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Autore: Laylath    26/05/2017    5 recensioni
(Seguito di Un anno per crescere).
Da quel fatidico anno che unì in maniera indissolubile un gruppo di ragazzi così diversi tra di loro, le stagioni sono passate per ben cinque volte.
In quel piccolo angolo di mondo, così come nella grande città, ciascuno prosegue il suo percorso, tra sorprese, difficoltà, semplice vita quotidiana. Si continua a guardare al futuro, con aspettativa, timore, speranza, ma sempre con la certezza di avere il sostegno l'uno dell'altro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 24. Lato oscuro.

 


 
 
“Santo cielo! Certo che capisco bene quello che sta passando la tua fidanzata! Credimi, Vato Falman, ti assicuro che solo poche cose sono maligne quanto i pettegolezzi di cui sono capaci diverse persone di questo paese. Sembra un posto idilliaco, ma ti assicuro che ci sono più lati oscuri di quanto tu possa immaginare. Elisa sta combattendo una battaglia contro grossi pregiudizi, ne so qualcosa!”
Le parole della signora Laura continuavano a risuonare nella testa di Vato mentre camminava per le strade del paese, incerto se tornare a casa o proseguire nel suo vagabondare. Era stato davvero strano passare quella mezz’ora assieme a lei: per quanto la conoscesse da anni non aveva mai avuto con lei nessuna conversazione che andasse oltre normali argomenti. Non poteva immaginare quanto quella signora dall’aria così tranquilla potesse rivelarsi decisa e fin troppo velenosa nei confronti delle altre persone. Era incredibile come la sua voce, i suoi occhi e la sua espressione fossero in grado di cambiare quando qualcosa la contrariava nel profondo.
Beh, certo che lei ha lottato per anni contro i pregiudizi… e anche in maniera molto più profonda rispetto a quello che sta vivendo Elisa.
In ogni caso la conversazione con la signora Laura era servita a schiarire del tutto le idee al ragazzo.
Era arrivato alla convinzione che Elisa stesse sbagliando nel voler organizzare la sua vita in funzione di quelle persone. Matrimonio ed eventuali figli non dovevano trovare interferenze da parte di un paese che aveva difficoltà ad accettare un dottore femmina: fare il contrario sarebbe equivalso a dare ragione a tutta quella gente bigotta.
Va bene compromessi come quelli che fa in ambulatorio, ma annullare la sua vita personale proprio no.
In qualche modo avrebbe dovuto far ragionare la sua fidanzata su questi particolari punti: bisognava trovare l’approccio giusto, in modo da non indispettirla troppo, era chiaro. Era necessaria parecchia diplomazia.
“Vato Falman, proprio tu! – la voce di Roy lo riscosse – Ti stavo cercando da almeno dieci minuti!”
“Sì? – si perplesse il giovane, mentre il soldato lo raggiungeva – Ero dalla signora Laura per alcune questioni da chiarire, sono uscito ora. Come mai mi stavi…”
“Ovviamente è imperativo risolvere questa questione di Elisa” disse senza mezzi termini il moro.
“Questione di Elisa? – Vato sentì i peli nella nuca rizzarsi pericolosamente, mentre un brivido gli attraversava la schiena nonostante il pesante cappotto. Subito si ricordò delle brevi ma compromettenti confessioni che aveva fatto la sera prima e capì con terrore che il suo miglior amico aveva deciso di intervenire per sistemare le cose – No, aspetta, non mi pare il caso… in fondo credo che la cosa riguardi esclusivamente me ed Elisa, non ti pare?”
“Certamente la sistemerete voi due – annuì Roy con una lieve smorfia di disappunto, come se non riuscisse a credere che, dopo così tanti anni, ancora il suo amico non capisse come funzionava il suo modo di agire – per chi mi hai preso, per un ficcanaso? Parlavo della questione Elisa in quanto medico: è ora che questo arretrato paese si accorga di quanto è fortunato ad averla”.
“Su questo, in linea di principio, sono d’accordo. Però è una cosa che richiede tempo, non ci si può fare molto. Insomma, non si può forzare la gente a farsi curare da lei se non si fida: sarebbe una mossa controproducente, a prescindere dalla sua bravura. Il dottor Lewis ha detto…”
“Oh, andiamo! Eppure tu sei stato ad East City per ben tre anni! Sai che i ritmi cittadini sono ben diversi e non ci vedo nulla di male nel portare un minimo di velocità moderna in questa campagna: sono certo che tutti ne trarranno giovamento. E tu, amico mio, dovresti fidarti di me: sai bene che ottengo sempre quello che voglio!”
