Primo capitolo - Bella
“Papà, io
vado!” Dico, prendendo lo zaino e il pranzo.
Fuori piove, come ogni
santissimo giorno a Forks.
“Ci vediamo dopo,
tesoro.” Risponde Charlie dalla cucina.
Esco, con il cappuccio
del giacchetto ben saldato sulla testa, e mi dirigo verso il pick up rosso di
dubbia provenienza.
Charlie non è mai
stato d’accordo: ‘un rottame
del genere tu non lo guidi, Bells’. Eppure le sue lamentele non sono
valse a niente. L’ho trovato ad un prezzo stracciato, e grazie
all’aiuto di Jacob sono anche riuscita a farlo sistemare a dovere.
Mi protegge dalla
pioggia, dal freddo ed è grande abbastanza per portare tutti in giro il
sabato sera.
Salgo, e con un gran
frastuono metto in moto.
La strada che mi divide
dalla scuola è ghiacciata, e ringrazio mio padre per aver provveduto
alle ruote, per come sono sbadata, io
non ci avrei mai pensato.
Arrivo, adocchiando
subito il mio gruppetto riparato sotto l’entrata.
C’è Mike,
che tra due dita tiene una sigaretta accesa.
Vicino a lui, la sua
presunta fiamma Jessica, che lo guarda con aria sognante. Davanti a loro due,
Eric e Angela, fidanzati dal primo anno delle scuole medie.
Sì, se Mike e Jess
decidessero di mettersi insieme, io diventerei ‘l’arreggi moccolo’ del nostro gruppo.
Li conosco da... sempre.
Forks è una
piccola cittadina nello stato di Washington, nuvolosa e piovosa tutti i giorni
dell’anno. Le stagioni non esistono. E’ un inverno perenne.
In teoria sono nata e cresciuta qui, insieme a mio padre e a mia madre
Renée. Lei si è ammalata quando avevo due anni, ed è
morta. Charlie mi è stato accanto per un po’ di anni, poi – troppo distrutto dal dolore -, ha
accettato il trasferimento in Alaska, diventando così il Capo della
polizia. La sua piccola Bella, che aveva appena compiuto sedici anni invece
aveva deciso di restare a Forks con la zia Sue.
In pratica, invece, sono nata e cresciuta qui – sì -, ma la realtà è ben diversa.
“Bella!”
Scuoto la testa, ridestandomi dai miei pensieri.
Mi avvicino al mio
gruppetto, stampando un bacio sulla guancia delle ragazze.
“Che dite?”
“Filosofia alla
prima ora.” Mike alza gli occhi al cielo, sbuffando.
“Ginnastica alla
prima ora.” Dice invece Jessica ridendo, indicandomi.
Sanno tutti benissimo che
il mio precario senso dell’equilibrio è un problema in qualsiasi
gioco di squadra.
Grazie alle mie
schiacciate, Eric e Mike sono finiti due volte in infermeria. Da quel giorno,
non hanno mai più giocato a pallavolo con me. Come biasimarli.
“Mi rincuora
soltanto che domani è venerdì. E un’altra settimana finirà.”
“Vai da tuo
padre?” Annuisco.
Perché quando i
tuoi amici non possono sapere tutta la verità, qualcosa devi pur
inventarti. Ma comunque è vero, che io e papà partiamo per
l’Alaska.
“Torno domenica
sera.”
“Ci sei per il
cinema?”
“Su Bella! E’
una tradizione!” Ed è vero anche questo: da quando abbiamo creato
questo gruppetto, la Domenica è diventata la serata della pizza e del
cinema.
“Probabile. Se
torno ad un orario decente, sì.”
“Vai con
l’aereo?” Annuisco di nuovo.
Se solo sapessero il
reale modo con il quale andrò in Alaska.
“Oh, Bella! Non ci
inviti mai!” Sorrido a Jessica, perché non è la prima volta
che lo chiede. E non è nemmeno la prima volta che le rifilo questa
risposta studiata.
“Lo sai, Jes-”
Ma almeno stamattina, la
campanella riesce a salvarmi.
“Su forza! Non
possiamo fare tardi.”
