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Autore: Sophja99    25/05/2017    3 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo trentatre

Giusto o sbagliato


Silye affondò le mani chiuse a coppa nella bacinella che le aveva fornito Ashild, prendendo un po' d'acqua, e abbassò il viso per sciaquarselo, come se tramite quel gesto avesse potuto lavare via non solo il sangue dell'uomo che aveva ucciso, ma anche le sue colpe.

Gettò uno sguardo ai polsi: se li era strofinati talmente tanto da far arrossare la pelle e non lasciare nemmeno l'ombra delle macchie di sangue. Avrebbe voluto cancellare per sempre ciò che aveva compiuto o il ricordo di esso, ma sapeva fin troppo bene che ciò non era possibile. Non riusciva a smettere di ripercorrere il momento dell'uccisione e desiderare di cambiarlo, di essersi comportata differentemente e avergli risparmiato la vita.

La parola assassina continuava a rimbombarle nella testa senza tregua, facendole ogni volta salire di nuovo sulla bocca il sapore acido della bile. Era davvero diventata un'assassina? Aveva davvero privato un uomo della sua vita?

Per anni era cresciuta imparando a difendersi dai malintenzionati di cui i villaggi e le città di Midgardr erano piene, ma mai era arrivata a superare il limite che si era imposta dopo la morte del padre: l'omicidio, fosse esso pure per legittima difesa.

Aveva sottratto miriadi di soldi e oggetti alle persone, ma mai la loro vita. Fino ad allora.

«Silye» si sentì chiamare da Vidar, entrato in quel momento nella stanza. Lei, però, non si voltò a guardarlo; rimase a fissare il proprio riflesso opaco nell'acqua del catino. Vidar si sedette a terra accanto a lei, di fronte al camino in cui continuava a scoppiettare allegro un piccolo fuoco. «Stai bene?»

«Sono un'assassina» mormorò lei, dando voce ai pensieri che non facevano altro che tormentarla dal momento in cui aveva messo piede fuori dalla locanda.

«Sotto un certo punto di vista, si potrebbe dire di sì» disse lui. «Ma l'hai fatto per un giusto motivo. Ti stava facendo del male, Silye. Non dico che sarebbe arrivato ad ucciderti, perché gli servivi viva, ma avrebbe fatto di tutto pur di costringerti ad andare con lui.»

«Ma non meritava di morire.»

«E chi merita di morire in questo mondo? Potrei cercare di farmi apparire come una persona benevola dicendoti nessuno, ma non sarebbe vero. Alla fine di questa vita a tutti non aspetta nient'altro che la morte, chi prima, chi dopo. Bisogna solo prenderne atto e cercare di vivere come meglio si crede. E non credere che anche il dopo sia migliore: chi è fortunato, cioè i morti in battaglia, vanno nel Valhalla, ma la maggior parte della gente finisce da Hel. Potrei farti un bel discorso sul fatto che tutti hanno la possibilità di riscattarsi e mostrare che c'è del buono in loro, ma starei mentendo. Certa gente semplicemente merita il peggio» mentre parlava, la sua voce si era incrinata, facendo voltare Silye al percepire quel cambiamento.

«Che ragionamento... cinico. Sei convinto che la redenzione e il perdono non contino nulla?»

«Credo solo che siano molto difficili da ottenere, se non quasi impossibili.»

«Cosa... Cosa ti ha spinto a pensarla così? A diventare così... pessimista e freddo?»

«Credo... me stesso» disse, sollevando il viso e volgendo lo sguardo verso di lei, fino a poco prima puntato sul fuoco. «Ho fatto cose orribili, Silye. Se tu sapessi... probabilmente mi odieresti più di quanto tu già non faccia.»

Negli attimi di silenzio che seguirono, Silye cercò di interpretare il suo sguardo e le sue parole, chiedendosi cosa avesse fatto di tanto grave da arrivare a disprezzarsi tanto, come era trasparito dal tono della sua voce. Poteva la sua colpa essere più grande di quella che ora gravava su di lei?

Quindi spezzò il silenzio, ribattendo: «Io non ti odio.»

«Cosa?»

«All'inizio sì, ti odiavo, e anche quando mi hai detto quelle parole l'altro giorno. Ma adesso... Sto imparando a guardarti sotto una luce diversa» disse di getto, senza smettere di guardare i suoi occhi ambra, che in quel momento alla luce delle fiamme avevano acquisito una tonalità di giallo più spiccata ed accesa, tanto da sembrare essi stessi due fuochi divampanti.