“Già…” sospirò Vato, evitando accuratamente di dire che molto spesso il risultato veniva ottenuto dopo svariati disastri e non come previsto dal piano originario.
“Senti la mia idea e dimmi se non ho ragione. Allora, stamane sono andato a parlare con Elisa e…”
Hai fatto cosa?! Ma Roy!”
“… lasciami parlare! E poi sappi che è dispiaciuta per quanto è successo: ti ritiene il fidanzato migliore del mondo e si sente molto in colpa per quella piccola discussione. Avreste fatto pace comunque, siete troppo piccioncini per restare a lungo col broncio!”
“Piccioncini! Ma dai!” il giovane studioso arrossì vistosamente a quell’epiteto, sebbene una parte di lui fosse felice e lusingata per quei complimenti che Elisa, sebbene in maniera indiretta, gli aveva rivolto.
“Come dicevo, il vero problema è l’atteggiamento di diffidenza che la gente ha nei suoi confronti. Stamane mentre passeggiavamo ha soccorso un bambino che si era lussato la spalla mentre giocava durante la ricreazione: è stata fantastica, te lo giuro, e ha trattato il bambino in maniera dolce e tranquillizzante. Qualunque madre cittadina sarebbe stata felicissima di sapere il proprio figlio nelle mani di una dottoressa così brava…”
“… e invece?”
“… invece quella chioccia della madre è venuta tutta trafelata in ambulatorio pretendendo che il dottor Lewis visitasse di nuovo il figlio. Meno male che il nostro vecchio medico l’ha messa in riga e le ha fatto anche ringraziare Elisa, ma se non ci fosse stato lui… e fa rabbia: il bambino non provava più nessun dolore, era come nuovo!”
“È la prima volta che Elisa ha occasione di curare una cosa un po’ più grave di un mal di testa o di una sbucciatura. Almeno un minimo di soddisfazione l’avrà avuto” cercò di conciliare Vato.
“Però ho notato una cosa molto interessante – lo bloccò Roy, mettendogli una mano sulla spalla e guardandolo con aria furba – quando la tua fidanzata ha curato il bimbo nel cortile della scuola, diverse maestre le hanno fatto i complimenti, per non parlare dei bimbi!”
“Vedi? – Vato si aggrappò con sollievo a quel passo in avanti – Le cose cambiano piano piano: oggi sono le maestre delle elementari, domani chissà. Devono solo vederla all’opera per capire quanto è brava”.
“Hai proprio colto nel segno! – esclamò il soldato con entusiasmo – Cinque anni di amicizia ti hanno fatto recepire il mio modo di pensare, Vato Falman!”
“Ma io…” annaspò l’altro senza capire, ma intuendo che il fatidico piano geniale era già stato deciso.
“Basterà semplicemente che qualcuno si faccia male davanti a mezzo paese e che Elisa intervenga. Davanti ad una simile evidenza anche i più scettici dovranno arrendersi, no?”
 
In tutti quegli anni che aveva avuto a che fare con i Falman, Roy non si era mai trovato davanti a padre e figlio coalizzati assieme contro di lui. Al massimo Vato aveva espresso qualche perplessità, lasciandosi poi coinvolgere nelle sue iniziative, ma mai una volta si era opposto in maniera veramente palese e decisa.
Di conseguenza era stato totalmente impreparato quando il suo amico l’aveva afferrato per un braccio, senza dire una parola, e l’aveva trascinato fino alla stazione di polizia, nell’ufficio del capitano. Una volta lì, davanti alla scrivania del poliziotto che li fissava perplesso, si era limitato a dire un impassibile “Avanti, ripeti quello che hai detto a me” .
E ovviamente Vincent Falman non era stato molto felice di sentire del piano ideato.
“E mi chiedi perché ti faccio questo? – proprio Vato lo fissò incredulo, ridestandolo dai suoi pensieri circa quello strano tradimento – Roy, non possiamo provocare un incidente solo per permettere ad Elisa di mostrare quanto è brava come medico!”
“Tra tutte le idee malsane che hai avuto, questa è la peggiore – sbottò Vincent, cercando di mantenere una calma che chiaramente non provava, come testimoniava la vena sulla tempia che pulsava ferocemente – giuro che ti arresterei seduta stante! Ti avviso, ragazzino, non giocare col fuoco, non giocare con me! Sono tollerante perché ti conosco bene, ma a tutto c’è un limite. Provocare il deliberato ferimento di una persona è reato, cosa non ti è chiaro in questo concetto? All’Accademia militare un minimo di legislazione non ve la inculcano?”
