Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.075 (Fidipù)
Note: Ed eccoci qua con un nuovo capitolo! E in verità non è che ci
sia molto da dire: succedono cose, Marinette mostra ancora una volta la
forza del suo carattere e...niente, tutto qua. Fine. In vero non ho
neanche qualche notizia su Parigi da darvi, dato che in questo capitolo
non è che abbia toccato luoghi particolari. Che note misere a questo giro!
Ma va bene, non posso sempre starvi a tormentare con le mie chiacchiere!
Quindi passiamo subito alle noste di servizio, ovvero che domani verrà
aggiornata Scene
con un nuovo capitolo.
Come sempre per essere sempre aggiornati con i capitoli che verranno
postati o avere piccole anteprime dei capitoli, vi rimando alla pagina
facebook.
E niente. Non c'è altro da dire.
Quindi, per concludere, come sempre vi ringrazio tutti quanti: grazie a
tutti voi che leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre
liste!
Grazie di tutto cuore!
Poteva sentire il respiro lieve contro il
collo e questo la faceva sorridere mentre rimaneva immobile, ascoltando il
russare sommesso dell’altro occupante del letto e accentuando maggiormente
il sorriso, quando lui la strinse più forte: era vero? Stava veramente
vivendo tutto ciò?
Lo sentì tirare su con il naso, prima che la stretta attorno ai suoi
fianchi si fece più decisa: «Ci siamo svegliati bene, sergente Norton?»
domandò, voltandosi leggermente all’indietro e sorridendo all’uomo, che le
catturò la bocca con la propria.
«Decisamente sì» dichiarò Felix, posandole le labbra contro la spalla
nuda, lasciando andare un sospiro mesto: «E mi piacerebbe anche ampliare
questa felicità ma…»
«Il lavoro chiama.»
«Già.» sospirò l’uomo, dandole un secondo bacio e poi alzandosi,
completamente a suo agio con la sua nudità: «Tutta colpa di Bourgeois»
Bridgette sorrise, tirandosi a sedere e coprendosi con la coperta, strinse
le ginocchia con le braccia, fissandolo mentre si preparava per la
giornata lavorativa: «Hai in mente di rimanere tutto il giorno a letto,
Bri?»
«Sto aspettando che tu te ne vada.»
«Veramente sarebbe tutta roba che ho già visto e rivisto.»
«Felix…»
«Bri.»
«Non mi alzerò, finché non sarai uscito da quella porta.»
L’uomo sbuffò, finendo di annodare la cravatta: «E se me ne vado e poi mi
ricordo che ho dimenticato qualcosa?» domandò, incrociando le braccia e
sorridendo divertito: «Potrebbe succedere. In fondo ho quasi duecento
anni, la vecchiaia inizia a farsi sentire…»
«Ti conviene prendere tutto, perché troverai la porta chiusa a chiave.»
«Donna impossibile.»
«Lo so, e ne vado fiera.»
«Ti aspetto per la colazione» sospirò, avvicinandosi al letto e
chinandosi, sfiorandole le labbra con le proprie: «Anche se continuo a
pensare che potresti…»
«Vai, Felix.»
«Malvagia.»
«Lo sono stata sì.» dichiarò Bridgette, ridacchiando e vedendolo scuotere
la testa bionda, prima di raggiungere velocemente la porta della camera e
uscire, mentre lei poggiava il mento sulle ginocchia, facendo vagare lo
sguardo per la stanza: era impersonale e anche molto, se non fosse stato
per i pochissimi oggetti personali di Felix avrebbe pensato che si
trattasse di una camera degli ospiti e non quella del padrone di casa.
In vero, tutta l’abitazione dava un che di casa da catalogo – un po’ come
il suo appartamento –, non fosse stato per la vibrante energia che c’era
dentro le mura: era quella che faceva la differenza e l’avvertiva nelle
voci attutite dalla porta, mentre si alzava e cercava i propri indumenti.
Felix doveva aver detto qualcosa di troppo a Xiang, dato che la voce della
ragazza risuonava per il corridoio e passi concitati le fecero capire che
presto avrebbe avuto compagnia.
