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Autore: JacquelineKeller01    28/05/2017    3 recensioni
[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Lea ha diciassette anni quando torna nella sua città natale in seguito ad alcuni problemi familiari. Tutto ciò che vuole, dopo un anno intero passato a guardarsi le spalle, è recuperare il rapporto con suo padre e un po' di sano relax. Ma sin da subito il destino sembra prendere un'altra piega.
Isaac è l'essere più irritante che Lea abbia mai incontrato nella sua vita, con quella sua arroganza e i repentini cambiamenti di umore, porterà novità e scompiglio nella vita della giovane.
Tra un rapporto che fatica ad instaurarsi, vecchie ferite non ancora del tutto sanate ed un patrigno che sembra darle la caccia, Lea si ritroverà ad affrontare sentimenti che non sapeva essere in grado di provare, specialmente non per uno come Isaac Hall.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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«Francamente non riesco a capire quale sia il problema di fondo.» Esclamò Nina, riempiendole per l'ennesima volta la tazza di caffè. 
Subito dopo essere rientrata nella sua stanza, Lea si era ritrovata faccia a faccia con una verità sconvolgente che stava seriamente mettendo a repentaglio la sua sanità mentale: era gelosa.
La scelta di trascinarsi fino al Roy's era stata dettata dal bisogno di di avere un parere diverso da quello tremendamente eccitato ed orgoglioso della sua migliore amica.
«Il problema è la gelosia, Nina.» Esclamò la giovane, infilandosi le mani tra i capelli. «Io in quel momento ero gelosa di Rebecca. Ma non gelosa al punto da insultarla alle spalle, ma al punto di salire in macchina, andare da lei ed investirla, ripetutamente, fin quando l'unico modo per riconoscerla sarebbe stata l'impronta dentale. L'unica cosa ad avermi fermato è il fatto che non ho la patente.»
La cosa triste, e allo stesso tempo spaventosa, era che non stava affatto enfatizzando le cose. Nel momento in cui il cellulare di Isaac aveva incominciato a squillare ed aveva visto la foto sullo sfondo, Lea aveva sentito la morsa della gelosia attanagliarle lo stomaco e il serial killer che era in lei, risvegliarsi dopo diciotto anni di sonno profondo.
Era una situazione completamente estranea, che si ritrovava a non saper come gestire.
C'erano state delle volte in cui era stata gelosa delle attenzioni che le ragazze rivolgevano a Seth, ma mai al punto da sentire il bisogno fisico di reclamare ciò che lei riteneva di sua proprietà, sebbene il giovane Hall fosse un essere umano e non un soprammobile.
«La gelosia è un sentimento normale, L.» Mormorò Nina, guardandola con apprensione. «E non necessariamente deve essere lagato alla sfera amorosa. Puoi essere geloso di un amico senza, però, provare niente per lui. Probabilmente sei solamente infastidita dal fatto che la presenza di Rebecca ti toglie parte di quelle attenzioni che fino ad un mese fa erano solo per te. E' assolutamente normale.»
«Oppure si sta finalmente rendendo conto di starsi innamorando.» Esclamò Red, infilandosi in bocca l'ennesima patatina.
«Sai, voglio credere che la tua perseveranza nel farle aprire gli occhi su i suoi sentimenti sia un puro e semplice atto di buon cuore e non dal bisogno di vivere una storia d'amore per riflesso.»
La rossa, che fino a quel momento aveva partecipato alla conversazione più che passivamente, commentando di tanto in tanto, giusto per rafforzare maggiormente la sua tesi, si lasciò cogliere, per un momento, alla sprovvista dal commento acido dell'altra. 
Non credeva di meritarsi un trattamento del genere, ed infatti non se lo meritava. Probabilmente qualcuno prendeva i rifiuti fin troppo sul personale...
«Come, scusa?» Domandò, sporgendosi con il busto leggermente in avanti. «Di cosa mi staresti accusando, esattamente?»
Nina che non si lasciava certo intimorire da qualche sguardo fulminante, si spostò una ciocca castana dietro l'orecchio. «Di niente, semplicemente sto dicendo che, secondo me, è plausibile che tu abbia bisogno che Lea provi qualcosa per Isaac, e viceversa, per distrarti dal fatto che tutte le tue relazioni sono un completo fallimento.»
«Parli proprio tu. L'ultima volta che ti ho vista uscire con qualcuno stavi accompagnando Roy a fare l'esame della prostata, non so nemmeno quanti anni fa.»
«Già, perché io preferisco circondarmi di gente che amo davvero, invece che avvicinarla, farla innamorare e poi spezzarle brutalmente il cuore.»
«Questa è un allusione a tuo fratello o a te stessa?»
«Ragazze mi sono persa qualche venerdì?» 
