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Autore: Brigi    27/05/2017    1 recensioni
Il peggio arriva quando uno meno se lo aspetta e Megan, ora più che mai, comprende come questa affermazione sia veritiera. Dopo un periodo turbolento e buio della loro vita, Meg e suo fratello Christian decidono di trasferirsi a Newport, per dimenticare, per ricominciare. Meg non sa cosa le aspetta, o meglio chi: Dean Black, un ragazzo tenebroso,scontroso, irascibile, ma che la aiuterà a tornare a sognare.
Un intreccio di storie appassionanti, commoventi, che vi coinvolgeranno come mai prima d’ora.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Arrivai a pensare che mai più avrei provato felicità, mai più spensieratezza… mai più niente. Si arriva ad un punto di non ritorno, quando il dolore è così forte da sovrastare qualsiasi altro sentimento. Ecco ciò che pensavo, mentre con lo sguardo vedevo scorrere gli alberi intorno a me, quasi come se si dissolvessero. Era ormai passata qualche ora, da quando io e mio fratello avevamo lasciato la nostra vecchia città, per trasferirci definitivamente a Newport. L’idea non mi allettava, anche se, come prospettiva, era pur sempre meglio quella, piuttosto che rimanere nel luogo dei miei incubi.

<< Chri quanto manca? Credo mi si sia appiattito il sedere a forza di starmene seduta immobile su questa macchina del cavolo >> dissi a mio fratello.

<< Meg, ascolta, sono passate a malapena tre ore, perciò fammi un favore: sta’ zitta e buona, tra non molto ci fermeremo per mangiare qualcosa okay? >>.

Dio, odiavo quando mi trattava così, come una bambina con problemi di comprendonio. Diamine, 18 anni non erano poi così pochi, meritavo di essere trattata come un’adulta! Eppure, malgrado i litigi e le incomprensioni, Christian era il mio unico punto fermo e gli volevo un bene infinito. E lui ne voleva a me ovviamente. Nonostante i cinque anni di differenza, aveva sempre cercato di passare del tempo con me, ed io gliene ero grata, non ero una ragazza molto aperta e sociale, per cui creare amicizie non era il mio forte, per quanto tentassi di farlo. Passai un’altra mezz’ora a guardare il panorama, dopo di che mi addormentai, nella speranza che quel viaggio infinito terminasse.

Dopo circa altre quattro ore ed una sosta per fare pipì, finalmente arrivammo. Non so dire come mi sentissi, forse l’agitazione rese tutto più confuso, per cui ricordo ben poco delle sensazioni provate in quel momento. Mio fratello fermò la macchina proprio vicino alla spiaggia e mi condusse davanti a quella che sarebbe stata la nostra nuova casa. Non era male, un po’ troppo grande per i miei gusti, ma ci avrei fatto l’abitudine.

<< La camera più grande la prendo io! >> urlai a Chri prima di entrare. Oh.Mio.Dio. era perfetta! Mobili moderni, colore predominante panna, ma soprattutto una cucina enorme! Beh, se non altro mio fratello per questa volta aveva fatto la scelta giusta. Salii al piano di sopra e, al contrario di quanto dissi a mio fratello, scelsi la camera più piccola. Aveva fatto tanto per me, e ancora avrebbe continuato a fare molto, perciò almeno quello glielo dovevo. Disfai le valigie e andai a dormire. Consapevole del fatto che il giorno dopo sarei andata a scuola, sentii montare l’ansia dentro di me, ma potevo farcela. Dovevo farcela. Magari avrei trovato qualche amica, chissà.

In quel momento, non sapevo quanto in realtà mi sbagliassi.

La mattina mi svegliai dopo aver dormito appena qualche ora: anche quella volta i brutti ricordi e l’agitazione avevano avuto la meglio. Convivevo con quei sentimenti da molto ormai, perciò con il tempo avrei dovuto farci l’abitudine, ma così non era stato: ogni volta in cui mi LORO mi tornavano in mente, il fiato mi mancava e rantolavo in cerca di qualcosa che potesse darmi sollievo.