La giovane cinese entrò come una furia, sbattendo la porta in faccia a
Felix e fissandola: «Non lo sopporto» dichiarò in un modo così bambinesco,
che la fece ridacchiare: «Pensa di poter fare le veci di mio padre. Mio
padre!»
«Che cosa è successo?»
«Li l’ha avvisato che sono tornata tardi.»
«Ed è una cosa gravissima, sì» dichiarò la donna, ridacchiando e infilando
la gonna e la camicia del giorno prima: «Veramente gravissima.»
«Bridgette, ti sento! Non dare ragione alla bambina!»
«Bambina? Ho più anni di tutti voi messi insieme, Felix! E conto anche il
maestro Fu.»
«E a parte gli ultimi mesi li hai passati a Shangri-la! Sei una bambina
per questo mondo!» sbottò l’uomo, dalla parte dell’uscio: «Xiang, apri la
porta.»
«Non posso, Bridgette si sta preparando.»
«Xiang.»
«E tu sei in ritardo.»
«Anche tu.»
«Non ho lezione alla prima ora, te l’ho detto ieri quando mi hai chiamato
per assicurarti che la mia virtù fosse indenne.»
«Felix!»
«Ehi, non mi fido del moccioso americano! Maledetto yankee!»
«Cos’è uno yankee?»
«Roba del milleottocento» sospirò Bridgette, abbottonandosi la camicetta e
sospirando: «Sergente, vorrei ricordarle in che secolo siamo.»
«Lo so, in che secolo siamo.»
«E vorrei anche ricordarti…» continuò la donna, avvicinandosi alla porta e
aprendola con un sorriso zuccheroso in volto: «Che sei in ritardo, caro.
Ti ricordi? Bourgeois…»
«Non è finita qui, Xiang. Me ne frego se hai quattromila e passa anni.»
«Felix…»
«Sì, sì. Vado.»
«Buon lavoro, tesoro.»
Lila osservò la madre da sopra il bordo della tazzina, seguendo ogni
movimento della donna: «Mi sembra di averti insegnato che è maleducazione
fissare intensamente qualcuno» dichiarò Ada, alzando lo sguardo e fissando
eloquente la figlia: «Non ti ho certo educata per essere la moglie del
primo che passa, cosa che ovviamente hai fatto.»
«Wei ed io non siamo ancora sposati, mamma. Almeno per il momento.»
«Gradirei che non facessi come quella tua amica: diciannove anni. Mi
chiedo come…» la donna si fermò, muovendo il cucchiaino nella tazza e
sospirando: «Immagino il perché di tale matrimonio, queste ragazze
parigine non sanno proprio cosa sia la contraccezione.»
«Per quanto tutti lo desideriamo, sono certa che Marinette – perché la mia
amica ha un nome – non sfornerà nessun baby Agreste a breve termine.»
«Hai intenzione di rispondermi così a ogni mio commento?»
Lila poggiò la tazzina, tenendo lo sguardo in quello della madre: «Sì»
dichiarò, alzando il mento: «Mi ero domandata cosa ti fosse successo
ultimamente, ma noto con dispiacere che sei tornata a essere la solita Ada
Rossi che ho conosciuto fin da quando sono nata; detto questo ti informo
che non ti permetto di insultare Wei o i miei amici come se tu sapessi tutto,
mamma.»
«Tu sei…»
«Leale verso chi mi vuole bene e a cui io ne voglio: Wei è un ragazzo
d’oro ed io sono fortunata ad averlo al mio fianco, non ti permetto di
considerarlo ‘il primo che passa’; Marinette e Adrien sono persone
importanti per me e non ti lascerò infangare così il loro amore: si amano
e per questo hanno deciso di sposarsi e vivere assieme.»