«Sta zitta!» Tuonarono entrambe, all'unisono, facendola sobbalzare sulla sedia.
«Scusate.» Brontolò, offesa.
Lea aveva seguito quello scambio di battute con attenzione, ma, alla fine, ne era uscita persino più confusa di prima. 
Adesso, oltre i dubbi su i suoi stessi sentimenti, si chiedeva anche cosa non le avessero raccontato le sue due amiche.
Le ragazze si scambiarono ancora qualche sguardo di fuoco, poi presero entrambe la loro strada. Red imboccò l'uscita, dicendole che l'avrebbe chiamata più tardi per spiegarle meglio le cose, mentre Nina si era semplicemente rifugiata dietro il bancone senza dire una parola.
Ed eccola quindi, seduta lì, sola, con tante domande, un conto da pagare e nel portafogli non abbastanza soldi...
...Che triste riepilogo della sua esistenza.
Fece per alzarsi e raggiugere la mora dietro il bancone quando, Roy, il proprietario del locale, un vecchietto tanto arzillo quanto pedante e noioso, le si parò davanti.
«Dove staresti andando, signorinella?» Domandò sgarbatamente.
Roy la odiava, testuali parole, con l'intensità di migliaia di soli. Il motivo? Perché, secondo lui, era frivola e non aveva fatto nulla per cambiare il mondo, mentre lui aveva combattuto la guerra. Poco importava continuare a ripetergli che non era ancora nata in quel periodo, l'odio restava ed aumentava ogni giorno di più.
«A pagare e poi a casa.» Esclamò la giovane, passandosi una mano su gli occhi. Era mentalmente distrutta, non aveva le forze per sostenere l'ennesimo litigio con il suo capo. 
«A casa? No, no, no. C'è un tir pieno di birre da scaricare sul retro ed io sono troppo vecchio per farlo da solo.»
«Ma oggi è il mio giorno libero.»
«Non c'erano certo giorni liberi mentre io ero in Vietnam.»
«Si... ma ce ne sono adesso.»
«Non se non vuoi essere licenziata. Muoviti.» 
Lea sospirò e si trascinò a fatica nel retro bottega. 
Ho per caso, già, fatto menzione al fatto che Roy la odiava con l'intensità di migliaia di soli?

«Sono distrutta.» Piangucolò Lea, dondolandosi sui piedi che gridavano pietà. «Mi odia. Quando sono arrivata sul retro c'era un fattorino che si è offerto di scaricare le casse al posto mio e Roy lo ha cacciato, dicendogli che ce l'avrei fatta benissimo da sola...»
«Roy non ti odia.» Replicò Nina, chiudendo con una doppia mandata la porta del locale. «E' affezionato a te, è solo incapace di dimostrarlo.»
«Non ha problemi a dimostrare quanto adori te, però...»
«Sono qui da più tempo di te, Lea, pensi di poter entrare tra i privilegiati senza neanche fare un po' di gavetta?»
La giovane si lasciò scappare un sorrisetto divertito, mentre, insieme all'amica, faceva il giro del locale per controllare che tutte le porte e le finestre fossero chiuse.
Era da tempo che non passava una serata con Nina fuori dall'orario di lavoro. Con precisione dalla sera in cui si erano lasciate andare a rivelazioni sulla loro vita passata, seduti sulla panchina sul retro.
Era stata la prima volta in cui si era davvero aperta con qualcuno. Non aveva detto nulla che già non sapesse chiunque altro, ma era stato comunque bello parlare con qualcuno, raccontarsi tutto da capo e rendersi conto, anche un po' tristemente, che nonostante la ferita fosse ancora lì il dolore era scomparso da oramai lungo tempo, quasi del tutto.
Si ritrovò immediatamente a pensare che la connessione con la giovane Carson fosse quanto di più simile c'era a quella che aveva con Isaac.
«Vai subito a casa?» Le domandò, qualche istante dopo, la ragazza, risvegliandola dal suo momentaneo stato di trance.
Le ci volle qualche istante per tornare con i piedi per terra e realizzare che, oramai, si erano lasciate il Roy's alle spalle da un bel pezzo.
«No, farò un salto da Red. Forse resto a dormire da lei, al momento proprio non me la sento di tornare a casa ed incappare in Isaac.» Ammise la giovane, grattandosi il naso. 
Ora che l'altra sapeva tutta la storia sarebbe stato abbastanza inutile mentire. «Tu?» Domandò.
Nina sembrò pensarci su qualche istante, prima di risponderle. «Farò un salto da Isaac, ho bisogno di qualcuno su cui scaricare i miei problemi.»
«Puoi scaricarti anche con me, lo sai, vero?»