Ad ogni modo, mi alzai e andai a fare una doccia: per il primo giorno, avrei dovuto essere impeccabile, la prima impressione conta molto. Impiegai molto tempo per truccarmi, arricciare i capelli e scegliere i vestiti, tanto che Christian cominciò a minacciarmi, dicendo che mi avrebbe fatta andare a piedi se non fossi uscita subito dal bagno. Non gli diedi ascolto, le sue minacce erano innocue. Dopo circa un’ora e mezza di preparativi, uscimmo di casa, par andare in quello che si sarebbe rivelato un inferno.

<< Se qualcuno ti infastidisce, vienimelo a dire chiaro? Non voglio che tu lo tenga nascosto per non farmi preoccupare, dimmi tutto ciò che succede, cose belle e cose brutte, sono disposto a parlare con te se hai bisogno e lo sai >> mi disse Chri.

<< Sei troppo apprensivo, ti ringrazio, ma a 18 anni, come già ti ho detto, sono capace a difendermi da sola. Ci vediamo dopo dai, ti voglio bene >> gli diedi un bacio e scesi dalla macchina.

Okay, era arrivato il momento: testa alta, petto in fuori, pancia dentro e schiena dritta. Attraversai il viale d’ingresso, consapevole di tutti gli sguardi curiosi che avevo addosso. Non ci feci caso e proseguii, nessuno avrebbe potuto mettermi in soggezione, non quel giorno.

La campanella suonò ed io, dopo aver preso l’orario in segreteria, andai alla prima lezione. Merda, erano già tutti dentro. “Okay, calma” mi dissi. Bussai ed aprii: entrai e mi sentii come una cavia da laboratorio, tutti mi guardavano, chi con curiosità, chi con malizia (ragazzi), chi con invidia.

<< Ehm salve, sono la nuova studentessa, mi chiamo Megan, Megan Jhonson >> dissi ad alta voce.

Quella che sentii però, non era la risposta che mi aspettavo << Si si, okay, siediti, sei in ritardo e io non tollero nessun ritardatario, chiaro?! >>.

Okay, quel prof aveva dei seri problemi.

I posti erano tutti occupati, eccetto uno, vicino a quello che più che un ragazzo, sembrava un barbone. La mia solita fortuna. Andai a sedermi e per poco non vomitai, nel sentire l’odore del mio vicino di banco. Il prof. cominciò a spiegare e ben presto mi ritrovai ad odiare la mia vita: primo giorno di scuola, prima ora di lezione e secondo voi che materia mi era capitata? Scienze! Odiavo scienze, fin da piccola, perciò passai quell’ora a cercare di non fissare un bellissimo ragazzo moro, anziché seguire la spiegazione.

DEAN’S POV

 

Cavolo quanto era bella. Capelli neri, così lunghi da arrivare fino al fondoschiena, corpo perfetto, culo da urlo e occhi verdi. Non l’avevo mai vista prima, perciò quando disse che era nuova non ne fui sorpreso. Megan Jhonson… bel nome. Beh, poco importava, non ero il tipo da relazioni serie, perciò al massimo le avrei proposto qualche ora di divertimento. Anche se, a vederla, non sembrava proprio una ragazza da una botta e via. Poco male, in quella scuola ci saranno state almeno altre 200 ragazze fattibili. Si andò a sedere vicino a David il lercio, cavolo che sfortuna!

Mi sentii toccare la spalla, mi girai e vidi Mark, il mio migliore amico, che mi fissava sconcertato: << Hai finito di guardarla? April se ne accorgerà se non la pianti, e tu non vuoi che se ne accorga, altrimenti quella ti uccide >>.