Ada strinse le labbra, in quell’espressione così tipica che a Lila sembrò
di essere tornata indietro nel tempo, quando le bugie le sfuggivano dalle
labbra come se niente fosse: «Sai, ho veramente pensato che fossi cambiata,
mamma» mormorò, allungandosi e prendendo la borsetta abbandonata sulla
sedia: «Che eri veramente felice per me, perché avevo trovato un ragazzo
meraviglioso ma invece…» si fermò, sospirando mentre si alzava in piedi:
«Ho capito da chi ho preso il mio talento a mentire.»
Fissò la madre per un secondo, prima di scuotere la testa e andarsene,
senza fregarsi di pagare la sua parte di conto: voleva solo andare via da
lì e da quella donna che, per l’ennesima volta, l’aveva illusa.
Camminò a testa alta, uscendo dal locale e tirando su con il naso,
impedendo a sé stessa di piangere.
Non avrebbe versato una lacrima per quella donna.
«Lila…» la voce di Vooxi la fece sobbalzare e abbassò lo sguardo verso il
kwami, che la fissava preoccupato: «Lila…»
«Sto bene» dichiarò la ragazza, sorridendogli e carezzando il capino: «Ci
sono abituata. Anzi, sono più allenata ad avere a che fare con lei così,
piuttosto che con quella cosa strana che era prima.»
«Vuoi chiamare Wei?» domandò la volpe, mostrandole il cellulare e
sorridendole: «Magari gli diciamo di fare scorta di schifezze e stasera ci
guardiamo uno di quei film che ti piacciono tanto.»
«Rinunceresti a Harry Potter per me?»
«E’ per una giusta causa.»
«Grazie» mormorò Lila, prendendolo e stringendolo contro di sé: «Ma in
verità, tutto ciò che voglio è solo andare a lezione, rompere le scatole
ai miei tre idioti preferiti e poi andare a casa, evitare di far saltare
qualcosa, cenare con Wei e poi rilassarci sul divano, mentre tu e Wayzz
decidete cosa è meglio: se l’ennesima battaglia di Hogwarts o la
distruzione della Morte Nera.»
«Sicura?»
«Sicurissima. Voglio solo la mia quotidianità.»
Marinette sistemò alcune scatole di biscotti in vetrina, sobbalzando
quando sentire un rumore provenire dal laboratorio della boulangerie e si
guardò attorno, avvertendo su di sé lo sguardo di qualcuno: era sola in
negozio in quel momento, non c’era nessuno tranne suo padre che stava
lavorando a un ordinazione nel retro.
Era sola.
Nessuno la stava spiando.
Eppure non si sentiva così.
Aveva sperato che stare lì, nel negozio dei genitori, la facesse sentire
più al sicuro, rispetto che al proprio appartamento vuoto ma non stava
andando come aveva progettato; abbassò la testa, osservando le scatole
finemente incartate e riprese a sistemarle, mentre la sua mente lavorava
alacremente: Nathaniel era senza dubbio sotto l’influsso del nemico. Che
poteri gli aveva dato? Che cosa poteva fare? Avrebbe messo in pericolo
Adrien?
E se si fosse accorto dei loro kwami?
E se già lo sapeva? In casa loro Plagg e Tikki giravano tranquillamente,
non avendo nessuno da cui nascondersi.
E se Nathaniel fosse a conoscenza delle loro identità?
Da quanto tempo la stava spiando?
«Marinette?»
La voce improvvisa la fece sobbalzare e si voltò verso l’ingresso del
negozio, trovando Manon e Thomas che la fissavano: «C-ciao» balbettò,
regalando un sorriso incerto ai due: «Che fate qua?»
«Manon dice che i biscotti di qui sono i migliori al mondo» bofonchiò
Thomas, osservando la merce esposta e sorridendo: «Quindi dato che non ho
gli allenamenti oggi…»
«Ma voi due vi conoscete?»
«Andiamo a scuola assieme» mormorò Manon, gettandosi verso di lei e
abbracciandola con tutta la forza che aveva, facendo sorridere la ragazza:
sapeva già, come Ladybug però, che la ragazzina frequentava la scuola del
nuovo acquisto del gruppo, ciò che le pareva strano era che i due si
conoscessero così bene.
