avevo su i tacchi genio! E fai come vuoi, Shan, ma non si evolverà sicuramente in un porno.”
“Mmmh… il fattorino sbatte sempre più volte?” rispose pensieroso. La vide quasi strozzarsi con la sua stessa saliva. “Me l’hai servita su un piatto d’argento!”
Tossì schiarendosi la gola. “Ecco qua! E’ un tantinello pesante, ma tuo fratello ha detto che voleva che gli prestassi tutti i Ken Follett che ho e sono parecchi!” glissò tentando di cambiare discorso.
Dannato Shannon Leto e i suoi titoli di film porno.
Sesso e Shannon. No, non doveva pensarci. Gli ormoni dovevano stare a cuccia.
Non è che a lei Shannon non piacesse… ma non voleva assolutamente incasinarsi la vita con un Leto.
“Ora che mi ci fai pensare ultimamente è entrato in fissa con i Pilastri della Terra… gliel’ho detto che deve superare le prime duecento pagine prima che inizi la storia!” commentò Shannon facendo spallucce. Alzò lo sguardo e incontrò l’espressione sconvolta di Savannah. “Mbè? Che c’è da fare quell’espressione?”
“No, bè… è che… non pensavo ti potesse piacere Ken Follet!” balbettò lei sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio.
Shannon ebbe un’idea. “È perché non mi conosci. Ho un’idea: perché non approfondiamo la nostra conoscenza?”
“Sappiamo entrambi come vuoi approfondire la conoscenza.” gli rispose fulminandolo. “E poi non parliamo di queste cose davanti a Juno: è una tipa suscettibile!”
Vedendo l’espressione interrogativa di chi le stava davanti fece un cenno della testa alla teca posizionata in un ripiano sopra la grande scrivania.
“Oh. Mio. Dio. È il teschio di una tigre dai denti a sciabola!!” esclamò Shannon, gli occhi spalancati e un enorme sorriso sul volto.
Savannah sorrise, almeno aveva abbassato la guardia e aveva tolto la maschera da Shanimal. Nessuno resiste ad una tigre dai denti a sciabola. NESSUNO.
“Tecnicamente è uno Smilodonte, ma tigre dai denti a sciabola va bene!”
“A quando risale?”
“Eh… è una bella vecchietta, ma si mantiene bene: Pleistocene, anno più anno meno ha circa un milione e mezzo di anni.”
Shannon rimase senza parole. “E… ce l’hai tu personalmente sulla scrivania?”
“Sì, è stato il mio capo a scoprirla una trentina di anni fa. A quanto pare non è perfetta, quindi per l’esposizione hanno preferito altro, e dato che non voleva lasciarla in un freddo magazzino, non so come ha convinto il direttore a farsela mettere in una teca sopra la scrivania. Ora è sulla mia, me l’ha lasciata in eredità. Vuole vedere se la tratto bene prima di andare in pensione!”
“Un tipo particolare il tuo capo!”
“Già, ma è un buon uomo!”
Calò un silenzio leggermente imbarazzante.
La ragazza si scrocchiò le dita a disagio. “Bene… ehm… per favore, di’ a Jared di non perdermeli e che… sì, e che li rivoglio indietro in tempi umani!”
Shannon girò lo sguardo verso di lei, sorridendo. “Va bene, farò il messaggero!” prese la borsa in braccio e, prima di uscire dalla porta dell’ufficio, le sorrise. “Ci vediamo tra qualche settimana al Coachella?”
“Come fai a sapere che io andrò al Coachella?” chiese la ragazza spalancando gli occhi.
“Sulla scrivania c’era il volantino. Ci vediamo là!” la salutò aprendo la porta e si voltò, lasciandola con l’ultima immagine di un suo sorriso luminoso.

***

Ti uccido.” Fu il messaggio che ricevette dall’amica. Sghignazzò soddisfatto.
Jared lo vide entrare una mezz’ora dopo con una borsa di tela e con un sorriso stampato sul viso.
“Uh! Che bello i miei libri!! Allora? Sono solo il fratello minore rompicoglioni o ho fatto qualcosa di buono per te questa volta?” gli chiese sorridendo, sapendo di aver fatto centro.
“Bè… anche casual oggettivamente non è affatto male.” Commentò alzando il sopracciglio destro, sorridendo.
“Io te lo dicevo! Però devo dire che anche dall’altra parte ho avuto un bel filo da torcere per farvi incontrare!” rispose cominciando a curiosare nella borsa.
“Lo so, me l’ha detto. Comunque ci vediamo a Coachella!”
“Vi siete dati appuntamento?” chiese sconvolto, bloccandosi.
“No, ma ho visto che aveva il volantino sulla scrivania, quindi immagino che ci verrà!”
“Sì, normalmente non perde mai un anno! Non è un animale da folla, ma non so come mai, quel festival la fa risorgere!” commentò Jared facendo spallucce. “Quindi immagino che… Te gusta Savannah!.”
“Bè, non è esattamente il mio solito tipo… aveva su una maglietta dei ghostbusters, jeans e converse… però anche così non era male!”
“Sì, diciamo che se ogni tanto ci spero che diventi femminile anche nella vita di tutti i giorni, il mio subconscio sa che non cambierà mai!” disse con espressione piatta facendo ridacchiare il fratello.
“Ah, si è raccomandata di restituirglieli in tempi umani!”
“Ahahahaahah!!! E lei ci spera!!”