“Ma sarà solo un incidente leggero, non ci saranno feriti gravi! – spiegò Roy con esasperazione – magari urterò accidentalmente una persona facendola cadere o qualcosa di simile. Mi assicurerò che non si tratti di anziani o altre persone con difficoltà e…”
“Intendi scegliere anche la vittima? Dannazione, la tua mente criminale non ha limiti! – il capitano sbatté con forza la mano sulla scrivania e poi si portò davanti al suo protetto, arrivando a prenderlo per il colletto – Ascoltami bene, moccioso, questo è il mio dannato paese, chiaro? Finché sono in carica io, ma anche finché sono vivo, tu non commetterai nessun’azione che abbia ripercussioni fisiche su terzi, mi sono spiegato bene?”
“Ma capitano, lei non capisce che…”
“Io capisco benissimo, invece! E proprio perché capisco ti proibisco di portare avanti il tuo insano proposito! A volte mi chiedo come tu stesso non capisca la follia delle tue idee!”
“E nel frattempo lasciamo Elisa in mano a quel branco di ingrati? – sbottò Roy, liberandosi da quella presa con aria sfastidiata – Lasciamo che lei e Vato abbiano problemi col loro matrimonio solo perché la gente pensa male di un dottore femmina? Signore, lei dovrebbe avere più a cuore la felicità di suo figlio!”
“Grazie per la discrezione!” arrossì violentemente Vato.
Vincent rimase qualche secondo in silenzio, lanciando una rapida occhiata al figlio, prima di puntare di nuovo lo sguardo sul soldato. Fece un profondo sospiro, quasi a prendere tempo, e poi risposte con voce calma.
“Dopo tutti questi anni hai ancora qualche dubbio su quanto tenga alla felicità delle persone presenti in questa stanza? Mi deludi, Roy. Credi che non mi sia accorto che qualcosa non va? Semplicemente credo che sia giusto lasciare a Vato il suo spazio, il diritto di risolvere i suoi problemi da solo… e lui sa benissimo che nel caso abbia bisogno di me e sua madre non ha che da chiedere. E la medesima cosa vale per te”.
“Però…”
“Però niente – scosse il capo Vincent, con sguardo più sereno – so benissimo che tu stai agendo come un fratello e niente mi rende più felice di questo legame tra voi. Ma ci sono modi e modi, ragazzino, e fare del male ad una persona non è qualcosa di accettabile. Se solo Elisa venisse a saperlo non te lo perdonerebbe mai, te ne rendi conto?”
Roy fece un’espressione tra l’esasperato ed il rassegnato, segno che stava finalmente cedendo al buon senso.
“Secondo me aspettare le tempistiche del paese non è giusto…” mormorò infine.
“Giusto o meno che sia, non spetta a te deciderlo – chiuse il discorso Vincent, dandogli un lieve buffetto sulla guancia – adesso sparite, ragazzi, ho parecchie cose da fare”.
Roy annuì e con un cenno del capo uscì dall’ufficio del capitano. Vato invece, dopo un’iniziale intenzione di seguire l’amico, decise di fermarsi ancora qualche minuto e si accostò al padre.
“Senti…” iniziò con imbarazzo.
“Solo se ne vuoi parlare, figliolo – lo rassicurò l’uomo – non ti devi sentire obbligato”.
“Non vorrei che ci restassi male”.
“Di certo non metto il broncio come il nostro scalmanato soldato. Sono questioni personali ed il mio aiuto o consiglio verrà elargito solo se richiesto: è anche una questione di rispetto nei tuoi confronti”.
“Ammetto che sapere una tua opinione non mi dispiacerebbe – confidò Vato con aria di scusa – a sentire diverse campane ci si può confondere. Ma quello che pensa mio padre è ben differente”.
A quella dimostrazione d’affetto filiale, Vincent sorrise e posò una mano sulla spalla del figlio.
“Sulle prime pensavo che l’idea di sposarvi entro l’anno fosse troppo prematura e ammetto che lo penso ancora, specie quando vedo quanto sia stagnante la situazione di Elisa. Ma vedo anche quanto tu e lei siate maturati in questi mesi e ciò mi convince che la vostra decisone è giusta, a prescindere da quanto possono dire gli alti. È la vostra vita e avete il diritto di viverla come ritenete giusto… e no,non credo che le voci del paese debbano interferire con la vostra relazione”.