Però, ora che ci pensava, li aveva visti parlare durante il suo
matrimonio…
«Va tutto bene?» le domandò Thomas, sistemandosi lo zaino sulla spalla e
fissandola eloquente: «Prima sembravi…non so. Spaventata?»
«E’ vero!» esclamò subito Manon, alzando il viso e fissandola: «Ti è
successo qualcosa? Lo so! Qualcuno ti viene dietro, vero? Adrien lo diceva
sempre che tu…»
«Tu sei stata troppo tempo con Adrien, quando ti facevo ancora da
babysitter.»
«Ehi, eri tu che te lo portavi dietro quando andavamo al parco o da
qualche altra parte.»
«Veramente era lui che si univa.»
Manon sghignazzò, lasciando andare la ragazza e, intrecciate le dita, si
portò entrambe le mani alla guancia, assumendo un’espressione sognante:
«Perché così poteva proteggere sempre la sua principessa» dichiarò sicura
di sé: «Mi diceva sempre così, ogni volta che gli domandavo perché veniva
con noi.»
«Tipico di Adrien…»
«A proposito dov’è?» domandò Thomas, guardandosi a giro come se da un
momento all’altro il biondo potesse apparire da dietro il bancone.
«A lezione e poi aveva un set fotografico.»
«Avere una famiglia richiede molti soldi» dichiarò il ragazzino,
incrociando le braccia e annuendo: «Almeno è così che dice mio padre.»
«Ha parlato l’uomo di mondo.»
«Silenziati, mocciosa.»
«Come mi hai chiamato?»
«Mocciosa, perché sei una mocciosa.»
«Che cosa volete, ragazzi? Ci sono i macarons freschi, oppure i biscotti
con le gocce di cioccolato, anche quelli sono stati fatti oggi.»
«Biscotti!» esclamarono in coro i due, facendo sospirare Marinette: si
diresse dall’altra parte del bancone, prendendo un sacchetto di carta e
sistemando all’interno una quantità generosa di biscotti, sapendo
benissimo che i due li avrebbero spolverati tutti.
Sorrise soddisfatta e alzò la testa, bloccandosi alla vista del ragazzo al
di là della vetrina: completamente vestito di nero, Nathaniel la fissava
dall’altra parte del vetro con la testa lievemente inclinata e un sorriso
spento sulle labbra.
Era lì.
Lui era lì.
Fece un passo indietro, continuando a fissare la figura del ragazzo e
sentendo il cuore batterle forte nel petto: doveva fare qualcosa, doveva…
Avrebbe dovuto trasformarsi? E poi? Che avrebbe fatto?
Non era come uno degli avversari che aveva sempre combattuto? Non era un
akumatizzato o un guerriero di Coeur Noir.
Non era uno dei soldati di Maus.
Non era nemmeno una creatura di Quantum.
Era un qualcosa di completamente nuovo per lei.
«Marinette!»
La voce di Thomas la fece trasalire e riportare la realtà, accorgendosi
che si era portata una mano all’orecchio destro e le dita le stavano
tremando: riportò nuovamente lo sguardo sulla vetrina, accorgendosi che
non c’era nessuno, e poi sui due ragazzini che la fissavano sconvolti.
Non andava bene.
Non andava bene per niente.
«Io chiamo Adrien» dichiarò Thomas, prendendo il cellulare e cercando
velocemente nella rubrica, mentre Marinette si chinava per raccogliere il
sacchetto di biscotti che aveva fatto cadere: doveva reagire, doveva fare
qualcosa.
Non poteva andare così.
Non poteva permettere a Dì Ren di abbatterla così facilmente.
Eppure…
Eppure il sorriso di Nathaniel, così spento e sinistro, le aveva fatto
veramente paura.
«Fidanzata a ore dieci» dichiarò Adrien, uscendo dalla facoltà con Rafael
e indicando Sarah che, sbracciandosi, stava cercando di far notare la sua
presenza: «Ciao, Sarah! Sei venuta per assicurarti che il pennuto non alzi
troppo la coda?»
