Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: SagaFrirry    27/05/2017    3 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CACCIA

 

PARTE SECONDA

 

“Perché… Perché dovrei farlo?” balbettò Keros, mentre Mefistofele ghignava divertito.

“E perché no? Obbedisci, allievo”.

“Ma che senso ha?”.

“Devi imparare ad avere fiducia in te, no? Se riuscirai a fare quel che ti dico, non avrai più paura di nulla. Avanti. Spogliati!”.

Il giovane rimase immobile per qualche tempo, perplesso. Mefistofele sedette, con una risatina divertita. Si trovavano in una stanzetta buia, illuminata solo da poche candele, nel mondo umano. Accanto alla finestra, un semplice tavolo in legno e due sedie, una delle quali stava utilizzando il maestro. Dal lato opposto, un letto che solitamente usa solo Keros, perché Mefistofele rientrava all’Inferno quando era stanco. Non vi era molto altro, ma per il lavoro che dovevano svolgere era più che sufficiente.

“Non capisco…” mormorò Keros.

“Non devi capire. Devi obbedire”.

Il giovane allievo comprese di non avere alternativa ed iniziò a togliere le vesti che lo coprivano.

“Sei parente di Ramsete?” commentò Mefistofele, notando le bende che celavano i tatuaggi su buona parte del corpo del ragazzo.

“No. Non sono una mummia” si sentì rispondere, con tono infastidito.

“E allora perché quelle bende? Hai forse cicatrici di cui ti vergogni? Tranquillo, tutti i demoni ne hanno. Ho detto che devi spogliarti. Completamente!”.

“Ma…”.

L’apprendista procacciatore d’anime non si mosse.

“Che c’è?” stuzzicò il maestro “Hai ancora il cazzetto da moccioso? Dalla tua voce altalenante, devo dedurre che l’adolescenza è in corso. Per caso certe cose non sono ancora cresciute?”.

“Sono cresciute benissimo” furono le parole, infastidite, di Keros.

“Allora spicciati. Voglio averti nudo davanti a me. Fallo, o ti spoglio io”.

Il principe si arrese e si spogliò completamente, svelando anche tutti i tatuaggi.

“Comprendo la tua riluttanza” si fece serio il maestro, passando con lo sguardo ogni singolo centimetro del suo allievo “Quei disegni sono davvero strani. Meglio coprirli dinnanzi a chi non conosci. E davanti agli umani, che non sono abituati a simili cose”.

“Bene… Posso rivestirmi?”.

“Certo che no. Abbiamo appena iniziato! Ora guardami negli occhi e fingi che io sia un umano di cui vuoi l’anima. Convincimi. Fammi capire che tu possiedi quel che desidero”.

“Però… io non so che cosa desiderate!”.

“Non lo sai nemmeno quando incontri un umano per la prima volta. Ma ai suoi occhi devi risultare sicuro ed allettante. Devi tentarlo, convincerlo che ha un assoluto bisogno di te. Convincerlo che tu possiedi tutto ciò che al mondo brama”.

“Ma…”.

“Piantala! Smettila di ribattere e cianciare”.

“Ma perché devo farlo nudo?!”.

“Già te l’ho detto: se riuscirai ad essere convincente così, nudo e vulnerabile, qualsiasi altra situazione sarà una passeggiata”.

“Per me siete solo un pervertito”.

Mefistofele rise, mormorando un “non hai ancora la minima idea di chi hai davanti”.

L’allievo capì che era meglio obbedire. Prima finiva quella “prova”, e prima poteva tornare a rivestirsi. Chiuse gli occhi. Quando li riaprì, brillavano leggermente.

“Bravo. Usa il tuo potere” ghignò compiaciuto il maestro “Non tentennare. Sguardo fiero, spalle dritte e sicurezza. Secondo te un umano firma un contratto con un demone esitante? Deve essere assolutamente certo di dare la sua anima a chi saprà accontentarlo al cento per cento”.