«Non credere che io stia dando la tua amicizia per scontata, Lea.» La rimproverò. «Non sentirti esclusa. Isaac è il mio migliore amico, anche se sembra assurdo anche dirlo ad alta voce, se mi rifugio da lui e perché mi conosce meglio delle sue tasche e tu in questo momento hai qualcun altro a cui pensare.»
Ad essere sincera, però, si sentiva un po' esclusa, ma allo stesso tempo capiva il suo punto di vista.
Nina, in quel momento, aveva bisogno di parlare con qualcuno che non la giudicasse ed Isaac, che conosceva tutti i suoi segreti, di certo non lo avrebbe fatto. Aspirava lei stessa ad avere un rapporto del genere con qualcuno, ma sapeva bene che ciò non sarebbe stato possibile se prima non avesse messo delle basi di solida fiducia.
«Posso chiederti solo un piacere?» Domandò Lea, congiungendo le mani, imitando la posizione di preghiera. L'altra le fece cenno di continuare. «Se Isaac te lo chiede tu non mi hai vista?»
«Perché?» Domandò la mora, aggrottando la fronte.
«Mi ha scritto prima, chiedendomi come mai fossi scappata a gambe levate ed io gli ho detto di aver mangiato dei gamberi andati a male e che mi sono beccata un disturbo gastro-intestinale.»
«Quindi lui adesso crede che tu sia piegata sul water a liberare il tuo intestino?»
«Ero nel panico!»
«Sei davvero un personaggio singolare, Lea Wilson.»

«E' una birra quella che vedo?»
«No, è aranciata.»
«Come ti sbagli.» Brontolò Nina, prendendo posto sul divano, accanto al ragazzo.
Isaac le passò un braccio intorno alle spalle, trascinandola più vicino a se. Poggiò la testa sulla sua spalla in un gesto totalmente spontaneo.
Alla televisione stava andando in onda un vecchio film in bianco e nero, uno dei preferiti del ragazzo, ma lui non lo stava guardando. O meglio, stava fissando lo schermo senza però vederlo realmente.
Nella sua testa riviveva in loop la scena di quel pomeriggio e si arrovellava il cervello cercando di dare una spiegazione logica al comportamento di Lea.
Dubitava fortemente la sua fuga fosse dovuta ad un attacco di dissenteria, specialmente visto che poi era sgattaiolata fuori di casa come un ladruncolo qualsiasi.
«Sai chi è passata al locale oggi?» Domandò Nina, grattandosi il naso.
Isaac le rivolse un grugnito che, nel suo gergo, era un invito a continuare. Temeva che se avesse parlato l'amica avrebbe percepito l'urgenza nel sapere che si trattava di Lea.
Quella ragazza con tutte le sue stranezze gli stava seriamente fottendo il cervello. Se non fosse stato per quel forte sentimento, a cui non si azzardava a dare un nome, che sembrava legarli in maniera indissolubile, probabilmente si sarebbe costretto a prendere le distanze.
«Josie.»
Sperò vivamente che dal suo viso non trasparisse la crescente delusione che stava dilagando dentro di lui. «La bionda?»
«In persona.»
«E perché mai dovrebbe interessarmi?»
«Non sto cercando qualcuno che mi smonti, ma qualcuno che sazi il mio desiderio di spettegolare, quindi stai zitto ed ascoltami.» Esclamò perentoria la giovane, appropriandosi del telecomando e mettendo fine a quello strazio che la gente chiamava film. «Dicevo: Josie è venuta al locale, ed era praticamente disperata.»
«E perché mai?» Mormorò Isaac, ostentando finto interesse. Non gli piaceva nemmeno Josie, ma, infondo, aveva ragione Lea: a lui non piaceva nessuno... 
«In città tutti sanno che Josie e Hunter sono pazzi l'uno dell'altro, probabilmente gli unici a non rendersene conto sono loro due. Ma non è questo il problema, Jo mi ha raccontato che nell'ultimo periodo Hunter ha incominciato a frequentare una ragazza e lei si è riscoperta tremendamente gelosa e la cosa la spaventa a morte...»
«Non capisco quale sia il problema di fondo, Nina. Parla chiaro. Se devo perdere tempo ad ascoltarti almeno vai subito al sodo.»
«Non fare lo scontroso.» Lo rimproverò Nina, dandogli una leggera gomitata contro le costole. «Lo so che ti piace quando ti racconto i pettegolezzi.»
«Non quando la prendi alla lunga. Ci metti sempre un secolo e quando arrivi a fine storia non ricordo più neanche di cosa stavamo parlando...»