“Mi fa piacere sentirtelo dire – sorrise compiaciuto Vato, mentre un lieve rossore compariva sul viso pallido – sono le stesse conclusioni a cui sono arrivato pure io”.
“E pure tua madre la pensa come me, fidati. Qualche altro dubbio?”
Vato stava per fare un cenno di diniego, ma poi si ricordò dei discorsi fatti dalla signora Laura a proposito della casa dei suoi genitori e del non dire nulla ad Heymans ed Henry.
“A dire il vero un altro consiglio mi farebbe comodo…” cominciò.
 
Quel pomeriggio Roy non uscì, ma rimase in camera sua a riflettere sugli avvenimenti di quella mattina.
Il suo viso avvenente aveva assunto un’espressione contrariata, non dissimile da quella del ragazzino adolescente che spesso si era trovato in netto contrasto col paese dove era costretto a vivere. E ancora una volta accadeva la stessa cosa, sebbene non fosse più impossibile prendere un treno ed andare via. Ma non era da lui fuggire davanti a degli ostacoli, specie se i problemi riguardavano qualcuno dei suoi amici.
In cuor suo infatti era convinto che Vato e suo padre si sbagliassero e che fosse necessario qualche gesto eclatante per dare una smossa al torpore della gente nei confronti di Elisa.
A mente fredda l’idea di ferire volontariamente una persona gli appariva stupida ed in qualche modo orribile.
Da quando sei diventato così freddo e calcolatore, Roy? – si chiese, guardando il soffitto – Va bene che non vuoi ferire in maniera grave, ma comunque si tratta di un’innocente.
Spietatezza, era questa la parola che aleggiava fastidiosamente nella sua mente. E per quanto facesse di tutto per dirsi che non era vero, non veramente, non poteva fare a meno di considerare che c’era un fondo di concretezza. Era una parte di lui decisamente oscura, ma era da sciocchi pensare che le persone fossero esclusivamente bianche o nere: le sfumature di quei colori erano molteplici in positivo e in negativo.
Sì, tu sei disposto a tutto per ottenere i tuoi obbiettivi, anche ad andare fuori dal seminato. Ma devi dare una regolata alle tue ambizioni, Roy. Anche se…
Anche se quello che gli dava fastidio era che il presunto innocente ad essere ferito era una delle persone che tanto criticavano Elisa e dunque, in qualche modo, un avversario.
Calma, ragazzo, non sei in Accademia né in guerra: questo è solo il tuo angolo di mondo in cui devi accettare che ci siano modi di pensare che non vanno bene con te.
I suoi pensieri furono interrotti dal bussare alla porta e dalla conseguente comparsa di Riza.
“Ciao, colombina – la salutò, rizzandosi a sedere – non sapevo saresti passata a trovarmi. In genere vengo io a casa tua”.
“Mi sono liberata prima del previsto da alcune commissioni e ho pensato di passare – sorrise lei, levandosi il cappotto e posandolo su una sedia e andando poi a sedersi accanto a lui – del resto mi pare giusto approfittare di ogni momento libero a disposizione: la settimana prossima riparti e chissà quando rientri. Ehi, ma questa faccia?”
Roy fece una smorfia con le labbra: si era dimenticato di assumere un’espressione più rilassata ed era stato facile per Riza indovinare che qualcosa turbava i suoi pensieri. In genere non si preoccupava di nascondere il suo stato d’animo davanti alla fidanzata: lui e Riza erano stati schietti sin da quando, da ragazzi, si incontravano in quella piccola radura che fungeva da loro rifugio segreto. Nessuno dei due si preoccupava di nascondere se era turbato o meno,certo che avrebbe trovato nell’altro la giusta comprensione o discrezione, a seconda dei casi. Le cose non erano cambiate nemmeno quando si erano fidanzati e, se doveva essere sincero, a Roy piaceva avere una persona a cui mostrare i suoi momenti di debolezza, un sostegno su cui fare affidamento.
Ma in questo caso i miei pensieri non erano proprio belli.
“Niente – si trovò a dire – semplicemente mi arrovellavo per aiutare Elisa ad ottenere la stima della gente”.