April. Il mio sbaglio più grande. Tempo prima si era trasferita dal Texas ed io, da bravo ragazzo, mi ero reso disponibile per farle vedere la città. Insomma, era una ragazza carina, perciò ci provai. Beh, il risultato fu che non si scollò più. In realtà da una parte era un bene, era sempre a disposizione per soddisfare i miei “bisogni”.

La campanella suonò ed io uscii dalla classe per primo, spingendo chiunque intralciasse il mio percorso. Avevo bisogno di una sigaretta, subito.

Uscito in cortile mi andai a sedere su una panchina, sotto a un albero, il sole picchiava forte anche a quell’ora del mattino, perciò meglio stare all’ombra. Ciò che non mi aspettavo era di vedere Megan su una panchina poco più in là: teneva la testa fra le mani, ripiegata su se stessa ed era scossa dai singhiozzi. Non potevo lasciarla li a piangere da sola… sì, ero uno stronzo, ma con un certo limite.

Mi alzai e mi diressi verso di lei. Una volta raggiunta, le sedetti di fianco ed aspettai che si calmasse prima di parlare.

MEGAN’S POV

 

<< Senti, so che non ci conosciamo e che probabilmente starai pensando per quale motivo io sia qui ma, per esperienza, so che in questi momenti si ha bisogno di parlare con uno sconosciuto, perciò eccomi, a tua disposizione >> mi disse quel bellissimo ragazzo. L’avevo notato poco prima in classe, ma soprattutto avevo notato come mi fissava e, stranamente, la cosa mi aveva fatto piacere. Era alto, muscoloso, moro, con occhi azzurri. Insomma, il tipico ragazzo dei sogni. Ed era lì per me. Presi fiato (e coraggio) e tentai di rispondergli. Quella volta l’attacco d’ansia era molto forte, perciò per quanto tentassi di parlare, la voce non si decideva ad uscire. Che figuraccia stavo facendo.

<< Ehi, devi calmarti, finirai per sentirti male. Fai un bel respiro, sono sicuro che poi andrà meglio. Forza, puoi farcela >> cercò di incoraggiarmi ed io, concentrata sul suono della sua voce roca e profonda, piano piano cominciai a calmarmi. Forse anche il suo braccio intorno alla mia vita era stato molto d’aiuto. Quel ragazzo mi stava abbracciando! Oddio, dovevo smetterla, altrimenti avrei finito per peggiorare la mia ansia.

Dopo una decina di minuti riuscii a prendere fiato e respirare normalmente.

<< Scusa, mi dispiace che tu debba aver visto questa scena piuttosto imbarazzante, comunque grazie. Credo che se non fossi arrivato tu, sarei stata così ancora per un po’. Grazie davvero >> gli dissi.

<< Non c’è problema, non devi vergognarti, tutti abbiamo dei problemi, chi più, chi meno. Comunque io sono Dean. Tu sei Megan giusto? >> mi chiese.

<< Sì, sono io. Mi faresti un favore? Puoi evitare di raccontare questa cosa a tutti quanti? Sai, sono nuova e non vorrei diventare lo zimbello della scuola >>

<< Non dirò niente a nessuno, puoi starne certa. Vuoi parlarne? >>.

Il famoso “vuoi parlarne”. Da mesi mi sentivo ripetere quella domanda, ed imperterrita rispondevo di no. Ma con lui era diverso, quella proposta, uscita dalle sue labbra, aveva un ché di dolce. Fui tentata di raccontargli tutto, ma poi mi resi conto che, con ogni probabilità era il ragazzo più popolare della scuola, perciò avrebbe potuto rendermi ridicola davanti a tutti, raccontando la mia storia. Sembrava carino e dolce, ma d’altronde non lo conoscevo.

<< Non ce n’è bisogno, ora sto meglio. Scusa, ma ora è meglio se vado, sta arrivando mio fratello a prendermi. Grazie ancora >>.

Detto questo lo salutai impacciata e corsi in strada per aspettare Chri, non accorgendomi di aver lasciato il foglio con gli orari delle lezioni, su quella maledetta panchina.

 

 

  
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