***

Savannah si spaparanzò sul divano.
“Se mi hai chiamato così di urgenza, significa che è successo qualcosa di sconvolgente! Parla sorella!!”
L’uomo, truccato di tutto punto, forse reduce dalla registrazione di un tutorial, la stava guardando con solidarietà.
Si conoscevano da anni, praticamente dal suo arrivo a Los Angeles. Lui non aveva mai avuto secondi fini nell’amicizia con lei, lei a sua volta, gli aveva donato un’amicizia disinteressata.
Si erano conosciuti al supermercato, lei era in un momento di difficoltà: città nuova, persone nuove, persone strane.
Si era rifugiata in quel supermercato per riuscire a ritagliarsi una piccola bolla di calma e tranquillità prima di chiamare un taxi e farsi portare a casa. Poi era arrivato lui: i suoi capelli rosa erano il suo marchio di fabbrica, tatuaggi su (allora era ancora un quasi) tutto il corpo e al guinzaglio un volpino di Pomerania. L’aveva trovata nascosta tra le bottiglie d’acqua, guardata preoccupato e l’aveva aiutata. La prima persona disposta ad aiutarla a Los Angeles.
Da lì la loro amicizia era proseguita. Erano due persone anche a livello caratteriale parecchio opposte, ma andavano parecchio d’accordo.
Savannah lo guardò: ogni volta che aveva bisogno di lei c’era sempre stato e viceversa. Non le avrebbe negato proprio quell’aiuto.
“Jeffree, io… la sera del 15 aprile ho bisogno di te.”
“Cosa devo fare il 15?”
“Vedi questa faccia? Devi farmi diventare la versione migliore di me stessa!!”
Gli si illuminarono gli occhi “Vuoi davvero che ti trucchi?! Sono MESI che non ti fai truccare!”
“Jeffree, non ho intenzione di mettermi l’illuminante verde e di andare in giro con le labbra bianche!” lo interruppe Savannah bloccandogli l’entusiasmo.
“Ovvio che no, noiosa!! - Oh, grazie Nathan! – sono comunque un makeup artist…” il compagno di Jeffree era arrivato coi viveri: succo di frutta, dei tramezzini e un po’ d’acqua.
“Devi andare a Coachella, vero?” le chiese sedendosi vicino al moroso.
“Esatto, normalmente vado molto nature, ma quest’anno… quest’anno non posso.” Commentò afferrando un tramezzino dal piatto cercando di simulare nonchalance.
“Sento odore di testosterone!! Chi è lui?”
“Non c’è nessun lui!! Solo che a questo giro ho molte probabilità di beccare Shannon, figurati se Jared non si farà scrupoli a trascinarlo in giro fino a quando non mi trova!”
“Ooooh, giusto… il signor Shannon Testosterone Leto! Ma, se posso chiedertelo, come mai ti vuoi mettere in tiro per lui?”
“Oggi è venuto in laboratorio.” Disse prima di dare un morso.
Il ragazzo la bloccò prendendola per le spalle e girandola verso di sé, facendole quasi cadere di mano il tramezzino.
“SHANNON LETO TI E’ VENUTO A TROVARE AL LAVORO?!”
“Jeffree, mi stai facendo male con le unghie.”
“Oh scusa cara.”
“E ferma i bollenti spiriti! E’ stato quel rompiballe di suo fratello che l’avrà mandato! Doveva recuperare dei libri che gli ho prestato. La Divah non avrà voluto schiodarsi da casa e ha mandato come fattorino il fratello!”
“Com’è dal vivo?” le chiese affamato di notizie.
“Non hai ascoltato una parola di quel che ho detto, vero?” gli rispose ridacchiando leggermente.
“De-scri-zio-ne!” sillabò battendo le mani come un bambino.
“Noioso. Comunque… non male! Oggettivamente me lo immaginavo più alto, ma sono un metro e sessantadue, lui settantacinque. Non è certo il gigante Golia, ma è comunque più alto di me!”
“Stai già prendendo le misure?” la prese in giro Nathan facendo ridere entrambi.
“Siete due antipatici. Allora, mi trucchi per venerdì sera o no?”
“Certo!! Solo se vieni con me a fare shopping: l’occasione richiede vestiti nuovi!”

********************* ANGOLINO DEL DISAGIO*****************
Buooooongiorno a tutti! :D
Ad una settimana dalla pubblicazione del primo capitolo… sono sconvolta: avete letto in tantissimi e una persona ha pure deciso di seguire la storia… Vi voglio taaaaaanto bene *zigh* T^T
Comunque!! Sono passati un paio di mesi dal matrimonio e la situazione non è affatto cambiata: Savannah non ne vuole sapere (tsè), Jared è ancora convinto di essere la reincarnazione di Cupido e Shannon continua a provarci da bravo provolone XD
Ho voluto far fare una comparsata pure a Jeffree Star, personaggio che molti adorano, altri non riescono a sopportare. Io sono della fazione “Io lo adoro e vorrei che fosse amico mio”, quindi l’ho fatto diventare amico di Savannah! 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi piacerebbe davvero leggere cosa ne pensate! (accettati benissimo anche commenti negativi, so incassare.)

Un bacione e alla prossima,
Lalli :3

   
 
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