“Ah sì. Ho sentito parlare dell’episodio di stamattina: Kain mi ha raccontato che ha aiutato un bambino che si era fatto male durante l’intervallo. Non ti preoccupare, grande eroe, sono sicura che Elisa sa bene il fatto suo e riuscirà ad ottenere grandi risultati”.
“Tutti a farmi la predica sul fatto che non devo intervenire – sbuffò Roy, mettendosi a braccia conserte e lasciandosi ricadere indietro nel letto, le sue ciocche nere che andavano a sfiorare la parete – la fiducia nei miei confronti è sempre la stessa a prescindere dagli anni che passano”.
“Che vorresti dire?”
“Niente, ho avuto una piccola discussione con il capitano Falman”.
“Certe cose sono davvero eterne – ridacchiò la bionda passandogli una mano tra i capelli sottili – non te la prendere, soldato, il mondo non potrà mai fare a meno di te, anche se il nostro capitano ti limita nell’agire”.
Le dita di lei erano incredibilmente delicate mentre continuavano ad accarezzargli la chioma: provocavano piacevoli brividi di piacere, specie come tornavano all’attaccatura sulla fronte. Roy si trovò a chiudere gli occhi e crogiolarsi in quel momento intimo con la fidanzata: tutti i suoi pensieri negativi sparirono come neve al sole.
“Dannazione, Riza, con che coraggio riparto tra una settimana?” chiese, allungando il braccio e trovando la vita della fanciulla. Con dolcezza la costrinse ad adagiarsi sul letto, in parte sopra il suo petto.
“Dipendesse da me ti direi di restare – la voce di lei era morbida e sensuale, ben lontana da quella che spesso gli faceva le prediche o lo riportava alla ragione. Ben distante anche da quella timida ed insicura della ragazza spaventata davanti al futuro che l’attendeva – mi sei mancato in queste settimane”.
Era davvero strana quella situazione: sebbene fossero stati spesso abbracciati l’uno all’altra, magari nei campi abbandonati, mai e poi mai era accaduto sul letto di uno dei due. Questo provocò in Roy un nuovo brivido d’aspettativa: di colpo gli tornarono in mente le parole che si erano detti il giorno prima, il nuovo spirito d’iniziativa di Riza.
Sarebbe davvero approfittarne? – si chiese, mentre la cingeva con maggiore forza e le loro labbra si incontravano – Del resto prima o poi deve succedere.
Lei non sembrava dispiaciuta di quell’iniziativa: le sue labbra ricambiarono il bacio con intensità e il suo corpo non oppose nessuna resistenza a quel nuovo abbraccio che la spingeva ulteriormente contro il corpo del soldato. La morbidezza del suo seno era incredibilmente tangibile e non importava se la pressione esercitata gli stava premendo la chiusura di una medaglietta della camicia militare contro il petto: a ben pensarci era una piccola forma di dolore che in quel momento non faceva che elettrizzarlo maggiormente.
La cinse anche con il secondo braccio e la costrinse ad andare ulteriormente sopra di lui. Le accarezzò i fianchi con estrema precisione, restando in quel preciso confine tra seni e vita: senza salire troppo, senza scendere troppo… una sfida, un gioco di attesa, un qualcosa che non aveva mai fatto con la vecchia Riza.
Ma la nuova Riza non si ritrae davanti a queste iniziative…
Fu un pensiero fugace, ma era chiaro che lei in quel momento ci stava. Non si era ritratta e se si era irrigidita per quelle carezze era stato solo per un secondo. Le sue labbra non avevano smesso il contatto, le sue dita non avevano smesso di giocherellare in maniera sensuale con la sua chioma scura.
Il suo collo… che sapore ha il suo collo?
Con un sospiro Roy si staccò dalle labbra della fidanzata. Aprì gli occhi e la guardò, chiedendosi quanto fosse consapevole della carica sessuale di quel momento. E lei era incredibilmente bella con la capigliatura raccolta dalla quale erano sfuggite alcune ciocche ribelli che ora ciondolavano davanti a lui, sfiorandogli il naso e provocando un lieve solletico. Gli occhi castani erano socchiusi, languidi, deliziati dalle sensazioni che sicuramente stava provando. Le labbra ancora socchiuse erano arrossate, così come le guance.
Il collo… il suo collo… devo sapere che sapore ha! – si disse Roy, cercando di riscuotersi da quella strana ipnosi reciproca. Chiuse gli occhi, a spezzare l’incantesimo, e sollevò leggermente il viso per riprendere a baciarla. Ma questa volta puntò al mento, per poi scendere su quel collo che improvvisamente aveva assunto un’importanza fondamentale.
