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Autore: Le_sorelle_Laclos    26/05/2017    5 recensioni
Forse, se Josephine non avesse sostenuto sua sorella Oscar, insegnandole ad ascoltare il proprio cuore e spingendola di fatto ad accettare l'amore di André, non sarebbe successo nulla di irreparabile alla famiglia Jarjayes. Ma Josephine non è pentita di ciò che ha fatto, tutt'altro: il destino della sorella minore non poteva che essere fuori da ogni schema, come sempre da quando è nata. Ma per quanto riguarda il destino della stessa Josephine? Esiste davvero anche per lei quella felicità completa che Oscar le scrive di aver trovato? E come si può sperare in un futuro felice, quando, già all'inizio del 1787, la Francia sembra destinata a scivolare inesorabilmente verso il baratro?
Dopo le Le amicizie pericolose, continua lo scambio epistolare tra Oscar "Françoise" Grandier e Josephine de Jarjayes de Liancourt.
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Oscar François de Jarjayes, Sorelle Jarjeyes, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cara Sorella...'
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19. Oscar

Parigi, 2 maggio 1787, sera

 

Cara Sorella,

vorrei riprenderti per alcune cose poco urbane che hai scritto ieri, come il paragonarmi a un segugio sospettoso o gettare disprezzo su Alain solo perché ha replicato a modo suo a certi eccessi del tuo Roucher; se non fosse che la tua vezzosa ironia mi è mancata fin troppo, e ritrovare le tue parole sulla carta mi dà un senso di benvenuto molto particolare. E poterti rispondere la sera dopo aver ricevuto la tua lettera nel pomeriggio! No, ti abbuono ogni rimprovero, per ora.

Già, non sapevo nulla della tua nuova conoscenza. E tu dovevi immaginarlo, dacché ti ho scritto di non aver ricevuto una sola riga delle lettere che mi hai inviato mentre ero in viaggio.

Roucher, dunque. Lo conoscevo di fama, e l’ho incrociato a Palazzo in alcune occasioni, ne sono certa, quando Sua Maestà era ancora Delfino – credo che abbia mostrato la sua valenza di poeta già in occasione delle nozze dei Sovrani con un poema in loro onore, ai tempi molto ben accolto e spesso letto nei salotti di Corte con una certa ostentazione, da parte di nobili ben vogliosi di ingraziarsi il Re e la Regina. Non erano per te tempi molto felici, così non venisti spesso a Corte e non lo incontrasti allora, quando lo si vedeva spesso al fianco di Turgot; e io non ero tipo da indulgere in passatempi letterari trascurando i miei doveri, così ce lo siamo perso entrambe. Ma questo per dirti che Jean-Antoine Roucher non è l’ultimo sconosciuto del mondo, e mi fa piacere che, stavolta, anziché un azzimato damerino come Hulin tu abbia puntato su una mente. Inoltre, il tuo accompagnatore ha altre discrete frecce al proprio arco.

André mi assicura, da appassionato lettore di Rousseau, che Roucher ne sia stato grande amico, ed ecco perché hai visto mio marito tanto entusiasta in sua presenza: egli ha amato e ammirato quel Filosofo fin da ragazzo, e conoscere così da vicino chi lo seguì per lungo tempo e ne ha pubblicato parte dell’opera l’ha esaltato non poco. Figurati che, partiti voi e i nostri amici, è andato avanti a parlarmi fino a tarda ora dell’edizione delle Lettere a M. de Malesherbes curata da Roucher, continuando il discorso iniziato a tavola, ma con me sola come interlocutrice. A un certo punto, era tanto immerso nella questione da non accorgersi di quanto fosse tardi, e ho dovuto farglielo presente io. Non che mi lamenti della cosa: hai visto anche tu quanto André sappia essere piacevole e competente nel disquisire di politica e di filosofia, e sono felice che finalmente tu abbia modo di conoscerlo davvero, tramite il nuovo grado di parentela che vi unisce. Perciò ti dico fin d’ora che sì, verremo ad Auteuil domani pomeriggio, e tra noi due il più felice della cosa sarà proprio André.