«Va bene, va bene... Ho capito!» Borbottò lei, portando le braccia conserte sotto il seno. Con un sospiro riprese il racconto, sperando che, prima della fine, comprendesse l'allusione. «Insomma, dicevo che lei era disperata e tra un piagnucolio e l'altro spiffera che, secondo lei, lui non è nemmeno tanto preso da questa qui. Quindi, adesso, quello che mi chiedo è: Hunter non ha il coraggio di dichiararsi a Josie, per paura di rovinare il loro bel rapporto, e quindi frequenta un'altra o il suo è solo un piano per testare i suoi sentimenti? Chissà magari aspetta la conferma di essere ricambiato, oppure...»
«Hai preso, per puro caso, in considerazione l'idea che questa ragazza potrebbe piacergli davvero?» 
Nina seppe che il suo discorso aveva sortito l'effetto sperato quando vide Isaac portarsi una mano la testa e massaggiarsi il collo. Lo faceva spesso quando era nervoso o quando venivano toccato argomenti che non gli piacevano particolarmente.
Non la stava guardando, ma era sicura che i suoi occhi sarebbero stati lo specchio della colpevolezza.
«Si, ma l'ho scartata subito. Per due motivi.»
«E sarebbero?»
«1. Non ne ha mai parlato con nessuno.
Hunter sta sempre a parlare di Josie, in continuazione, a volte è persino noioso starlo a sentire.
2. Non gli piacciono le conquiste facili e quella lì era innamorata di lui ancora prima di conoscerlo.»
Il giovane si irrigidì ancora di più e Nina trattenne a stento un sorrisetto soddisfatto.
Così imparava a tenerla all'oscuro.
Le aveva fatto male venire a sapere della sua relazione da terzi.  
Insomma, credeva che una volta compiuto un passo così importante sarebbe stata la prima da cui sarebbe corso. O almeno lo aveva dato per scontato. Infondo lei lo aveva fatto quando aveva baciato Red.
«Che cosa stai cercando di dire Nina?» Domandò Isaac, dopo una breve pausa.
Era stanco di quel giro di parole.
Se voleva delle risposte doveva parlare chiaro. Era già stanco di tergiversare inutilmente.
«Che intenzioni hai con Lea?»
Dritta al punto. Ecco la vera Nina Carson.
Se l'era aspettata una domanda del genere, ma non poteva non ammettere che lo cogliesse leggermente impreparato. Non sapeva come porre la risposta senza che questa gli si ritorcesse contro.
«Nessuna intenzione. E' mia amica.» Sembrava la risposta più ovvia, ma era evidente ad entrambi quanto in realtà non lo fosse davvero. 
«E con Rebecca?»
«Rebecca niente. Sto bene con lei, ma quando se ne tornerà a Baltimora, tornerà anche alla sua vita e tanti saluti. E' stato bello finché è durato.»
«Credi sia la scelta più giusta?»
«E' la scelta più giusta per me.»
«Ma non ci sei solo tu al mondo, te ne rendi conto?»
Certo che se ne rendeva conto. 
Era da tutta la vita che metteva gli altri al centro del suo mondo. Tutta la vita che si tagliava fuori da solo.
Non potevano biasimarlo se per una sola volta in più di dieci anni aveva deciso di prendere una decisione solo per se stesso. «Ciò che è meglio per entrambe è non farsi coinvolgere. Rebecca ha la sua vita, non ha bisogno di qualcuno che gliela incasini e Lea ha già abbastanza merda a cui pensare.»
«Ma ci sei o ci fai?» Nina poteva sentire il sangue ribollirle nelle vene. «Non esiste un ''E' meglio non farsi coinvolgere'', nel momento in cui lasci entrare qualcuno nella tua vita, nel momento in cui incominciano ad amarti, non c'è nient'altro da fare. Sono già coinvolte.»
«Credevo il tuo lavoro fosse dispensare bevande, non consigli.»
La giovane emise un sospiro frustrato, scuotendo il capo rassegnata.
Non voleva parlarne e non l'avrebbe fatto.
Lo conosceva abbastanza da sapere che continuare in quella direzione non avrebbe portato a niente. Poteva essere cambiato quanto voleva, ma spesso l'odioso ragazzino ferito dalla morte della madre tornava ad offuscargli la ragione ed in genere non era mai un bene per nessuno.
Decise di scoprire la sua ultima carta.
L'aver perso la partita non significava che non era possibile spingerlo a riflettere sulle sue azioni. 
«Le ho detto di prendersi del tempo per fare chiarezza su i suoi sentimenti. Di partire e visitare qualche college, di incontrare gente nuova e vedere se al ritorno pensa ancora a te.»
«Andrà da Manuel!» Non era una domanda, sapeva benissimo che cosa stava dicendo.
«Si e se fossi in te mi prenderei del tempo a mia volta per chiarire i miei sentimenti.
Pensaci bene, Isaac, o rischi di perderla per sempre.»
   
 
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