La pelle era setosa, morbida, eppure c’era qualcosa di strano nel movimento della carotide. Era come se gli trasmettesse tutta la vita che pulsava dentro la sua fidanzata. Una minuscola parte della sua mente si ricordò di una vecchia storia di vampiri che aveva letto da ragazzo: quelle creature della notte mordevano le loro vittime sul collo e adesso capiva il motivo.
Ma lui non ebbe la forza di affondare i denti in quella pelle perfetta. Preferiva gustarla con le labbra, sentendone il sapore dolce, assaporando quella novità che si erano concessi.
L’ansito di lei provocò una nuova scarica di energia e un’involontaria, sebbene prevedibile, reazione che lo portò a sollevare il bacino.
“Ehi – sospirò, tornando a fissarla – sul serio, Riza, dimmi se vuoi farlo adesso. Perché o mi fermo subito o non sarò in grado di farlo dopo…”
Sei un coglione! – si disse, ben consapevole di aver spezzato un incantesimo che avrebbe portato ad una giusta conclusione.  Ma una parte di lui gli diceva che Riza non era del tutto pronta ad andare in fondo. E quando vide una piccola, ma fondamentale, componente di sollievo nei suoi occhi castani ne ebbe la conferma.
“Io… io…” balbettò la fanciulla con l’accenno di una lacrima nell’angolo dell’occhio destro.
“Va bene così, sul serio – sorrise lui, sollevandosi in posizione semi seduta. Questo provocò un contatto tra il suo bacino e la parte intima di lei che ancora stava a cavalcioni sopra il suo corpo. Certo c’erano i vestiti ad ostacolare,ma Roy fu sicuro di sentire l’ondata di calore che pervadeva entrambi – Forse è meglio che scendi. E non ti preoccupare… come ti ho detto non devi forzare nulla”.
Riza scese e immediatamente recuperò una posizione più casta al bordo del letto, le gambe serrate con forza quasi a volersi proteggere. Tuttavia non poteva nascondere il rossore eccitato che ancora le pervadeva le guance, così come le ciocche che cadevano disordinate sul viso. E soprattutto c’era quel lieve segno sul collo, proprio sopra il maglioncino.
“Mi sento una stupida – sospirò con voce tremante lei, girandosi verso la porta per non far vedere l’espressione delusa – non so proprio cosa mi è preso”.
“Ardore giovanile?” propose Roy, ritrovando un pizzico del suo solito sarcasmo.
“A te non dispiace?”
“Che abbiamo interrotto? Beh, piacere non mi ha fatto – scrollò le spalle, recuperando la compostezza e passandosi una mano tra i capelli arruffati – ma credimi, preferisco un’interruzione piuttosto che un tuo rimpianto per aver bruciato le tappe. Specie perché dovendo partire sarebbe un bel guaio non esserti accanto se ti trovi in difficoltà”.
“Già… come se la storia di Rebecca non mi avesse insegnato nulla – Riza si alzò e fissò il pavimento con stizza – sono proprio una sciocca!”
“Non sei una sciocca – sorrise Roy – mi hai risollevato un pomeriggio che si prospettava davvero deprimente. Ti va di fare un giro? Adesso non ho proprio voglia di stare qui a crogiolarmi nei miei cupi pensieri”.
“Volentieri – sorrise lei, ritrovando il buonumore – piuttosto, di che cupi pensieri si trattava? Mi hai parlato di una discussione col capitano Falman, però non hai specificato altro”.
“Niente, solo di quanto il mio carattere sia troppo impulsivo e stupido. Ma per fortuna ci sono persone come il nostro buon capitano a ricordarmelo”.
 
Il giorno dopo, la mattina, Vato uscì dall’ufficio postale con aria soddisfatta.
Aveva spedito una lettera ad Heymans dove gli spiegava le vicende relative alla casa dei suoi nonni. Alla fine era arrivato alla conclusione che era giusto che almeno il maggiore dei Breda sapesse di quella proprietà ed era convinto che il suo amico avrebbe avuto la giusta discrezione nel non parlarne con la madre. Una volta avuta la sua risposta avrebbe agito di conseguenza.
“Ehilà, Vato! – una ben nota voce lo fece fermare – Aspettami!”
“Ciao, Elisa – sorrise timidamente, mentre la fidanzata lo raggiungeva. Fu tentato di darle un bacio, ma si trattenne: non aveva idea se lei avesse già voglia di fare pace – non sei a lavoro?”