Ma venendo al nocciolo della questione, l’ammetto, non sono stata immediatamente ben disposta verso Roucher; mi piacerà approfondirne la conoscenza, naturalmente, ma ho un pregiudizio nei suoi confronti che mi incoraggia a tener vivo il dubbio – il dubbio che quest’uomo non possa farti felice. Avevo immaginato un compagno meno anziano, per te. Tu porti i tuoi anni con una grazia tale da apparire ben più giovane; e Roucher è un uomo di principi energici e mente fervida, certo ti insegna molto e potrebbe insegnarne a me; ma proprio questo è il problema. È una persona imponente, per te che sei una farfalla gentile e deliziosa; forse è la solidità cui puoi appoggiarti, o forse è la roccia che non ti darà mai la dolcezza di un profumo. O forse nessuna di queste cose, e volerà più in alto di te, lasciandoti indietro. So che non dovrei dirti queste cose, dal momento che dopo tanto tempo ti ho vista con un amante decent di tutto rispetto; ma se tu hai usato gli sguardi tra me e André per misurare la nostra felicità, allora devo confessarti che l’ho fatto anch’io con voi. Lui ti rivolgeva occhiate solo per testare il tuo consenso. Tu glielo concedevi prontamente, ma i tuoi sguardi erano… annoiati, dietro il sorriso con cui ti beavi dei suoi alti discorsi. Non saprei come descriverli diversamente. I tuoi occhi vivaci vagavano con molta più cura sulle goffaggini di François, e lì si riempivano di tenerezza materna; poi si sono letteralmente accesi al sarcasmo di Alain quando Roucher si è messo a citare testi di Rousseau compresi di numero di pagina e numero di riga. Eri davvero indignata, non c’è che dire, e l’hai fatto ben notare al nostro amico – il quale, e questo lo faccio notare io a te, ha avuto la buona grazia di non replicare a una dama con la stessa supponenza che aveva usato per il tuo accompagnatore. Anzi, si è scusato, se ben ricorderai. La qual cosa, credo, ti ha indispettita ancora di più, perché ti ha tolto terreno per il duello verbale che eri prontissima a intraprendere.

Tirando le somme, più che ammirare Roucher e la sua eleganza da perfetto retore hai cercato la sfida con un uomo che, tutto sommato, non aveva senso osteggiare, poiché era chiaro fin dall’inizio che i due fossero su mondi impossibili da conciliare. Sarà il tuo sentimento per Roucher ad averti impedito di sorridere a battute di cui altrimenti avresti riso? Perché ti assicuro che, se Roucher fosse stato meno compreso della propria cultura, meno… superbo, posso dirlo?, avrebbe potuto attirare i miei due Soldati nei suoi discorsi, anziché farli sentire due perfetti idioti e scatenare, così, la loro reazione impacciata – passiva quella di François, aggressiva quella di Alain, in armonia con i loro diversi caratteri.
E per fortuna c’era André, o avremmo ricordato la serata come la più imbarazzante della nostra vita, dopo, ovviamente, il famoso ballo in cui mi divertii a scandalizzare la nostra famiglia e mezza Corte.

Ma chiudo questi discorsi per venire alla cosa più importante, che ieri non abbiamo potuto toccare per via di tutti questi imprevisti.

Io e André abbiamo pensato di scrivere alla Nonna e alla Madre per palesare il nostro ritorno. Avevamo immaginato di poter organizzare un incontro con loro all’insaputa del Padre, ma mi rendo conto, in realtà, che questo sarebbe ingiusto, oltre che ridicolo. L’alternativa sarebbe scrivere al Padre e informarlo, come già a Lione, della nostra presenza. E cosa accadrebbe, allora? Lo coglierebbe come l’ennesimo gesto di sfida? Oppure cercherebbe ancora di ignorarci, e peggiorerebbe ulteriormente i rapporti con tutte voi, sentendosi braccato in casa propria? Nostra Madre mi scrisse che se fossimo tornati ci avrebbe sostenuto, e so che ci favorirebbe un incontro anche adesso, senza preoccuparsi della reazione del Padre. Ma l’ultima cosa che voglio è rovinare il già precario equilibrio della nostra famiglia, e rompere ciò che si è già crepato più volte – la pazienza, se non l’orgoglio, di nostro Padre. Non voglio che lui pensi che siamo vigliacchi, a nasconderci a lui; ma nemmeno che pensi che vogliamo a tutti i costi che egli ci consideri, se non lo desidera.

Ti lascio questi dubbi. Domani, quando ci vedremo, forse avrai trovato una soluzione che concili la diplomazia con l’onestà, e ti sarò grata se mi offrirai il tuo punto di vista. Io e André, su questo argomento, siamo troppo diversi, e dopo Lione nemmeno tanto sicuri delle reciproche posizioni.

Partiremo da qui dopo pranzo. A domani, dunque. Buonanotte.

 

Oscar

 

 

   
 
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