«Le tue battute non fanno ridere, gattaccio» sbuffò Rafael, fissandolo
male e poi portando l’attenzione sulla ragazza: «Tu non avevi lezione con
mio padre?»
«Non si è presentato» dichiarò Sarah, poggiandosi a lui quando Rafael le
fece passare un braccio attorno alle spalle: «Ha chiamato la facoltà: non
sta bene, Rafael. Per niente.»
Il moro annuì con la testa, sospirando pesantemente: «Prima di andare sul
set, vado a vedere a casa sua» dichiarò storcendo le labbra: «Visto che
non si degna di rispondere alle mie chiamate: se trovo un cadavere non
voglio saperne niente.»
«Non penso sia morto, honey. Oggi ha chiamato in facoltà.»
«Honey? Ti chiama davvero honey?»
«Perché non te ne vai, gattaccio?»
«Perché sto apprendendo tante cose interessanti: che carini che siete,
però. Tu la chiami apetta, lei honey.»
«Tu hai dato a Marinette mille soprannomi» sentenziò Rafael, mentre Sarah
scuoteva il capo: «Non sei nella posizione di dire nulla.»
Il suono del cellulare fermò Adrien dal dire qualcosa, recuperò il
telefono e fissò curioso il mittente della chiamata: «Thomas?» domandò,
una volta risposto: «Sì. Cosa? No, ok. Arrivo subito. Sì, certo. No,
tranquillo. Hai fatto bene.»
«E’ successo qualcosa?» domandò Rafael, vedendo l’amico improvvisamente
preoccupato: «Adrien?»
«Nathaniel si è presentato alla boulangerie dei genitori di Marinette e
l’ha spaventata» dichiarò il biondo, prendendo la chiave della moto: «Vado
da lei. Puoi dire…»
«Ci penso io con il set, non preoccuparti. Sono certo che tuo padre
capirà» sentenziò Rafael, seguendo l’amico fino al suo mezzo: «Adrien, se
hai bisogno…»
«Chiamaci immediatamente» dichiarò Sarah, decisa: «E lo posso
tranquillamente dire anche a nome di tutti gli altri: Marinette è il
nostro capo e non permetterò che una Testa di pomodoro qualsiasi la tratti
così.»
«Sarah, mi piaci.»
«Ehi!»
«Tranquillo, pennuto. Sono sposato.»
Il rombo del motore, che conosceva perfettamente, fu rassicurante.
Marinette sorrise, osservando Adrien parcheggiare la moto e dirigersi
subito verso la porta del negozio, mentre si toglieva il casco: «Sto bene»
dichiarò la ragazza, non appena lo vide entrare: «Thomas non doveva…» non
finì la frase, ritrovandosi stretta nell’abbraccio del marito e
aggrappandosi a lui: «Sto bene, Adrien. Davvero.»
«Stai bene? Pensi davvero che ci creda?»
Marinette si scostò leggermente da lui, sorridendogli dolcemente e
carezzandogli il volto preoccupato: «Io…» iniziò, scuotendo la testa e
sospirando: «Non me l’aspettavo, tutto qui. Non pensavo di vederlo così…»
«Sì è fatto audace.»
«Vero.»
Adrien chiuse gli occhi, poggiando la fronte contro quella della ragazza:
«Come posso proteggerti, my lady?» le domandò, la voce affranta e
stringendola di più contro di sé: «Io non…»
«Non voglio che tu mi faccia da scudo, Adrien. Abbiamo sempre combattuto
assieme e anche questa volta andrà così.»
Adrien sorrise, baciandole la fronte e stringendola contro il suo corpo:
«Amo la tua forza» dichiarò, allungando una mano e carezzandole i capelli:
«Ogni volta che hai tenuto testa a Chloé o hai dichiarato il tuo intento
di proteggere Parigi…» si fermò, scostandosi un poco e guardandola negli
occhi: «Mi sono innamorato di più ogni volta.»
«E tu la più avventata.»