Ormai Silye non riusciva più a mettere ordine nella sua mente, dove la confusione, il senso di colpa e la stanchezza regnavano incondizionati, forse anche per gli effetti non ancora scomparsi del troppo alcol ingerito. Sentiva la sua mente e il suo cuore in subbuglio e in tutto ciò l'unica cosa su cui riusciva a soffermarsi era il volto di Vidar, così vicino al suo.

Tutti i diverbi che avevano avuto, le cattiverie che si erano urlati, i segreti celati e i pericoli che avevano attraversato in quel momento sembrarono sfumare, diventare insignificanti e lontani. Vi erano solo lei e il dio, senza più differenze e disprezzo.

«Lo pensi davvero?» chiese il dio, ma non le diede nemmeno il tempo di rispondere, perché in un attimo ricoprì la distanza che li separava, unendo le loro labbra.

Silye all'inizio, colta alla sprovvista, rimase pietrificata per la sorpresa. Quando poi sentì la mano di Vidar risalire sul suo collo con lentezza e dolcezza, lasciandole una scia di brividi, fino a toccarle i capelli, affondando nei riccioli rossi, si decise a mettere da parte ogni insicurezza e paura, schiudendo le labbra ed approfondendo il bacio. Socchiuse gli occhi e si lasciò trascinare dall'istinto, ignorando una vocina lontana che le diceva di smetterla, di allontanarsi il prima possibile da lui. Una parte di lei sapeva che diceva il vero, ma non riusciva proprio a rompere quel contatto; più le mani calde e morbide di Vidar le accarezzavano la pelle e le sue labbra si appropiavano delle sue, più lei desiderava che quel momento durasse in eterno.

Man mano che il bacio si faceva più passionale, Silye divenne più ardita e andò a passare le mani sui riccioli biondi di Vidar, che tante volte aveva inconsciamente desiderato toccare, avvicinandolo di più a sé.

Non avrebbe mai creduto che baciare qualcuno ed essere ricambiata con tanta enfasi potesse essere una sensazione così bella e totalizzante. Era come per l'alcol: dopo il primo assaggio, non riusciva a fare a meno di volerne sempre di più, senza curarsi dei problemi e delle conseguenze.

I suoi movimenti si fecero audaci e le sue mani scesero fino all'attaccatura dei capelli e il collo, arrivando sino al petto, nel punto in cui iniziava la maglietta, di cui strinse l'orlo. Era come se in entrambi fosse divampato un invincibile fuoco, che li divorava da dentro e li guidava.

All'improvviso ebbe un attimo di lucidità e si rese conto di ciò che stava davvero accadendo. Ripensò alle innumerevoli volte in cui lui l'aveva derisa e alle loro liti. Se vuoi divertirti con lei, fai pure; ma che rimanga solo puro svago. Quella frase le tornò in mente con una dolorosa realizzazione. Stava seguendo il “consiglio” di Baldr? La stava usando solo per divertimento?

«Vidar...» mormorò, ma senza trovare il coraggio di staccarsi da lui. «Dobbiamo smetterla. È sbagliato.»

Sapeva che dovevano fermarsi, che quel bacio non avrebbe fatto altro che peggiorare il loro instabile rapporto, ma il vero problema era che lei lo voleva. In quel momento non desiderava altro che sentire le labbra di Vidar sulle sue, le sue mani sul suo corpo e tra i suoi capelli. Lo voleva accanto a sé e avrebbe desiderato che il tempo si fermasse e che quei meravigliosi attimi di passione e follia non avessero mai fine.

«In vita mia non ho mai fatto cosa più giusta di questa» ribatté Vidar, continuando a baciarla e a stringerle delicatamente il collo con entrambe le mani.

All'improvviso un colpo di tosse li fece trasalire, facendo loro riacquistare la ragione, e dividere. Silye guardò la porta spalancata su cui era apparsa Ashild, per poi abbassare subito lo sguardo, troppo imbarazzata per sostenere la sua espressione divertita.

«Mi dispiace interrompervi, perché sembrava che ve la steste spassando parecchio, ma ho trovato qualcosa che potrebbe interessare tutti e tre» disse, mostrano l'oggetto di cui era entrata in possesso: il libro delle völve.