“Sono andata a consegnare un medicinale ad una signora – spiegò lei, mentre riprendevano a camminare – è malata e non è indicato farla uscire con questo freddo. Tu invece?”
“Mattinata libera e ne ho approfittato per spedire una lettera”.
“All’Università? Qualche tuo docente?”
“No, non proprio – scosse il capo lui, decidendo di non dirle nulla a proposito della casa: non ne valeva la pena fino a quando non riceveva la risposta di Heymans – niente di importante. Ti posso riaccompagnare all’ambulatorio?”
“Volentieri” sorrise lei, infilando con disinvoltura il braccio sotto il suo.
Fu un contatto spontaneo, ma ebbe il potere di irrigidire Vato che, per qualche secondo, ebbe difficoltà a coordinare i suoi passi con quelli della fidanzata. Tuttavia quel gesto poteva voler dire solo una cosa.
“Allora… tutto bene?” si azzardò a dire.
“Nel senso che mi sento una sciocca per quel litigio che abbiamo avuto? – sorrise lei, guardandolo negli occhi – Sì, tutto bene. Mi perdoni per essere stata così scontrosa?”
“Oh Eli, non c’è niente da perdonare” d’istinto la stretta sul braccio di lei si fece più stretta, quasi sentisse l’esigenza di un contatto fisico maggiore dopo quella giornata di separazione.
Si scambiarono uno sguardo complice e fu come se quella piccola nube che aveva oscurato il loro rapporto venisse scacciata via da una brezza pulita. Sorrisero all’unisono e forse uno dei due avrebbe iniziato un discorso.
Ma il rombo di una moto insolitamente forte, unito ad alcune grida li fece girare di scatto.
Non può essere stato così stolto da farlo davvero! – inorridì Vato, mentre il cuore gli balzava in gola.
“Santo cielo! – Elisa strillo, staccandosi immediatamente da lui e correndo verso il posto dell’incidente a poche centinaia di metri da loro – Roy! Roy! Presto qualcuno mi aiuti a sollevare quella moto! Dobbiamo portarlo subito in ambulatorio!”
 
La prima cosa che Roy percepì fu un forte cerchio alla testa a cui si unì immediatamente un senso di amaro in bocca. Provò ad aprire le labbra, ma le sentì fastidiosamente gonfie e poco propense a collaborare.
Poi, col passare dei minuti, il dolore in tutto il resto del corpo iniziò a fare la sua comparsa. Cercò di cambiare posizione, ma scoprì di essere estremamente debole e soprattutto immobilizzato.
L’unica parte che sembrava collaborare era la testa, sebbene gli occhi non volessero saperne di aprirsi: riuscì a muoverla leggermente da entrambi i lati, sebbene questo gli provocò un forte senso di nausea.
“Forse si sta svegliando! Che sollievo!” sospirò una voce accanto a lui.
“Sì? Meno male! Dannazione a lui, deve solo ringraziare di essere ridotto così male, altrimenti gli farei passare la peggior mezz’ora della sua vita!”
“Vincent, smettila. Guarda com’è ridotto!”
“Lui e quella sua moto infernale! Sono felice che sia ridotta in modo tale da non poter più essere usata. Sapevo da principio che rischiava di lasciarci le penne questo idiota!”
“Tieni un tono di voce basso, deve avere un forte mal di testa”.
“Con un simile bernoccolo ci credo… e meno male che non c’è trauma cranico. Gli è andata di lusso considerato che la moto gli è finita addosso dopo la caduta”.
A quel punto gli occhi di Roy parvero collaborare e finalmente riuscì ad alzare le palpebre. La luce era soffusa, non gli dava fastidio, ma ebbe qualche difficoltà a mettere a fuoco il posto dove si trovava.
“Roy! – subito la signora Falman gli fu accanto – Caro, riesci a sentirmi?”
“S… signora…” mormorò con voce roca.
“Hai avuto un brutto incidente con la moto – spiegò la donna, tamponandogli le labbra e le guance con un fazzoletto umido – sei stato privo di sensi per ore! Tu non sai che paura quando ti ho visto in quelle condizioni, in strada… con tutto quel sangue!”
“Ci hai fatto perdere anni di vita – lo rimproverò il capitano Falman, facendosi avanti a braccia conserte: dal visto tirato si capiva che aveva passato delle ore tremende pure lui – mi dici che cosa ti è saltato in mente?”