«Ehi, in qualcosa devo risaltare» dichiarò Adrien, facendole l’occhiolino
e sospirando: «Mi sembra di combattere di nuovo l’Invisible…»
Marinette annuì, illuminandosi poi a ciò che il marito aveva detto:
«Adrien, sei un genio!» esclamò, sorridendo e portandosi le mani congiunte
alla bocca: «Un vero genio!»
«Ah…» il biondo sorrise impacciato, osservando la ragazza: «…beh, sempre
detto che sono geniale.»
«Veramente quella sono io.»
«O-ok. Che ho detto di così geniale?»
«Ti ricordi come abbiamo sconfitto l’Invisible?»
«Con delle biglie?»
«Quello è stato con Antibug.»
«Ah…» Adrien sospirò, scuotendo la testa: «Mh. Un elastico? Un ombrello?
Marinette, non lo ricordo.»
«Polvere glitter.»
«Ok. E che facciamo? Glitteriamo Nathaniel?»
«Io sento qualcuno in casa, no?»
«S-sì.»
«Adrien, non balbettare. Quello lo faccio io. Ascolta il piano.»
«Lo sto ascoltando.»
«Dicevo…» Marinette si fermò, annuendo a ciò che stava ideando: «Io sento
una presenza in casa, giusto? E se fosse qualcuno di invisibile? Magari
come gli altri, anche Nathaniel ha delle creature di Quantum che utilizza,
un po’ come quel tipo con la sfinge.»
«E ti ha messo alle calcagna uno stalker invisibile» Adrien si portò una
mano al viso, tamburellando le dita sulla guancia: «Ci sta. Sarebbe molto
fattibile e immagino come gli rodeva l’anima mentre vedeva in diretta
quando ti ho fatto venir…»
«Adrien!»
«Testa di pomodoro sta stalkerando mia moglie, posso avere un po’ di
soddisfazione a immaginarmelo mentre s’incavola, osservandomi praticare i
miei diritti coniugali?»
«I tuoi diritti coniugali?»
«Sono certo che se lo dico in un altro modo, dirai scandalizzata ‘Adrien’.
Ti conosco.»
«Adrien…»
«Ok, ok. Abbiamo uno stalker invisibile in casa e…» il biondo si fermò,
sorridendo e annuendo con la testa: «Ho capito il tuo piano, my lady.»
«E…»
«E mi piace» sentenziò Adrien, sorridendo: «Chiamiamo il resto del
gruppo?» domandò, poco prima che i loro telefoni suonassero congiunti:
«Oppure Alex ci chiama.»
«Nemico?»
«Ci scommetto Plagg.»
«Ehi!» sbottò il kwami, comparendo da sotto il giubbotto: «Perché non
scommetti i tuoi gioielli di famiglia?»
«E siamo tutti in linea!» sentenziò allegro Alex, quando vide tutte le
icone dei cellulari collegati: «Abbiamo un problemino al Louvre, a quanto
pare la nostra babbiona ha lasciato Marshmallow in libertà.»
«Io non ho lasciato proprio nessuno in libertà!»
«Ah. Allora abbiamo Marshmallow 2.0» decretò Alex, storcendo la bocca:
«Vedi che succede a creare sempre Marshmallow, Willie? La gente poi ti
copia.»
Un borbottio indistinto giunse alle orecchie di Alex, che lo fece
sorridere: «Ok. Ragazzi, direi che è il momento degli eroi.»
«Io sono abbastanza vicino» dichiarò Thomas: «Chi vuole essere
akumatizzato?»
«Io sicuramente» sentenziò Xiang: «Non so Willie o Felix…»
«Spiacente di non essere dei vostri, ma ho un incontro con il mio partito
fra cinque minuti» decretò Felix: «Ma tenetemi aggiornato.»
«Io ci sarò. Sia mai che lascio impunito questo copione.»
«Ci troviamo tutti al Louvre?» domandò Marinette, ricevendo risposte
affermative da tutti i componenti del gruppo: «Ottimo. Andiamo a fare il
nostro lavoro, gente.»