Keros annuì. Prese un respiro, accentuando ancora di più la luce negli occhi, e infine sorrise. Mefistofele sedeva su una sedia e rispose a quel sorriso, curioso di vedere come l’allievo avrebbe tentato di conquistare la sua anima. Il giovane camminò, senza distogliere lo sguardo dal volto di chi aveva di fronte. Doveva sembrare sicuro di sé ed allo stesso tempo doveva tentare la sua vittima. Subito pensò al demone che lo aveva cresciuto. Lucifero riusciva sempre ad ottenere quel che voleva, con o senza i vestiti addosso. Scostò dal viso un ciuffo di capelli rossi, con fare civettuolo, e si avvicinò a Mefistofele.

“Convincimi che possiedi tutto ciò che mi serve” lo incalzò ancora il maestro.

Il giovane sfoggiò il suo sorriso più convincente e raggiunse la sedia del suo precettore. Si lasciò osservare, camminò lentamente attorno a Mefistofele. Le sue movenze erano delicate. Il pavimento sotto i suoi piedi non emetteva un solo suono, nonostante fosse vecchio e logoro, scricchiolante con un nonnulla. Dopo essersi fatto ammirare, Keros si chinò.

“Io ho tutto ciò che desideri” sussurrò all’orecchio del maestro, lasciando che una mano scivolasse sulla pelle di chi voleva tentare.

“Sei come tua madre” si sentì dire, mentre Mefistofele lo afferrava per i polsi e lo tirava a sé “Davvero hai tutto ciò che desidero? Sei disposto a darmelo?”.

“Ogni cosa ha un prezzo…”.

“Ed il tuo quale sarebbe?”.

L’allievo rimase in silenzio, concedendo al maestro di osservarlo più da vicino e sentirne il profumo della pelle. Rimase in silenzio, a riflettere, e poi rispose.

“Sangue” disse.

“Sangue?” chiese conferma Mefistofele.

“Voglio bere il tuo sangue. Siete un demone, non avete un’anima. Ma il sangue è più importante. Il sangue è ciò che voglio”.

“Sei sicuro di riuscire a gestirlo?”.

Maestro ed allievo rimasero in silenzio a fissarsi, con gli occhi di Keros che si facevano sempre più luminosi.

“Ho capito…” ghignò il demone, porgendo il polso al giovane principe “…dai… Te lo sei meritato”.

Questi fissò il punto in cui avrebbe voluto affondare i canini e rimase immobile.

“Che ti prende? Non hai più fame?” chiese Mefistofele, avvicinando il braccio al ragazzo.

Keros aveva appetito, bramava quel sangue. Però era consapevole delle conseguenze che comportava il contatto con il potere che non poteva gestire. Un tempo Lucifero gli concedeva qualche goccia di sangue ma non da saziarlo ed a volte poi gli provocava malessere e dolori. Senza contare il dettaglio della perdita d’inibizioni che non sapeva del tutto controllare…

Da quando aveva imparato a cibarsi autonomamente, e raramente aveva morso dei demoni, se non a livello inferiore e quindi innocui. Il maestro probabilmente intuiva il pensiero dell’allievo, ma continuò ad incitarlo.

“Perché non ti credi all’altezza?” gli disse, afferrandone il viso con due dita.

“Io… non…” farfugliò Keros, infastidito.

“Sei un magnifico tentatore. Hai un notevole potere. Usalo. Nella vita potrai ottenere ciò che vuoi, per come sei. Certo… Devi avere il coraggio di prendertelo…”.

Il ragazzo si sentì lusingato a quelle parole, anche se sospettava fosse tutto un trucco. Ma lasciò perdere ogni pensiero ed affondò i denti nel polso del suo maestro. Subito il sangue caldo gli riempì la bocca e scese lungo la gola. Ne percepì il potere, e si sentì carico di energia. Lasciò che il proprio sguardo di illuminasse e che la sete si placasse. Poi riprese fiato e ghignò, con un rigolo di sangue che ne bagnava le labbra e parte del viso. Elegantemente, si ripulì con il dorso dell’indice. Mefistofele rimase in silenzio ad osservarlo, tirandolo poi di nuovo a sé.

