Capitolo
34
(KARMA
CHAMELEON)
«Mordecai?»
domandò a vuoto Danny, udendo la sua stessa voce uscirgli un po’ più acuta del
solito.
L’uomo
tornò a guardare lui, poi si portò una mano al viso e si risistemò gli occhiali
con calma. «Sì. É il mio nome.» spiegò, come se ritenesse sinceramente che ce
ne fosse bisogno.
Danny
si sentiva sul punto di non capirci davvero più niente. «E allora quello chi
diavolo è?!» esclamò ormai praticamente allibito, indicando con un dito il
cadavere poco lontano dai suoi piedi.
«O
meglio ‘era’…» commentò a mezza voce Uther. Nonostante il suo sarcasmo, non
perdeva di vista il nuovo arrivato, ben consapevole che entrambi erano ancora
solidamente incatenati e quindi potenzialmente vulnerabili. L’aspetto
perfettamente ordinato e comune dell’uomo appena comparso non avrebbe certo
tratto in inganno lui, con tutto ciò che aveva visto a proposito delle
apparenze, specialmente da quando aveva fatto parte dei ‘4 di picche’.
«É
una domanda interessante.» osservò l’uomo con fare perfettamente compunto. «Dunque,
ne deduco che voi non avete idea di chi si tratti, è corretto?» domandò sempre
con calma, osservando per qualche istante il cadavere, prima di rialzare lo
sguardo su di loro.
«Lui
diceva di essere Mordecai.» ribatté Danny, riabbassando il braccio lungo il
fianco e fissandolo, con un che di pervicacemente insistente e piuttosto
contrariato.
«Ma
se lei ha intenzione di liberarci, le garantisco che preferirò la sua versione
di Mordecai.» cinguettò Uther, sempre con chiaro sarcasmo.
L’ometto
lasciò che un lieve sorrisetto sinceramente divertito gli increspasse le labbra
a quelle parole, e poi disse «Lei dev’essere Uther, vero?»
Uther
rimase leggermente stupito, e per un momento privo di una pronta risposta.
Colui
che affermava di essere Mordecai volse allora lo sguardo su Danny. «E lei…
Danny, forse? A meno che non si tratti di Ramo. Ma Kumals
mi ha sempre detto che erano più frequentemente Danny ed Uther a trovarsi nelle
situazioni più… insolite.» spiegò, scegliendo accuratamente l’ultima parola.
Danny
emise qualcosa di molto simile ad un verso di insperato sollievo, e Uther
ritrovò la parola con prontezza. «Oh, Kumals finisce
sempre per esagerare con i complimenti… Comunque, le stringerei volentieri la
mano Mordecai, ma al momento sono piuttosto impedito…» accennò, sollevando
significativamente davanti a sé le braccia con i polsi saldamente incatenati
«…ma sarà un piacere fare la sua conoscenza se potesse liberarci dalle sue
indistruttibili catene.»
Mordecai
rise un poco, brevemente e piano, ma sinceramente divertito. «Questo potrebbe
essere un ottimo inizio, ne convengo.» concordò, incamminandosi verso il tavolo
per prendere le chiavi delle catene.
***
Mordecai
si era chinato appoggiando un ginocchio sul pavimento, aveva appoggiato il suo
bastone da passeggio con calma sulle pietre, e studiava con molto serio e
paziente interesse il cadavere di quello che si era spacciato per lui, mentre
Danny e Uther lo fissavano dall’alto delle loro stature.
Uther
si stava massaggiando i polsi un po’ ammaccati dai pesanti anelli delle catene dalle
quali erano appena stati liberati, e in qualche modo l’uomo sembrò notarlo
senza nemmeno bisogno di alzare lo sguardo. «Sono spiacente per quanto vi è
accaduto. Quelle catene erano già qui quando ho acquisito la casa. Non le ho
mai usate, ma allora mi sembrò opportuno lasciarle, in caso potessero risultare
utili in situazioni di estrema necessità.»
Danny
e Uther si scambiarono un breve sguardo, e non trovarono niente di particolare
da dire in proposito, anche se probabilmente entrambi stavano pensando qualcosa
di molto simile a ‘da un amico di Kumals… questo
sembra un ragionamento perfettamente sensato…’.
«Di
sicuro non è mia abitudine usarle con gli ospiti.» aggiunse Mordecai.
«Rincuorante.
Davvero.» commentò Uther.
«Hem…» si inserì in fretta Danny, imbarazzato «Quindi è
stato Kumals ad avvertirla che saremmo arrivati?»