Silye sbiancò quando lo vide nelle mani di una sconosciuta, una ragazza che dopotutto, sebbene li avesse aiutati, non conoscevano affatto. Avrebbe potuto fare domande o addirittura per qualche motivo pretendere di volere il libro e tutti gli altri loro averi come pegno del suo aiuto. Che stupidi erano stati a fidarsi di lei! L'imbarazzo di poco prima si tramutò in fastidio e rabbia. «Ridammelo immediatamente» ringhiò, alzandosi e andandole incontro, ma quella, anziché mostrarsi spaventata o accondiscente alla sua richiesta, rimase immobile e, anzi, sorrise.

«Prima voglio delle risposte» affermò. «E credo proprio che me le dobbiate, dopo ciò che ho fatto per voi.»

La ladra ci aveva visto giusto: quella ragazza, sotto l'aspetto esteriore di una giovane affascinante e combattiva, in realtà era una gran ficcanaso, seppur parecchio astuta.

«Non credo proprio. Dammi il libro o finirai per rovinarlo. È un importante manufatto.»

Ashild se lo mise davanti e prese a sfogliare velocemente le pagine, sinceramente interessata a ciò che vi era scritto. «È tutto come mi raccontava lei...»

Chi è lei?” pensò Silye, ma liquidò in fretta la faccenda. Al momento aveva un problema ben maggiore che la premeva.

«Vacci piano! È antico» la ammonì Silye, lanciandole un'espressione rabbiosa.

«Cosa vuoi sapere?» chiese Vidar, che si era alzato anche lui e aveva affiancato la ladra.

«Questo. Tutto questo» Ashild indicò il libro. «Sono vere le cose scritte qui? Come siete entrati in possesso di un oggetto simile?»

«Ciò che ci stai chiedendo è al di fuori della tua portata.»

«Credo di meritare la verità, non lo pensate?»

«Bene, vuoi la verità? Tutto ciò che vedi scritto e raccontato in quel libro è falso. Non sono altro che frottole e, ora che hai ricevuto le tue risposte, restituiscici il libro.»

«Se fosse davvero falso, il libro non dovrebbe essere così prezioso come pare che sia per voi» insistette quella, chiudendo di scatto l'oggetto e osservando la copertina rovinata.

Vidar tentò di prenderlo, ma quella fece resistenza e se lo tenne ben stretto tra le mani, tanto che il dio fu costretto a lasciare la presa, per evitare di rompere il fragile oggetto. «Ti prego, non fare la bambina. Ti ringraziamo per l'aiuto che ci hai dato ma d'ora in poi possiamo anche cavarcela da soli. Dacci il libro e toglieremo il disturbo.»

«Bene, ne ho abbastanza» Ashild superò i due e si avviò verso il camino, avvicinando pericolosamente il libro alle fiamme. «Ora ditemi tutto o brucio il vostro prezioso libro.»

«Non provarci» ringhiò Silye, facendo per scagliarsi contro di lei, ma venne trattenuta da Vidar.

«Non peggiorare la situazione» le sussurrò lui e lei si liberò dalla sua presa con uno strattone.

«Sto aspettando» affermò Ashild.

«D'accordo, d'accordo» Vidar alzò le braccia, come a dichiarare la resa. «Vuoi sapere la verità? Sì, le cose scritte su quel libro sono reali, o almeno lo erano. Appartengono al mondo che esistette prima del Ragnarok, che ne provocò la distruzione, e solo poche di esse sono sopravvissute attraverso i secoli. Perciò, direi che non c'è proprio nulla che possa interessarti.»

«E voi chi siete? Come fate a sapere tutto ciò?» chiese la ragazza, guardandoli guardinga e dubbiosa.

Vidar sorrise. «Io sono un dio e lei è una völva, cioè una veggente.»

Silye si girò a fissarlo come se fosse diventato matto, lanciandogli uno sguardo insieme confuso e infuriato. Cosa gli era saltato in testa? Perché rivelare tutti quei dettagli a un'umana sconosciuta?

Con suo immenso stupore, Ashild non scoppiò a ridere o li osservò come se fossero entrambi pazzi, ma li guardò con estrema serietà, come se credeva davvero a ciò che le avevano raccontato. «Sapevo che era tutto vero... Mia madre non era matta» disse, più a se stessa che a Vidar e Silye, che la fissarono interdetti.

«Cosa... cosa intendi?» domandò la ladra, abbandonando ogni sentimento di ira nei suoi confronti.