“Ed ora?” sussurrò all’orecchio “Il pagamento lo hai avuto, tocca a me”.

Keros, intontito dalla nuova forza che gli scorreva in corpo, dapprima si lascò afferrare e poi rise.

“Lo dicevo io che siete un vecchio pervertito” furono le sue parole, divertite.

“Ma che hai capito?! Quel che voglio è che ti occupi per un giorno del mio umano, come si era detto all’inizio di tutta questa conversazione”.

“Come il mio maestro desidera” sorrise in modo strano l’allievo, inebriato.

“Anche se…”.

Il principe si sentì trascinare di nuovo per i polsi fino ad avere il respiro del suo maestro sul collo.

“…ho sempre sognato di farmi tua madre…”.

Keros la trovò leggermente inquietante come frase ma lasciò che chi l’aveva pronunciata gli accarezzasse i capelli e la schiena.

“Ora meglio che vada” si fermò Mefistofele “Ho delle simpatiche fanciulle che mi attendono questa sera. Non vorrei fare brutta figura… Non so se mi spiego”.

Il principe si lasciò sfuggire una smorfia divertita.

“Occupati tu dell’umano finché non torno” concluse il maestro, indossando l’elegante mantella “E rivestiti, ovviamente. Oggi hai imparato un’importante lezione”.

L’allievo annuì. D’un tratto si sentiva molto più sicuro di sé e delle sua capacità. Si ricompose, riproponendosi di sfogare l’estasi per il pasto più tardi, ed uscì a controllare la preda.

 

Il dottore era stupito nel vedere l’allievo e non il maestro varcare la soglia della propria casa e dello studio. Era affamato di conoscenza, voleva porre ogni tipo di domanda, ma non sapeva se quel giovane poteva soddisfarlo. E poi nella mente continuava a tormentarlo un pensiero.

“Voi avete una famiglia?” ebbe poi l’idea di chiedere “Voi demoni avete mogli e figli?”.

“Il matrimonio è sacro a Dio” lo derise Keros “Certo che no. I demoni non si sposano. Però possono avere una o più compagne fisse, se lo desiderano”.

“Ed i figli?”.

“Che vuoi sapere? Se ci riproduciamo come voialtri? Certo, facciamo figli. Sostanzialmente con chi capita”.

“E voi ne avete?”.

“No. Per due ragioni. Uno: sono giovane. Due: odio i bambini”.

“Anche io lo dicevo da giovane. Però poi…”.

“Sì, sì… credici. Perché formuli una domanda simile?”.

“Perché il mio desiderio è conquistare il cuore di una fanciulla”.

“Pensavo volessi la conoscenza!”.

“Sì. Anche. Però…”.

“Capisco… E la fanciulla sai chi sia o ancora aspetti?”.

“So chi sia. Ma non so se un demone può spingere all’amore…”.

“Può spingere alla lussuria. Che è ciò che realmente vuoi”.

Il dottore rimase in silenzio qualche istante. Poi sorrise.

“Siete mai stato innamorato?” incalzò.

“Lasciamo perdere…” tagliò corto il principe.

“L’amore dei giovani. Mera illusione o vera luce che muove il mondo?”.

“Ok…” storse il naso, perplesso, Keros “Che devo fare? Vuoi il coraggio per dichiararti o la forza per distruggere un concorrente?”.

“No… io… in realtà… Vorrei che qualcuno le parlasse di me. Lei crede che io sia un pazzo, penso abbia paura di me”.

“Avrebbe forse torto? Hai evocato un demone e ti diverti con la magia nera”.

“Lo so. Vorrei che qualcuno la convincesse che sono un buon partito. Così che io possa dopo avvicinarmi senza incutere timore. Ecco… Credo che questo sia un incarico adatto a voi. Non avete l’aria minacciosa, come il vostro maestro”.