«Oh,
no. É stata la signorina Azaziel.» rispose l’uomo,
rimanendo concentrato sul suo esame visivo ravvicinato del cadavere.
«Che
sarebbe…?» indagò Uther, inarcando appena un sopracciglio con un accenno di
curiosità.
«Una
delle mie più affezionate clienti.» rispose semplicemente Mordecai, prima di rialzarsi
in piedi con calma, raccogliendo il suo bastone da passeggio.
Danny
ed Uther lo osservarono afferrare quel bastone con entrambe le mani in due
diversi punti e girare in senso opposto, svitandone la punta, che una volta tirata
via rivelò una relativamente corta ma ben affilata lama di pugnale fissata alla
fine del bastone. Entrambi fecero un piccolo balzo all’indietro di sorpreso
riflesso, e non staccarono lo sguardo mentre Mordecai, portata la lama sul viso
del cadavere, con molta attenzione e delicatezza vi passava sopra la parte
tagliente con una leggera inclinazione.
«Gli
sta… facendo la barba?» domandò Uther, con una distinta nota di perplessità
dubbiosa.
«Non
esattamente.» si limitò a rispondere l’uomo, portandosi la lama vicino al volto
e sistemandosi meglio gli occhiali, attraverso i quali la studiò molto
attentamente per qualche istante, in silenzio.
Uther
e Danny si scambiarono di nuovo un rapido sguardo, non più concludente del
precedente, ma tornarono subito a concentrarsi su Mordecai quando questi si
rialzò in piedi e porse lentamente e cautamente la lama verso Danny. «Forse il
suo fiuto di mezzo lupo potrebbe riconoscere questa sostanza.»
Danny
esitò, studiando l’espressione seria e tranquilla di Mordecai, prima di
avvicinare cautamente il volto alla lama, dopo aver impugnato abbastanza
saldamente a sua volta la parte del bastone non tagliente per sicurezza.
«Mi
rendo conto che potrebbe essere superfluo specificarlo, ma le sconsiglio di
inspirare troppo forte; sarebbe meglio che non ne inspirasse, anche se credo
sia perlopiù innocua.» aggiunse l’uomo.
Danny
si fermò per un istante, quindi, dopo un breve accenno di assenso, si concentrò
sull’individuare l’odore di quella che a prima vista sembrava essere una
polverina molto fine e di un colore singolarmente troppo bruno per poter essere
identificata come pelle morta.
Anche
l’odore non sembrava affatto quello di pelle morta. Aveva più che a fare con
qualcosa di cotto in un forno forse… o meglio…
«Terra…
terra cotta… ?» Danny rifletté ad alta voce, perplesso.
Mordecai
annuì. «Precisamente.» commentò, agitando un poco il bastone per scuotere via la
polverina dalla lama, prima di pulirla con un lembo della leggera giacca del
completo che indossava.
«Insomma,
questo tizio si sarebbe fatto una rotolata in un forno usato per fare delle terracotte?» domandò Uther, inarcando di nuovo un
sopracciglio.
«No.
Ci è stato cotto lui.» fu tutto ciò che disse Mordecai, prima di tirare un
piccolo calcio al cadavere, che fece alzare un’innaturale piccola nuvoletta di polvere
da tutta la superficie d’esso, sotto gli occhi perplessi di Danny ed Uther. «E
ora sta tornando al suo stato naturale.»
«Credo
di non… capire…» iniziò Danny, piuttosto circospettosamente, come se si
riservasse il sospetto che forse in fondo avrebbe preferito non capire del
tutto.
«Molto
semplice.» interloquì Mordecai, tornando a ri-avvitare
la punta del suo bastone per celarne la lama infissa all’estremità, con tono
gentilmente disponibile e professionale «Una pratica antica ma banale. Questo è
quello che in gergo definiamo un ‘fantoccio’. Quest’uomo è stato trasformato,
in un imprecisato tempo fa, in un fantoccio. In parole povere, è stato privato
della propria volontà indipendente, ed è stato inumato in un contenitore di
terra-cotta, che gli ha permesso di rimanere invariato, cioè di non
invecchiare, e di poter eseguire per molto più tempo della normale durata della
vita umana i comandi del suo padrone. Uno stregone può fare qualcosa di simile,
purché possieda la pazienza e le conoscenze basilari per questo genere di
pratica.»
«E
che cosa ne è stato di lui… di chiunque fosse lui quando era… prima di essere
trasformato in un… fantoccio?» chiese Danny, con una smorfia incerta e affatto
entusiasta.