Ed entriamo tutti e
cinque nel grande edificio, dividendoci per poi rivederci a pranzo.
“Voi. Non. Potete.
Capire.”
La mattinata è
filata liscia.
La professoressa di
educazione fisica ha accettato senza fare domande la mia giustificazione,
conoscendomi ormai da anni.
Seconda e terza ora
invece le ho passate a fare Letteratura inglese, la mia materia preferita.
Ora sono in mensa, seduta
con Eric e Angela, e travolta dall’uragano Jessica.
“Che succede,
Jess?”
“Ho una notizia
bomba. Qualcosa che la Forks High School non vedeva da… quanto? Forse mai!” Non smette di
gesticolare, ed ha le guance in fiamme.
Eric si protende in
avanti, e sembra ascoltare davvero Jessica.
Io resto impassibile,
perché conosco la mia amica.
“Insomma?”
Chiede Mike, spuntando dietro di lei.
“E’ arrivata
una nuova famiglia a Forks.”
“Cosa?” Anche
Angela, ora, è interessata. E
devo dire che Jess è riuscita a suscitare anche il mio, di interesse.
“Chi te l’ha
detto?”
“Allora!” Si
accomoda, accavallando le gambe. “Alla terza ora avevo Geometria, ma non
mi andava. Così ho finto un semplice mal di pancia, e con la scusa me ne
sono andata.”
“Taglia
corto.” Dice Eric.
“Maleducato.”
Lo fulmina con un’occhiataccia. “Dicevo: me ne sono andata da
Geometria. Però non potevo andare in infermeria, con il mio finto mal di
stomaco. Quindi, ho avuto la brillante idea di andare a scambiare due
chiacchiere con Miss Robinson.”
“La
segretaria?” Domanda Angela, arricciando le sopracciglia.
“Bravissima! Sapete,
da lì passano tutti. Miss Robinson conosce tutti e tutto! Volevo rifarmi
un po’ le orecchie, ecco qua.”
“Jess,
forza!”
“E lì, ho
visto le creature più belle di sempre.”
“Creature?” Chiedo ora io,
interessata.
“Sì! Voi non
potete capire! Erano bellissimi! Un maschio e una femmina. Stavano chiedendo a
Miss Robinson l’orario di questo semestre.”
“E?”
“Angie, non puoi
domandare. Li devi vedere. Sono…
sovrannaturali! Qualcosa di… bellissimo!
Delle divinità.”
“Tu stai
farneticando.” Borbotta Mike.
“Quindi, appena se
ne sono andati, ho chiesto informazioni a Miss Robinson.”
“E?” A
differenza di Mike, Eric è tutte orecchie.
“Non mi ha detto i
nomi. Comunque, si sono trasferiti da nonsodove,
perché il padre ha avuto una promozione. E’ un medico, ed ha
cinque figli. Tutti adottati, tre maschi e due femmine. Da quello che sono
riuscita a capire, sono fidanzati. Stanno insieme, capito? Insieme insieme. Soltanto uno, è solo. Miss Robinson ha
detto che gli ha visti tutti quanti, anche la moglie del Dottore. Ed ha
confermato la mia teoria: quelle persone non possono essere umane!”
“E cosa sono, Jess?
Alieni?” Domanda, ridendo.
“No, Eric. Certo
che no. Ma sono… troppo belli.
Dio, devo scoprire chi è il fratello single, e accaparrarmelo
subito!”
“Hey, Bella! Dove
vai?”
Prendo lo zaino ed il
vassoio, alzandomi in fretta.
“Ho biologia, e
devo finire di ricopiare un compito. Ci vediamo all’uscita.” Faccio
un semplice cenno con il capo, buttando il pranzo intero dentro il secchio.
Belli… bellissimi.
Adottati.
Sovrannaturali.
Non umani.
Non è possibile, mi dico, avviandomi verso l’aula di biologia.
Il padre è un medico.
No. Non è
possibile.
Stai delirando, Bella.
“Buongiorno.”
“Swan, sempre in
anticipo.” Sorrido al professor Banner, lasciando sulla cattedra le
cassette di Biologia avanzata che mi ha prestato la settimana scorsa, per la
mia ricerca.