L’apprendista tentatore pensò che fosse la richiesta più stupida del mondo. Poi udì il suono delle campane del paese, che chiamavano in chiesa per i vespri.

“Bene…” parlò, con calma, sistemandosi un guanto “…meglio che mi affretti. La fanciulla starà per entrare in chiesa. Qual è il suo nome?”.

“Ma… Voi siete un demone! I demoni entrano in chiesa?”.

“Io sono speciale. Lo vedrai…”.

Sul viso del mezzodemone comparve un ghigno che l’umano non riuscì ad interpretare. Ma capì che la sua richiesta sarebbe stata esaudita. E quindi espresse tutta la sua riconoscenza.

“Vi ringrazio!” esclamò, con un mezzo inchino “L’avete già incontrata. Più volte mi sono avvicinato senza avere il coraggio di dichiararmi. È la giovane dai capelli d’oro che lavava i panni al fiume. Lei si chiama Margherita. E voi? Qual è il vostro nome?”.

“Puoi chiamarmi come ti pare. Il mio nome appartiene a me”.

Dando le spalle al dottore, Keros lasciò quella casa angusta e piena di odori nauseanti, dovuti agli ingredienti che il dottore usava per i suoi intrugli, e si incamminò verso la chiesa. Pensò a quanto fossero irritanti gli umani e la loro fissa di conoscere i nomi di tutti. Il nome di un demone era sacro, non doveva mai essere rivelato all’essere umano, o si rischiava. Se la preda lo avesse usato in un esorcismo, per il demone avrebbe significato sconfitta certa. Così, quando si ritrovò al cospetto di quella Margherita, si presentò con un nome falso. Riconobbe subito la fanciulla in questione. Per Keros rientrava nel normale standard umano: niente di speciale. Ma per gli uomini del paese era una delle più belle.

La ragazza fu subito piuttosto diffidente, ma il notare che lo straniero era giunto fino in chiesa un po’ calmò i suoi sospetti. Keros incrociò il suo sguardo azzurro e, sfruttando i proprio poteri, spinse la donna a parlargli.

“Mai mi sarei aspettata di vedervi qui” ammise Margherita.

Vestita in modo molto elegante, con un lungo abito color pastello, portava dei fiori fra i capelli intrecciati. Di tutto questo, il principe notò solo il fatto che il collo di lei era imprudentemente scoperto.

“Come mai vi stupisce la mia presenza, madame?” mormorò, mentre entrambi attendevano l’inizio della messa nel piccolo cortile della chiesa.

“Corrono voci. Su di voi e sul vostro… maestro? Ma se entrate qui, è evidente che siano infondate. Anche se fin ora non vi ho mai visto in questo luogo sacro”.

“Purtroppo il mio maestro mi tiene molto impegnato”.

“Ma la messa è un obbligo per un uomo per bene!”.

“Di fatti sono qui…”.

Margherita non sembrava convinta, ma il potere di Keros la spingeva a restare accanto a quello sconosciuto.

“Cosa vi ha spinti in questa cittadina?” chiese, vinta dalla curiosità.

“Il mio maestro ed il dottore stanno svolgendo importanti ricerche assieme”.

“Dicono che usi la magia nera…”.

“Che assurdità. Voci messe in giro da chi di scienza non capisce nemmeno le basi”.

“E allora perché il dottore non si vede più in chiesa?”.

“Voi andreste fra gente che vi crede una specie di servo di Satana? Vorrebbe almeno una voce amica, fra decine di calunnie”.

“Calunnie?”.

“Sembro forse uno che pratica magia nera? O che tollero il suo utilizzo dinnanzi agli occhi?”.

“No…” ammise lei, dopo un attimo di silenzio “Voi… siete un nobile, vero?”.

“Sì, e voi siete una fanciulla estremamente attenta ed intelligente. Nonché devota e pia donna di fede. Un giorno sarete una bellissima e ideale sposa”.

Margherita arrossì.