«Oh,
questo è un po’ più complicato da spiegare. Difficile farlo senza inoltrarsi in
meandri filosofici a proposito dei concetti di vita e di identità individuale.
Chi viene sottoposto a questa procedura perde la sua autonomia di pensiero e di
azione, ed è costretto a seguire unicamente gli ordini del suo proprietario, ovvero
dello stregone che ha fatto di lui un fantoccio. Qualcuno fa coincidere dunque
la trasformazione in fantoccio con la morte effettiva dell’individuo che viene
reso tale. Tuttavia, tecnicamente colui – o colei – continuano in un certo
senso a vivere, materialmente parlando. Credo che l’unica cosa veramente
individuale che rimane loro, sia quello che della loro originale individualità
riesce a sopravvivere nel corso del tempo pur essendo diventati ‘fantocci’.
Qualsiasi cosa originariamente appartenente alla loro individualità sopravviva,
rimane tuttavia sempre secondario al volere dello stregone che li ha
trasformati. Ad ogni modo, sono molto fragili in realtà, per questo non mi
stupisce che lei, Danny, lo abbia rotto applicando una forza appena sufficiente
per fare semplicemente perdere conoscenza ad un essere umano.» spiegò ancora
Mordecai, guardando Danny con un’espressione di gentile empatia. «Ma chiunque
troverebbe opinabile poter affermare se lei ha effettivamente ucciso oppure no
qualcuno in questo caso. Tuttavia, sono sicuro del fatto che qualcuno che è
stato trasformato in fantoccio non può tornare a non esserlo. Si tratta di un
processo incontrovertibile, purtroppo.»
«E
cosa ci faceva questo… fantoccio a casa sua?» domandò Uther, con una punta di
sospetto.
«Suppongo
fosse stato mandato qui dal suo padrone per qualche motivo non particolarmente
encomiabile né amichevole nei miei confronti. Sono stato molto occupato lontano
da qui nelle ultime settimane, e a quanto pare o lo stregone lo sapeva bene e
ha pensato di approfittare della mia assenza per mandare qui il suo fantoccio a
chissà quale scopo, oppure lo scopo era quello di attaccarmi in qualche modo,
ma forse questo fantoccio non trovandomi ha pensato di rimanere qui ad
aspettarmi.»
«Per
settimane?» si stupì Uther.
«Quando
parlavo di fragilità… non mi riferivo solo a quella materiale.» continuò a
spiegare Mordecai, dando un paio di colpetti di lato col suo bastone da passeggio
al corpo esanime nonché oggetto in questione della conversazione, sollevando
qualche piccolo sbuffo di polvere di terra. «Un fantoccio è fragile anche dal
punto di vista del comportamento. Non avendo una sua personalità, anzi
essendone di fatto stato privato per poter essere completamente asservito alla
volontà del suo padrone, tende a diventare un cumulo confuso e imprevedibile di
“varie personalità”. Di solito, finisce per mescolare inconsapevolmente e senza
senso né scopo pezzi di personalità del suo carattere originale – per quello
che ne è rimasto – con quelli della personalità suo padrone ed eventualmente
con quelli di altre persone, anche con quelli appartenenti al carattere delle
persone a caccia delle quali sia stato effettivamente mandato, per assurdo. Di
solito, nonostante questo sono perfettamente asserviti ad ogni ordine del loro
padrone, ma se negli ordini impartiti c’è qualche imprecisione, oppure se
capita un imprevisto e soprattutto quando sono molto lontani dal loro padrone
che non può pertanto correggere gli ordini a seconda delle eventualità che si
presentano, allora possono iniziare a comportarsi secondo questo miscuglio insensato
di pezzi di personalità pescati a caso da diverse persone. In questo caso,
forse il fantoccio ha iniziato a cercare di impersonarmi per il tempo che ha
passato in questa casa e per le informazioni su di me che gli deve aver fornito
il suo padrone; d’altro canto, era sicuramente anche rassomigliante in qualche
modo al suo padrone, che non deve brillare per avere una personalità animata da
buone intenzioni visto che ha creato un fantoccio, e per finire forse quella
parte che riguardava il mettere all’asta lei, Danny, apparteneva alla sua vita
precedente, quando era ancora un essere umano, forse un commerciante…» teorizzò
Mordecai, fissando dall’alto il corpo del fantoccio di cui stava parlando.
Poi,
storse appena e leggermente il naso.