“Signorina Swan, il
posto accanto al suo era l’unico libero.” Spiega, prima che possa
sedermi. “C’è un nuovo ragazzo, ed ho deciso di metterlo
vicino a lei. Ho i suoi voti dell’altra scuola, e non credo che abbia
problemi in Biologia, ma sempre meglio metterlo vicino alla più brava
della classe. Per qualsiasi cosa, conto sul suo aiuto.” Annuisco, sapendo
perfettamente che il nuovo ragazzo è uno
dei cinque.
Mi siedo pochi secondi
prima che la campanella suoni e che l’aula venga invasa da una calca di
studenti stanchi alla penultima ora.
Non ho nemmeno il tempo
di rendermene conto, che alla mia destra è seduto il nuovo ragazzo.
Mi giro lentamente,
scrutandolo.
La prima cosa che noto,
sono i suoi occhi: neri come la pece. Ha i capelli rossi, disordinati. Delle
ciocche ricadono sulla fronte.
La pelle è bianca,
come quella dei fogli dei quaderni che ho davanti a me.
E il suo odore è
dolce, che mi porta ad avvicinarmi ancora di più. Al mio gesto, lui
scatta, ritraendosi e strusciando la sedia per terra di qualche centimetro
verso la finestra.
Lontano da me.
“Ragazzi,
silenzio!” Dice Banner. “Volevo presentarvi Edward Cullen.”
Lo indica, e venticinque paia di occhi si voltano verso il nostro banco.
Verso di lui.
Compresi i miei.
“Signor Cullen,
vuole venire qui e presentarsi?” Non dice una parola, nemmeno si muove.
E’ una statua.
“Okay.” Il
professore si gratta la testa, sconsolato. “Il signor Cullen si è
trasferito qui con la sua famiglia, dall’Inghilterra. Seguirà
questo corso per tutto il semestre. Cercate di essere ospitali, come tutti i
buoni abitanti di Forks.”
Alcuni annuiscono, altri
continuano a fissarlo.
Io mi volto, guardando
fissa la lavagna.
Banner inizia a spiegare,
e sembra essere l’ora più lunga di tutta la mia vita.
Edward… non dice una parola.
Non si presenta, anzi,
sembra allontanarsi sempre di più da me.
Mi sforzo di prendere
appunti, poi inizio ad arrotolare gli angoli del quaderno.
Fallo, Bella.
Fallo.
“Io son-”
Ma si alza di scatto, ed
in meno di un secondo è già fuori dall’aula.
Proprio mentre suona la
campanella che annuncia la fine dell’ora.
“PAPA’!
PAPA’!” Inizio ad urlare già dal pick up, cercando di non
ammazzarmi sul ghiaccio, mentre corro verso la porta e cerco le chiavi nella
borsa.
Dove sono? Dove…
“PAPA’!”
Apre la porta, mentre tiro fuori le chiavi.
“Bella?”
“Oh,
papà!” Entro, richiudendomela alle spalle.
“Che
succede?” Mi scruta in silenzio, aspettando una spiegazione.
“T-tu… t-u… non puoi
capire!” Dico, con il fiato corto.
“Hey, Bella.”
Si avvicina, mettendomi le mani sulle spalle. “Che c’è?
Qualcuno ti ha fatto del male?”
“No, papà!
Tu non sai cosa sta succedendo!”
“Bella,
spiegami.” Ora il suo tono è perentorio.
“C-ci…” Respiro, deglutendo.
“Ci sono dei vampiri.”
“Come?”
“Papà, ci
sono dei vampiri. Sono arrivati dei vampiri a scuola. Sono cinque. Una famiglia
si è trasferita dall’Alaska. Lui fa il medico. Dicono di essere
stati adottati. In totale, sono sette.” Butto fuori, sentendo gli occhi
fuori dalle orbite.
“Bella, cosa stai
dicendo?”
“Papà, ci
sono dei vampiri a Forks. Dei nuovi
vampiri.” Mi strofino le mani, gelide. “Dei vampiri.” Ripeto
ancora. “Proprio come te.”