«Mia madre... lei... sapeva che le leggende tramandate erano vere» mormorò la ragazza. «E... lui» nel pronunciare quell'ultima parola, la sua voce si caricò di rabbia e dolore, sentimenti che Silye comprendeva bene e riusciva facilmente a riconoscere. «Lui l'ha uccisa.»

«Chi? Spiegati meglio» disse Silye, avvicinandosi a lei.

«Il Konungr» affermò con disprezzo.

La ladra trasalì al sentire quella parola. Perché mai il sovrano aveva avuto interesse nel mandare a morte la madre di Ashild? «Cosa c'entra lui in questa storia?»

«È mio padre» disse, distogliendo lo sguardo da loro e puntandolo sulle fiamme, mentre allontanava da esse il libro e lo appoggiava a terra. Silye avrebbe benissimo potuto afferrarlo e andarsene il prima possibile, ma al sentire quella rivelazione non poté fare a meno di mostrare interesse nelle vicende di Ashild.

«Tu sei... la figlia del Konungr? Come è possibile? La principessa è morta molti anni fa.»

«Già, la bella storiella che si è inventato mio padre per coprire la mia fuga. E ormai non sono più la principessa. Quella parte di me è morta quando me ne sono andata.»

«Sei scappata dal suo palazzo? Perché?» continuò a chiedere Silye, lanciando un'occhiata eloquente a Vidar. Se era vero ciò che quella ragazza stava dicendo, avrebbe potuto aiutarli ad incontrare il re.

Ashild evitò di rispondere alle sue domande e, invece, spostò lo sguardo su di lei. «Ti interessa il Konungr? O, piuttosto, la taglia sulla mia testa? Sono due anni che mio padre mi cerca in ogni angolo del regno, senza successo. Sai, ho i miei trucchi per non farmi scovare.»

«Ora sono diventata una ricercata come te, non ho alcuna intenzione di tradirti e consegnarti ai soldati del re, ma sì, in un certo senso lui mi interessa. Abbiamo bisogno di incontrarlo e tu potresti aiutarci a entrare nel suo castello.»

La ragazza rimase per un po' in silenzio, come se stesse riflettendo sulle sue parole. Quindi si alzò e disse loro, indicando con un dito il libro lasciato a terra: «Bene. Vi aiuterò, ma a patto che voi mi diciate tutto ciò che sapete su questi miti.»

«Abbiamo un accordo» concluse Silye, girandosi verso Vidar, che la guardava con un'espressione dura. La ladra dovette fare un enorme sforzo per evitare di ricordare la sensazione delle sue labbra e mani sulla sua pelle, senza riuscire a sopprimere il rossore che le salì al viso.

«Sei stata troppo avventata ad accettare; potrebbe essere pericoloso» disse, prendendola da parte e parlando a voce bassa.

«Hai alternative? Hai intenzione di fare irruzione nel suo castello senza un briciolo di piano, come da Hel? E devo rammentarti quanto male è andato il nostro viaggio negli Inferi?»

Lui in risposta strinse le labbra. «Potrebbe stare mentendo. E ancora sappiamo pochissimo su di lei e su ciò che è accaduto ai suoi genitori. Potrebbe benissimo essere solo una pazza o una bugiarda.»

Silye ricordò la lucidità e la fierezza dimostrate dalla ragazza durante il duello con i cacciatori di taglie e la disperazione e l'ira che aveva scorto nel suo volto quando aveva parlato della madre e del re. No, entrambe le opzioni erano da escludere.

«Io dico che dobbiamo fidarci. Facciamo almeno un tentativo. Se poi si rivelerà inutile, come dici tu, ce la toglieremo di dosso senza problemi.»

«E va bene. Ma sappi che, se poi vengo a scoprire che non sa nulla sul re e che in realtà è solo un peso, non esiterò a liberarmene.»

«Come vuoi» affermò Silye, abbassando lo sguardo per evitare di incontrare i suoi occhi. “A causa di quello stupido bacio, ora sarà molto più difficile sopportare la sua vicinanza e parlargli” pensò, affrettandosi ad allontanarsi da lui.

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Angolo dell'autrice:

Beh, la situazione si è parecchio riscaldata...XD Finalmente quelle due teste dure si sono accorti di provare qualcosa l'uno per l'altro, ma il bacio sarà positivo per il loro rapporto oppure, come pensa Silye, servirà solo a complicare la situazione? E vi aspettavate che Ashild fosse la figlia del Konungr?

Spero che abbiate gradito il capitolo! Grazie mille per le sempre gentilissime recensioni e a presto. ^^

   
 
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