“Si… si è fatto male… qualcuno?”
“Solo tu – lo rassicurò Rosie, prendendogli la mano destra – non preoccuparti. Ma ti sei ferito in modo davvero grave: hai un osso della gamba fratturato, il polso slogato, e così tante escoriazioni… per non parlare del bernoccolo in testa”.
“Acqua…” mormorò il soldato, chiudendo gli occhi con stanchezza.
“Certo, vado a prendertela”.
Sentendo i passi che si allontanavano, Roy cercò di ricollegare i pezzi di quanto era successo.
Ricordava che in Accademia gli avevano spiegato come attutire al meglio una caduta dalla moto, ma quanto era successo poche ore prima non aveva avuto niente a che vedere con le simulazioni che aveva fatto. Osso della gamba fratturato? Di certo il sinistro: adesso capiva cos’era quel senso di pesantezza. Gli dovevano aver ingessato parte dell’arto.
“Ehi, furfante…” lo richiamo con gentilezza il capitano.
“Sono a casa vostra?” chiese Roy, finalmente riconoscendo la camera degli ospiti di casa Falman.
“Portarti al piano di sopra del locale di tua zia era complicato date le tue condizioni. Sarai nostro gradito ospite per le prossime settimane, almeno fino a quando avrai il gesso alla gamba”.
“Scusi per il disturbo”.
“Più che le scuse per il disturbo mi piacerebbe sapere cosa è frullato nella tua testa – lo sguardo dell’uomo si fece cupo – il giorno prima avevamo fatto un discorso a proposito di un incidente provocato deliberatamente e non mi sembra una coincidenza”.
“Mi è passato davanti qualche animale, forse un gatto – mormorò Roy con voce stanca, guardando con aria stranita il soffitto – ho sterzato per evitarlo, ma l’ho fatto malamente e ho perso l’equilibrio…”
“Dovrei crederti?”
“Non ho ferito nessuno” gli occhi scuri di Roy, sebbene pesti, si puntarono con lucidità sul capitano.
“Hai ferito te stesso, sciocco. Sul serio,Roy Mustang, giuramelo: questo incidente non ha niente a che vedere con il tuo discorso di ieri, vero?”
“Sono andato a trovare Riza e poi sono tornato in paese… in mezzo alla strada è passata una specie di ombra scura – mormorò ancora il soldato, come se fosse un qualcosa di imparato a memoria – ho sterzato per evitarla e sono caduto. Giuro che è la verità”.
Il capitano Falman lo scrutò con attenzione per qualche secondo e poi annuì lievemente. La sua mano si accosto alla testa di Roy e gli accarezzò dolcemente i capelli sporchi. Fu un gesto spontaneo, ma ebbe un potere lenitivo sul giovane che immediatamente si rilassò, chiudendo gli occhi.
“Elisa mi ha curato?” chiese.
“Sì, è stata lei a soccorrerti… adesso starà dormendo esausta in salotto dato che si è rifiutata di andare a casa sua. L’abbiamo costretta a sdraiarsi solo due ore fa, è notte fonda se non te ne sei reso conto”.
“Vato?”
“In camera sua sfinito… sicuramente si starà chiedendo se il suo miglior amico si è bevuto completamente il cervello per avere un incidente simile. E credi che la tua fidanzata non se ne sia andata in lacrime da qui poco prima di cena? O che tua zia non sia preoccupatissima nonostante mantenga la solita facciata di sarcasmo? O che mia moglie non…”
“… e lei?” lo interruppe Roy.
“Sei uno sciocco anche solo a chiederlo, ragazzo”.
Il moro annuì lievemente e proprio in quel momento rientrò la signora Falman con dell’acqua.
Fu questione di poco prima che sprofondasse nell’oblio.
 






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Ciao, rieccomi qui a quasi, ahimè, un mese di distanza dall'ultimo aggiornamento.
Scusate davvero tanto, ma sono parecchio incasinata in questo periodo. Temo che non riuscirò a tornare al solito ritmo di un capitolo alla settimana. Insomma, ci proverò, ma dipenderà da diversi fattori.
Nel frattempo vi lascio con questo capitolo parecchio Roycentrico. Alla fine che sarà successo? Roy si sarà ferito di proposito o sarà stato solo un incidente? Beh, non lo sapremo mai, rimarrà un segreto del nostro soldato e un'intuizione di Vincent Falman.
A presto (si spera)



 
  
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