«D’altro
canto, l’avvento dei commercianti è stata proprio una delle maggiori cause
dell’agonizzante naufragio delle nobili arti artigiane.» commentò Mordecai,
attirandosi addosso lo stupore di Danny ed Uther. Da quando avevano iniziato a
parlare, era la prima volta che sembrava stesse dicendo qualcosa di più
personale.
Uther
emise un breve sornacchio ironico. «Oh, beh… ma non è proprio ciò per cui
venivano disprezzati gli ebrei un tempo? Il luogo comune dell’ebreo
commerciante interessato solo alla ricchezza materiale e a tenersela ben
stretta?»
«Uther!»
esclamò Danny, praticamente scandalizzato.
Ma
Mordecai stava sorridendo, di sincero divertimento. «Sì, tra le altre cose. Non
lo trovate un paradosso curioso, che il capro espiatorio di turno fosse
accusato proprio di cose come l’accumulazione di ricchezze e la cupidigia,
ovvero esattamente ciò che connota l’uomo moderno occidentale e capitalista di
successo?»
Uther
piegò le labbra in un sorrisetto di ammirata complicità. «Lupo mangia lupo. Ops…» e spiò in direzione di Danny con un’espressione di
scusa, tirando le labbra in una piccola smorfia colpevole, consapevole di esser
caduto in fallo.
«Da
che mondo è mondo, è sempre stato più vero piuttosto che ‘uomo mangia uomo’… »
sospirò appena Mordecai. «Ad ogni modo, cercherò di capire chi possa avermi
mandato questo grazioso pacchetto di terracotta… » continuò, tornando a
riferirsi al fantoccio ai suoi piedi, prima di alzare lo sguardo e voltarsi
verso di loro «Quanto a voi, che ne direste di una bella tazza di qualcosa di
caldo e di non narcotizzato? Magari qualcosa di ricostituente per farvi passare
gli ultimi postumi di quel narcotico?»
«Splendido.»
commentò Uther, affabilmente «A proposito, può darci del tu.»
«E
voi a me, allora. Molto bene. Le formalità sono state sbrigate. Andiamo a rilassarci
e a permettermi di trattarvi come veri e propri ospiti.» li invitò Mordecai,
precedendoli verso le scale per tornare in superficie.
Mentre
salivano, Danny non poté trattenersi dal chiedere «Ma… esiste veramente un
mercato nero di oggetti e… creature soprannaturali?»
«Sì.
In realtà, solo oggetti inanimati: è la regola generale. Niente di allarmante,
comunque. Per la maggior parte si tratta di falsi o invenzioni spacciate per
misteriosi oggetti stregati, buona parte delle altre sono anticaglie innocue o
inattive da secoli, e per quel che resta, beh, spesso finisce per avere la
meglio su chi l’ha acquistato e aveva pensato di tenerselo in casa come trofeo.
C’era una storia a proposito di una vecchia cassapanca stregata che aveva
ingoiato un ricchissimo ed esimio luminare amante di simili oggetti non appena
ci si era accomodato sopra dopo averla acquistata a questo mercato nero. Ma è
una storia che amava raccontare Kumals, dunque,
potete ben giudicare da voi stessi quanta veridicità si possa concederle.» rispose
Mordecai.
Danny
ed Uther si guardarono per un momento.
«Un
cinquanta e cinquanta?» ipotizzò Danny.
«Oh,
personalmente darei un trentatré per cento. La terza possibilità è che sia vera
solo in parte.» rispose Mordecai, sorridendo appena.
«Questo
qui lo conosce proprio bene Kumals.» commentò in un
mormorio rapido Uther all’orecchio di Danny, senza darsi la pena di cercare
davvero di non farsi sentire da Mordecai.
Danny
scosse la testa e si concesse di sorridere a sua volta.
Soundtrack: Voglio una pelle splendida (Afterhours
feat Samuel Romano)
Note per la comprensione – e credits: il titolo del
capitolo l’ho preso in prestito da quello dell’omonima canzone ‘Karma Chameleon’ dei Culture Club. Mi è sbucato fuori per via del
fatto che Mordecai è l’agente del karma cosmico secondo Uther, e per quanto
riguarda il ‘camaleonte’ perché il “fantoccio” che ha sostituito Mordecai ha un
che di camaleontico… okay, non davvero, non avendone assunto l’aspetto a tutti
gli effetti… ma per il resto… beh, la spiegazione l’ha già data Mordecai nel
capitolo ;p
Note dello scribacchiatore: non preoccupatevi, conosceremo ancora meglio Mordecai
nel prossimo capitolo! Sicuramente è già sulla buona strada per diventare
l’idolo di Uther ;p