“Sono certo…” continuò il principe “…che una dama come voi ha molti pretendenti e vostro padre è in cerca di quello più appropriato”.

“Sono certa che anche per voi è lo stesso” sorrise lei, ancora rossa in viso “Chissà quante nobildonne aspirano a divenire la vostra consorte”.

“Spero di no. Almeno la mia donna, vorrei sceglierla senza l’intromissione della famiglia… un giorno”.

“Anche voi sperate in un matrimonio d’amore?”.

“Per voi è così?”.

La ragazza annuì. E si udì l’ultima campana, quella che indicava il prossimo inizio della messa. Keros porse il braccio alla donna, invitandola ad entrare. Lei, dopo essersi fatta il segno della croce con l’acqua santa, lo osservò fare altrettanto. Poi presero posto ed iniziò la cerimonia. Keros si guardava attorno con discrezione. Imitava quel che Margherita faceva ed ascoltava i canti stonati delle persone. La chiesa era piccola ma era presente praticamente l’intero paese, e molti erano curiosi di sapere chi fosse quel giovane straniero. Keros però non diede modo alla folla di scoprire molto. Si offrì di riaccompagnare la ragazza a casa, visto che nel frattempo era sceso il buio.

“Continuo a chiedermi come mai un gentiluomo come voi si accompagni a quello strano individuo” riprese lei, camminando piano.

“Intendete il mio maestro?”.

“Le scelte di famiglia spesso non si comprendono”.

“Non dovete temere il mio maestro. È stravagante ma non vuole la vostra anima” ghignò Keros, notando gli sguardi incuriosito di alcuni passanti.

“Siete una persona piacevole. Non lo avrei mai detto…”.

“Visto? Le prime impressioni, a volte… Per non parlare delle malelingue!”.

“Capisco. Cercherò di non ascoltare. E farò notare a tutti che siete entrato in chiesa ed avete pregato accanto a me. Un uomo malvagio non farebbe mai una cosa simile, giusto?”.

“Giusto. E ora, giunti alla vostra dimora, vi auguro la buonanotte cercando di straparvi una promessa”.

“Dite…”.

“Promettetemi che non darete troppo peso ai pettegolezzi. Il dottore è un uomo per bene. Un uomo intelligente, di scienza. Ricco e generoso. Ed in cerca di una donna come voi. Una donna capace, sveglia. E con un cuore buono”.

“Come sapete che ho un cuore buono?”.

“Volete forse negarlo?”.

“E voi? Che cosa cercate?”.

Keros non rispose. Salutò Margherita con un baciamano ed augurò la buonanotte. La ragazza, leggermente stordita dal potere del mezzodemone, rientrò in casa. E sorrise all’idea che il dottore si dichiarasse.

 

Per quello che aveva fatto quel giorno, il principe ricevette le lodi del suo maestro. L’anima dell’umano era ormai nelle loro mani e, quando finalmente l’ebbero condotta agli inferi, Mefistofele invitò l’allievo a festeggiare. Non passò molto tempo prima che il giovane fosse in grado di procurarsi da solo un’anima, da portare al re.

Lucifero era sempre più fiero di lui, anche se con il passare del tempo le preoccupazioni iniziavano a farsi sentire. Entrare in chiesa non rientrava fra le capacità da demone. Però il sorriso orgoglioso che mostrò quando portò la prima anima all’Inferno lo convinse che probabilmente era quello il suo destino. Finalmente era il principe che meritava di essere. Era sicuro di sé, curioso, entusiasta e, soprattutto, con un potere invidiabile. E rapidamente si stava avvicinando al compleanno numero mille…

 

 

p.s. il “dottore” è ovviamente Faust e la storia è quella di Marlowne (in cui l’anima di Faust finisce all’inferno, a differenza della versione di Goethe).

p.p.s. visto che mi sono già giunti messaggi strani a riguardo, non penso che la donna ideale sia quella descritta nel capitolo. Ma era l’ideale dell’epoca.

A presto!

   
 
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